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Intervista a Mariangela Pira tutte le interviste
Mariangela PiraTelegiornaliste anno III N. 36 (114) dell'8 ottobre 2007

Mariangela Pira, missione economia di Giuseppe Bosso

Mariangela Pira è iscritta all'Albo dei giornalisti professionisti dall'ottobre del 2003. Muove i primi passi nel mondo del giornalismo all'Ansa di New York, sotto la guida di Marco Bardazzi, seguendo alcuni processi e la prima "Inauguration Week" di Bush. Mentre lavora a Class, nel 2004, vince una borsa di studio per la Cina e vi si reca per imparare la lingua. Da là corrisponde anche per Class e per Panorama. Collabora sul Paese asiatico anche per Mf. Cura per i tg di Canale5 e La7 le finestre su borsa e mercati.

Mariangela, da che cosa nasce il tuo interesse per borsa, mercati e finanza?
«Tutto è cominciato per caso. Ho iniziato all'Ansa a New York con la politica estera e uno dei primi maestri è stato Marco Bardazzi. Lo seguivo mentre si occupava dei processi a Bin Laden per le bombe alle ambasciate Usa in Kenya e in Tanzania. Io seguivo anche il processo a Puff Daddy per la sparatoria in discoteca. Al mio rientro in Italia, con il lavoro a Class, ho pian piano scoperto che la finanza mi piaceva».

Negli ultimi anni non sono solo gli addetti ai lavori ad essere attenti all'economia: sei d'accordo?
«Certo. Ormai l’informazione economica non è indirizzata solo agli esperti: come possiamo purtroppo constatare sulla nostra pelle, sono fenomeni che incidono molto sulla nostra vita. L’aumento del petrolio che si ripercuote sul costo della benzina; il rincaro dei generi alimentari. È importante essere informati su aspetti come l’andamento dei mercati o il Tfr».

La vicenda dei mutui subprime ha suscitato un aspro dibattito tra chi punta il dito contro le banche e chi accusa chi ha usufruito di quelle condizioni: dove sta la verità?
«Nel mezzo. Ultimamente ho assistito a Cernobbio a una conferenza in cui, da un lato, le banche negavano la presenza di una crisi, e dall’altro c’erano le associazioni dei risparmiatori o ex commissari Consob che dicevano tutt’altro. In questi casi io credo che, senza generalizzare, non poche siano le colpe di chi non informa adeguatamente i piccoli risparmiatori nell’acquisto di titoli che possono presentare alti rischi. Lo abbiamo visto nel crak della Cirio o nella vicenda dei bond argentini: molte persone hanno sottoscritto condizioni di acquisto probabilmente senza nemmeno rendersi conto delle “trappole” che poteva nascondere quel presunto facile guadagno. È una prassi scorretta anche da parte delle banche. Che investono in mercati a rischio cercando - è successo con i tango bond - di spalmare questi titoli sui propri clienti».

C'è voluta la denuncia di un comico, Beppe Grillo, perché scoppiasse il caso Parmalat. Al di là dei risvolti legati all'economia, quella vicenda non rappresenta una sconfitta per il mondo dell'informazione che non ci era arrivato prima?
«Sì, ne parliamo spesso in redazione. Troppo spesso non riusciamo a fare il nostro mestiere come dovremmo, accettando forzatamente delle condizioni che non ci permettono di fare quegli approfondimenti e quelle inchieste che, invece, andrebbero fatte nell’interesse di chi ci segue. Io stessa nelle mie finestre al Tg5, trovandomi in diretta, sono tenuta ad assumere un atteggiamento pacato anche quando succede qualcosa di allarmante.
Grillo ha fatto scalpore non solo nel caso Parmalat ma anche nel suo famoso intervento all’assemblea degli azionisti Telecom, e anche lì, col senno di poi, l’informazione si è scatenata. Ma il punto è un altro: è troppo facile parlare a posteriori del crak Parmalat e Cirio, difficile è farlo prima, in modo da mettere in guardia chi ha investito i risparmi di una vita in operazioni avventate. Non ha senso parlare della crisi di queste grandi aziende quando, invece, sarebbe stato meglio farlo nel momento in cui avevano fatto sparire miliardi di euro all’estero».

Cosa rappresenta Class nel panorama della nostra informazione?
«Una realtà rispettata nel giornalismo economico, anche grazie alla partnership con CNBC che ci ha permesso di acquisire maggiore visibilità e intervistare anche personaggi di rilievo del mondo della finanza: cito Alan Greenspan. Siamo una redazione giovane e volenterosa, diretta da un esperto come Andrea Cabrini, che ha alle spalle una lunga parentesi nel Tg4, e che nel suo campo ha pochi eguali. Non era facile tentare la strada di un canale tematico dedicato all’economia, ma nel nostro piccolo siamo una realtà davvero giornalistica».

Quali sono i tuoi modelli?
«Christiane Amanpour, Bob Woodward, Carl Bernstein. Ci sono molti giornalisti che stimo, soprattutto della carta stampata. Ma non ho un mito in particolare, un modello a cui ispirarmi; posso dirti che ammiro tanto le giornaliste d’inchiesta come Anna Politkovskaya».

Tante finestre nei grandi tg: non ti stanno un po' strette? Non vorresti puntare alla conduzione?
«Beh,magari non proprio quella. Però spero di andare avanti e pormi nuovi obiettivi, anche magari nella carta stampata».

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