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Intervista a Manuela Iatì   Tutte le interviste tutte le interviste
Manuela IatìTelegiornaliste anno XIV N. 27 (574) del 17 ottobre 2018

Manuela Iatì, do voce alla mia Calabria
di Giuseppe Bosso

Incontriamo la giornalista calabrese Manuela Iatì, prima corrispondente dalla sua regione e dal 2013 reporter della redazione centro Sky Tg24.

Com’è arrivata a Sky?
«Con un curriculum inviato all'allora direttore Emilio Carelli; in quel periodo, dopo la lunga gavetta in cui avevo fatto tutto quello che potevo fare nella mia regione, avvertivo la stanchezza che comporta una situazione di ‘sfruttamento’, frequente nelle realtà locali; stavo per rinunciare, ma dopo sei mesi che avevo inoltrato il curriculum mi arrivò la chiamata dalla segreteria di Carelli che mi convocò per un colloquio a Roma, dove mi fu detto che non avendo disponibilità di inviati in Calabria avevano pensato a me; accettai e dopo pochi giorni ci fu un caso molto grosso che andai a seguire, e così iniziò tutto».

Come sta vivendo da giornalista e da cittadina l’emergenza immigrazione che coinvolge anche la sua Calabria?
«Mi fa rabbia vedere che si continui a puntare l’attenzione sul ‘razzismo-non razzismo’, ‘accoglienza-non accoglienza’ senza guardare gli aspetti legati al problema della gestione dell’accoglienza che fa percepire in modo sbagliato al cittadino le cose: se pensiamo alla Calabria o alla mia città, Reggio Calabria, abituata ad una vita ‘tranquilla’, sia pure con i suoi problemi, vedere circolare nelle strade tutti questi ragazzi che non hanno altro da fare che chiedere l’elemosina agli angoli della strada, finisce per creare una percezione negativa nelle persone. Bisognerebbe cercare invece di gestire bene l’accoglienza, gestire correttamente i tanti fondi elargiti; questi ragazzi andrebbero formati, secondo quanto prevedono i vari progetti di accoglienza, andrebbero cioè loro insegnati la nostra lingua e un lavoro; ma non risultano essere stati fatti sforzi e controlli in queste direzioni».

Avverte la responsabilità di essere la voce del profondo sud di un grande network, come dimostra l’intervista che tempo fa ha rilasciato al New York Times?
«Sì, purtroppo è vero che del Sud c’è una concezione stereotipata, visto come il ‘calimero’ della situazione; vengono scelte quasi sempre le storie più brutte dai grandi network, a discapito delle tante cose positive che invece ci sono e accadono; non è facile nemmeno far passare quelle denunce che se provenienti da altri, più forti, territori, vengono quasi istantaneamente recepite. Cerco sempre di dare voce e spazio alle storie della mia gente, non solo della Calabria, aiutare il Sud a svilupparsi è qualcosa che aiuterebbe tutto il Paese a rialzarsi. Non parlo di assistenzialismo, ma di potenzialità».

Molto attiva e in prima linea in difesa della sua terra, negli ultimi giorni per esempio con un forte intervento sui tagli alla sanità: ha mai subito per questo dei ‘richiami’ dall’alto?
«No, e ringrazio che non sia successo; ma continuerei sempre e comunque a battermi per la libertà di espressione, è un diritto quello di critica che viene riconosciuto e tutelato; l’importante è evitare di dire cose che non siano compatibili con il nostro lavoro».

Recentemente l’abbiamo vista alle prese con Umberto Bossi al quale ha chiesto conto dei rimborsi non restituiti dalla Lega, ricevendone risposte piuttosto evasive: quale pensa sia la reazione del cittadino di fronte a questo atteggiamento da parte di esponenti politici a domande tutto sommato doverose?
«Penso che sia stato importante trasmettere quel piccolo filmato, anzitutto per il quadro che delinea della politica di oggi: un senatore sotto processo per cose gravissime, per i soldi pubblici che non si sa dove siano finiti, che dovrebbe dare conto di come gestisce il denaro pubblico; consapevole delle sue condizioni di salute, mi chiedo però che contributo possa dare all’Italia in quello stato? Ed è una messa in stato d’accusa anzitutto per chi lo ha candidato. Lo scopo è suscitare una reazione del cittadino, anzitutto per la mancanza di risposte e poi appunto per quello che le ho detto riguardo le sue condizioni. Reazioni di rabbia ovviamente manifestata nel modo giusto. Non si può restare immobili e indifferenti a quello che ci accade intorno, anche se sembra non riguardaci».

La Calabria, sia pure per un network importante come Sky, è una dimensione che le sta stretta?
«Dal punto di vista giornalistico la Calabria è una delle più belle regioni d’Italia – lo dico con un sorriso amaro – offre una grande varietà di storie, dalla cronaca nera alla cronaca giudiziaria alla politica; non penso possa stare stretta, ho più volte detto che è stata per me la miglior palestra possibile; in altre zone, anche del profondo nord, spesso è difficile anche trovare qualcosa di cui parlare. Forse potrei dire che mi sta stretta dal punto di vista ‘ambientale’, il mancato sviluppo comporta anche per opportunità di confronto la necessità di andare fuori; e qui torno a quello che dicevo a proposito del mio stato d’animo in quel periodo precedente alla famosa telefonata e al colloquio con Carelli; mi rattrista e mi amareggia tutto questo».

Quali sono le sue aspettative per il domani, sia a breve che a lungo termine?
«La serenità. Voglio continuare a crescere professionalmente, lavorare con impegno e sacrificio in questo lavoro che impegna tantissimo fisicamente e mentalmente; la passione spinge sempre ad andare avanti verso altri obbiettivi; mi piacerebbe tornare a scrivere. Non posso comunque che essere soddisfatta di ciò che ho conquistato, con le mie forze, fino a questo momento. E anche fortunata, sebbene ritenga che questa fortuna vada costruita mattoncino dopo mattoncino».

È tra le tgiste che è intervenuta sul nostro forum nella discussione a lei dedicata: che idea si è fatta del nostro sito?
«Per noi operatrici dell’informazione è molto carino, e anche divertente, soprattutto per il fatto che dia la possibilità agli utenti di conoscere chi fa il nostro lavoro anche da diversi punti di vista. Spesso il giornalista viene ‘idealizzato’, messo sul piedistallo come figura fredda, invece voi riuscite a ‘umanizzarci’, e questo aiuta tantissimo, alleggerisce le pressioni che ci possono venire; l’errore è sempre dietro l’angolo, capire che anche noi abbiamo le nostre debolezze, sappiamo essere simpatici anche se sembriamo seri in video, è molto bello e penso che per voi rappresenti una sorta di ‘missione sociale’».

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