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Telegiornaliste anno V N. 36 (207) del 12 ottobre 2009

Remo Croci: la cronaca giudiziaria è lo specchio dell'Italia di Giuseppe Bosso

Remo CrociGiornalista professionista dal 1992, Remo Croci è caposervizio nelle Marche del Tg5. Si occupa di cronaca giudiziaria.

Spesso sembra che le notizie di cronaca giudiziaria distolgano l’attenzione dai problemi del nostro Paese. Cosa ne pensa?
«Credo che queste vicende non debbano essere ignorate, sono casi che rispecchiano la realtà italiana. Ci sono persone capaci di compiere queste atrocità ed è bene capire chi siano. Certo, concordo che l’eccesso di morbosità è sbagliato e i toni non vanno esasperati. Ma ritengo che questa sia la parte più attiva del giornalismo».

Spesso lei è in Abruzzo. Si stanno abbassando i riflettori sulla zona dopo il terremoto?
«Ogni qualvolta sono capitate calamità come il terremoto, è sempre successo che man mano che la situazione si normalizzasse, ci fosse un allontanamento dei media. Ma la situazione è tutt’altro che risolta, e le continue visite dei governanti dimostrano che c’è molta attenzione anche per le istituzioni. Piuttosto si deve parlare dei problemi quotidiani di chi ha perso la casa. La colpa non può comunque ricadere solo sulla politica, le idee possono essere diverse ma non vanno taciuti i meriti che, per esempio, sta avendo la Protezione Civile in questo frangente. Magari non la pensa così chi ancora aspetta di ritrovare un tetto sopra la testa, ma in definitiva è facile giudicare dall’esterno».

Quali sono gli eventi che più l’hanno colpita?
«Ho seguito diversi processi importanti, da quello ultimo di Perugia a quello del terremoto per la morte dei 27 bambini di San Giuliano. Poi ricordo con piacere l'intervista esclusiva all'attentatore del Papa, il turco Alì Agca: fu tra l'altro l'ultima intervista rilasciata a un giornalista italiano. Ma se devo citare una storia che mi ha commosso fino alle lacrime, non posso non parlare dei fratellini di Gravina di Puglia, Ciccio e Tore».

Come è arrivato al Tg5?
«Devo ringraziare due persone soprattutto, Enrico Mentana e Massimo Corcione che, nel 1995, quando ero senza lavoro, mi proposero di realizzare un servizio sull’ex terrorista Nardi. Dopo quattro anni fui assunto stabilmente, e di questo sarò sempre grato. Enrico è un grande professionista e mi dispiace davvero di vedere come sia la sua situazione adesso. Gli auguro quanto prima di ritrovare una collocazione, il giornalismo italiano ha bisogno di lui».

Ha avuto un passato da dirigente della Sambenedettese. Come ricorda quell’esperienza?
«Da giovane ho giocato a calcio e poi ho iniziato a seguire la professione giornalistica, dapprima in ambito sportivo. Anni fa, quando alcuni miei amici hanno rilevato la società marchigiana di cui sono sempre stato grande tifoso, mi hanno proposto di entrare nel loro staff, dapprima come team manager e poi come direttore sportivo. Le mie soddisfazioni sono state certamente il raggiungimento, nel 2005, dei play off contro il Napoli e poi una salvezza quasi da allenatore».

Sta seguendo dal vivo la triste vicenda di Moreno Solfrini. Ricordiamo la sua storia?
«Moreno Solfrini è stato a lungo il capitano della Sambenedettese e, per anni, ha mangiato polvere nei campi minori lottando al massimo. Purtroppo da sei anni lotta contro quel terribile male chiamato SLA, finendo nel dimenticatoio come stava succedendo al povero Borgonovo. La vicenda di Moreno è sfortunatamente la stessa di questi malati che vengono emarginati, quasi considerati di serie B dalle istituzioni che non accordano loro nemmeno un piccolo sussidio. Di comune accordo con la sua famiglia, da tempo sto seguendo il suo caso. Qualcosa siamo riusciti a raccogliere, ma è sempre poco».

I suoi progetti futuri?
«Sto organizzando per novembre una partita al Palasport di San Benedetto del Tronto tra una squadra di vecchie glorie azzurre e della Sambenedettese. Ho già avuto importanti adesioni, come quella di Beppe Signori, Marco Del Vecchio e Gigi Di Biagio. E poi sto cercando di organizzare un convegno medico con il patrocinio della regione Marche e con la collaborazione di un altro amico, l’assessore Sandro Donati».

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