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Archivio Telegiornaliste anno X N. 2 (390) del 20 gennaio 2014
 
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TGISTE Francesca Ambrosini: alla ricerca delle notizie di cui non si parla di Giuseppe Bosso

Incontriamo Francesca Ambrosini, volto di Tgcom 24, da 10 anni in forza a Mediaset dopo gli inizi ad Antenna 3.

Ricordi la tua prima volta in onda?
«Lavoravo ad Antenna 3 Lombardia a Milano e, per sostituire un collega, sono stata letteralmente 'buttata' in onda per un collegamento sull’andamento delle borse con Stream Tv (oggi Sky Tg24) argomento del quale ero completamente digiuna. L’emozione era tanta, ma ho superato quel momento di incertezza incoraggiata da uno splendido ambiente come quello di un’emittente dove ho trovato un gruppo di veri amici. Conservo ancora il vhs di quel giorno».

Cosa rappresenta per te Emilio Fede?
«A costo di sembrare banale dico che gli devo molta riconoscenza, per la fiducia che mi ha dato e per quello che ho appreso lavorando con lui. Mi ha assunta, mi ha insegnato in particolare il gusto dell’immagine, come si monta e gira un servizio, come gestire una diretta… è stato molto importante per me».

Leggiamo nella tua scheda "laureata in lingue e letteratura straniere, amante dei viaggi, studiosa da autodidatta della lingua araba": hai mai preso in considerazione l’ipotesi di lavorare all’estero?
«Nell'agosto 2005 sono stata per tre settimane a Singapore nell'ufficio EBU (European Broadcasting Centre) per un internship: esperienza molto interessante. In passato ci avevo pensato, ora con una famiglia e un bambino un po' meno anche se non ti nego che su di me l'estero ha sempre l'effetto di una calamita ».

Di cosa non vorresti più dover parlare nel 2014?
«Da donna non vorrei più raccontare di femminicidi, ma sono consapevole che quando accadono queste terribili vicende il pubblico ha diritto di essere informato. Vorrei parlare di ripresa e non più di crisi; ma più che altro mi piacerebbe dare spazio a quelle notizie, a quegli angoli della Terra che sono completamente ignorati. Per esempio il Congo, che improvvisamente pare essere balzato al centro dell’attenzione per la vicenda delle famiglie italiane bloccate laggiù: è una zona dell'Africa dove 20 anni fa ai confini con il Ruanda, nel silenzio del mondo, morirono quattro milioni di persone per un genocidio. Sarebbe il caso di aprire gli occhi su tante cose di cui non parliamo mai, e spero di poterlo fare».

Segui degli accorgimenti nella scelta del look?
«No. Punto sulla sobrietà, aspetto sul quale i direttori con cui ho lavorato, da Emilio Fede a Mario Giordano e Alessandro Banfi hanno sempre insistito. A maggior ragione adesso in un canale all news come Tgcom 24».

Lavorando al programma Password-il mondo in casa di Rete4 hai ottenuto dei riconoscimenti per i reportage che hai realizzato: non ti sei sentita un po’ inviata di guerra?
«No, sarebbe una mancanza di rispetto nei confronti dei colleghi che lo sono davvero; è stata però una bellissima esperienza: con il servizio su Scampia (quartiere di Napoli dalle mille problematiche) abbiamo vinto il premio Luchetta con il cameraman Nino Nicois; con il reportage dalla Moldavia a seguito delle badanti che vengono in Italia in cerca di fortuna ho vinto il premio Terra del mediterraneo; e poi i bambini di Bucarest e quelli del Congo, tutte storie forti. Bastava accendere la telecamera e il servizio veniva da sé».
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NONSOLOMODA La moda dentro e fuori le sfilate di Valentina Dellavalle

Si sono appena concluse, a Milano, le sfilate di moda uomo del prossimo inverno, e in città vi era il classico fermento di queste manifestazioni, con l'arrivo di personaggi che accompagnano questi eventi, giornalisti, blogger, modelli e fotografi, tutti con il loro look, perché le sfilate non sono solo all'interno delle varie location, ma anche fuori, in strada, davanti all'ingresso: non a caso infatti è nata la moda del Street Style. Vi sono fotografi che lavorano solo per questo: riprendere i look più stravaganti, insoliti o che possono comunque destare attenzione. Perché, inutile dirlo, la moda ha bisogno di visibilità, cosa importante se vuoi farti riconoscere.

Ma vediamo innanzi tutto gli addetti ai lavori: quest'anno un gran ritorno delle fantasie, del quadrettato scozzese, anche con la gonna (sì lo so, stiamo parlando di moda uomo, ma concedete agli stilisti di osare) come ha mostrato Richmond, portando in scena il completo a tre pezzi: giacca pantalone e gonna; e anche Moncler cede alla tentazione dei quadri-rombi con i suoi piumini, e pantaloni coordinati. Dolce & Gabbana rivisitano la storia, presentando i cavalieri medioevali della Sicilia normanna. Ancora storia, ma del vecchio West per Philipp Plein, che, alle sfilate, ci ha abituato a un vero e proprio show; con un saloon dal quale escono cow-boys con tanto di sella e cappello, giacche a frange e petto nudo, sulla musica di Haze.

Nevica invece sullo show di Bikkembergs, che la fa scendere dal soffitto in un affollatissimo party; Re Giorgio, riprende il discorso sulla giacca, sempre e comunque, lunga o corta, ma sempre di impeccabile eleganza. Roberto Cavalli racconta il sogno di uno stilista in atelier, con l'animo ribelle e la sensibilità dei suoi paesaggi, che traspare anche dalle stampe sulle giacche.

Materiali preziosi e lucidi, quasi sempre presenti: essenziale e raffinato, così vede il lusso Frida Giannini, direttore creativo di Gucci; abbondano il nero e il grigio, spesso interrotti da sprazzi di rosso.

E fuori? Un mondo a sé, che non si può comprendere se non si conoscono alcuni attori che lo formano: il concetto visivo è essenziale, poi molti affidano all’estro e alla fantasia, il loro abbigliamento. Quindi, distinti signori di mezza età in completi color rosa fucsia, un rosa più leggero per i cappotti di alcune giornaliste, abiti lunghi fino ai piedi, maglioni che arrivano sotto il ginocchio con cappuccio per l'uomo, e cappotti giallo canarino per combattere la nebbia milanese. Nonostante lo smog, alcuni camminavano tra le pozzanghere con lunghi abiti bianchi e scarpe dello stesso colore, mentre Anna Dello Russo sfoggiava una borsa creata esattamente come un profumo, con tanto di tappo, di Chanel. Il cappotto, che in inverno di solito è protagonista, è stato quasi un accessorio, tra pellicce animalier con borse uguali, e completi maschili e femminili di ogni colore.

Allora chi è stato il creativo? Ai posteri l'ardua sentenza.
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TUTTO TV Valentina Chiocchini: le mie inchieste a L'Arena, pacatezza e cordialità di Giuseppe Bosso

Valentina Chiocchini, già regista televisiva, inizialmente in forza a Raisat ragazzi e poi al Gambero Rosso e a Domenica In, prima con Pippo Baudo e poi con Lorella Cuccarini, è una delle inviate di Domenica In - L'Arena, contenitore domenicale di Raiuno condotto da Massimo Giletti, per cui realizza servizi e inchieste.

Come stai vivendo l'esperienza a L'Arena?
«Molto bene, è un lavoro interessante che faccio con un gruppo affiatato e collaborativo. A cominciare da Massimo Giletti, un professionista in gamba, sempre presente che trasmette impegno e voglia di fare a chi lavora con lui».

Qual è stata l'inchiesta più difficile e quella che ti ha dato maggiori soddisfazioni?
«Ogni inchiesta, anche quella che apparentemente può sembrare semplice, ha in realtà le sue difficoltà. Non sempre le persone sono disposte a parlare davanti ad una telecamera e spesso serve pazienza e comprensione. Per quanto mi riguarda, invece, le maggiori soddisfazioni, probabilmente, mi sono arrivate da una vicenda che aveva seguito in precedenza Ilenia Petracalvina, relativa ad un signore che era proprietario di due palazzi affittati in nero. Ilenia ha iniziato l’inchiesta, e poche settimane dopo io ho continuato a seguirla. Grazie all’intervento della Guardia di Finanza, alla fine quest’uomo è stato condannato a risarcire lo Stato mettendo in regola tutti gli appartamenti. In quell’occasione dopo aver seguito le varie fasi del sequestro dei beni, non è stato semplice farmi rilasciare una dichiarazione né dagli inquilini, né tantomeno dal proprietario degli immobili. C'è stato un momento in cui, in sua difesa, sono arrivati nipoti e amici, i quali certamente non erano contenti di trovarsi davanti ad una telecamera, ma cercando di mantenere la calma sono comunque riuscita a concludere il pezzo. Ovviamente non posso dire di essere stata fisicamente aggredita da loro, anche perché fortunatamente c’era accanto a me la Guardia di Finanza, ma sicuramente non è stata una situazione facile da gestire. In questi casi penso sia molto meglio porsi con calma e pacatezza nei confronti di chi si trova coinvolto in queste situazioni, evitando di essere troppo sfrontati e di porre domande a raffica».

Hai avuto dei riscontri da parte delle istituzioni rispetto a quello che hai fatto?
«Cambiando tematiche di settimana in settimana non è facile seguire costantemente quelli che sono gli sviluppi seguenti alla messa in onda, ma posso dire che in qualche modo il risultato che L'Arena si prefigge nel trattare certe tematiche lo ottiene».

Come scegliete i temi da affrontare?
«Sono soprattutto gli autori, insieme ovviamente a Massimo Giletti, ad individuare gli argomenti di cui ci occuperemo. Poi ne discutiamo tutti in riunione, tenendo sempre presente le problematiche attuali che spesso ogni cittadino si trova a dover affrontare ogni giorno».

In prospettiva futura di cosa ti vorresti occupare?
«Mi piace quello che sto facendo e spero di continuare per questa strada. Non mi ritengo fondamentalmente una giornalista d'assalto, come ti dicevo; prediligo un modo pacato e cordiale di avvicinarmi alle persone, cerco sempre di capire l’altro, di ascoltare chi ho di fronte, non andando ossessivamente alla ricerca dello scoop a ogni costo. Ne va, a mio giudizio, della nostra credibilità. Se poi nel mio piccolo, riesco anche a dare una scossa alla società, a sollevare l'attenzione su qualcosa che non va, su problemi da risolvere, non posso che esserne contenta».

Hai iniziato lavorando a Raisat ragazzi: cosa ti ha dato quell’esperienza?
«Moltissimo. I bambini sanno sempre insegnarti qualcosa e paradossalmente in questo mestiere ancora di più, la loro schiettezza unita alla loro purezza ti fa capire che tutto si può chiedere se lo si fa nel modo giusto!».
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PINK NEWS Il tormentone del ballo sexy, la storia del twerk di Malvina Podestà

Esploso nel 2013 è uno dei tormentoni del momento, è praticato dalle stars internazionali e da più o meno esperti ballerini ed i suoi video e le sue foto spopolano sul web...

Di cosa sto parlando? Del Twerk, un nuovo tipo di ballo, praticato per lo più dalle donne, che consiste nel movimento veloce delle gambe e delle natiche; per capire meglio di cosa si tratta basta leggere la definizione dell'Oxford Dictionary Online secondo cui twerk significa “ballare una musica famosa in un modo sessualmente provocante che coinvolge i movimenti di spinta dell'anca in una posizione accovacciata".

Qualcuno subito penserà: “Ah, ho capito! Il ballo di Miley Cyrus!”... beh, questo è vero, in parte. Il twerk è diventato un fenomeno mondiale proprio grazie alla cantante statunitense, che lo ha praticato in diversi video-clip ed esibizioni musicali. Grazie ad esso Miley si è sbarazzata dell'immagine di idolo dei teenagers, per diventare una trasgressiva bad girl e tutti o quasi avranno visto spopolare sui social network immagini reali o spiritosi fotomontaggi delle pose osé della giovane popstar; tra le sue performance di twerking più note sicuramente quella degli MTV VMA 2013, con il duetto super hot con Robin Thicke, oppure in pieno clima festivo, l'esibizione con niente meno che Babbo Natale!

Ma attenzione: se è grazie a Miley Cyrus che nell'ultimo anno il twerk è stato praticato e conosciuto a livello mondiale (tanto da vedere il termine inserito in molti dizionari) la sua origine è però molto lontana e risalirebbe a circa 20 anni fa: il suo primo uso di successo si deve al duo hip-hop di Atlanta Ying Yang Twins che nel 2000 pubblicò Whistle While You Twurk, letteralmente fischietta mentre fai twerk.

Anche altre stars più note si sono cimentate in queste movenze sexy negli ultimi anni: Beyoncè, Shakira, Ciara sono solo alcuni esempi.

Degna rivale di Miley è sicuramente la cantante e rapper Nicki Minaj, che non solo si è esibita in diversi live pieni di movimenti “sculettanti” ma ha anche duettato con Busta Rhymes nella canzone intitolata #TWERKIT.

Non si parla però solo di popstars contagiate dalla twerking mania: sul noto portale di video YouTube ci sono moltissimi video in cui persone comuni si cimentano in questo ballo sexy; si trova un po' di tutto, dalle esibizioni singole a quelle corali, come quella delle Waveya, 5 ragazze coreane seguitissime sul web che ballano sulle note delle più famose hit; da chi si esibisce in modo “professionale” in palestra di fronte ad un folto pubblico a chi gira video amatoriali in casa e in camera da letto: caratteristica comune è quella di lasciare poco all'immaginazione dei propri spettatori, quasi tutte le donne si riprendono con indosso reggiseno e mini-pantaloncini o addirittura solo il perizoma.

Si tratta quindi di video poco adatti ai puritani e sicuramente ai più piccoli! Ma si sa il web è un infinito mare accessibile a tutti, non bisogna quindi stupirsi se anche giovanissime si sono avvicinate a questa danza.

Vicenda sui generis è, per esempio, quella che ha per protagonista l'undicenne californiana Jamie che si è esibita in una performance di twerk nonostante il divieto della madre, che l'ha così punita facendola girare per strada con un cartello con scritto «I was disrespecting my parents by twerking at a school dance» cioè ho mancato di rispetto ai miei genitori facendo il twerk a scuola di danza.

A questi punti sorge spontaneo chiedersi cosa sia davvero il twerk: una forma sfacciata di esibizionismo oppure una manifestazione artistica moderna? Miley Cyrus, la maggiore rappresentate di questo ballo, si è difesa dalle critiche dicendo che la sua intenzione non è quella di scandalizzare ma portare qualcosa di nuovo e memorabile nel mondo della musica, insomma di fare la storia. E forse proprio nella storia si può trovare una risposta: non è vero che molte cose un tempo immorali e indecorose sono diventate parte della quotidianità
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DONNE Cristiana Capotondi: una vita al top della cinematografia di Maria Cristina Saullo

È una delle attrici italiane più belle ed espressive degli ultimi tempi.

Si tratta di Cristiana Capotondi, classe 1980, una carriera artistica iniziata in tenera età; a 13 anni, infatti, la giovane Capotondi esordisce nella miniserie televisiva Amico mio con Massimo Dapporto; l’anno dopo, recita in Italian Restaurant accanto a Gigi Proietti e Nancy Brilli, e nel 1996 partecipa alla serie televisiva SPQR, prodotta da Aurelio De Laurentiis, in cui interpreta la figlia di Antonello Fassari.

Dalle fiction Cristiana arricchisce il proprio curriculum
professionale con gli spot pubblicitari che la rendono nota al grande pubblico: nel 1993, infatti, è la protagonista dello spot del Tegolino del Mulino bianco e del gelato Maxibon, caratterizzato dalla frase two gust is megl' che one che, in quel periodo, diviene un vero e proprio tormentone.

Poi arriva il cinema: nel ’95, Cristiana Capotondi gira Vacanze di Natale, accanto a Massimo Boldi e Luke Perry, il bello di Beverly Hills 90210. Nel 1998 recita in Un nero per casa, diretto e interpretato da Gigi Proietti e, successivamente, nelle miniserie Tv Anni '50 e Anni '60, dirette, entrambe, da Carlo Vanzina.

E non è tutto: nel 2000 la Capotondi interpreta, a fianco di Lino Banfi, Ben Gazzara e Stefania Sandrelli il film tv, diretto da Josè Maria Sanchez, Piovuto dal cielo, e nel 2001 recita sia nella miniserie Angelo il custode che in Compagni di scuola, accanto a Riccardo Scamarcio e Laura Chiatti.

Negli anni a venire, ha lavorato anche con Stefano Accorsi ne Il giovane Casanova, diretto da Giacomo Battiato, ed è stata una delle protagoniste della serie televisiva Orgoglio.

Il cinema resta, comunque, il suo punto di forza: interpreta di nuovo il ruolo della figlia di Massimo Boldi in Christmas in love, e recita accanto a Giorgio Pasotti nel film Volevo solo dormirle addosso, diretto da Eugenio Cappucci. Per l’interpretazione di questi due ruoli, riceve una candidatura come miglior attrice non protagonista ai Nastri d'argento. Nel frattempo, siamo nel 2005, si laurea con lode in Scienze della Comunicazione presso l'Università La Sapienza di Roma.

L’anno seguente arriva il ruolo di co-protagonista della fiction Joe Petrosino e riceve la sua prima candidatura ai David di Donatello come miglior attrice protagonista, per il ruolo di Claudia, in Notte prima degli esami con Giorgio Faletti e Nicolas Vaporidis; nel 2007 è protagonista del film I Viceré di Roberto Faenza e del film Scrivilo sui muri con Ludovico Fremont, mentre nel 2008 è la punta di diamante del remake televisivo del capolavoro di Alfred Hitchcock Rebecca, la prima moglie. Poi, il ritorno sul grande schermo con Ex.

Splendida la sua interpretazione di Sissi, la miniserie televisiva del 2010, andata in onda su Rai Uno e la partecipazione al corto The Wholly Family; inoltre, e siamo al 2011, il ruolo, a fianco di Fabio De Luigi, nel film La peggior settimana della mia vita e la partecipazione a La kryptonite nella borsa nel ruolo di Titina, per il quale riceve una candidatura come miglior attrice non protagonista ai David di Donatello.

Cristiana Capotondi si cimenta anche nel doppiaggio: ricordiamo Educazione siberiana, dove la bravissima attrice presta la voce alla protagonista femminile, Xenya, senza dimenticare la brillante interpretazione, l’anno scorso, insieme a Claudia Gerini e Sabrina Impacciatore, in Amiche da morire, per il quale le tre attrici hanno ricevuto il Super ciak d'oro.

Insomma, una carriera cinematografica importante per una donna dal grande carisma e dalla personalità, arricchita da un’umiltà profonda.
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