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Intervista a Stefania Scamperle e Silvia Spillare tutte le interviste
Telegiornaliste anno II N. 24 (56) del 19 giugno 2006

Intervista doppia: Scamperle - Spillare di Mario Basile

Pianeta Donna Sport, in onda ogni venerdì alle 20.30 su Punto Sat (Sky, canale 866), è il primo talk show del calcio femminile. Questa settimana Telegiornaliste ha incontrato le due conduttrici, Stefania Scamperle e Silvia Spillare.

Siete conduttrici e inviate della trasmissione Pianeta Donna Sport. Quale dei due ruoli preferite?
Stefania - «Senza dubbio l'inviata. Probabilmente per una questione di carattere, amo molto di più l'azione, la ricerca, il “giornalismo d'assalto”, mettere in risalto la notizia, le persone, più che me stessa».

Silvia - «La conduzione è più vicina al mio carattere, ma ammetto che fare l’inviata è più emozionante».

Il programma parla solo di calcio femminile. E’ una scelta dettata dal fatto che il nostro è un Paese “calciocentrista”? In futuro ci sarà spazio anche per gli altri sport in rosa?
Stefania - «Abbiamo fatto una scelta coraggiosa. Il calcio maschile è lo sport più visto, che riscuote maggior interesse, di pubblico, di sponsor, ma che si sta progressivamente allontanando dalla sua connotazione “sportiva”. Il calcio femminile rimane un mondo inesplorato, che ha bisogno di visibilità per poter vivere e che merita attenzione. Da qui è partita la sfida: dimostrare come uno sport ritenuto prettamente maschile si addica anche al mondo femminile. E non è detto che non si possa allargare a tutta una serie di sport in rosa, magari tra qualche anno però, visto l’impegno che richiede».

Silvia - «La trasmissione è nata per dare spazio alla figura femminile nello sport, ma si è focalizzata sul calcio femminile quasi naturalmente».

Secondo voi, per quale ragione poche persone seguono il calcio femminile? Troppi pregiudizi verso questa disciplina?
Stefania - «L’idea che mi sono fatta, dopo questi mesi a contatto con le persone che questo mondo lo vivono quotidianamente, è che sia un problema culturale. Per esempio negli USA il calcio è considerato uno sport femminile, e di conseguenza viene seguito più di quello maschile. Poi ovviamente c’è il discorso sponsorizzazioni, ma qui entriamo in altri campi».

Silvia - «Il calcio femminile è poco seguito perché manca una cultura in tal senso, e noi fin dall’inizio ci siamo impegnati per “educare” questo pensiero maschilista».

Spostiamo il discorso più in generale: come vi spiegate il fatto che lo sport femminile è in generale meno seguito di quello maschile, indipendentemente dalla disciplina?
Stefania - «Pregiudizio. Non si riesce ad entrare nell’ottica che una donna ha una sua identità e si approccia allo sport in maniera diversa dall’uomo: con meno forza fisica, forse con più costanza e sicuramente dove l’emotività gioca un forte ruolo. Lo sbaglio più grande dello spettatore è voler paragonare lo sport maschile e quello femminile. Sono due realtà diverse. Entrambe belle, ma diverse».

Silvia - «Devo ripetermi, rispondendo che è una questione di mentalità maschilista che va davvero cambiata».

Seguite anche altri sport o solo il calcio?
Stefania - «Amo molto seguire l’atletica. Mi piace l’idea dell’atleta che lavora molto su se stesso per superarsi continuamente».

Silvia - «Mi interessano anche la pallavolo, il nuoto e il pattinaggio artistico».

C’è qualche vostra collega che apprezzate maggiormente?
Stefania - «Sicuramente tra le mie preferite ci sono: Cristina Parodi e Ilaria D’Amico. Le ammiro per la grande professionalità, classe e modestia che le contraddistingue».

Silvia - «Sinceramente non ho un modello a cui mi ispiro, ma stimo Cristina Parodi perché riesce ad essere professionale e semplice».

Professionalmente parlando, c’è un sogno, un progetto che intendete realizzare in futuro?
Stefania - «Il più grande sogno sarebbe quello di riuscire ad unire le due attività che adesso sto portando avanti in maniera separata: il giornalismo e l’architettura».

Silvia - «Il mio sogno più grande lo sto realizzando: a luglio mi laureerò in giurisprudenza. Mi piacerebbe svolgere la professione di avvocato con successo, ma so che non è una strada in discesa».

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