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Stefania De MicheleTelegiornaliste anno XIV N. 16 (563) del 16 maggio 2018

Stefania De Michele,
dal basket al giornalismo tra Sardegna e Francia

di Giuseppe Bosso

Ex giocatrice di basket, Stefania De Michele dopo il ritiro dall’attività sportiva è diventata giornalista presso l’emittente sarda Videolina.

Come è nato il tuo passaggio dall’attività sportiva al giornalismo?
«Molto casuale; mentre ero ancora in attività fui intervistata da un collega che oggi è diventato un caro amico, mi chiese cosa volevo fare da grande, gli risposi quello che fai tu, e così mi ritrovai arruolata alla pagina sportiva di La nuova Sardegna; ho iniziato così, senza avere questa idea per il dopo basket, ma è una passione che si è rafforzata giorno per giorno».

Quali sono state le difficoltà incontrate in questo passaggio?
«Il mio percorso è stato abbastanza singolare, all’inizio ho avuto molti meno problemi di tanti miei colleghi che si vedono negare il praticantato per diventare giornalisti professionisti. Ho lavorato a Sardegna 1 Tv e collaborato con le redazioni sportive di Mediaset prima e Sky poi. I problemi sono venuti con la crisi dell’editoria, che in Sardegna ha fatto tantissimi danni: mi sono licenziata per giusta causa dall'emittente locale dove lavoravo, le condizioni erano davvero difficili. Ho ripensato il mio percorso professionale e sono diventata freelance. Il vantaggio è quello di poter avviare più collaborazioni; il fattore negativo è invece legato al senso di precarietà che conosce bene chi, da sempre, lavora come di libero professionista».

Questa condizione di freelance cosa ti comporta, in termini di pro e contro?
«Nell'elenco dei pro metto sicuramente la gestione del tempo e la possibilità di fare più esperienze. In questo momento alterno la mia presenza televisiva tra Videolina, prima tv sarda, dove curo la rassegna stampa che è molto seguita nell’isola, ed Euronews Italia, che ha la sua sede di lavoro a Lione: mi occupo perciò di cose diverse in realtà diverse. Lo status di freelance mi consente poi di fare altre cose: uffici stampa per esempio, progetti legati alla comunicazione aziendale, collaborazioni con riviste periodiche. Per quel che riguarda la lista dei contro ho già accennato: ogni giorno devi essere determinato a vendere la tua professionalità in un ambiente molto competitivo, com'è giusto che sia».

L’esperienza francese di cui mi parli ti ha dato modo di fare un paragone tra il giornalismo europeo e quello italiano?
«La redazione di Euronews per la quale collaboro è italiana ed è una delle diverse realtà in cui è strutturato il network. L'esperienza a Lione mi dà modo di lavorare con i colleghi europei della famiglia di Euronews. L'informazione che si tratta è perciò in chiave europea: diversi sia gli argomenti che il taglio da dare alle news tra la Sardegna e la Francia. Più in generale, e non mi riferisco alla Sardegna nello specifico, dove Videolina è una punta di diamante nel paorama editoriale delle emittenti locali italiane, la differenza che ho riscontrato è legata alla maggiore tutela della professione giornalistica e all'autorevolezza maggiore che i fruitori dell'informazione sono disposti ad accordare alla stampa in Francia».

Guardando indietro c’è qualcosa di cui ti sei pentita o che avresti voluto fare?
«No, pentimenti no, forse qualche rammarico. Ho avuto collaborazioni di prestigio con Sky Sport e Mediaset, collaborazioni nelle quali non ho potuto investire tutta me stessa per ragioni legate allo sport (ero ancora un'atleta che praticava sport a livello agonistico) e agli impegni costanti e non periodici con la televisione locale nella quale ero assunta a tempo indeterminato. Direi, però, che ogni decisione – nel momento in cui è stata presa – è stata ponderata. Perciò, nessun rimpianto».

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