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Telegiornaliste anno XI N. 19 (450) del 25 maggio 2015 
	
 
 
	
		
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			TGISTE Federica 
		Landolfi: cerco una motivazione personale in ogni cosa, questo è il mio 
		segreto! di Daniela D'Angelo  
		 
		Giovane e intraprendente, con una forte passione per il giornalismo 
		sbocciata sin dai banchi di scuola: stiamo parlando di 
		Federica 
		Landolfi, giornalista televisiva del canale
		
		Mediatv, che abbraccia le reti della Campania e del Molise sui 
		canali 21, 45 e 86 del digitale terrestre.  
		 
		Innanzitutto grazie per la tua disponibilità, mi piacerebbe iniziare 
		col parlare della tua passione per il giornalismo, com'è nata in te 
		quest'ardente fiamma?  
		«Una passione nata tra i banchi di scuola e soprattutto seguendo mio 
		padre, ora professore in pensione e giornalista pubblicista, nelle sue 
		esperienze in due radio (Radio Alvin e Radio Ombra Sound) e come 
		direttore di un giornalino che veniva distribuito gratuitamente nel mio 
		paese, Alvignano (grazioso centro dell’Alto Casertano, da qui il nome 
		della testata). Una passione continuata tra i banchi dell’università, mi 
		sono iscritta a Scienze della Comunicazione (vecchio ordinamento) a 
		Teramo e specializzata in Comunicazione Pubblica alla Lumsa di Roma. Ho 
		frequentato corsi di grafica, web design e marketing; nel 2006, dopo 
		esperienze da corrispondente e redattrice in varie realtà editoriali di 
		Terra di Lavoro, sono diventata Giornalista Professionista».  
		 
		Durante la tua frizzante carriera hai intervistato molte persone e 
		svolto dei reportage, qual è l'articolo o l'intervista che ha lasciato 
		un segno dentro te e perché?  
		«Tutto lascia un segno: ogni persona; ogni evento; ogni manifestazione; 
		ogni personaggio. Raccontare significa lasciare tracce: essere testimoni 
		di un tempo, di un momento, di emozioni, di racconti, di vite».  
		 
		Volgendo invece uno sguardo al futuro, chi ti piacerebbe intervistare 
		o di quale tema desidereresti parlare al pubblico?  
		«Mi piacerebbe intervistare Papa Francesco e parlare al pubblico del mio 
		incontro con Lui: è un uomo straordinario, portatore di pace e sorrisi. 
		Un pontefice che non cede alla logica dei giudizi e dei preconcetti ma 
		crede nella famiglia e nell’amicizia, valori che vanno perdendosi e in 
		cui io credo molto».  
		 
		Spesso la Campania è stata il palcoscenico di numerosi fatti di 
		cronaca, dalla camorra alla Terra dei fuochi, ma tu che rapporto hai con 
		questa terra, essendone la portavoce attraverso il canale Mediatv?
		 
		«Ecco, il nostro problema è rappresentato proprio dalla domanda: non si 
		dovrebbe citare la Campania e abbinare alla nostra stupenda regione le 
		uniche e solite parole cronaca, camorra, Terra dei fuochi; è vero, siamo 
		schiavi di logiche di mercato e di vendite; ma cerchiamo altro e 
		raccontiamolo, ecco quello che faccio ogni giorno, o meglio cerco di 
		fare e spero di riuscire a diffondere nella realtà in cui lavoro».  
		 
		Conosciamoci un po' più da vicino: come riesci a gestire la tua vita 
		privata con il lavoro?  
		«Gestire la propria vita, è proprio quello che faccio; diciamo che 
		facendo questo lavoro e per il carattere che mi ritrovo, organizzo 
		minuto per minuto le giornate (tutto programmato e scritto sfidando 
		fuoriprogramma ed eventi non previsti). Poi cerco di combinare le due 
		esigenze: interviste in una serata di beneficenza? Un sabato sera 
		diverso; inaugurazione del locale X? Occasione per conoscerlo in 
		anteprima e per scattare foto che tutti aspettano di vedere; un servizio 
		su un convegno medico? Non si finisce mai di imparare. Cercare una 
		motivazione personale in ogni cosa che faccio, questo il mio segreto; 
		poi ho anche la fortuna di avere intorno a me persone che capiscono e mi 
		sopportano in momenti in cui mi manca addirittura il fiato, per tempi e 
		ritmi, e grazie alle quali riesco a respirare».  
		 
		Tante giovanissime vorrebbero iniziare un cammino verso il mondo del 
		giornalismo, cosa ti senti di consigliare loro?  
		«Consiglio a chi vuole fare la giornalista innanzitutto di verificare la 
		passione e il talento scrivendo gratis, senza pretese e senza rimborsi; 
		senza prospettive insomma. Se si supera tutto questo, bisogna poi 
		studiare, laurearsi, formarsi, fino a specializzarsi in un settore. 
		Normalmente è quello che mai si immaginava facesse al proprio caso».
		 
		
		 
		
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			NONSOLOMODA Vi racconto il press bike tour con la Golden Gate di Brinke: pedalare non è mai stato così fashion! di 
			Francesca Succi 
				 dal blog
				 
				 TheGlossyMag del 20 maggio 2015 
				  
				 Giovedì scorso ho partecipato al press bike tour organizzato da 
				 Brinke E-Bike per provare la stilosissima
				 Golden Gate for 
				 ladies. Vi avevo già anticipato la news in
				 
				 questo post, scrivendo della mia passione per la bici – da 
				 buona emiliana – e dell’azienda in questione, oggi invece 
				 voglio raccontarvi le impressioni che ho vissuto sul posto. 
				  
				 Qualche settimana fa sono arrivata a Desenzano dove sono stata 
				 accolta dal calore del sole e dal sorriso di tutto lo staff (da 
				 Barbara a Margherita, da Andrea a Marco). Arrivata al corner di 
				 Brinke, dove era stata già preparata la mia bici, ho preso 
				 confidenza con la Golden Gate: una bici dall’animo gentile, 
				 hi-tech ed elettrizzante viste le sue caratteristiche, ma come 
				 vedrete dall’aspetto retrò e chic. Infatti, la prima cosa che 
				 ho notato è il telaio snello che ricorda una bici vintage 
				 d’altri tempi, stesse caratteristiche per il sellino, il 
				 manubrio e le ruote. 
				  
				 La sua anima essenziale però è accessoriata bene: infatti nella 
				 parte anteriore è presente un comodissimo e resistentissimo 
				 cestino per contenere la borsa o il necessario, e nella parte 
				 posteriore invece sono state inserite due bags per la spesa, i 
				 documenti o altro. Insomma, i dettagli sono notevoli! 
				  
				 Prima di partire mi viene spiegato che la bicicletta di Brinke, 
				 cioè la Golden Gate su cui andrò in sella, non è una normale 
				 bici perché si muove con la pedalata assistita. Ciò significa 
				 che mi trovo di fronte ad una bicicletta elettrica che supporta 
				 tecnologicamente la pedalata in maniera dolce e silenziosa. 
				 Questo tipo di tecnologia offre numerosi vantaggi: può essere 
				 utilizzata da tutti – dal giovane al più maturo – e può essere 
				 usata per andare a lavoro, a bere un aperitivo in centro in 
				 tempi record e senza lo stress di rovinare gli abiti. 
				  
				 Insomma dopo due minuti ero già in piena sintonia con la bici, 
				 tant’è che la pedalata a Desenzano in compagnia di Marco e 
				 Margherita è arrivata a quota 30 chilometri senza stancarmi e 
				 senza sudare. Un particolare che ho apprezzato personalmente è 
				 il pedale che, grazie a quelle che mi ricordano “borchiette”, 
				 trattiene la calzatura senza farla scivolare. Purtroppo in 
				 altre bici, pedalando con il tacco, mi è capitato più volte che 
				 il piede scivolasse per mancanza di aderenza. Anche in questo 
				 caso mi è stato spiegato che quel tipo di pedale è volutamente 
				 così per rendere perfetta la pedalata. 
				  
				 Preciso che ho pedalato tutto il tempo, anche perché la Brinke 
				 E-Bike senza pedalare non si muove, ma sono stata aiutata in 
				 discesa e in salita dal meccanismo presente che ho potuto 
				 regolare dal piccolo telecomando fissato sul manubrio il quale 
				 mi ha permesso di andare in low, medium e high – cioè la 
				 potenza della pedalata assistita – a mio piacimento. Low e 
				 Medium in pianura, invece High in salita. Il passaggio di 
				 questi stati è manuale attraverso i pulsantini sul telecomando 
				 e vengono bloccati dai freni per poi essere automaticamente 
				 ripresi continuando a pedalare. E com’è comoda la salita con 
				 questo meccanismo! 
				  
				 Inoltre, sempre da questo telecomando ho potuto visualizzare la 
				 carica della batteria che è posizionata sotto le bags 
				 anteriori. Calcolate che con una carica della batteria Samsung 
				 che dura circa 4 ore, da effettuare anche a casa come se fosse 
				 un cellulare poiché si stacca dalla bicicletta, potete fare 60 
				 chilometri. Il costo totale ovviamente è più alto rispetto ad 
				 una bici classica, ma io penso che ne vale la pena perché 
				 stiamo parlando di un prezzo economico inferiore rispetto ad un 
				 motorino, ma con una resa totale che non ha eguali. 
				  
				 Andrea Auf Dem Brinke, ideatore di questo prodotto con una 
				 storia aziendale veramente notevole poiché ha differenziato la 
				 proposta dell’attività di famiglia con l’e-bike, mi ha spiegato 
				 che la vita di una batteria ammonta a 20.000 chilometri! 
				  
				 Andrea Auf Dem Brinke, da cui prende il nome la bici, durante 
				 un ottimo pranzo con vista lago da ‘Il Rivale’ a Padenghe (che 
				 consiglio perché ho mangiato benissimo!), mi ha dato 
				 l’impressione di essere il figlio d’imprenditori che tutti 
				 vorrebbero avere: giovanissimo si è dato da fare creandosi una 
				 sua strada, inserendo tecnologia in un mezzo tradizionale come 
				 la bicicletta, e con una visione che sicuramente lo porterà 
				 lontano. Alla fine ho sentito da subito dai suoi discorsi, 
				 concreti e innovativi, che oltre al sangue italiano nelle sue 
				 vene scorre quello olandese. 
				  
				 Se qualcuno mi chiederà: tu la vorresti? La mia risposta è 
				 assolutamente sì! Io uso la bicicletta quotidianamente, lo 
				 faccio oramai da decenni, e non potrei vivere senza nelle mie 
				 zone. Questa permetterebbe di spostarmi in maniera sostenibile, 
				 più velocemente ad un prezzo che non andrebbe ad incidere nel 
				 mio bilancio personale. Anzi ci guadagnerei senza dubbio in 
				 salute e in abiti, evitando di rovinarli pedalando. 
				  
				 Per informazioni vi lascio il sito ufficiale
				 www.brinkebike.com. 
				  
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			 	Arianna 
					Ciampoli. 
					Vi accompagnerò dentro Expo per tutta l'estate di 
			Giuseppe Bosso  
					 
					Da giugno ci terrà compagnia sugli schermi di Rai Uno 
					insieme a Federico Quaranta e Serena Magnanensi in 
					Mezzogiorno Italiano, striscia quotidiana che ci 
					racconterà le giornate dell’Expo a Milano. Ormai volto 
					familiare agli amanti del piccolo schermo, di tutte le età, 
					incontriamo Arianna Ciampoli.  
					 
					Cosa ti aspetti da questo nuovo impegno?  
					«Ogni nuova esperienza mi provoca un insieme di sensazioni, 
					emozione curiosità, paura. Sono pronta a partire per questa 
					nuova avventura, vediamo dove porterà».  
					 
					Quale Expo cercherete di raccontare?  
					«Ogni giorno cercheremo di far sentire gli spettatori parte 
					viva dell’evento, facendoli idealmente entrare nei 
					padiglioni».  
					 
					Un evento così importante per il nostro Paese è stato 
					però finora caratterizzato anche da momenti negativi, tra 
					ritardi e disordini: non rischia di restare l’ennesima 
					occasione persa per l’Italia?  
					«Sento l'Expo come una grande opportunità; l'Italia si fa 
					centro del mondo su un tema vitale come il cibo; è 
					l'occasione per discutere e riflettere sul rapporto che 
					abbiamo con esso, la possibilità di imparare a nutrirci; è 
					l'assurda ingiustizia di un mondo diviso tra chi può 
					permettersi di sprecare, buttare, scegliere cosa mangiare e 
					chi muore perché non ha cibo; è la sfida a non rassegnarsi a 
					questa contraddizione tentando soluzioni. Una sfida per 
					tutti: per noi c'è anche quella organizzativa che ha tirato 
					fuori i nostri tanti limiti; i disordini, quei disordini si 
					chiamano violenza: per me nessuna forma di violenza è 
					accettabile, mai. Riversarla poi sul piccolo baretto 
					milanese o sulle macchine non consente di sentire nessuna 
					ragione pensiero o ideologia: quella è solo violenza. ».
					 
					 
					Per te è un ritorno alla tv estiva dopo le tante edizioni 
					di Cominciamo bene con Michele Mirabella: è una 
					palestra per fare esperienza che consiglieresti?  
					«Mah, non ho riscontrato queste grandi differenze a seconda 
					delle stagioni. L’unica cosa è che ovviamente lavorando in 
					estate devi rinunciare alle vacanze, ma per il resto c’è 
					sempre tanto da imparare anche in inverno, in autunno. Ogni 
					esperienza è un metterti in discussione».  
					 
					Come molti personaggi hai alle spalle una gavetta 
					iniziata nella tv dei ragazzi: cosa ha rappresentato per te 
					quell’esperienza?  
					«Sì, tv dei ragazzi in Rai e nell’ex Telemontecarlo (oggi La 
					7, ndr) ma non dimentico anche 1 x 1, il programma 
					dedicato agli adolescenti che ho condotto per quattro anni 
					su Tv2000: 
					è stata una bellissima esperienza in cui ho potuto 
					confrontarmi con una fascia di età che mi ha sempre 
					incuriosita, che forse la tv un po’ tende a snobbare o a 
					limitare; invece in quell’occasione abbiamo potuto toccare 
					davvero tutti gli argomenti possibili e immaginabili, 
					dall’amore all’attualità. Così come Revolution, altro 
					programma con tanti ragazzi in studio. Lavorare con i più 
					piccoli è sempre una grande gioia, anche se mi rammarica che 
					quella ‘tv dei ragazzi’ di un tempo, che rappresentava 
					Solletico, il programma che condussi tra la fine del 
					1999 e inizio 2000, sia sparita per lasciare il posto ai 
					vari canali tematici che ci sono oggi. Sognavo di condurre 
					quel programma e quando, nell’estate del 1999, dopo aver 
					superato vari provini fui chiamata da Raiuno, fu una grande 
					gioia».  
					 
					Da adolescente impegnata in una radio pescarese a volto 
					di punta di network nazionali: ti senti arrivata?  
					«Neanche un po’ – ride, ndr – diciamo che la meta è il 
					viaggio. Non riesco a capire cosa significhi essere 
					arrivati, come e quando ci si possa sentire arrivati. Se mai 
					riuscirò a essere una persona davvero libera allora sì, ti 
					dirò che mi sento arrivata!».  
					 
					Ti sei sempre distinta come un personaggio acqua e 
					sapone, conducendo programmi per tutta la famiglia e 
					idealmente incarnando la figlia, la nuora, la compagna che 
					un po’tutti vorrebbero avere: hai mai pensato di ‘rompere 
					gli schemi’?  
					«Mi cogli un po’alla sprovvista con questa domanda… non ti 
					so dire cosa arrivi di me, quale sia l’idea che si fanno le 
					persone guardandomi in tv. Figlia, nuora e compagna che un 
					po' tutti vorrebbero avere, io? Dovresti parlare con i 
					miei... sono il caos, un'anima inquieta. La televisione, 
					però, il mio lavoro, mi regala davvero un po' di 
					equilibrio».  
					 
					Cosa vede nel domani Arianna Ciampoli?  
					«Tanto cammino, in una strada ancora piena».   
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			PINK NEWS A Corto di Donne, 
				 la rassegna cinematografica vestita di rosa 
				 di Daniela D'Angelo  
				  
				 Dal 18 al 21 giugno le strade di Pozzuoli, in 
				 provincia di Napoli, si tingeranno di rosa per l'ottava 
				 edizione di
				 
				 A Corto di Donne, una rassegna 
				 internazionale cinematografica al femminile.  
				  
				 Oltre 300 le opere presentate, provenienti dall'Italia 
				 e da 40 Paesi esteri, che si contenderanno il premio 
				 speciale per il miglior cortometraggio italiano scelto 
				 dalla direzione del festival e il premio per il miglior 
				 cortometraggio per ognuna delle quattro categorie in gara 
				 : Animazione, Fiction, Documentari e 
				 Sperimentali; infine gli studenti degli istituti superiori 
				 dell'area flegrea assegneranno il premio Giuria giovani 
				 al miglior corto di ciascuna categoria.  
				  
				 La direzione artistica della rassegna è affidata allo 
				 storico del cinema Giuseppe Borrone e all'attrice 
				 Adele Pandolfi, mentre la direzione organizzativa è 
				 curata dai docenti di materie letterarie Rossana Maccario 
				 e Aldo Mobilio.  
				  
				 Il festival ha preso vita nel 2005 grazie soprattutto 
				 all'associazione culturale Quicampiflegrei in sinergia 
				 col Coordinamento Donne Area Flegrea; l'iniziativa è 
				 nata con lo scopo di puntare la cinepresa e i riflettori 
				 sulle opere delle filmmaker meridionali, ma grazie al 
				 successo della prima edizione molte autrici straniere 
				 si sono interessate alla manifestazione così da ampliarne la 
				 portata.  
				  
				 Di anno in anno il festival ha visto coinvolti moltissimi 
				 talenti e opere brillanti a livello internazionale, 
				 segno non solo di un coinvolgimento sempre più crescente 
				 ma anche di un dialogo tra culture differenti.  
				  
				 Una manifestazione che si rivolge solo ed esclusivamente 
				 alle donne, non solo per evidenziarne il talento e la 
				 creatività, ma perché solo loro riescono a catturare, 
				 con uno sguardo attento e sensibile, le impercettibili
				 sfumature della vita e a trasporle attraverso un
				 crinale unico di parole, suoni ed emozioni.  | 
		 
		
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			DONNE    
				 Mia 
				 Martini, per i fan Mimì di Deborah Palmerini  
				  
				 Lo scorso 12 maggio è stato il ventesimo senza Mia 
				 Martini: vent’anni dopo la morte tragica, avvenuta 
				 nel 1995, la cantante è amata e 
				 ricordata con lo stesso calore di quando era al 
				 culmine dei suoi successi.  
				  
				 Tanto la carriera quanto la vita per Mimì non 
				 sono stati facili né indulgenti: maltrattata 
				 in famiglia da un padre padrone violento con la 
				 moglie e le tre figlie; scappata di casa giovanissima 
				 insieme con la sorella Loredana Berté, ha inseguito 
				 strenuamente il sogno della musica; dopo una 
				 lunga gavetta e molte collaborazioni con 
				 musicisti che sarebbero diventati importanti anni più 
				 tardi, nel momento della svolta cruciale verso il 
				 successo, una vicenda di droga ne frena l’ascesa.
				  
				  
				 Pagato il debito con la giustizia torna a Roma e inizia 
				 varie piccole collaborazioni nei locali più in voga fino 
				 al febbraio del 1971, quando l’incontro con il 
				 produttore di Patti Pravo, Amerigo Crocetta, l’avvia 
				 verso il successo; si dà il nome di Mia Martini, 
				 canta con i più grandi, da Bruno Lauzi a Claudio 
				 Baglioni; ma la consacrazione nella storia della musica 
				 italiana arriva dopo l’incontro con Franco Califano, 
				 che per lei scrive Minuetto: è leggenda. 
				 Ad ogni esibizione il pubblico è in visibilio.
				  
				  
				 Ma l’essere umano si sa, è capace di grandi imprese 
				 così come di miserie meschine: malelingue spregevoli 
				 si insinuano nell’ambiente dello spettacolo; la 
				 dileggiano, la boicottano, la distruggono 
				 psicologicamente tanto da indurla a ritirarsi dalle 
				 scene per alcuni anni malgrado il sostegno delle sorelle 
				 e degli amici come Renato Zero e Ivano Fossati.
				  
				  
				 È il 1989 quando decide il ritorno sulle scene, 
				 attratta dal bussare dei sogni tenuti per troppo tempo 
				 rinchiusi in un cassetto: sale sul palco di Sanremo 
				 e incanta l’Italia con Almeno tu nell'universo; 
				 gli applausi sono scroscianti e Mimì si riprende la 
				 sua vita.  
				  
				 Si riprende le scene e il successo: nel 1992 con 
				 Roberto Murolo canta Cu’mme, un monumento 
				 magico alla tradizione melodica italiana; l’anno successivo
				 canta con la sorella Loredana, dopo un periodo molto 
				 duro per quest’ultima.  
				  
				 In un giorno di primavera del 1995 tutto finisce 
				 tragicamente: viene trovata 48 ore dopo la morte, in 
				 uno squallido appartamento di un paese in provincia di 
				 Varese; overdose dirà l’autopsia ma la sorella, la 
				 grande amata e controversa Loredana Berté, dà una versione 
				 diversa: parla di lividi e alludendo al difficile 
				 rapporto con il padre, violento anche dopo tanti anni.
				  
				  
				 Mia Martini ha portato con sé la ragione vera che 
				 ha spento i suoi sogni, ma la vita dei grandi oltrepassa il 
				 confine del tempo e Mimì c’è ancora oggi e ci sarà poi, 
				 con la sua voce graffiante e le melodie struggenti.     
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