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Intervista a Neliana Tersigni tutte le interviste
Neliana TersigniTelegiornaliste anno II N. 44 (76) del 4 dicembre 2006

Neliana Tersigni, cronache dal fronte di Nicola Pistoia

Neliana Tersigni è uno dei volti più amati del Tg1. Una giornalista lontana dalla mondanità e sempre impegnata sul fronte. Una donna forte, capace di raccontare la desolazione e lo strazio di un popolo utilizzando parole sempre composte, mai prive di significato e in ogni circostanza ben misurate.

Espressioni che evocano una grande passione per il giornalismo come lei stessa ci ha raccontato: «La verità è che ho sempre voluto fare la giornalista. Per l'aneddotica familiare, forse con qualche forzatura fantasiosa, alle elementari scrivevo già i temi come fossero articoli. Mi sono laureata in letteratura russa e per il mio professore avrei dovuto fare carriera universitaria. Ma l’idea fissa era sempre la stessa. Così la mattina facevo la ricercatrice pagata, il pomeriggio la volontaria non pagata a Paese Sera. Ma evidentemente avevo le qualità proprie di un giornalista: oltre l’animo da zingara e la curiosità, anche la velocità e la superficialità, caratteristica che permette appunto di essere veloci e sintetici (ma quando parlo di superficialità, in genere i colleghi si infuriano). E’iniziato così, a poco più di vent’anni, un amore rimasto per tutta la vita. E se proprio devo cercare una molla per la passione, direi che è essenzialmente la mancanza di ripetitività di un mestiere a volte da infarto, ma mai noioso».

«Dopo Paese Sera - continua Neliana - è arrivato il Tg3. Lì il direttore, Sandro Curzi, cominciò a farmi girare come una trottola nelle zone di guerra. Allora era abbastanza inusuale per una donna, soprattutto in tv. Medio Oriente, con l’intifada palestinese, la prima guerra del Golfo, gli attentati in Egitto. E poi Belfast, la Russia, il Pakistan. Anni di straordinario interesse, senza spazi per la vita privata. Credo che il mestiere di inviato, con tutto quello che costa, soprattutto a una donna, sia il più gratificante al mondo. Poi è arrivata la promozione a corrispondente. Prima a Mosca, poi a Berlino. E ora, con il ritorno in Medio Oriente, al Cairo. Per quanto mi riguarda, ho cercato di fare la corrispondente come se fossi sempre un’inviata alla scoperta, non dando mai niente di scontato. E' l'unico modo, penso, di trasmettere oltre a informazioni, anche emozioni».

E con un velo di tristezza ci racconta la difficoltà di essere, nello stesso tempo, una brava giornalista e una buona compagna, la determinazione che l’ha portata a seguire la sua passione a discapito di una vita privata normale: «Credo che questo sia il vero nodo dolente della nostra professione per una donna, quello che obiettivamente, rispetto ai colleghi maschi, rende più difficile la scelta. I colleghi, infatti, nella maggiora parte dei casi, hanno una compagna che li aspetta quando sono inviati, o si trasferisce con loro quando sono corrispondenti. I casi di un compagno che aspetti o segua sono così rari da diventare unici. Io, con un certo masochismo, ho sempre scelto il lavoro. E - come dice il filosofo Kirkegaard - il dramma dell’uomo è proprio la scelta, perché ogni scelta implica una rinuncia. Diciamo che nel mio caso, la rinuncia è avvenuta a metà. Nessuno mi ha seguito, ma qualcuno mi aspetta».

Nonostante questo, alla domanda se Neliana Tersigni senta il bisogno di tornare in Italia, la giornalista ci risponde: «Il bisogno, no. Quello che potrebbe attirarmi è fare un’esperienza nuova, sempre nel mio mestiere. Ma per il momento non vedo quale potrebbe essere. Certo, ho accumulato tante esperienze che forse potrei mettere a disposizione degli altri. In realtà, spero di continuare a farne ancora, sul campo».

Alla signora Tersigni, che non concede facilmente interviste, le parole conclusive dell'esclusiva a Telegiornaliste: «Vivendo in questi luoghi ho imparato prima di tutto ad ascoltare e poi a raccontare. Ho imparato ad amare il mio lavoro più di ogni altra cosa e mi auguro che la nuova generazione di giornalisti possa vivere tutto quello che ho vissuto io».

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