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Intervista a Roberta Badaloni tutte le interviste
Roberta BadaloniTelegiornaliste anno V N. 1 (172) del 12 gennaio 2009

Roberta Badaloni, giornalista d'assalto di Giuseppe Bosso

Roberta Badaloni è giornalista professionista dal 2000. Muove i primi passi nel mondo del giornalismo all'emittente laziale GBR per poi passare, dopo la laurea in giurisprudenza, al Tg1 dove segue varie rubriche a Uno Mattina, Tv7 e speciali. Attualmente in forza alla redazione società, conduce la rubrica Miti d’oggi, in onda il martedì.

Come nasce la rubrica Miti d’oggi?
«Ogni redazione del giornale cura una rubrica tematica. Miti d’oggi è lo spazio di approfondimento della redazione società. Una finestra sfiziosa sulle nuove mode e tendenze non solo italiane. I nostri redattori sono eccezionali, riescono a scovare le cose più curiose, divertenti e il pubblico sembra gradire davvero».

Come definisci il lavoro della redazione società?
«Interessante, consente di spaziare da temi come la sanità, la scuola ad altri un po' più leggeri, ma non per questo meno seguiti o meno impegnativi».

Spesso ti dedichi ad inchieste con telecamera nascosta. Come ti poni in questo contesto?
«La telecamera nascosta rappresenta una grande realtà del giornalismo moderno. Si usa per due motivi fondamentali: una questione di sicurezza personale e perché, in alcuni casi, è l’unico strumento che ti consente di raccontare e denunciare situazioni che non potrebbero essere documentate in altro modo. Questa raccolta di informazioni senza filtri con l’interlocutore, però, richiede anche alcune regole essenziali: rispetto delle persone che riprendi e molta empatia con gli operatori. I colleghi con i quali solitamente lavoro sono Emiliano e Giuseppe, due professionisti fantastici con i quali ho condiviso anche situazioni un po' pericolose, ad esempio quando abbiamo girato le corse clandestine dei cavalli».

L’inchiesta più bella che hai fatto?
«Quella che devo fare ancora! Scherzi a parte, lavorando al Tg1 impari che devi saperti migliorare sempre di più. Se proprio devo citartene alcune, mi viene in mente - oltre a quella sulle corse clandestine di cui ho parlato - una relativa alle tratte ferroviarie più a rischio per furti e aggressioni. Non posso non citare le inchieste su Padova, andarono in onda a Tv7. Furono le prime denunce sul famoso quartiere a luci rosse, sullo scandalo dello spaccio di droga e sulla difficile convivenza con gli immigrati. Non tutti lo sanno ma il "caso Padova" con il famoso muro che venne alzato in via Anelli, scoppiò proprio dopo quelle inchieste. In materia universitaria, invece, ricordo l’inchiesta sulle lauree facili. L'allora ministro Mussi ci telefonò immediatamente ed aprì una inchiesta penale. Insomma, sono tante, belle, a volte pericolose. Bisogna fare molta attenzione».

Cosa significa per te lavorare al Tg1?
«Un grande privilegio, non credevo di arrivare così in alto quando ho iniziato questo percorso professionale fatto di gavetta e precariato duro che, alla fine, è stato coronato da una richiesta di assunzione. Se penso che, nel 1997, iniziai con una sostituzione che doveva durare un solo mese... probabilmente è stata una cosa che è arrivata al momento giusto e che mi ha permesso di iniziare un nuovo percorso ricco di novità».

L’ampliamento del mercato dell’informazione ha creato nuove possibilità e nuove emittenti per gli aspiranti giornalisti. Lavorare al Tg1 è ancora la massima aspirazione, secondo te?
«I tempi sono cambiati e l’informazione è molto diversa da quando ho mosso i miei primi passi. La concorrenza è la molla che spinge il Tg1 ad essere sempre più competitivo».

Che sensazione ti ha suscitato scoprire di essere tra le più amate tgiste dei lettori del nostro magazine?
«Mi ha impressionato scoprire la vostra realtà, anche dai tantissimi messaggi che ricevo. Premetto che ammiro le persone che hanno passioni forti e le seguono con cura e considerazione. Per questo mi ha incuriosito vedere un sito come il vostro, gestito con molta attenzione. Ringrazio chi ha riservato per me commenti garbati e gentili, ma soprattutto chi ha avuto cura nel gestire una realtà puntuale, seria e documentata come la vostra, così diversa dai tanti blog che si trovano in rete. Internet è ancora una giungla senza regole dove i vari blog si prestano facilmente anche ad affermazioni false e pretestuose. Sfortunatamente l’ho potuto provare sulla mia pelle, leggendo ad esempio che sarei la figlia di Piero Badaloni. Tutto falso, nel modo più assoluto. Oltre ai commenti dei vostri lettori, ho ricevuto anche mazzi di fiori e inviti a cena (ride, ndr) ed è una cosa che mi ha fatto molto sorridere perché, non essendo conduttrice del tg, pensavo di non essere così esposta all’attenzione del pubblico. Per carattere poi non sono una protagonista, l’attenzione dello spettatore deve cadere sulla notizia che riporto e non certo su me che faccio il servizio».

Un tuo punto di riferimento nel campo professionale?
«Ci sono tanti colleghi bravi, ma certamente la scuola più importante l’ho fatta con il mio caporedattore, Marco Franzelli, col quale ho lavorato anche durante il periodo degli speciali e di Tv7. E’ un giornalista straordinario e, come capo, ha il merito di essere sempre presente, sempre pronto ad intervenire, e di farti capire come entrare nello spirito del pezzo che ti assegna».

Qual è il tuo sogno nel cassetto?
«Non perdere l’entusiasmo di adesso e di quando ho cominciato. Soprattutto non dimenticare mai che il nostro lavoro è e deve essere fatto per gli altri. Non serve solo ad informare, ma a volte può dare giustizia a chi rimane vittima di soprusi e prevaricazioni».

Ti possiamo definire, dunque, una giornalista d’assalto?
«Forse lo è chiunque abbia il coraggio di raccontare qualcosa subendone personalmente le conseguenze. Se ti riferisci a situazioni pericolose, mi viene ancora in mente Padova: quella notte alcuni spacciatori magrebini si accorsero di noi, stavamo facendo delle riprese con piccole telecamere. Scappammo mentre sulla nostra macchina incominciarono a piovere bottiglie di vetro. Corremmo in albergo ma, proprio lì, ci stavano aspettando. Dovette intervenire la polizia e fu una nottata drammatica. Il nostro albergo venne blindato con grande spavento e disappunto dei gestori che tirarono un sospiro di sollievo solo quando l’indomani la polizia ci scortò all’aeroporto».

Fino a che punto ritieni sia il caso di rischiare la propria incolumità per il giornalismo?
«In questi casi è importante saper fare le cose con intelligenza, senza smanie di protagonismo».

Come ti descriveresti?
«Aperta, abituata alla semplicità. Giornalista entusiasta con voglia di crescere sempre, consapevole che non si arriva mai e che devi sempre lavorare tanto per migliorarti».

Quanto è importante per te l’immagine sul lavoro?
«Credo nella gentilezza, nell'umiltà, nella capacità di mettere gli intervistati a proprio agio e nel saper ascoltare. Certo, l’aspetto fisico ha la sua importanza, ma sono convinta che bisogna imparare a prescinderne».

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