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Telegiornaliste anno III N. 4 (82) del 29 gennaio 2007


MONITOR Caterina Balivo, Miss giornalista di Giuseppe Bosso

Caterina Balivo, pubblicista dal 2002, terza a Miss Italia nel 1999, si è fatta conoscere dal pubblico televisivo nel 2003, quando è entrata nel cast dell'edizione estiva di Uno mattina, curando una rubrica sul giardinaggio.
Dal 2005 conduce Festa Italiana su Rai1.
Da Miss Italia a conduttrice di successo: una carriera in continua ascesa. Sei soddisfatta? Dove vuoi arrivare?
«Ho cominciato in Rai come valletta e sono contenta, come accade in tutti li altri lavori, di avere fatto tutti gli step – da miss, a valletta, a inviata, arrivando alla conduzione, per il secondo anno consecutivo, di Festa Italiana, senza scordare il ruolo di testimonial per i miei cioccolatini preferiti!».
Salsomaggiore è stato un buon trampolino di lancio: credi che in questi concorsi si nascondano davvero le dive del domani?
«Tra cento ragazze, c’è sempre qualcuna con grandi potenzialità. Miss Italia è un ricordo lontano: non posso dire che mi abbia portato lavoro, ma sicuramente mi è servito per convincere i miei genitori che volevo intraprendere seriamente il lavoro in televisione».
Sei iscritta alla facoltà di scienze diplomatiche internazionali: meglio di scienza della comunicazione, per un aspirante giornalista professionista?
«Ho scelto questa particolare facoltà per meglio comprendere le dinamiche della politica estera e perché ha più sbocchi, in particolare quello nel mondo del giornalismo, diversamente da scienze della comunicazione che mi sembra essere troppo a senso unico».
Il grande pubblico ti ha conosciuta durante l'edizione estiva del 2003 di Uno mattina, in cui avevi al tuo fianco una grande amica di Telegiornaliste, Eleonora de Nardis: che ricordo hai di quella esperienza e della nostra Ele?
«Mi sono divertita tantissimo: eravamo sei ragazze e condividevamo tantissimi momenti, da quelli lavorativi a quelli privati, uscendo insieme, cenando insieme. Ho dei bellissimi ricordi… Ele era vulcanica, come lo è ancora!».
Immagine e bellezza sono davvero fattori vitali per sfondare nel mondo dello spettacolo?
«Niente è vitale nella vita, a parte l’aria!».
Intrattenimento ma anche informazione nel tuo curriculum, come testimonia la tua conduzione dell'ultima Uno mattina estate: quale di questi ambiti prediligi e su quale intendi proseguire per il futuro?
«Mi piacerebbe proseguire nella strada che già sto seguendo in Festa Italiana, ovvero quella dell’informazione e dell’intrattenimento».
A Festa italiana si può dire che per la prima volta ti vediamo "camminare da sola", dopo avere avuto compagni di lavoro come Giletti, Di Mare, Malgioglio, eccetera. A chi ti senti più legata e da chi pensi di avere principalmente appreso?
«Sono stati tutti ottimi compagni di lavoro,da ognuno ho imparato qualcosa, nel bene e nel male».
Da napoletano a napoletana: qual è il tuo rapporto con i tuoi luoghi di origine?
«Più vado in giro per il mondo, adesso per fortuna ho lo possibilità di farlo, e più mi sento vicina ad Aversa. Più vado in giro, più mi accorgo che la mia mamma cucina meglio di tutti e che i nostri prodotti tipici sono irrepetibili. Più vado in giro e più mi rendo conto di quanto sia bella questa “città delle cento chiese” in soli quattro chilometri, spero anzi di poter dare il mio contributo a farla conoscere meglio al grande pubblico italiano».
CRONACA IN ROSA Intervista al vice ministro Danieli dalla nostra corrispondente Silvia Garnero

BUENOS AIRES - L'attività politica non è mai statica e per misurarla c'è bisogno di tempi e risultati concreti. Si può dire che il nuovo vice ministro per gli italiani all'estero, Franco Danieli, ha molte cose positive anche quando i risultati della sua gestione appena cominciano a vedersi, ed è molto il lavoro che si aspetta, all'estero, da parte sua.
Il primo risultato da evidenziare è l'incremento dei fondi destinati agli italiani nel mondo.
Danieli ha una grande predisposizione al dialogo, anche con quelli che non la pensano come lui, e un'agenda intensa per visitare paesi e ascoltare i reali bisogni dei connazionali. Effettivamente, il controllo della spesa che la prima finanziaria del governo Prodi ha approvato per gli italiani all'estero verrà seguito da vicino da parte del suo ministero.
C'è chi pensa che i Comites e Patronati siano strutture da ripensare dal punto di vista dell’utilità e del funzionamento…
«I Patronati non sono organismi rappresentativi, sono organizzazioni di servizio che hanno natura sindacale e non c'entrano nulla con i Comites. Questi sì, sono organi elettivi della comunità e dipendono dalle scelte che la comunità ha fatto, e quindi io nulla posso dire rispetto alle scelte che ha fatto la gente. Posso invece dire che ci sono Comites che non funzionano e quello che io ho fatto nella Finanziaria del 2007 è mettere a disposizione dei Comites più risorse, che saranno distribuite fra quelli che hanno dimostrato di funzionare. Non sarà una distribuzione "a pioggia". Non si potrà più dire al governo: “non funzioniamo perchè non ci date le risorse”. Le risorse saranno date e a quel punto vedremo se era un problema di soldi o d'incapacità».
Nell'immaginario collettivo delle persone che poco sanno delle strutture di potere italiane all'estero, esiste l'idea della poca trasparenza o a volte della discrezionalità nella utilizzazione delle risorse
«C’è sempre l’abitudine di dire che non c'è trasparenza, ma forse in questo caso non c'è controllo su come sono utilizzati questi soldi. Non è un problema della politica italiana perché in questo caso dà molti soldi - poi bisogna vedere come sono utilizzati».
Dopo le sue visite in diversi Paesi, per esempio in Argentina, lei sente che ha potuto avere un contatto diretto con i cittadini italiani?
«Non è che da solo possa incontrare 600mila italiani che vivono solo in Argentina, comunque le informazioni su quello che succede ce le ho, e poi penso di ritornare in Argentina presto. Io devo fare il ministro, anche se quello che lei dice sui connazionali è vero, bisogna sempre in giusta dose parlare con loro in maniera diretta e poi riuscire a fare il lavoro istituzionale».
Lei pensa che con quest’importante avvicinamento al potere argentino, il Presidente Kirchner tornerà indietro rispetto alla sua decisione di non riaprire il dialogo con i "bond people" italiani?
«La questione dei “bondisti” è responsabilità dei precedenti governi argentini, del Fondo monetario internazionale, anche del sistema bancario italiano. Quindi sono responsabilità diverse e condivise. Certamente gli investimenti in bond argentini hanno interessato un gran numero di cittadini non solo italiani, anche tedeschi e di altri nazionalità, perché c'erano tassi di interesse straordinari, del 15%. Allora, se qualcuno mi prospetta un tasso d'interesse straordinario… forse la cosa dovrebbe darmi da pensare».
Come uomo impegnato sui diritti umani violati nelle dittature militari, cosa ne pensa del caso dell' ex presidente argentina Isabel Perón, in passato legata anche alla P2 italiana?
«La magistratura deve fare il suo lavoro, quindi se ci sono elementi che portano i magistrati a emettere un ordine di cattura o iniziare un procedimento penale, questo è parte del suo principio d'indipendenza e autonomia di potere. Ovviamente la politica deve mettere in condizione la magistratura, la società civile e gli organi d'informazione di riconoscere che è stato un periodo di dittatura, cosa ha significato la scomparsa di decine di migliaia di giovani, soprattutto, quali sono stati gli interessi occulti tra P2 e il potere istituzionale».
In questi giorni in Italia si sta parlando di antiamericanismo, questione che il governo nega, però mi piacerebbe avere una sua opinione come vice ministro degli italiani all'estero…
«Non c'è continuità con la politica estera di Berlusconi, ma una profonda discontinuità. Noi siamo per il multilateralismo, per le Nazioni Unite, e invece non siamo per le iniziative unilaterali. Abbiamo ottimi rapporti con gli Stati Uniti d'America sulla base di un concetto di parità. Come ha detto Prodi questi giorni, rispetto agli attacchi di Berlusconi, noi abbiamo dignità nazionale».
FORMAT  Quanto ci piace questa tv! di Nicola Pistoia

La bizzarra squadra di Parla con me, capitanata dalla stacanovista Serena Dandini e dal sempre pungente Dario Vergassola, approda in prima serata su Rai3 conquistando una discreta fetta di pubblico.
Giovedì scorso quasi due milioni di telespettatori - evidentemente entusiasti del cambiamento d’orario - hanno seguito uno degli show più irriverenti della tv, in onda alle 21.00 con cinque appuntamenti speciali. La Dandini ha subito precisato che certo l'intento non è quello di competere con il sanguinolento CSI o con l’amarcord di Raccontami o ancor di più con la settima generazione del Grande Fratello.
La scelta di collocare il programma in prima serata è arrivata dai piani alti di Viale Mazzini che, molto probabilmente, si sono accorti del successo ottenuto in terza, e quindi hanno voluto puntare sul "salotto" della Dandini come alternativa alle altre programmazioni.
Ma forse la vera ragione del cambiamento e del clamore è da ritrovare nei due veri protagonisti dello show: la premiata ditta Dandini - Vergassola.
La prima, ideatrice e conduttrice di programmi di successo come La tv delle ragazze, Tunnel, Avanzi e Pippo Chennedy Show, ritorna con spirito più scanzonato e curioso che mai a duettare in modo perfetto con Vergassola, un comico intelligente che con leggiadra spensieratezza racconta, attraverso battute e aneddoti, personaggi e fatti della società contemporanea in modo da suscitare una risata contagiosa.
In prima serata ritroviamo anche l’accompagnamento musicale della Banda Osiris, nata circa 27 anni fa come “un gruppo di musicisti comici ambulanti e autodidatti”, le interviste “da fermo” di Ascanio Celestini e Andrea Rivera. Perla del programma la presenza fissa di Neri Marcorè, con le sue stupefacenti imitazioni.
Secondo un sondaggio effettuato dal S&G Kaleidos di Milano per conto del settimanale Tv Sorrisi e Canzoni, il programma è molto più seguito dal pubblico maschile - soprattutto tra i 25 e i 44 anni del centro Italia - che da quello femminile. Gli uomini apprezzano “l'approccio dissacrante e ironico”, le donne lamenterebbero che gli ospiti “debbano adattarsi allo spettacolo e non viceversa”.
Sondaggi a parte, Parla con me risulta essere uno show ben fatto, simpatico, spensierato e, allo stesso tempo, molto accattivante. Non ci rimane che fare i nostri complimenti a tutta la squadra.
ELZEVIRO  Mostre su e giù per lo Stivale di Antonella Lombardi

Dai disegni di Michelangelo agli Impressionisti, passando per De Kooning, Pirandello e Luzzati. In giro per l’Italia sono diverse le rassegne artistiche da seguire. Eccone alcune.
A Brescia, il paesaggio impressionista è in mostra con 270 opere di artisti come Monet, Manet, Constable, Turner, Sisley, Cezanne. Dal tema dell’acqua e della luce al paesaggio della campagna francese, e poi le immagini di Londra, Venezia e la Bretagna, primo eden abitato da Gauguin con, infine, il mitico Sud cercato e dipinto da Van Gogh. Al museo di Santa Giulia, fino al 25 marzo, Turner e gli impressionisti. La grande storia del paesaggio moderno in Europa.
Sempre al museo Santa Giulia di Brescia è possibile visitare, fino al 25 marzo, l’esposizione dedicata a Fausto Pirandello, che ripercorre le lezioni di autori come Picasso, Derain e Braque. Nelle sue nature morte l’artista porta alle estreme conseguenze il malessere e la duplicità nella percezione del reale, mostrando gli oggetti come parte di un teatro dell’incongruo, facendo propri, così, i fondamenti che resero celebre la poetica del padre, Luigi.
I più bei disegni di architettura di Michelangelo sono esposti invece a Firenze, alla Casa Buonarroti. Una grande rassegna, con 39 disegni originali e un grande dipinto cinquecentesco del Maestro raffigurato nel suo studio. Un apparato didattico multimediale, inoltre, permette di seguire la genesi delle opere di Michelangelo, dal primo momento creativo sino alla conclusione. Fino al 19 marzo.
A Roma sono tre gli appuntamenti per chi ama le mostre contemporanee: si va dagli ultimi dipinti realizzati da Willem de Kooning negli anni 1981-1988, a una collettiva di 22 nuovi artisti, per finire con le opere dello scenografo Emanuele Luzzati.
Al museo Carlo Bilotti, presso l’Aranciera di Villa Borghese, sono esposti i dipinti di De Kooning, uno dei pionieri con Jackson Pollock, Mark Rothko, Franz Kline, dell'Abstract Expressionism, il movimento che avrebbe rapidamente spostato l'attenzione mondiale sull'arte dall'Europa agli Stati Uniti. In mostra fino all’11 febbraio.
Arterritory. Arte. Territorio. Memoria, è invece la collettiva di artisti che raccoglie, in un percorso interattivo, frammenti di luoghi e nuovi punti di vista con l’esperienza degli spettatori. L'immagine qui cerca di penetrare l’ essenza delle cose, ovvero luoghi abitati e vissuti. Le opere di pittura, scultura, installazioni e video art sono realizzate in una dimensione che include visioni del passato e del futuro, nel segno di un'identità collettiva. Alla Centrale Montemartini, fino al 18 febbraio.
A Emanuele Luzzati, una delle figure più eclettiche del teatro italiano è dedicata la mostra Teatro gioco vita. Un mondo di figure d'ombra. Le creazioni dell’illustratore, costumista e scenografo sono esposte, fino al 7 marzo, alla Casa dei Teatri.
Luzzati si è occupato dell’illustrazione di molti libri per l’infanzia, è stato autore di testi come Tarantella di Pulcinella, I tre fratelli, ha illustrato le fiabe italiane di Italo Calvino nonché diverse filastrocche di Gianni Rodari. Ha esposto alla Biennale di Venezia, ha creato i titoli di testa de L'armata Brancaleone e Brancaleone alle Crociate di Mario Monicelli, e realizzato vari film d’animazione, tra cui La Gazza ladra e Pulcinella, che gli sono valse due nominations all'Oscar.
Grazie a momenti di fruizione spettacolare, proiezioni dei film d'animazione realizzati da Luzzati e un laboratorio creativo per costruire un teatro d'ombra in miniatura, anche i piccoli spettatori si possono addentrare nella magia e nella sapienza artigianale di una delle grandi tradizioni sceniche.
DONNE Tamara va veloce Erica Savazzi

Una donna sempre in movimento. Movimento fisico, affettivo, movimento mentale: questa è stata Tamara de Lempicka, una donna perennemente in divenire, sempre tesa al cambiamento.
Polacca, nata a fine ‘800, giovane nel pieno delle “magnifiche sorti e progressive” del primo ventennio del nuovo secolo, donna sensuale, moderna e indipendente, come già aveva dimostrato di essere quando a quattordici anni decise di trasferirsi dalla familiare Varsavia alla San Pietroburgo di una zia.
Lì si sposa, nemmeno ventenne, con Tadeusz Lempicki, un giovane avvocato. Vive in prima persona la rivoluzione russa, e riesce a far liberare il marito che era stato arrestato. Si trasferiscono a Copenaghen, poi a Parigi dove Tamara inizia a studiare arte.
Nel 1928 divorzia dal marito – fatto raro per l’epoca – da cui aveva avuto una bambina, e dopo pochi anni si risposa. Si trasferisce a New York ed espone nella Grande Mela ma anche a San Francisco e Los Angeles. Dopo un trasloco a Houston il marito muore e lei torna a Parigi. Conclude la sua vita in Messico, nel 1980. Le sue ceneri sono sparse nel cratere del vulcano Popocatépetl.
Una vita in movimento, sempre in viaggio, molti uomini – almeno tre, oltre ai mariti ufficiali – e forse una donna, sua modella. Anche Gabriele D’Annunzio desiderava un affaire con lei, lei che amava la modernità e la velocità – famoso è l’autoritratto mentre guida – proprio come il Vate.
Modernità che si legge nelle sue opere – soprattutto ritratti e nudi - dipinte con stile quasi pubblicitario: e infatti fu anche illustratrice di copertine per la rivista tedesca di moda Die Dame.
Speciale è il rapporto di Tamara con l’Italia: pare che la sua passione per l’arte sia nata durante un viaggio nel Bel Paese fatto con la nonna da bambina. Poi lo studio di Pontormo e Botticelli, e la prima personale nel 1925 a Milano in via Montenapoleone.
TELEGIORNALISTI Francesco Bozzetti: il giornalista che vive di notte di Nicola Pistoia

Professionista dal 1974, Francesco Bozzetti ha iniziato la carriera giornalistica prima come corrispondente sportivo per L’Unità e Tuttosport, poi come cronista all'Avvenire, e come collaboratore Rai per il Gazzettino Padano.
Nel 1992 viene assunto come inviato speciale a Studio Aperto e dall’anno successivo al Tg4 di Emilio Fede. Segue come inviato i principali avvenimenti di cronaca e politica in Italia e all’estero e dal 1996 è coordinatore e conduttore della Rassegna stampa del Tg4.
Quando è nata questa passione per il giornalismo?
«Sembrerà un’ovvietà: da ragazzino, sui banchi della scuola media. Provavo a fare il giornalino di classe, lo impaginavo, ci scrivevo gli articoli e al posto delle foto facevo dei disegni. Tutto da solo. E poi mi divertivo a distribuirlo ai compagni».
Ci racconta la giornata tipo di Francesco Bozzetti?
«La mia giornata tipo inizia verso le 18.00, quando sono impegnato nel turno di conduzione della Rassegna stampa. Appena arrivo in redazione leggo tutti i quotidiani, esamino le news delle agenzie per avere il quadro della situazione e poi comincio a selezionare gli argomenti del giorno. Subito dopo il tg principale delle 19.00, partecipo con gli altri caporedattori alla riunione con il direttore, e lì viene impostata la rassegna stampa che preparo a partire alle 20.30 selezionando i vari giornali che giungono in redazione, scrivendo i testi per i “vivi” e aggiornando le principali notizie che mi vengono segnalate dai redattori di turno serale. Poi, alle 23.30 l’edizione viene registrata ed è pronta per la messa in onda nell’intervallo del film della sera».
Quali tg guarda con particolare interesse?
«Tutti i tg che posso. Compresi quelli locali. Credo che ci sia sempre da imparare da chiunque, anche dall’ultimo arrivato in quanto a stile, al modo di porgere le notizie, di leggerle o commentarle».
Ci sono telegiornalisti, anche di altri tg, che apprezza maggiormente?
«Fra i “contemporanei” sicuramente Emilio Fede, l’unico vero “anchorman” italiano. Il suo metodo di conduzione è straordinario per naturalezza, chiarezza di esposizione e mimica che spesso spiega la notizia più e meglio di qualsiasi parola. C’è poi lo stile di Enrico Mentana, asciutto e veloce, e quello di Fabrizio Summonte del Tg5, più pacato, più colloquiale ma efficacissimo».
Lavorare nel tg di Emilio Fede è una grande responsabilità o un grande privilegio?
«Entrambe le cose. Presuppone senso di responsabilità perché è un tg nazionale con un nocciolo duro di fedelissimi molto attenti e anche molto critici che bisogna saper “conquistare” ogni volta che si va in video, perché abituati a un modello, quello di Fede, che è inimitabile per chiunque. Prestigioso perché proprio il modello Emilio Fede propone un tipo di giornalismo moderno e di qualità, attento non solo ai contenuti ma anche all’estetica».
Il vostro telegiornale è stato accusato di parzialità verso un determinato orientamento politico e per questo sanzionato. Tutto ciò le sembra giusto o crede ci sia stata una esagerazione mediatica?
«Credo che sia stata esagerazione mediatica. Nessun giornale, né parlato né scritto ha il pregio dell’obiettività assoluta. Ogni notizia appare diversa a seconda del punto di vista con il quale la si racconta. Il punto di vista di Emilio Fede, qualche volta, non coincide con quello di chi ascolta. Tutto qui».
OLIMPIA Aikido, la via per l’armonia dello spirito di Mario Basile

«Il nostro scopo è di allenare la mente e il corpo, di formare persone oneste e sincere». Sintetizzò così, oltre quarant’anni fa, il Grande Maestro Morihei Ueshiba, fondatore dell’arte marziale Aikido, la finalità di quanto egli stesso aveva creato.
Forse non si sarebbe aspettato che l’Aikido, nei primi anni del terzo millennio, sarebbe diventato una delle arti marziali di difesa personale più gettonate nei paesi occidentali. Infatti negli ultimi anni continua a crescere il numero di iscritti ai Dojo in cui si pratica Aikido. Non tutti sanno che il termine Dojo, che in occidente viene comunemente tradotto come “palestra, nella cultura orientale ha un significato molto più profondo: indica un luogo in cui è possibile raggiungere il perfetto equilibrio tra mente e corpo.
Del resto la stessa parola Aikido è l’unione di Ai (armonia), Ki (energia), Do (via). Quindi Aikido risulta significare “ la via per l'armonia dello spirito”. Naturalmente una via per l’armonia dello spirito non può essere di certo un’arte marziale deputata all’offesa personale. Al contrario essa si fonda sulla difesa personale. Una difesa personale che non punta a neutralizzare l’avversario con una serie di mosse per poi colpirlo, ma che cerca solo il disimpegno dall’avversario e dal conflitto stesso. E proprio qui che l’armonia dello spirito riveste un ruolo fondamentale: solo un individuo con un ottima armonia mente-corpo riesce a restare calmo e a rinunciare allo scontro. Secondo Ueshiba quando un nemico cerca di combattere contro un aikidoka è costretto a rompere l’armonia dell’universo decretando da solo la propria sconfitta.
La tecnica dell’Aikido è la più difficile da imparare, ma anche la più efficace. Chi applica le mosse punta a sbilanciare l’avversario sviluppando un movimento circolare di cui egli stesso è il perno, così facendo lo attira nel suo “campo di difesa” mandandolo fuori equilibrio. I più esperti sono in grado anche di immobilizzare un avversario in poche mosse e senza correre troppi rischi.
La più importante associazione legata all’arte marziale dell’Aikido è l’Aikikai, che fa capo ai parenti del fondatore della disciplina. A questa organizzazione in Italia sono legati più di duecento Dojo, dislocati nelle varie regioni italiane. La più rappresentata è la Campania che ne conta più di quaranta. Per maggiori informazioni www.aikikai.it .
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Telegiornaliste: settimanale di critica televisiva e informazione - registrazione Tribunale di Modena n. 1741 del 08/04/2005
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