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Archivio Telegiornaliste anno XIV N. 28 (575) del 24 ottobre 2018
 
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TGISTE Maria Vittoria Corà, concentrata al massimo di Giuseppe Bosso

Volto di Studio Aperto, incontriamo Maria Vittoria Corà.

Come sei arrivata a Studio Aperto?
«Ho iniziato con uno stage universitario nel 2012, mentre frequentavo il terzo anno di Lettere Moderne in Cattolica, a Milano. Era la mia prima esperienza in una redazione televisiva nazionale... ricordo ancora quanto ero emozionata (e agitata!) quando sono arrivata al famoso laghetto dei Cigni di Milano 2; dopo 6 mesi di stage ho proseguito come collaboratrice. L’anno scorso è arrivata l'assunzione: per me è stata la realizzazione di un sogno».

Ricordi la tua prima conduzione, le sensazioni che sentivi?
«Come essere sulle montagne russe! L’adrenalina era tanta, ma il bello della prima volta è che, appunto, è la prima: non sai come reagirai davvero alla diretta, all'imprevisto, che capita regolarmente. Ricordo che quei 26/27 minuti sono volati! Il secondo giorno - per assurdo - ero più “consapevole” e più tesa. La concentrazione deve essere sempre al massimo».

Meglio inviata o conduttrice?
«L’esperienza come inviata a Giffoni (il festival del cinema per ragazzi, dal quale ho fatto le prime dirette per il tg) è stata molto formativa. “Fuori” le condizioni in cui si lavora ovviamente sono molto diverse rispetto allo studio. L'inviato e il conduttore sono due diverse anime del lavoro, che possono anche coesistere, anzi, sicuramente rendono ancora più completi».

Qual è stato finora il momento che ti è rimasto maggiormente impresso?
«Un bel ricordo è quello legato al matrimonio reale tra Harry d’Inghilterra e Meghan Markle, lo scorso maggio. Ho avuto la possibilità di seguire l’evento, preparando alcuni servizi, e il giorno del matrimonio ero di turno in conduzione alle 12.25; è stato davvero emozionante assistere in diretta all’arrivo degli invitati, Harry col fratello William, elegantissimi... alla fine dell’edizione ero su di giri, come se fossi stata realmente a Windsor».

Se ti dico Fabio Volo, mazzo di fiori cosa dici?
«Dico che: sul serio, ero all'oscuro di tutto! Tutti, anche i miei a casa, hanno pensato fossi stata avvisata dell'incursione, invece, è stata una vera sorpresa. Anche lì, sul momento, l’adrenalina mi ha un po' salvata, ma quando sono risalita in redazione mi tremavano le gambe! Per fortuna non ho fatto gaffes in diretta… è stato comunque molto simpatico».

Sei tra le tgiste più apprezzate, non solo dai nostri lettori-utenti: cosa ti suscita questo interesse nei tuoi confronti?
«Non mi piace chi esagera sui social. La curiosità “sana”, invece, mi fa piacere. Anche gli amici mi fanno domande, cercano sempre di capire come funziona il lavoro dietro le quinte».

Per te Studio Aperto punto d’arrivo?
«Per me Studio Aperto ha segnato l’inizio di tutto. Sono legatissima alla redazione e spero di poter proseguire il mio percorso di crescita con l’aiuto e i consigli - sempre preziosi - dei colleghi. Non si finisce mai di imparare. Il mio entusiasmo è lo stesso del primo giorno».

Difficile conciliare lavoro e vita privata lavorando per un grosso network?
«Credo che oggi sia difficile in molti ambiti, non solo nel nostro. In base alla mia esperienza, gli ingredienti fondamentali per non tralasciare la vita privata sono: una buona organizzazione e, soprattutto, essere circondati da persone che “capiscono” e non si arrabbiano se i piani cambiano anche all'ultimo minuto. Su questo punto sono molto fortunata».

Segui qualche accorgimento per quanto riguarda il look?
«Credo di avere lo stesso taglio di capelli (più o meno lunghi) da sempre... quindi non mi definirei una fissata con il look! Certo, mi piace essere in ordine e soprattutto sentirmi a mio agio. Non essendo una “stanga”, non rinuncio ai tacchi…».

Cosa pensi del nostro sito?
«Mi piace soprattutto questa parte di approfondimento con le interviste. Ne ho lette alcune, anche di colleghe che non conosco personalmente, e ci sono degli spunti interessanti... visto che non si finisce mai di imparare?!».
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TUTTO TV Ughetta D’Onorascenzo, amo ogni personaggio di Giuseppe Bosso

Intervistiamo la doppiatrice e attrice Ughetta D'Onorascenzo.

Come ti sei avvicinata al mondo del doppiaggio?
«Ho cominciato studiando recitazione. Facendo teatro ho avuto l’occasione di collaborare con grandissimi attori e registi che sono anche dei doppiatori straordinari. Grazie a loro sono entrata in una sala di doppiaggio… ho iniziato ad assistere e da lì, eccomi qui!».

Doppiatrice e attrice: differenza tra il ‘metterci la faccia’ e il metterci la voce’.
«La difficoltà nel “metterci la faccia” è avere la consapevolezza di dover usare tutto il corpo. Io, ad esempio, quando approccio allo studio di un personaggio, a volte parto proprio dalla postura fisica. La difficoltà nel “metterci la voce”, invece, è avere a disposizione un solo strumento per esprimere un’emozione che si deve “incollare” agli occhi, alla tensione facciale e fisica, di un altro attore. Sono due approcci diversi ma non così distanti e sinceramente, non saprei dirti quale mi appassiona di più».

A quale personaggio o attrice sei maggiormente legata e con quale invece non ti sei sentita riconosciuta?
«Li amo tutti! Proprio perché diversi fra loro. Ho adorato la pungente Becky Jackson di Glee, sono affezionata alla dolce Cece di New Girl, alla dottoressa Reese di Chicago Med, per non parlare di Summer, del cartone Rick e Morty o la tostissima Alice Fletcher, la cowgirl della serie Godless... insomma, ogni personaggio può darti la possibilità di tirare fuori qualcosa di tuo… ho già detto che li amo tutti?».

L’Italia è un Paese per giovani artisti?
«Dipende solo da noi. Credo che nel nostro paese ci sia un po’ di confusione. Si confonde purtroppo sempre più spesso la bravura con la popolarità. Quando con la bravura, si raggiungere la popolarità, è giusto e ne sono felice ma oggi, purtroppo, la popolarità può arrivare anche senza una bravura e dei meriti di base e questo è pericoloso».

Il confronto tra la vecchia e la nuova generazione del doppiaggio dal tuo punto di vista, anche per quella che è stata finora la tua esperienza.
«Si deve solo che apprendere da chi ha reso questo mestiere un’arte preziosa».

Cosa ti fa pensare la parola ‘domani’?
«A Pino Daniele! Domani è il titolo di un suo brano che ho nel cuore. A parte questo, sono in una fase di vita dove preferisco giocare con la parola oggi!».
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DONNE L'addio alla lady del soul di Maria Cristina Saullo

Respect, Chain of fools, I say a little prayer, Think. Chi non ha mai intonato le meravigliose melodie di questi brani. La sua voce suadente, calda, armoniosa ancora riecheggia nell'etere come se l’ugola non ci avesse mai lasciato.

In una calda giornata di metà agosto, ci ha lasciato Aretha Franklin, la più grande cantante di tutti i tempi. Una stella polare nelle stelle.

La grande passione per il canto la ereditò dai genitori. Iniziò a cantare gospel nel coro della New Bethel Baptist Church di Detroit, dove suo padre era pastore. Poi, dalla metà degli anni ‘50, seguì il congiunto in tour per gli Stati Uniti, cantando e suonando il piano. E fu proprio in quel contesto che esplose la sua voce straordinaria che la contraddistinse per tutta la vita.

A 18 anni aveva già firmato un contratto con la Columbia, e, poi, con la Atlantic alla fine degli anni ‘60: il brano I Never Loved a Man (The Way I Love You) e il disco omonimo, la fecero annoverare tra gli dei musicali dell’Olimpo mondiale.

Gli anni '70, furono quelli scanditi da Spanish Harlem e Day Dreaming, e dagli Lp Spirit in the Dark e Gifted & Black.

Negli anni ’80 e ‘90, Aretha Franklin continuò a sfornare dischi e a collaborare con le più grandi icone mondiali del jazz e del pop, da George Benson a George Michael, presenziando a cerimonie ufficiali, concerti commemorativi ed eventi speciali come la cerimonia di insediamento dell’ex presidente Usa, Obama.

Non si può asserire di conoscere la cultura musicale del novecento se non ci si è emozionati, estasiati ascoltando le canzoni di Aretha, la voce femminile per eccellenza. Lei e solo lei, con quell’X factor che solo i grandi trasmettono nel cuore e nell’anima.

L’inno alle donne, l’amore verso la patria, il suo grande attaccamento alla famiglia hanno caratterizzato il suo essere la regina incontrastata del soul che lei applicava a qualunque melodia. Ed è questo che resterà della grande tra i grandi…
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