Antonella
Ferrari, la mia estate in Camper
di
Giuseppe Bosso
Era l'autunno del 2001 quando il pubblico italiano con la
sua interpretazione nella popolare serie di Canale 5
Centovetrine faceva la sua conoscenza.
Fiction, teatro, cinema, ma soprattutto una bellissima
storia di resilienza, di una donna che di fronte alle
avversità non si è mai piegata. Il presente l'ha vista per
il secondo anno consecutivo nel team degli inviati del
fortunato programma mattutino in onda su Raiuno
Camper. Incontriamo Antonella Ferrari.
Benvenuta sulla nostra testata, Antonella. Com'è iniziata
questa tua esperienza da inviata di Camper?
«È una bellissima esperienza che si è rinnovata per il
secondo anno. Ricevo tantissimo calore dal pubblico che mi
scrive, che mi propone posti da visitare o che mi racconta
di essere stato dove io avevo consigliato. Soprattutto ho
potuto scoprire luoghi bellissimi e accessibili,
un'esperienza più che positiva».
Quali sono stati i luoghi e le esperienze che ti hanno
maggiormente coinvolta tra quelli che hai visitato?
«Tante le località che ho visitato in questi due anni. Mi ha
sicuramente affascinato visitare gli scavi di Paestum che
sono totalmente accessibili alle persone con disabilità,
come lo sono tante spiagge di una splendida regione con una
mare stupendo come la Puglia che pure è stata una piacevole
scoperta, con l'associazione
Io Posso o la spiaggia di Sant'Isidoro dei
Portatori sani di sorrisi o Torre Guaceto. Una
regione davvero inclusiva. Poi esperienze sportive in cui mi
sono cimentata come il volo in assenza di gravità a Milano
all'
Aero
Gravity, cavalcare un cavallo e fare una sorta di
Pet Therapy ad Asiago, andare in giro in biciletta a Riva
del Garda... sono tante le esperienze positive che potrei
citarti».
Possiamo dire che questo tipo di format per così dire
'itinerante' non è invecchiato male, ma nel tempo ha saputo
rinnovarsi?
«Sì, il format itinerante è sempre attuale e molto seguito
ed amato. Siamo andati con Camper alla scoperta dei luoghi
di vacanza che desiderano frequentare gli italiani o che
hanno frequentato, scoprendo luoghi anche non molto
conosciuti dal pubblico, e la rubrica è riuscita a dare
tantissimo spazio alla inclusività, che purtroppo non gode
di questa attenzione da parte della televisione».
Cosa ha rappresentato per te questa nuova esperienza?
«Una novità. Avevo già fatto in passato l'inviata per il
programma O anche no su Raitre; ma sbarcare su Raiuno con un
ruolo nuovo per un'attrice quale sono è stato stimolante,
per le ragioni che ti ho sopra evidenziato, un'esperienza
molto costruttiva».
Abbiamo imparato a conoscerti anni fa quando entrasti nel
cast della soap di Canale 5 Centovetrine. Hai più
volte raccontato, anche con uno spettacolo teatrale, la tua
storia che tra infinite difficoltà è anzitutto quella di una
donna che non si è mai lasciata andata. Qual è stato negli
anni il riscontro più gratificante?
«Sono nata, “televisivamente” parlando proprio con
Centovetrine, un'esperienza che ringrazierò sempre, una
palestra utilissima che è durata cinque anni e mi ha dato
tanti ricordi bellissimi. La gente che incontro ancora oggi
si ricorda di Lorenza, mi chiama Lorenza e parla ancora di
Centovetrine, sebbene una volta conclusa quella parentesi io
abbia fatto anche altre serie, lavorando anche con grandi
del cinema come Pupi Avati».
In prospettiva futura ti senti più proiettata verso la
recitazione o la programmazione tv?
«Negli ultimi anni ho avuto più occasioni televisive che
cinematografiche, e questo mi dispiace. Tranne l'anno scorso
con la parentesi di un anno fa a Il paradiso delle signore
sto lavorando meno come attrice, e mi dispiace perché è un
lavoro che amo, e a chi mi chiede quale sia il mio sogno
rispondo senza esitazioni recitare, perché è quello che so
fare meglio, che mi dà davvero una grandisima soddisfazione.
Ma mi piace anche e mi gratifica cimentarmi nelle vesti di
opinionista o di inviata».
Non posso fare a meno di chiederti un tuo ricordo del
nostro caro Pietro Genuardi che ci ha lasciati da poco. Un
episodio o un aneddoto che ricorderai per sempre.
«Pietro era un carissimo amico che avevo rivisto proprio in
occasione della mia parentesi a
Il paradiso delle signore, ci eravamo
riavvicinati, avevamo fatto anche delle foto insieme, siamo
stati bene e mi aveva raccontato di sentirsi felice in quel
periodo per quell'esperienza. L'avevo incontrato a giugno,
pochi mesi prima che scoprisse di avere quella terribile
malattia; ci eravamo scritti più volte, finché
improvvisamente è arrivato un silenzio che mi ha
profondamente preoccupata, fino purtroppo al momento in cui
è venuto a mancare. È stata una grandissima perdita sia come
amico che per il panorama televisivo, una splendida persona
positiva piena di vita a cui sono legata per i tanti momenti
che abbiamo condiviso sia a
Centovetrine che al
Paradiso».
Ti spaventa il pensiero di un futuro dove la tecnologia
prevalga sull'essere umano, come sembra che pericolosamente
rischiamo?
«Mi spaventa, sì. Ormai si usa l'intelligenza artificiale
anche per scrivere sceneggiature, copioni... sta diventando
veramente una cosa invadente questa tecnologia, continuo a
pensare che le buone sceneggiature vengano fuori da buone
menti, in carne e ossa, e che il lavoro dell'attore, dello
sceneggiatore, del regista non debbano essere sostituiti
dall'intelligenza artificiale, mi auguro con tutto il cuore
che il panorama artistico italiano continui ad essere
gestito da persone in carne e ossa».