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Anna ScalfatiTelegiornaliste anno III N. 45 (123) del 10 dicembre 2007

Anna Scalfati e i suoi percorsi di Giuseppe Bosso

Una lunga carriera quella di Anna Scalfati, che l'ha portata a condurre prima l'edizione pomeridiana del Tg3, poi il Tg1. Fino ad occuparsi, sempre sulla Rai, di numerose tematiche sociali, femminili e giudiziarie. Oggi continua a condurre con successo Percorsi, programma che ha visto il suo esordio su Rai3 nel 2002.

Che bilancio può trarre dopo cinque edizioni di Percorsi?
«Un ottimo bilancio sicuramente. Sono soddisfatta della critica e degli ascolti che abbiamo raggiunto negli anni. I programmi dedicati ai sentimenti - ovviamente non parlo di quelli in cui la gente che vi partecipa vuole apparire ad ogni costo - fanno sempre molta presa sul pubblico, ma la cosa che più mi soddisfa è che la maggior parte del pubblico che mi segue è rappresentato da donne. Andiamo in onda in una fascia oraria come la seconda serata inoltrata e non è facile, per una donna alle prese con le sue responsabilità di madre, moglie e lavoratrice, guardare la televisione a quell'ora. Per me, quindi, questo dato vale il doppio».

Nelle storie che ha avuto modo di trattare ha avvertito sempre sincerità da parte dei protagonisti o pensa che qualcosa sia stato gonfiato?
«No, ho trovato sempre sincerità negli ambienti in cui sono stata. Ho potuto sempre contare sul riscontro esterno rappresentato dai racconti della gente che vive intorno ai protagonisti delle storie e che hanno arricchito di ulteriori particolari ciò che ho poi mandato in onda in Percorsi».

Le capita mai di farsi coinvolgere emotivamente dalle storie?
«Avendo lavorato ai telegiornali per anni, posso dire di aver sviluppato un metodo grazie al quale mi ritrovo totalmente coinvolta nei temi e nell'evoluzione del programma. Riesco addirittura a mantenermi in contatto con le persone che conosco e intervisto».

Ha alle spalle una lunga gavetta giornalistica, eppure il grande pubblico sembra essersi accorto di lei soltanto con questo programma. Cosa ne pensa?
«Faccio questo lavoro da quasi trent'anni, ho iniziato che ero ragazzina. Adesso, a distanza di tempo, mi sento soddisfatta di essere una giornalista e di essere soprattutto riconosciuta come tale dalle persone che incontro e che non mi confondono per una conduttrice o una valletta. Rispetto al telegiornale, in cui l'aspetto legato all'informazione è preminente, un programma come il mio è molto diverso ed è proprio farina del mio sacco. A tal riguardo, purtroppo, devo rammaricarmi del fatto che lavoro quasi sempre da sola».

E' presidente della Onlus Teresa Scalfati-Speranza minori che si occupa di adozioni internazionali: ci vuole parlare della sua attività e di come concilia questo impegno con il suo lavoro?
«L'associazione che presiedo è intitolata a mia sorella Teresa, morta purtroppo da anni. Da sempre mi sono dedicata insieme a lei al volontariato e, quando è venuta a mancare, ho proseguito occupandomi di adozioni internazionali. E' una dimensione in cui mi trovo molto bene e che vivo serenamente anche con mia sorella adottiva, una ragazza della Bolivia che è uno dei Paesi con cui siamo maggiormente in attività. Cerco di conciliare questa iniziativa al meglio con il mio lavoro, per cui può capitare di essere un giorno in redazione e, la sera stessa, in piazza a organizzare una vendita di scarpe per raccogliere fondi».

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