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Intervista a Mariano Sabatini   Tutte le interviste tutte le interviste
Mariano SabatiniTelegiornaliste anno VI N. 20 (237) del 24 maggio 2010

Mariano Sabatini, tutti i volti del giornalismo di Valeria Scotti

Uno dei mestiere più ambiti e più difficili: il giornalismo. Gavetta, raccomandazioni, scuole di giornalismo e molto altro ancora tra le pagine di Ci metto la firma! La gavetta dei giornalisti famosi, l'ultimo lavoro di Mariano Sabatini. Giornalista professionista, Sabatini ha scritto di costume, cultura e spettacoli e attualmente firma la rubrica di critica tv sul quotidiano Metro, oltre a partecipare come opinionista in tivù e in radio.

Perché oggi non bisognerebbe perdere le speranze di entrare in un mondo come quello del giornalismo?
«Eh, bella domanda! Io mi chiedo perché ci sia ancora qualcuno che voglia fare questo mestiere. È durissima arrivare ad uno status degno. Nella carta stampata, in tv o in radio l'andazzo è quello di non pagare i giovani, restringere i compensi a tutti, fare i furbi... Il mio ultimo libro contiene una provocazione: torniamo a fare la gavetta, non affidiamoci solo alle università, per capire prima possibile, misurandoci sul campo, se abbiamo o no le capacità o gli strumenti per cavarcela».

Il bene e il male del giornalismo oggi.
«Il bene è quello di sempre, è un lavoro bellissimo, se fatto con coscienza e buona fede. Dare notizie, togliersi lo sfizio di dire la verità, o quella che onestamente ci sembra tale, dare voce a chi non ce l'ha, metterci la firma e potersi oltretutto pavoneggiare... essere anche pagati per questo! Che c'è di meglio!? Il male è quello che ho descritto prima, e poi oggi c'è una pletora di velleitari. Internet ha dato anche all'ultimo blogger l'illusione di potersi dire giornalista. Spesso molti di loro si prestano a fare da cassa di risonanza del potere, soprattutto quello televisivo. Più o meno consapevolmente si fanno usare, cosa che un giornalista non dovrebbe mai fare».

Cosa ne pensi invece dei giornalisti che si dedicano esclusivamente al web oggi, tralasciando tv e carta stampata? Sono degli illusi o dei perdenti?
«No, in quel caso si tratta di un tentativo di perseguire quella che sembra la via de futuro. Già c'è tanta gente che si informa solo attraverso la Rete. Grandi gruppi editoriali internazionali stanno scommettendo sull'online, qui da noi Angelo Perrino con Affari italiani fa un lavoro eccellente, Dagospia dal 2000 fa un'informazione effervescente, il gruppo Tiscali, Virgilio, etc. Il problema per i giornalisti è che Internet non dà ancora, in termini di ritorno economico, quello che promette. Il discrimine è quello, altrimenti rimane un hobby».

Ci metto la firma! La gavetta dei giornalisti famosi: tra aneddoti ed esperienze altrui, se tu dovessi indicarmi una morale di questo libro?
«Ricevo tantissime e-mail, quasi ogni giorno. Tutti mi dicono di aver apprezzato le tante voci, le esperienze, i racconti sul mestiere di grandi colleghi come Feltri, Piroso, Mannoni, Mastrogiacomo, Cuffaro, Cazzullo, Sotis, Capuozzo, Giordano... Oltre a loro, sessanta grandi firme, c'è nel mio piccolo anche la mia, di esperienza. Racconto come un ventenne, senza amicizie o appigli familiari, sia riuscito ad arrivare in tv grazie all'incontro con un professionista illuminato come Luciano Rispoli. Negli anni Novanta dello scorso secolo, nella redazione di Tappeto volante in onda su Telemontecarlo ho imparato le regole di un giornalismo popolare, rispettoso, rigoroso. Io ammiravo Rispoli, anche da spettatore, e non perdevo occasione per spedire lettere a destra e a manca per magnificare le sue caratteristiche. Direttori di rete, anchormen, giornalisti, tutti dovevano sorbirsi le mie sperticate "recensioni" su Rispoli e tutti glielo riferivano. Così Luciano, quando lo chiamai per un'intervista perché nel frattempo avevo cominciato a collaborare al Tempo di Roma, mi chiese di sostituire un suo autore. La tenacia premia, dunque, questa è la morale».

Riguardo al futuro giornalistico, su cosa metteresti la firma?
«Sul fatto che avremo un giornalismo sempre più crossmediale, tutti i generi in interconnessione: quotidiani online, news sul telefonino, web radio e web tv e via dicendo. Sono anche convinto che passerà 'a nuttata, come diceva Eduardo, e ci lasceremo alle spalle questo bruttissimo periodo economico, avvilente per il giornalismo».

Un consiglio/suggerimento dal quale consigli di diffidare?
«Mai credere a chi ti dice di non disturbare i potenti. Io ogni giorno nella mia rubrica sulle pagine del quotidiano Metro tiro mazzate ai teledivi, conduttori e dirigenti, che se lo meritano. Il prezzo da pagare è una certa emarginazione, ma la libertà non ha prezzo e ho la stima dei lettori, due milioni al giorno per il mio giornale, che mi scrivono e mi fermano per la strada. Devo ringraziare il mio direttore, Giampaolo Roidi, che mi lascia la più ampia agilità di manovra e mi difende dagli attacchi dei personaggi più supponenti».

Una parola, un episodio, una persona, insomma un qualcosa che, fino a oggi, potrebbe riassumere la tua carriera come giornalista.
«È legata sempre a Rispoli, mi spinse a cercare Macello Mastroianni in un periodo in cui tutti volevano intervistarlo per una sua presunta dichiarazione sull'alito della morte che avvertiva sul collo. Chiamai la moglie Flora, riuscii a convincerla a darmi il numero dell'albergo dove l'attore si era rifugiato. Marcello mi maltrattò ma dovette intuire la buona fede dei miei ventitré anni, così accettò di collegarsi con lo studio del Tappeto volante in cui Rispoli stava intervistando Vittorio Gassman. Mi affrettai a trascrivere e a passare alle agenzie il colloquio dei due grandissimi divi e il giorno dopo finimmo sul Corriere della sera e altri giornali. Lo considero un mio piccolo scoop».

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