home
SUPPLEMENTO SPECIALE AL N. 15
Raccolta degli articoli più significativi selezionati dalla redazione.
Format
Panorama ragionato della tv di oggi
da Telegiornaliste N. 10 del 20 giugno 2005
“Porta a porta”, rivoluzione mancata  
di Filippo Bisleri

“Porta a porta” si pensa sia un programma Rai. Allo stato delle cose, però, è un programma realizzato dal suo conduttore, Bruno Vespa, che ne ha registrato il “format” e che l’hai poi rivenduto alla Rai: la quale ne ha fatto il suo contenitore di punta.

Nato come la risposta al “Maurizio Costanzo show”, passo dopo passo, in questi mesi il programma di approfondimento (ma non sempre è tale) di Bruno Vespa ha finito con l’essere il re della serata informativa.

Unico apprezzabile concorrente (eccettuato il fallimentare esperimento di “Otto e mezzo” di Giuliano Ferrara e il non quotidiano “L’infedele” di Gad Lerner) appare essere il settimanale “Ballarò” di Giovanni Floris che, sorpresa delle sorprese, dopo le regionali è riuscito, grazie alla determinazione del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che ha scelto, per una volta, un’area di confronto non certo ovattata, ad accaparrarsi la presenza del numero 1 del Governo in carica.
Bel colpo per Floris, lo abbiamo già scritto in questo magazine, ma un boccone amarissimo per Vespa. Che si è consolato facendo il prezzemolino (in questo è un maestro) nelle trasmissioni legate alla morte di papa Giovanni Paolo II (che lo chiamò durante una trasmissione) e quindi al conclave che ha portato Joseph Ratzinger sul soglio di San Pietro con il nome di Benedetto XVI.

Il commovente addio al papa polacco, a “Karol il Grande”, e i commenti precisi di Vespa sul nuovo papa, decisamente diversi dal resto del coro e resi unici dalla possibilità di entrare in tutte le case proprio mentre arrivava la fumata tanto attesa, ha quasi cancellato dalla mente degli italiani, almeno quelli meno interessati dalla politica (o comunque i meno partigiani, inteso come persone schierate con questo o quel partito) il patetico teatrino della firma di Silvio Berlusconi del “Contratto con gli italiani”.
Aspettiamo che “Porta a porta” chieda al Presidente del Consiglio, che a questo punto concluderà la sua legislatura, a che punto siamo con il “Contratto”.

Vespa deve ricordarsi che la sua trasmissione, la “sua” creatura è irradiata in Italia e nel mondo dalla Tv di Stato e che gli italiani hanno bisogno, dopo le promesse, di sapere quante delle cose ascoltate sono diventate realtà. Questo sarebbe fare approfondimento, caro Vespa, altrimenti ci saremmo potuti accontentare di un contenitore di personaggi come il “Costanzo show” e dei suoi “consigli per gli acquisti”.

Consigliamo noi, a Vespa, di mettere qualche volta in meno la mano in tasca e, magari, di invitare meno big e di farli interagire con il cittadino medio. Perché non pensare di far fare il bilancio del “Contratto” a Berlusconi, anziché davanti a Prodi (crediamo lei abbia pensato a questa puntata a sorpresa, vero?) davanti ad un gruppo di cittadini? Sarebbe davvero “Porta a porta”: sarebbe davvero rispondere alla gente.

Sarebbe l’applicazione di quella rivoluzione che, finora, l’approfondimento di Vespa ha sempre solo promesso e raramente attuato.
da Telegiornaliste N. 14 del 18 luglio 2005
Fiction: vanno forte le donne in divisa
di Giuseppe Bosso

In principio erano poliziotte: da Claudia Koll di Linda e il brigadiere, alle protagoniste di La Squadra e Distretto di polizia. Poi, non appena l’Arma ha aperto le porte al gentil sesso, carabiniere: come Manuela Arcuri e Alessia Marcuzzi, senza dimenticare la rivelazione Roberta Giarrusso e la Nicole Grimaudo di R.I.S.
Da ultimo anche finanziere: Gabriella Pession ne Il Capitano. Ora è in arrivo una pompiera: Ilaria Spada, protagonista femminile di Codice Rosso, a settembre sugli schermi Mediaset. E magari in futuro ci sarà spazio anche per le soldatesse.

È un dato di fatto: nel palinsesto degli sceneggiati televisivi made in Italy, da almeno una decina d’anni, grande successo riscuotono le storie che ruotano intorno alle forze dell’ordine, e grande è il successo che riscuotono proprio le donne in divisa.

Belle, decise, determinate, non hanno niente da invidiare alle tante vallette che spopolano sul piccolo schermo, e i consensi ottenuti dal pubblico, maschile e femminile in ugual misura, lo dimostrano.

I tempi del b-movie, di cui grande espressione è stata Edwige Fenech nelle sue interpretazioni delle varie poliziotte, soldatesse e dottoresse, sono lontani, e di certo tutt’altra cosa rispetto a questo fenomeno.

Perché, dunque, tanto successo? Cos’è che attira tanto in questi pubblici ufficiali in gonnella, in prima linea nel pericolo e passionali dentro le mura domestiche?

Oltre le gambe c’è di più, cantavano Jo Squillo e Sabrina Salerno a Sanremo. Adattandola al caso, si potrebbe dire oltre la divisa, ed è questo che evidentemente intriga il pubblico: il giusto mix di azione e sentimento, di brivido e passione che caratterizza le storie, unito a quel particolare fascino che da sempre è legato all’immagine del personaggio d’azione, che vale tanto se si parla al maschile quanto al femminile.

Qualcuno, soprattutto le dirette interessate, cioè le esponenti reali delle forze dell’ordine, storce il naso: sono rappresentazioni distorte; sono stereotipi che non corrispondono al reale; la realtà è ben diversa; non siamo tutte bellissime e statuarie come ci vogliono rappresentare, e lo spazio per i coinvolgimenti personali non è come mostrato dalla tv.

Sarà. Ma il fenomeno persiste e continua; le produzioni crescono, gli ascolti quasi sempre premiano, e per tante la divisa per fiction è un buon trampolino di lancio per il successo - o tappa intermedia per il completamento, vedi soprattutto Arcuri e Marcuzzi, che hanno mostrato di non essere solo bellezze da calendario ma anche di "saperci fare" con la recitazione. Di questo passo, presto diremo che hanno imparato a recitare davvero.

Telegiornaliste: settimanale di critica televisiva e informazione - registr. Tribunale di Modena n. 1741 del 08/04/2005
Vietata la riproduzione, anche parziale, senza l'esplicito consenso dell'editore