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Telegiornaliste N. 22 del 10 ottobre 2005


Caso Alpi, Calissano, Bin Laden e Scoglio: domande sull’informazione di Filippo Bisleri

A dominare le cronache di questi giorni sono, senza dubbio, due fatti: la vicenda di Paolo Calissano (con l'allarme droga anche tra i vip) e il tg di Al Qaeda. Bin Laden & company hanno, almeno così pare, deciso di togliere ad Al-Jazeera il ruolo di “becchino mediatico” e di informare unilateralmente il mondo.
A scatenare i “giornalisti” del terrore le vicende degli uragani e le varie sciagure che hanno martoriato gli Stati Uniti dell’odiato (dagli ingegneri del terrore) George W. Bush. In ordine di tempo le ultime sciagure portano il nome dell’uragano Rita e degli incendi in California.
Nel frattempo, però, l’Italia riflette sul fenomeno della droga, sulle minacce anche all’interno del mondo dei vip e così scopriamo che il fenomeno Kate Moss non è isolato. In Italia, per ora, ha il nome e il volto di Paolo Calissano, ex bello di Vivere giubilato da “mamma Rai”. Ma il suo non è l’unico volto.
Gli italiani, tuttavia, stanno anche cominciando a fare conoscenza con la realtà delle primarie - debutterà il centrosinistra il 16 ottobre prossimo. Una realtà che ha deciso di affrontare il centrodestra e che appare anche come un modo trovato dai partiti per finanziarsi prelevando euro agli elettori. Primarie che, a nostro avviso, sembrano una brutta copia delle consultazioni pre-convention per le presidenziali Usa: speriamo che gli italiani riescano ad usufruirne come di un ulteriore strumento di democrazia - e non di telecrazia.
Affrontiamo poi il tema dell’invasione dei prodotti cinesi in Italia, e della rinnovata sfida televisiva domenicale tra “mamma Rai” e Mediaset con la prima vincente nonostante un format appesantito dagli anni.
Non possiamo dimenticare la tragica morte in diretta del professore Scoglio che interroga tutto il mondo dell’informazione, la classifica della settimana, l’andamento sempre più avvincente del campionato e i problemi che hanno i giornalisti a realizzare un’informazione libera. Anche in Stati, sulla carta, democratici.
Ma soprattutto facciamo nostro l'appello in difesa della verità sul caso Alpi, indetto nei giorni scorsi dopo le iniziative "fantasiose" di Carlo Taormina contro i genitori della giornalista.
MONITOR Una firma per Ilaria di Silvia Grassetti

Carlo Taormina sembra ormai inarrestabile. Le accuse piovutegli addosso da più fronti, come vi abbiamo riferito nel n. 21, hanno messo a dura prova il suo buon senso.
Tanto che, dopo la presa di posizione dei genitori di Ilaria, Giorgio e Luciana, che hanno esacrato le sue procedure e i suoi metodi come presidente della Commissione d’inchiesta sul caso Alpi, l’avvocato ha scritto una dura lettera al presidente della Camera Casini.
A detta di Taormina, la verità scoperta grazie a lui sulla morte di Ilaria e Miran, infastidisce tutti, in particolare «cozza con le convinzioni coltivate per undici anni e non è digerita da nessuno, a partire dai coniugi Alpi, che mi hanno platealmente e personalmente accusato di essere al servizio di qualche interesse e di qualche politico, con chiaro riferimento alla filiera De Michelis - Craxi – Berlusconi».
Secondo il presidente della Commissione, Ilaria e Miran furono uccisi da un nascente movimento terroristico “Al Qaeda style”, frutto dei primi tentativi fondamentalistici del giovane Bin Laden. Peccato che i fatti avvennero quasi dodici anni fa, e che i maggiori esperti sul caso Alpi indichino tutt’altro scenario: il traffico illecito di armi e rifiuti tossici fra la Cooperazione italiana e la Somalia (vedi i nn. 2, 18 e 21 di Telegiornaliste.com).
Taormina conclude la sua missiva minacciando di querelare i genitori di Ilaria e il loro avvocato: «Per queste affermazioni, onorevole Presidente, i coniugi Alpi e l'avvocato D'Amati che dichiara di parlare a loro nome, saranno presi nella migliore considerazione, da me - insiste l'avvocato - con la produzione immediata di querela per diffamazione, e al prossimo Ufficio di Presidenza dalla Commissione tutta per stabilire le iniziative giudiziarie da assumere nei loro confronti».
Siamo convinti che ci sia un modo per rendere giustizia alla telegiornalista e al suo operatore, che hanno pagato con la vita il loro mestiere di raccontare la realtà, anche e soprattutto quando è scomoda.
Telegiornaliste.com aderisce alle neonate iniziative in difesa non solo dei genitori di Ilaria Alpi, ma soprattutto della verità, e invita i lettori ad approfondire la questione visitando il sito dedicato a Ilaria Alpi, e sottoscrivendo l’appello di solidarietà verso Giorgio e Luciana Alpi.
Basta inviare un’e-mail a questo indirizzo:
unafirmaperilaria@gmail.com, indicando nome e cognome, città di residenza e professione.
MONITOR Tg Al Qaeda di Silvia Grassetti

Il Monitor di questa settimana riflette l’immagine inedita di un nuovo contenitore informativo: La voce del califfato. Si tratta di un tg anomalo, non solo perché va “in onda” su Internet, ma soprattutto perché è un notiziario religiosamente fondamentalista.
E’ anomalo perché, al posto di una avvenente giornalista, c’è un conduttore col volto coperto da un passamontagna scuro. Infine, è anomalo perché è uno strumento di proselitismo alla maniera occidentale: non un filmato casereccio e di bassa qualità, ma un vero e proprio tg pseudoprofessionale, con collegamenti audio, servizi e scritte in sovrimpressione, chiaramente ispirato ad Al Jazeera.
Sulla scrivania, il mezzobusto incappucciato ha una copia del Corano, e vicino a sé, un kalashnikov è puntato verso l’inquadratura; anche se da un sito web, l’anchorman racconta ai telespettatori le iniziative di Al Zarqawi, e spiega che gli uragani in USA sono «una punizione divina».
Al termine del tg, come fanno i “colleghi” delle reti nazionali italiane annunciando il film in prima serata, il fondamentalista incappucciato avverte il pubblico che presto andrà in onda un filmato dal titolo Total Jihad, mentre, grazie al sottotitolo in inglese, possiamo sapere il nome del regista.
La cadenza di Al Qaeda Tg è settimanale, ma probabilmente il numero degli spettatori islamici non farebbe impensierire nessuna Auditel, se ne inventassero una per il web.
A noi sembra, infatti, che un’iniziativa del genere sia un messaggio più per il mondo occidentale, che per i musulmani – i quali, del resto, non hanno bisogno di sottotitoli in inglese.
E qualunque sia il messaggio sotteso, che Allah ci perdoni, lo troviamo piuttosto puerile.
CAMPIONATO Solo Costamagna  di Rocco Ventre

Luisella Costamagna inarrestabile, vince un'avvincente sfida all'ultimo voto con Elsa Di Gati e si ritrova da sola in vetta alla classifica: è infatti contemporaneamente arrivata la prima sconfitta per Maria Concetta Mattei battuta nettamente dalla Moreno.
La sorpresa è Laura Cannavò che ottiene la sua quinta vittoria e si insedia al secondo posto. 
La campionessa Francesca Todini conosce la sua seconda sconfitta e si allontana dalla zona nobile della classifica: adesso l'attende la prova verità contro l'imbattuta Costamagna. 
In coda ennesima sconfitta per Maria Leitner e Marica Morelli uniche telegiornaliste ancora all'asciutto di punti.  
Il quinto  turno di serie B è stato caratterizzato da una clamorosa eliminazione: Cristina Fantoni, già vincitrice della quarta edizione del campionato. Con lei esce anche Siria Magri
CRONACA IN ROSA  Cronaca drogata di Tiziana Ambrosi

Cronaca drogata. Abbiamo scelto questa espressione, indubbiamente forte, per rappresentare le notizie con cui siamo bombardati in questo frangente.
Drogata, perché alcuni avvenimenti delle cronache dei giorni scorsi hanno riguardato la polvere bianca, ma anche per la foga con la quale gli organi di stampa si sono gettati sugli avvenimenti che hanno avuto per protagonisti personaggi definiti vip.
Solo pochi giorni fa il mondo della moda è stato sconvolto dalle foto sbattute in prima pagina della modella Kate Moss mentre assume sostanze stupefacenti.
Immediata la reazione: contratti miliardari buttati alle ortiche, sfiducia, scuse, e probabilmente anche molta ipocrisia. Difficile credere che quello della Moss sia un caso isolato, in un mondo in cui lo stress, la linea, la dieta sono la norma e qualche chilo in più o in meno può porre fine a una carriera.
Ancor più drammatica la vicenda che ha colpito Paolo Calissano, arrestato per detenzione di droga e invischiato nella morte di una sua amica durante un cosiddetto “festino”.
Certo, è difficile trovare scuse per vicende così gravi e probabilmente la sindrome da onnipotenza che la fama spesso porta con sé è sicuro elemento di rottura.
Altro caso mediato e morboso delle scorse settimane è quello che ha coinvolto un personaggio famoso e misterioso (i giornali indicano Amedeo Goria) in una vicenda di profferte sessuali in cambio di lavoro nel campo dello spettacolo. Anche qui la lama è a doppio taglio: il caso è stato montato dalle Iene e il comportamento di “vittima”, “carnefice” ed “intermediari”, non è per niente cristallino.
Queste vicende ricordano molto da vicino il film di Roberto Benigni Il Mostro, che solo apparentemente è buffo e sconclusionato. Ad una visione più attenta appare per quel che è: una denuncia sia della nostra società superficiale, più attenta alle apparenze che alla sostanza, sia dei mass media, che ormai hanno assunto il vero e proprio ruolo di opinion makers.
Il protagonista del film del regista toscano, sulla base di alcune azioni ed atteggiamenti estrapolati dal loro contesto, viene dipinto come il mostro della porta accanto, seviziatore e assassino di donne inermi. Quando il male, per contro, si nasconde da ben altra parte, sotto le vesti di chi, agli occhi di tutti, è un insospettabile.
Non spetta certo a noi giudicare se i personaggi coinvolti nelle oscure vicende di questi giorni siano colpevoli o innocenti: la magistratura può, ben meglio di noi, sopperire a questo compito.
La nostra principale preoccupazione è mettere in risalto la necessità di una cronaca che non si fissi sugli aspetti morbosi di una vicenda solo perché riguarda personaggi famosi.
Si sa, i giornali tirano più copie, osservare dalla vita normale la caduta degli dei per qualcuno può essere eccitante, ma mai nessun aspetto o sfumatura o contorno deve essere sottovalutato o tralasciato.
I casi del passato dovrebbero farci riflettere sulla superficialità con cui si bolla un mostro: Enzo Tortora l’ha pagata sulla sua pelle.
CRONACA IN ROSA Le elezioni primarie di Stefania Trivigno

Il prossimo 16 ottobre alcuni italiani si recheranno alle urne in occasione delle elezioni primarie dell’Unione.
Lungi da un qualsiasi intento propagandistico, con questo articolo vogliamo chiarire le idee su tale meccanismo elettorale, perché è la prima volta che le scelte fondamentali riguardanti il governo del Paese vengono affidate direttamente ai cittadini.
Che cosa sono?
Le elezioni primarie sono elezioni interne a uno schieramento politico e servono a eleggere il candidato che, legittimato dalla sovranità popolare, rappresenterà lo stesso schieramento alle elezioni vere e proprie (le prossime politiche del 2006).
In passato ci sono stati soltanto altri due casi di elezioni primarie, ma si sono svolte a livello amministrativo: in Puglia, per la designazione del candidato dell’Unione alla presidenza della Regione, e in Toscana, per la scelta dei candidati DS al consiglio regionale.
Chi sono i candidati?
Possono presentare la propria candidatura tutti i cittadini che abbiano piena titolarità dei diritti attivi (capacità di eleggere) e passivi (capacità di essere eletto) di voto per le elezioni della Camera dei Deputati: la cittadinanza italiana e il compimento del 25° anno di età.
I candidati dell’Unione sono 7. L’ordine dei candidati sulle schede di voto è casuale ed è stato stabilito per estrazione a sorte. Inoltre, sulle schede appariranno soltanto i nomi dei candidati senza alcun riferimento al partito politico di appartenenza.
Chi ha il diritto di voto?

Possono esprimere la propria scelta tutti i cittadini italiani titolari del diritto attivo di voto e i giovani che compiranno 18 anni entro il 13 maggio 2005, cioè data di scadenza della XIV legislatura. Inoltre, possono votare anche gli studenti e i lavoratori fuori sede purché si siano iscritti alle liste elettorali presso i Comitati territoriali, istituiti in ogni città entro lo scorso 7 ottobre.
Per votare, sono necessarie la tessera elettorale, un documento di identità valido e un piccolo contributo per la copertura delle spese organizzative.
Si vota domenica 16 ottobre dalle ore 8:00 alle ore 22:00.
CRONACA IN ROSA Quando ad insegnare è l’esperienza altrui di Fiorella Cherubini

In meno di un mese la costa del Golfo USA è stata colpita dal passaggio di due violenti uragani: Katrina e Rita.
Il bilancio dei morti e dei danni seminati sul suo percorso dal primo uragano – lo ricordiamo - è stato disastroso: il muro d’acqua alzato da Katrina ha inghiottito con la sua furia l’80% della storica città del jazz, New Orleans, causando la morte di più di mille persone, e facendo registrare una perdita economica stimata intorno ai 200 miliardi di dollari.
A pochi giorni di distanza, durante il suo impatto sul confine Texas-Lousiana, il secondo uragano, Rita, ha sfiorato Houston - centro nevralgico dell’industria petrolifera statunitense - colpendo tre importanti raffinerie e danneggiando gravemente tutti i piccoli centri ad est della città.
I disastri provocati dal passaggio di questo uragano, in breve declassato a tempesta tropicale, sono stati decisamente più contenuti; legata ad esso, è stata, infatti, registrata una sola morte a Belzoni, Mississipi.
Si sono dunque rivelate provvidenziali le tempestive evacuazioni dei cittadini e la prontezza delle forze dell’ordine e delle squadre dei soccorritori, grazie ai quali si è evitato il ripetersi degli episodi di saccheggio verificatisi a New Orleans dopo il passaggio di Katrina.
Una volta cessato l’allarme, i rispettivi governatori del Texas e della Lousiana, Perry e Blanco, non hanno comunque tardato a manifestare le loro rimostranze al governo USA, dal quale entrambi si aspettano la piena assunzione dei costi per la riparazione dei danni provocati dal passaggio di Rita.
In pochi giorni gli sfollati hanno ripreso possesso delle proprie abitazioni, avviandosi ad una lenta ma continua ripresa.
Qualche volte la storia, seppur recentissima, può essere davvero maestra di vita. I texani e gli abitanti della Lousiana non hanno minimizzato - come è accaduto per alcuni abitanti di New Orleans - il pericolo di un uragano imminente, accogliendo l’invito a mettersi in salvo.
Evitando così centinaia di inutili morti.
CRONACA IN ROSA La calata dei cinesi di Rossana Di Domenico

L’invasione del “made in China" è, come ogni abitante europeo si sta accorgendo, un fenomeno inarrestabile, che mette in seria difficoltà settori strategici dell’economia italiana, come quello tessile e quello calzaturiero: gli imprenditori nostrani avvertono gli effetti della concorrenza cinese, definendola sleale e sottocosto.
Il direttore generale della Federlazio, Giovanni Quintieri, ha dichiarato che «ormai è un susseguirsi continuo di grida d'allarme contro l'invasione nei nostri mercati dei prodotti cinesi, se non altro per gli effetti destabilizzanti che tutto ciò produce sulla nostra economia. Si parla di impennate dell'import di oltre il 700%: una cifra da capogiro che sta diffondendo sentimenti di preoccupazione».
Nella prima metà del 2005 la Cina ha venduto in Europa prodotti tessili per circa 8 miliardi di dollari Usa, quasi lo stesso ammontare dell'intero 2004.
Mentre i produttori italiani chiudono le aziende sul territorio nazionale per situarle all'estero, in Paesi dove la manodopera ha costi irrisori, lo scorso giugno Ue e Cina hanno concordato un limite alle importazioni di alcuni prodotti tessili, per il timore che il loro massiccio ingresso sommergesse la produzione degli Stati membri - secondo stime Ue, il tessile europeo ha perso nel 2004 oltre 165 mila posti di lavoro e un altro milione di posti sono a rischio.
Ma ora i dettaglianti europei lamentano che questo limite causa la mancanza di prodotti da vendere. Le merci cinesi, in gran parte già pagate dai grossisti europei al momento dell'ordine, restano ammucchiate nei magazzini doganali, perché le autorità cinesi sono state «troppo lente nell'introduzione di un loro sistema di controllo sulle esportazioni».
La situazione è stata recentemente motivo di scontro tra le forze politiche che prospettano soluzioni contrapposte. La Lega Nord chiede dazi "anti Cina" e si prepara ad una battaglia parlamentare, mentre la maggior parte dei partiti politici non vuole sentire parlare di dazi, definendo “antistorica” questa forma di difesa protezionistica.
Ma la situazione resta grave, e per tentare di risolverla sono state prospettate alcune potenziali vie d'uscita, in Italia e in Europa, che spaziano dal semplice innalzamento di barriere doganali alla messa in campo di strategie commerciali e produttive più sofisticate.
Sono necessari investimenti e vere e proprie riforme economiche che si adattino il più possibile a questa sfida, per contrapporre al prodotto cinese uno europeo ancora più competitivo.
Peter Mandelson, Commissario al Commercio dell'Unione Europea, ha affermato che l'imposizione di quote verso i prodotti cinesi significa proteggere non solo la produzione interna ma anche le importazioni tessili di altri Stati non europei - come Bangladesh, Pakistan, India - e ha insistito sulla transitorietà come requisito necessario di simili misure, per consentire «a ognuno di adeguarsi alla realtà del nuovo mercato, alla crescita della Cina». «La via del protezionismo - ha aggiunto - è solo una strada senza sbocco».
FORMAT  La sfida della domenica di Giuseppe Bosso

E adesso ci sono tutti. Tra i contenitori pomeridiani domenicali, il più anziano anche quest’anno è stato l’ultimo a ripartire dopo la pausa estiva.
Domenica In da anni soffre nella battaglia con Buona Domenica .
Il confronto, in termini di ascolti e di gradimento, da un decennio è appannaggio del gruppo con al timone Maurizio Costanzo , ancorato al motto “squadra che vince non si cambia”, con qualche aggiustamento qua e là; dalle parti di viale Mazzini tanti, forse troppi, sono stati i cambiamenti di volti e formato, per una trasmissione che non sempre riesce a tenere il passo della concorrenza.
Frizzi, Magalli, Amadeus, Conti, Bonolis: mostri sacri del piccolo schermo che, coadiuvati da compagni non da meno - Anna Falchi, Iva Zanicchi, Paolo Brosio, Antonella Clerici, Heather Parisi - hanno tentato di riportare il programma allo splendore delle prime edizioni, hanno invece dovuto fare i conti con una dura realtà, non riuscendo quasi mai a replicare all’interesse che Costanzo ha saputo ottenere, sfruttando con maestria da pubblicitario i vari Grandi Fratelli, Costantini e similari, sfornati negli anni da Mediaset.
Quest’anno, poi, c'è un'aggravante: la Rai ha perso quell’unico spacco di tempo che da anni era garanzia di ascolto e di vittoria nei confronti di Mediaset, l’ora consacrata ai gol e alle azioni di 90° minuto. L'ennesimo smacco, rifilato dai nemici di sempre.
La nuova sfida di RaiUno a Buona Domenica quest’anno è un mix di volti nuovi e vecchi; formula rivoluzionata per forza di cose, programma spezzettato in tre parti: nella prima fascia, Maramao, con la regia di Gianni Boncompagni, ma solo per la prima puntata, ci sarà colei che per anni è stata considerata la “signora della domenica”, Mara Venier, che dovrà vedersela, oltre che con l’armata Costanzo, anche con quella guidata da Simona Ventura.
Segue L’Arena, dove accanto al confermato Massimo Giletti, troviamo una voce (e un corpo) amatissimo dal pubblico - che però, negli ultimi anni, ha accusato qualche colpo ed è in cerca di riscatto: Luisa Corna.
Infine, per la regia di Stefano Gigli, e proprio nello spazio lasciato vuoto da 90° minuto, il grande ritorno sul quale tutti, a viale Mazzini, hanno scommesso: il re del varietà, “Mister tv”, Pippo Baudo, che con Ieri, oggi e domani rivisita la storia d’Italia e la storia della trasmissione ("ieri"), tratta l’attualità ("oggi"), e si diverte con i bambini in un curioso gioco finale ("domani").
Per Baudo, dopo le travagliate vicende personali, come la separazione da Katia Ricciarelli, eprofessionali degli ultimi anni, l’occasione del riscatto con una trasmissione che ha condotto per ben sette edizioni; quando erano altri tempi e non c’erano concorrenti da temere. Ma soprattutto era ben altra tv.
Riuscirà l’ormai settantenne presentatore catanese a contrastare i gol e le performance di Bonolis? E i suoi compagni di viaggio terranno testa a Loredana Lecciso, Platinette, Laurenti & co.? Al pubblico l’ardua sentenza.
FORMAT Telegiornaliste/i + Telegiornaliste/i – di Filippo Bisleri

Il primo gradino del podio questa settimana lo conquista Maria Grazia Capulli per le sue conduzioni molto belle ed equilibrate del Tg2. Molto briosa, riesce a dare sempre ritmo al telegiornale anche in giornate con notizie non molto interessanti. E, da brava professionista, mostra sempre un grande garbo e uno stile familiare che la rendono una “ragazza della porta accanto”. Brava. Complimenti e un bel “9”.
Secondo gradino del podio per Safiria Leccese. A lungo in ballottaggio per il primo posto con la Capulli, la Leccese sta dimostrando, via via che prosegue nella conduzione di Studio Aperto, uno stile unico, schietto, diretto, solare come solo le tgiste del meridione spesso sanno essere. Ha detto di voler modificare il suo accento meridionale e invece noi le diciamo che, oltre dalla sua professionalità, il suo fascino e l’appeal televisivo le derivano anche dalla cadenza del sud così melodiosa. Brava. “9-”.
Terzo gradino del podio per Laura Cannavò. Sempre maggiori i suoi spazi all’interno del nuovo Tg5 di Carlo Rossella. E sono tutti spazi meritati, anche perché sia nelle conduzioni da studio, sia nei servizi da inviata, la nostra Laura Cannavò ci dimostra che si può arrivare certo in tv ma, per restare ad alto livello, occorre essere delle brave professioniste e, soprattutto, incontrare il gradimento del pubblico. E lei, ormai, ha una schiera di fan in costante crescita. Brava. “8”.
Assegniamo il gradino più basso del contropodio a Salvo Sottile. Va bene cercare di dare enfasi ai servizi, ma lui esagera. E lo fa praticamente sempre. Sappiamo che, dopo aver abbandonato il Tg5 per il notiziario Sky, sta rientrando in un clima non idilliaco, ma questo non lo deve far pagare ai telespettatori. Con servizi urlati e, in qualche caso, anche un po’ approssimativi. Da rivedere. “5-”.
Un evento sfortunato, una situazione al limite del paradossale e lui c’è. Anzi, se si tratta di Tg5 possiamo quasi stare certi che il servizio è a sua firma: quella di Gianluigi Armaroli. Uno strano caso di protagonista del mondo informativo catodico che sopravvive a direttori e rivoluzioni. Nonostante, spesso, i suoi servizi sappiano tanto di realtà costruite a tavolino. Speriamo non con la collaborazione della redazione centrale… Rimandato con un “5”.
Gradino più alto del contropodio a Manuela Lucchini, la cui settimana di conduzione si è aperta con una serie di topiche da antologia. E con un tono di voce che, in giornate tempestate dalla pioggia battente, rendevano ancora più triste lo spettatore. Specie se, come nel nostro caso, facendo zapping tra i tg, si era passati da una briosa Capulli a una triste (stile un interista dopo la scoppola del “delle Alpi”) Lucchini. A lei una prova d’appello. Con un “5.5”.
TELEGIORNALISTI La morte in diretta di Filippo Bisleri

Per “Primo canale” di Genova un’evidenza mediatica di cui certo avrebbe fatto volentieri a meno. La morte, in diretta televisiva, del “professore” Franco Scoglio, avvenuta nella serata di lunedì 3 ottobre, interroga l’intero mondo dell’informazione.
I telespettatori, in pratica, hanno potuto cogliere le fasi iniziali del malore che si è portato via Franco Scoglio a soli 64 anni. Un malore che certo non è imputabile alla sola situazione di tensione creatasi tra il guru calcistico originario delle Eolie e autore della storica qualificazione ai mondiali di calcio della Tunisia e il presidente del Genoa Enrico Preziosi.
Numerosi i messaggi di cordoglio, da quello di Sandro Piccinini, sgomento per averlo avuto tra i suoi ospiti solo domenica sera a Controcampo (e anche lì il “professore” era stato protagonista di un paio di accese discussioni).
Sul sito dell'Uefa anche i messaggi di Marcello Lippi (ct della Nazionale), dell’attuale allenatore del Genoa (la squadra che Scoglio più amò insieme al Messina, dove scoprì quel Totò Schillaci delle notti magiche del mondiale del 1990, ndr) Giovanni Vavassori e Franco Carraro, presidente della Figc.
Sconvolge più di tutto, però, oltre alla perdita di un personaggio discusso ma amato come Scoglio, il fatto che i telespettatori siano stati testimoni involontari dei suoi ultimi momenti di vita.
Una circostanza certo, ma non una fortuita circostanza. A “Gradinata nord”, per parlare del suo amato Genoa, l’allenatore aveva voluto andarci per testimoniare il suo affetto ai colori rossoblu. Con Preziosi c’è stato un confronto, uno scambio di battute, ma nulla più. La trasmissione, però, peraltro interrotta non appena il conduttore e i presenti in studio si sono accorti che il “professore” stava male, si è quasi trasformata nel famoso reality che tanto vorrebbero realizzare gli inglesi e che ritrae gli ultimi momenti di vita di malati terminali.
Certo “Primo canale” non può essere posta sul banco degli imputati per “la morte in diretta”. A finirci, su quel banco, casomai dovrebbero essere quei giornalisti che sfruttano le liti televisive all’interno del mondo pallonaro e lo spirito, decisamente tutto italiano, di “pensare male”, perché, come disse Andreotti, qualche volta ci si indovina.
La vicenda Scoglio insegni qualcosa ai giornalisti e ai telespettatori. Ma anche e soprattutto a chi realizza i palinsesti tv per lo sport e promuove programmi urlati e di accuse tra le parti più adatte ai confronti delle vecchie guerre in trincea. Ridateci il vecchio calcio. Perderemmo meno figure carismatiche come il “professore” e ritroveremmo la sana voglia di fare sport.
VADEMECUM  Le scuole riconosciute di Filippo Bisleri

In questa puntata facciamo un viaggio tra le scuole di giornalismo riconosciute dall’Ordine.
Partiamo con il master biennale in Giornalismo del Corep (Consorzio per la ricerca e l’educazione permamente) di Torino (telefono 011/5645107) con 20 partecipanti a biennio, per chi abita a Torino e dintorni.
In via Appiani 2, a Milano, ha sede l’Associazione “Walter Tobagi” per la formazione al giornalismo, e, sempre a Milano, opera l’Ifg “Carlo De Martino”, in via Filzi 17 (tel. 02/6749871) con 40 posti a bienno (il corso inizierà il mese prossimo).
Ancora a Milano si svolgono il master universitario biennale di primo livelo di giornalismo dello Iulm (tel. 02.891412211), con 15 iscritti, e il master in giornalismo a stampa e radiotelevisivo - Alta scuola in media, comunicazione e spettacolo dell’Università cattolica del Sacro Cuore (tel. 02/72342813) per 20 praticanti.
Un master in giornalismo si svolge anche presso l’università di Padova (tel. 049/8274940) e all’università della Basilicata di Potenza (tel. 0971/54412).
Bologna ospita la Scuola superiore di giornalismo, che forma 30 praticanti (tel. 051/6024560-84).
Prestigioso anche l’Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino (tel. 0722/350581), che si cura della formazione di 32 giornalisti a biennio.
A Ponte Felcino, invece, Rai e Università di Perugia hanno attivato il Centro italiano di studi superiori per la formazione e l’aggiornamento in giornalismo radiotelevisivo (tel. 075/5911211) con numero chiuso a quota 25.
A Roma attive la scuola della Luiss (tel. 06/85225558) con 40 posti; il corso della Lumsa (tel. 06/68422261) con 20 posti all’anno, e il master dell’Università di Tor Vergata (tel. 06/86391607) con 30 posti.
A Napoli master biennale in università (tel. 081/2522251) diretto da Paolo Mieli per 30 praticanti.
15 praticanti a Palermo al laboratorio universitario (tel. 091/7495225) e, infine, master a Sassari (tel. 079/239510) con 30 frequentanti.
(7-continua)
VADEMECUM   L'esperto risponde

Ilaria da La Spezia
ci scrive:
Mi iscriverò quest'anno alla facoltà di scienze della comunicazione dal momento che il mio sogno è diventare giornalista. Mia madre non è assolutamente d'accordo, sostiene che sto sbagliando di grosso perchè viviamo in una piccola città di provincia e non abbiamo grandi disponibilità economiche; ritiene che il giornalismo sia un mestiere riservato a pochi (leggi:ai benestanti). E' proprio così?
Risponde Filippo Bisleri:
Cara Ilaria,
il giornalismo non è certo un mondo facile, anche perchè è sempre più difficile trovare un contratto da redattore o anche da corrispondente. Tuttavia io, figlio di un falegname, sono la prova provata che non occorre essere ricchi per fare il giornalista professionista, o anche il pubblicista.
Ti sei iscritta a Scienze della Comunicazione. Con le leggi di revisione della professione giornalistica attualmente in discussione potresti avere qualche chance in meno a livello di redazioni, ma potresti trovare occupazione negli uffici stampa. Puoi però sempre integrare Scienze della Comunicazione con una triennale di Scienze Politiche - dovrebbero essere 4 esami e la tesi da sostenere.
Intanto, però, mettiti alla prova, magari proprio con Telegiornaliste.com. Scrivi una mail alla segreteria per offrire la tua disponibilità.
Certamente il direttore, l'ottima Silvia Grassetti, saprà come valorizzarti. Ti aspetto. Ciao.
EDITORIALE  Il non-potere della libertà di stampa di Tiziano Gualtieri

Reporters sans frontières l'aveva fatto notare qualche tempo fa: l'Italia non è tra i Paesi che possono vantarsi di avere assoluta libertà di stampa.
Detta così può sembrare una bestialità: non viviamo sotto una dittatura che tutto controlla e tutto pesa, non siamo uno dei luoghi più remoti del mondo, non esiste più il cosiddetto "visto censura".
Eppure, in compagnia della Spagna, siamo solo al 39° posto della speciale classifica redatta da RSF. I peggiori dell'Unione Europea dietro (addirittura) a Corea del Sud, Ecuador, Cile o Stati africani come Benin, Sudafrica e Namibia.
A ribadire il concetto - lo scorso 24 dicembre 2004 - anche Paolo Mieli sulle pagine del Corsera: «La libertà di stampa non sembra godere oggi in Italia di una buona salute». Anche in quel caso sembrava una frase più a sensazione che comprovata da fatti oggettivi. Eppure sono molte le decisioni liberticide della giustizia italiana che ha moltiplicato le perquisizioni, le violazioni del segreto delle fonti giornalistiche e le pene detentive inflitte per sanzionare i reati a mezzo stampa.
E per poco non manda in galera anche se si riportano stralci di intercettazioni telefoniche uscite - chissà come - dal segreto istruttorio.
L'ennesimo caso che finirà davanti alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo è quello di Radio Regio Stereo di Altamura, in provincia di Bari, chiusa per ordine dell'autorità giudiziaria, mentre il giornalista - pubblicista - Alessio Di Palo, che collabora con l'emittente radiofonica, è stato sospeso per due mesi dalla professione.
Una situazione che fa ritornare indietro di anni, a quegli anni di piombo in cui le emittenti venivano chiuse ma per ragioni di Stato. Molto spesso le radio (cosiddette) libere fanno leva sul sensazionalismo: impossibile competere con i network, e allora l'unico modo per essere ascoltati è quello di dare voce alle critiche senza pensare a questo o a quell'interesse di partito.
La libertà di stampa non è null'altro che il potere di criticare il Potere. Peccato che tutto ciò non vada giù a chi comanda. Di Palo - a volte a ragione, a volte a torto - critica, usa il microfono come una clava, denuncia e si fa tanti nemici. Gli stessi nemici che di nascosto, come nei migliori film di spionaggio, tramano alle sue spalle.
Il consiglio comunale vota una delibera in cui si invitano Procura, Questura, Prefettura, Authority e Ministeri a «indagare», «monitorare» e «prendere provvedimenti» contro questa fastidiosa "radiolina". Detto, fatto. Alcuni giorni fa, su disposizione del procuratore aggiunto di Bari Marco Dinapoli e del gip Chiara Civitano, arrivano l'ordinanza di chiusura e la misura cautelare contro Di Palo, che ora dovrà dimostrare di essere innocente.
Innocente da cosa? Dall'aver - probabilmente - detto la verità.
 
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