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Intervista a Mary Giuffrè   Tutte le interviste tutte le interviste
Mary GiuffrèTelegiornaliste anno XI N. 8 (439) del 2 marzo 2015

Mary Giuffrè,
quando la tenacia si fa coraggio e impegno sociale

di Maria Tinto

Un ovale di viso da cui brillano due pezzi di cielo.
Così mi appare Mary Giuffrè, giornalista affermata che racconta il mondo con l’anima di donna.
Mary è giornalista freelance, con ben 22 anni di carriera alle spalle.
Vive a New York da 5 anni e scrive di tutto, si occupa di notizie riguardanti l'ONU e di politica, oltre ad interessarsi di tutte le principali notizie sul territorio americano.
Le sue energie, come ufficio stampa, sono rivolte ad alcune rappresentanze africane all'ONU, come il Malawi e lo Zambia.
Per loro Mary è l'esperto di comunicazione, lavorando a stretto contatto con gli ambasciatori di questi Paesi e sviluppando progetti per far emergere notizie positive su Paesi, purtroppo conosciuti, per povertà, Aids e Malaria.

Qual è stato il momento in cui hai capito che avresti fatto questo lavoro?
«Da ragazzina, avevo 17 anni, quando mi presentai nella redazione di un settimanale regionale, con sede nella mia città, Messina. Il capo redattore non poteva crederci che pur essendo così giovane, volessi già far parte di una redazione. Avevo le idee chiare: volevo fare la giornalista e finire contemporaneamente la scuola. Non volevo perdere neanche un giorno di tempo! Così, contro la volontà dei miei genitori che avrebbero preferito che finissi la scuola e l’università, prima di dedicarmi alla carriera giornalistica, iniziai a scrivere per il settimanale Centonove. Il mio primo articolo fu un pezzo di sport. Abbandonai presto lo sport per occuparmi della cronaca, in una regione, dove la cronaca, include spesso fatti di mafia. A 22 anni lavoravo al Corriere del mezzogiorno e successivamente per La Sicilia, Il giornale di Sicilia e per tanti altri quotidiani e settimanali».

Nelle decisioni della tua vita quanta influenza hanno avuto i tuoi genitori e la tua famiglia di origine più in generale?
«Come ti dicevo, purtroppo, i miei genitori non hanno avuto alcuna influenza nelle mie decisioni lavorative, ma sono stati fondamentali nella mia crescita, nelle mia vita personale e nella mia educazione. Senza il supporto di mio padre e mia madre che hanno sempre creduto in me, non sarei mai riuscita a fare tutto quello che ho fatto nel mio percorso di vita. Ancora oggi, se non supportassero le mie scelte, non sarebbe facile vivere a migliaia di chilometri di distanza».

Vivendo all'estero hai certamente una visione più distante degli accadimenti della vita politica e sociale italiana, quali sono gli avvenimenti a cui daresti maggiore risalto?
«I telegiornali e i quotidiani italiani sono pieni di notizie politiche e di cronaca nera e a volte credo che i lettori italiani avrebbero bisogno di sentire più notizie positive, racconti di vita e di gente che in qualche modo, è riuscita a realizzare i propri sogni. L'Italia è un Paese pieno di risorse ed ha ancora tanto da offrire, gli italiani hanno bisogno di ritrovare la fiducia in se stessi e le notizie positive, possono essere un'ottima fonte d'ispirazione».

Per fare questo lavoro hai avuto un modello di riferimento?
«Sì, il mio modello di riferimento è sempre stata Oriana Fallaci: una grande giornalista e scrittrice che riusciva a mettere al muro il suo intervistato con le sue domande. Una donna che non aveva alcun timore di intervistare i Capi di Stato e soprattutto non si preoccupava di andare contro le loro idee. Raccontava le storie dei soldati al fronte e le vite dei popoli in territori di guerra, come nessuno è mai riuscito a fare. Non c’è un'altra Oriana Fallaci e dubito che potrà esserci, in futuro, un personaggio con le sue stesse caratteristiche».

Ad una giovane donna che vuole intraprendere l'attività di giornalista cosa diresti? Hai dei consigli da dare?
«Per prima cosa, il giornalismo non si impara sui banchi di scuola. A mio parere le scuole di giornalismo servono a ben poco. Il mestiere lo impari per strada, nei comuni, nelle province, nei bar, ascoltando i racconti della gente. Il fiuto per la notizia è dentro il giornalista e nessuno potrà mai insegnarti a distinguere una potenziale notizia da un buco nell'acqua. Il vero giornalista non sta chiuso dentro una redazione, ma va in campo a cercare il pezzo da scrivere. Le conferenze stampa sono utili e informative, ma le esclusive si fanno indagando e non riportando parola per parola un comunicato stampa. In alcuni casi, ci vuole tanta pazienza e forza, prima di riuscire ad ottenere dei risultati. Mi è capitato di lavorare a delle notizie per anni e alla fine posso dire: ne è valsa la pena! Tenacia e curiosità, non possono mancare a chi si avvicina a questa professione».

Ti senti abbastanza soddisfatta del tuo lavoro?
«Sì, posso dire che fino ad oggi ho raggiunto tutti gli obiettivi che mi ero prefissata. Sono partita da Messina. Dalla Sicilia, mi sono trasferita a Roma e dopo in America. Come freelance, lavoro per testate nazionali, ho lavorato sia per la Rai che per Mediaset e ho intervistato ministri e Capi di Stato. A 39 anni credo di aver fatto parecchio lavoro e se tornassi indietro rifarei le stesse identiche cose, senza cambiare una virgola. Oggi, mi piacerebbe dedicarmi a progetti più impegnativi, come la communication all'interno delle non profit, vorrei essere più vicina ai bambini dell'Africa e sviluppare una nuova macchina comunicativa che porti più visibilità alle organizzazioni africane che supportano alcuni fra i Paesi più poveri al mondo, come il Malawi».

La tua vita privata è influenzata dal tuo lavoro?
«Il lavoro è sempre stato al primo posto nella mia vita. Vado dove ci sono le notizie e non sempre tutti sono disposti a seguirmi in altri Paesi, ma se ami quello che fai, come nel mio caso, rinunciare ad una parte di vita privata, può essere un sacrificio minore».

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