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Anna Teresa DamianoTelegiornaliste anno IX N. 17 (361) del 29 aprile 2013

Anna Teresa Damiano: orgogliosa del mio percorso
di Giuseppe Bosso

Incontriamo Anna Teresa Damiano, volto della redazione napoletana del Tgr.

Come è arrivata in Rai?
«Fino al 1990 sono stata insegnante di letteratura inglese; poi, quell’anno, molto per caso devo dire, partecipai al concorso che la Rai aveva indetto, per la prima volta, per praticanti giornalisti; due anni dopo iniziai a lavorare in redazione e a distanza di oltre vent’anni posso dire di essere orgogliosissima del percorso che ho seguito, perché ritengo che per fare questo lavoro sia necessario compiere una selezione basata sulla cultura e sulla preparazione, elementi nodali».

Com’è la sua giornata tipo?
«Dedicata al lavoro, fin dal mattino, sia che debba andare in giro come inviata, e in quel caso sono con la troupe, sia che debba condurre in redazione. Finisco tardi, visto che di solito conduco le edizioni serali; per il resto, quando non sono di turno, mi dedico alle mie passioni, al cinema, al teatro e ai libri».

Ricorda il suo primo servizio?
«Sì; ero stata assunta da poco, e andai a seguire una vertenza occupazionale di una fabbrica; era il 1992, e già allora si iniziava a parlare di crisi, di Caporetto industriale, come si fa oggi con una diversa consapevolezza rispetto a quegli anni».

Quali regole segue nella scelta del look quando deve condurre?
«Non sono particolarmente formale, però ritengo che la prima regola da seguire sia quella della credibilità; non dobbiamo mai dimenticarci che siamo giornalisti, non personaggi dello spettacolo; sfortunatamente vedo che questo confine è stato troppo spesso varcato in passato,con una eccessiva spettacolarizzazione da parte di non pochi colleghi. Innegabilmente il nostro lavoro ci dà una certa visibilità, ma ripeto che non dobbiamo dimenticare che la nostra funzione è quella di informare il cittadino».

Che impressione le ha fatto la violenta manifestazione dei giorni scorsi, contro la Ztl?
«Come tutte le situazioni complesse, e a Napoli ogni situazione lo è, va guardata e raccontata senza pregiudizi e con sguardo attento ad ogni sfumatura; innegabilmente che ci sono stati piccoli gruppi che nulla avevano a che vedere con chi protestava contro i disagi della Ztl e hanno provocato incidenti; così come il fatto anche Napoli abbia sacche di malessere di vario tipo e che il Paese viva una delle situazioni più complicate e esasperanti degli ultimi anni; che alla protesta si siano uniti elementi diversi non è una novità; accadde anche nel 2001, durante gli scontri di Piazza Municipio che raccontai in diretta; allora un improvviso lancio di pietre dalla coda del corteo trasformò la manifestazione e ne fece dimenticare le ragioni».

Cosa le ha suscitato, come cittadina, il rogo di Città della Scienza?
«Decisamente orrore. Io posso dire di averla vista nascere; ero sempre nei miei primi anni di lavoro in Rai, e poco prima della sua inaugurazione andai per un sopralluogo con il dottor Silvestrini, suo fondatore, al quale chiesi il suo stato d’animo in vista dell’apertura dei padiglioni, che in quel momento erano in fase di completamento. Lui era tranquillo e consapevole dell’importanza che la struttura avrebbe avuto per la città. Quella sera ero in redazione, e nel giro di tre quarti d’ora dalla prima notizia di un incendio in corso a Bagnoli passammo alla totale distruzione. È stato terribile…».

C’è tempo per gli affetti nella sua vita?
«C’è sempre tempo, certo; non dobbiamo dimenticarci mai che non siamo il centro del mondo, che occorre tenere la giusta misura di ogni cosa, e quindi per me c’è sicuramente tempo da dedicare ai miei cari, alle mie amicizie».

Cosa vede nel domani?
«Spero molta saggezza, continuando a fare questo lavoro ancora per tanti anni, raccontando gli eventi che avrò modo di seguire e che accadranno».

Come si descriverebbe, come donna e come giornalista?
«Rigorosa; autoironica, interessata alle cose, per dirla all’inglese I care».

Cosa racconterebbe nel suo tg ideale?
«Non può esistere un tg ideale; il telegiornale è la registrazione dei fatti reali; quello che conta, per me, è che sia fatto bene, in modo approfondito e con i piedi ancorati alla realtà. E la realtà non è quella dei salotti di potere, che tendono spesso, troppo spesso, ad alterarla».

C’è qualcosa che, guardandosi indietro, non rifarebbe?
«No. Rivendico tutto ciò che ho fatto, nella massima libertà e distante da ogni potere; non ho mai agito secondo convenienza, ma sempre e solo secondo le mie convinzioni».

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