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Chiara GaetaChiara Gaeta, ancora La Voce di Maria
di Giuseppe Bosso

Incontriamo nuovamente con piacere la giornalista Chiara Gaeta, a pochi giorni dalla V edizione di un evento a lei particolarmente caro e del quale è direttore artistico. In chiusura un intervento dell'Onorevole dottoressa Anna Petrone, madrina della manifestazione.

Bentrovata Chiara. Cosa succederà il 7 dicembre a Cava de' Tirreni?
«Ciao Giuseppe. Siamo giunti alla V edizione del Memorial La Voce di Maria – Premio Don Gennaro Lo Schiavo, concerto in onore della Beata Vergine Maria e in ricordo di Don Gennaro Lo Schiavo che quest'anno si terrà presso l'Abbazia Benedettina della Santissima Trinità, un luogo sacro e profondamente significativo perché è qui che Don Gennaro è cresciuto, si è formato nella fede e dove oggi riposa nel silenzio del cimitero dell'Abbazia, sotto lo sguardo amorevole della Madonna e di San Benedetto. Momento di fede, di memoria e di gratitudine. Possiamo dire che è proprio qui che tutto ebbe avuto inizio».

Come ti stai preparando per l'occasione?
«Ci sono tantissime cose da fare: i musicisti e gli artisti che parteciperanno sono nel pieno delle prove; sto ultimando i preparativi, il comunicato stampa, le interviste di presentazione... ultimi preparativi anche per i premiati, che porteranno le loro testimonianze di Fede, persone disabili che nonostante le loro difficoltà sanno guardare oltre e accettare la sfida della vita con coraggio; dalla quarta edizione passata abbiamo istituito il premio Fede e Cura - In cammino con l'anima sotto lo sguardo di Maria Santissima, per premiare i medici che nella loro missione sanno unire fede e scienza. Un ulteriore riconoscimento alla professionalità e all'umanità degli angeli in corsia. Tante cose da fare, ma sempre con entusiasmo e con l'onore di portare avanti la memoria del nostro caro Don Gennaro. La cosa più bella è che tutti si sentono parte di questa grande famiglia, non solo gli artisti ma anche quelle aziende che si sono coinvolte e che forniscono il loro apporto per sostenere le spese. Sì, posso dire che si è creata una vera e propria famiglia attorno a questo premio, con gioia e gratitudine da parte anzitutto della stessa famiglia Lo Schiavo, che vive questo momento come un'occasione di ricordo di questa figura, che non è stata importante solo a livello religioso, ma ancora di più a livello umano. E colgo l'occasione per ringraziare anzitutto la famiglia Lo Schiavo, ma anche tutti i colleghi, giornalisti, le testate e le emittenti che divulgano, seguono con tanto interesse questo Premio; i musicisti e gli artisti dalla recitazione all'arte musicale, che ogni anno mettono il loro talento a disposizione della memoria di una persona che merita di essere ricordata; e la dottoressa Anna Petrone con il suo lavoro silenzioso e umanità, che attraverso la sofferenza vissuta sulla sua pelle è diventata il motore di questo premio».

L'evento chiude idealmente l'anno 2025 che presto ci lasceremo alle spalle: ripensando a questi dodici mesi quali sono le cose che vorresti portare nell'anno che inizierà e cosa invece vorresti lasciarti definitivamente alle spalle?
«Lascerei dietro i problemi di salute che mi hanno messa a dura prova. Ma nella valigia dei ricordi per me bisogna mettere tutto, anche le esperienze negative che sono comunque parte del nostro percorso di crescita. Tutto crea relazione e credo che in quest'epoca si debba necessariamente lavorare soprattutto sulla relazione, con se stessi in primis e con gli altri ed è questo lo spirito che accompagna la manifestazione».

Dopo cinque anni quale pensi sia ancora adesso il lascito più importante di Padre Gennaro Lo Schiavo?
«La Fede e la Perseveranza, la Forza nella Fede. Avrò sempre in mente l'immagine di Don Gennaro in abito monacale seduto innanzi alla Madonna nel Santuario dell'Avvocata sopra Maiori o in Abbazia, o al Santuario dell'Avvocatella con la corona in mano. Passava ore intere a pregare e lo faceva con lo stesso ardore, amore e grinta come se fosse sempre la prima volta. In questo mondo così frenetico e problematico per me ha sempre rappresentato un porto sicuro; i suoi insegnamenti sono ancora validi, per il messaggio che ha sempre cercato di trasmettere: perseverare per il bene, comune anzitutto. Ogni anno è sempre difficile scegliere le persone a cui conferire il Premio Don Gennaro, perché penso che chi soffre nel corpo e nello spirito meriti a prescindere di essere premiato. Don Gennaro era al tempo stesso Forza e Perseveranza, non solo nella preghiera, ma anche nelle decisioni. Una personalità forte e a tratti anche "scomoda"; purtroppo in questo mondo dove si pensa più all'apparire che all'essere, una personalità che ha lasciato tanto nel cuore delle persone a cui ha dedicato la sua intera esistenza e lo ha dimostrato in tantissime occasioni, persino della Pandemia, quando aprì le porte del Santuario Piccola Fatima a Cava per le persone disabili affinché, in uno spazio aperto e circoscritto, potessero trascorre qualche ora all'aria aperta e ricordo che i comuni di Cava de Tirreni e Vietri Sul Mare conferirono un riconoscimento a don Gennaro. Ma poi purtroppo il 10 marzo del 2021 quella stessa pandemia per cui lui aveva tanto pregato ce lo portò via!».

Portare avanti l'evento è anche un modo per conservare il suo ricordo e tramandarlo alle nuove generazioni per il futuro?
«Sì; è proprio questo che ho potuto riscontrare anche tramite i social. Il trailer di presentazione dell'evento ha ricevuto tantissime visualizzazioni in solo pochi giorni, e al tempo stesso questo evento ha creato e rafforzato negli anni un forte interesse per la spiritualità e per la Fede stessa. Nei momenti di difficoltà don Gennaro amava ripetere sempre di rivolgere lo sguardo in alto, cercare la Stella ed invocare Maria. È una frase impressa anche sulle targhe del premio e sulle pergamene, avere sempre una stella in alto dove volgere lo sguardo, la preghiera, di cui fidarsi e affidarsi. Perseguire il bene comune abbattendo le barriere architettoniche, sia fisiche che spirituali».

In questo mondo sempre più tecnologico e con una consistente minaccia chiamata intelligenza artificiale alla creatività umana che si esprime anche attraverso la musica, quale pensi potrà essere il suo ruolo?
«Quelle della musica sono radici particolari e profonde, che affondano non solo nel patrimonio genetico di ogni individuo, ma anche dell'intera collettività. Un po' come se fosse un dna sonoro. Sicuramente in un mondo che corre così velocemente l'elettronica potrebbe essere la nuova musica identità musicale delle generazioni attuali, ma le radici affondano sempre nel passato. Bisogna volgere contemporaneamente uno sguardo al futuro proiettato al cambiamento e al passato, per avere contezza da dove veniamo. Spero che l'intelligenza artificiale saprà essere utilizzata nella giusta direzione e con cognizione di causa».

Siamo alla nostra terza intervista e posso dire di averti vista fare passi importanti in questi cinque anni, anche pensando alla tua attività di docente, soprattutto per i più piccoli e i più fragili e alle altre tue esperienze televisive: Chiara Gaeta dove trova la voglia e lo stimolo per andare avanti?
«Nella passione in quello che faccio, per raggiungere i miei obbiettivi. Senza passione non si esiste; bisogna alimentare le passioni e trovare una strada dove farle confluire, che per me è rappresentata anche dalla consapevolezza di poter aiutare un bambino o una persona con fragilità ed abbattere quelle barriere che lo separano dagli altri, magari anche tramite la musicoterapia. Penso che nelle cose più semplici ci sia la vera ricchezza, come in un tramonto o in un abbraccio sincero».

Ti avevo chiesto in chiusura della nostra ultima chiacchierata di come la musica avrebbe potuto essere un deterrente per questa violenza che purtroppo in questi anni non si può dire essere diminuita, tra conflitti in giro per il mondo e tristi vicende di cronaca: speriamo ancora in un domani migliore?
«Lo spero sempre. Ma dobbiamo costruirlo noi, ora. Per stare a questo mondo bisogna avere due corazze, una la sensibilità, ovvero la capacità di compenetrarsi nell'altro, alimentare non l'ego, bensì l'empatia e l'altra corazza forte del saper dire "no" riconoscere i limiti propri e altrui. Me ne accorgo ogni giorno da come mi relaziono tanto con i bambini quanto con gli adulti».

Onorevole Petrone, qual è il suo ricordo di Don Gennaro e come si è impegnata per ricordarlo?
«Ringrazio anzitutto Chiara per avermi fatto diventare parte di questa splendida famiglia; ma soprattutto per il rapporto di stima e affetto che mi legava a Don Gennaro, che con il suo sorriso illuminava sempre il nostro cuore. Nel suo ricordo dobbiamo cercare di operare sempre nella maniera giusta ed essere esempio dei valori che incarnava. L'ho conosciuto in occasione di una funzione religiosa a cui ero stata invitata da un'amica; fui subito rapita dal suo sguardo, dai suoi occhi azzurri e dal senso di pace che trasmetteva, per il suo saperci rassicurare sul fatto che Gesù è sempre accanto a noi, anche e soprattutto nelle difficoltà della vita».

Quali testimonianze vorrebbe che trasparissero da chi seguirà la serata?
«Testimonianze di speranza, di persone che nonostante le difficoltà della vita hanno scelto di andare avanti e di essere sempre fedeli e sorridenti, perché il sorriso di Don Gennaro ci accompagna sempre. Spero che Lui da lassù possa sempre guidare i nostri passi e le nostre vite».

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