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Telegiornaliste anno XI N. 22 (453) del 15 giugno 2015 
	
 
 
	
		
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			TGISTE Ilaria 
		Marchiori, il lavoro è importante ma non rinuncio al resto della mia 
		vita 
		di Giuseppe Bosso  
		 
		Volto di 
		Reteveneta, incontriamo
		
		Ilaria Marchiori, che divide le sue giornate tra il lavoro di 
		giornalista e le gioie dell'essere mamma.  
		 
		La sua giornata tipo?  
		«La mia giornata tipo non è diversa da quella di molte altre mamme che 
		lavorano: sveglia, colazione tutti insieme (quando è possibile), poi mi 
		dedico alla mia bambina e, se a casa, dove mi aspetta la mia piccola a 
		cui dedico le energie che mi sono rimaste: è il momento più bello della 
		giornata. Insomma, il lavoro assorbe gran parte del mio tempo, ma lo 
		faccio con passione senza cercare di togliere nulla al resto della mia 
		vita che è la cosa più importanteriesco, a qualche veloce lavoretto in 
		casa; ma il tempo non è molto. Cosi mi preparo e salgo in auto diretta a 
		Marghera, dove ha sede la mia redazione; lì si inizia a programmare il 
		da farsi della giornata con i colleghi e, telecamera alla mano, si 
		parte; è sempre una corsa contro tempo per cercare di portare “a casa” 
		più materiale possibile per un tg ricco. Una volta rientrati, si 
		scrivono i servizi, si montano, il telefono non smette mai di squillare, 
		e puntuali alle 19.45 si va in onda con il telegiornale; io conduco 
		l’edizione di Venezia. Poi, se non succede un fatto eclatante si può 
		andare ».  
		 
		Le sta stretta la dimensione locale?  
		«Non direi: la dimensione locale mi piace perché ti permette di seguire 
		e conoscere bene il territorio, le persone che lo vivono e di crearti 
		molti contatti. Le soddisfazioni non mancano; detto questo, è ovvio che 
		mi piacerebbe un’esperienza nel nazionale, ma so anche che è molto 
		difficile quindi apprezzo quello che ho: un lavoro che mi piace».  
		 
		Segue degli accorgimenti per quanto riguarda il look?  
		«Per quanto riguarda il mio look non seguo particolari accorgimenti: 
		cerco di essere sempre in ordine, semplice e varia nella scelta 
		dell’abbigliamento. Amo moltissimo i colori, credo che rispecchino la 
		mia personalità allegra; il trucco deve esserci ma senza esagerare».
		 
		 
		Qual è stato l’evento che l’ha maggiormente colpita tra quelli che ha 
		avuto modo di seguire?  
		«Non c’è un evento in particolare: amo molto seguire la cultura e lo 
		spettacolo; una cosa a cui forse non mi abituerò mai sono gli omicidi e 
		gli incidenti stradali gravi. Purtroppo dopo anni di lavoro ancora non 
		riesco a vivere in maniera distaccata un papà che uccide il figlio, un 
		ragazzo che perde la vita sulla strada, una bambina che viene investita; 
		quando mi trovo a seguire fatti come questi cerco di farlo sempre nel 
		rispetto dei familiari e delle vittime stesse ma inevitabilmente a volte 
		veniamo etichettati come sciacalli. Questo fa male, soprattutto quando 
		non è vero: ma fa parte del mestiere».  
		 
		In occasione di elezioni come quelle che la sua regione ha affrontato 
		avverte maggiori carichi di lavoro in redazione?  
		«In occasione delle elezioni regionali e amministrative i carichi di 
		lavoro sono sempre maggiori; abbiamo fatto una lunga diretta con 
		collegamenti esterni. E’ entusiasmante e adrenalinico: ora a Venezia ci 
		sarà il ballottaggio per scegliere il nuovo sindaco e anche questo 
		momento richiederà molte energie; ma fa tutto parte del pacchetto, il 
		mio lavoro è bello anche per questo. Non è mai monotono».  
		 
		Cosa pensa del nostro sito, dove è molto
		seguita e capsata?  
		«Ritengo che il vostro sito sia originale. Se devo essere sincera, 
		all’inizio lo guardavo con un po’ di diffidenza, poi però l’ho 
		rivalutato positivamente: c’è controllo da parte dei gestori e non si 
		leggono mai offese ne volgarità. È simpatico!».  
		 
		E a proposito di noi: la sua scheda recita ha capito soprattutto 
		quello che vuole essere e quello che non vuole diventare: cosa vuole 
		essere da grande Ilaria Marchiori?  
		«Questa forse è la domanda più difficile. Che cosa voglio essere da 
		grande? Se devo dare una risposta che riguarda la mia professione in 
		senso stretto ciò che vorrei è una trasmissione tutta mia, un varietà 
		non mi dispiacerebbe affatto! Per riallacciarmi, invece, a quello che ho 
		scritto nella mia scheda, vorrei essere una persona apprezzata come 
		essere umano e come giornalista. Non voglio, però, che il lavoro si 
		prenda tutta la mia vita, perché non si torna indietro. Desidero 
		coltivare e far crescere molti altri aspetti: i miei affetti, la mia 
		cultura, i miei hobby… da grande vorrei semplicemente essere una persona 
		che quando si guarderà indietro non avrà rimpianti per quello che ha 
		fatto nella sua vita».  
		
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			NONSOLOMODA Cibo di lusso: la potenza del marketing nel luxury food di 
			Francesca Succi
				  
				 dal blog
				 
				 TheGlossyMag del 11 giugno 2015 
				  
				 Immaginate per assurdo che da domani i grandi marchi del 
				 lusso 
				 iniziassero l’avventura del food cavalcando l’onda del momento. 
				 Immaginate pure un grande store – uno per ogni capitale – dove 
				 il cibo nei lussuosi scaffali è super griffatissimo: pasta 
				 Ferrari, latte Apple, farina Prada, biscotti Dolce & Gabbana, 
				 latte in polvere per neonati Chanel, caffè Cartier, uova 
				 Versace, yogurt Tiffany, burro Bulgari, salame Louis Vuitton e 
				 via dicendo. 
				 Ora mettete tutti i valori di brand, tra marchio e 
				 rappresentazione grafica, e create il supermercato luxury food. 
				 Anzi, andiamoci insieme virtualmente. 
				  
				 Camminando tra le corsie, accessoriate e ricche di dettagli, vi 
				 pongo una domanda: a prescindere dal prezzo esposto, 
				 ipotizzando una fascia alta, a pari qualità rispetto ad un 
				 altro prodotto sul mercato, acquistereste il prodotto? Siate 
				 sinceri con me e con voi stessi. 
				  
				 Sì?! Sì, diciamo sì. L’idea stuzzica parecchio, prima di testa 
				 e poi di pancia. 
				  
				 Acquistereste un vasetto di yogurt Tiffany solo per il gusto di 
				 possedere quel delizioso contenitore azzurro tipico della 
				 maison? O ancora il cartone di latte Apple per il suo pack 
				 essenziale e candido? Magari per fotografarlo durante la 
				 colazione, postarlo su Instagram e ottenere un migliaio di 
				 cuoricini? 
				  
				 Io sono certa che qualcuno sarebbe disposto a pagare caro pur 
				 di avere uno solo di quei prodotti. Perché il lusso è forte e 
				 paradossalmente, anche se c’è crisi, è il settore che tiene. E 
				 ancora più paradossalmente c’è chi guarda solo la scatola e 
				 poco il contenuto. La moda è anche questo e nella vita, non 
				 solo nel cibo, quanti lo fanno? Moltissimi! 
				  
				 Tutto questo poi non è così assurdo perché i prodotti che vi ho 
				 descritto sono il frutto dell’esposizione Wheat Is Wheat Is 
				 Wheat di Peddy Mergui e potete visitarla all’Expo al 
				 Padiglione 
				 Israele. 
				 La mostra, provocatoria, illuminante e significativa, ha lo 
				 scopo di avvicinare la potenza del pack a quella del brand per 
				 farci capire prima di ogni lancio di mercato la nostra volontà 
				 a spendere per prodotti di largo consumo come in una boutique 
				 di alta moda; almeno questa è la mia personale interpretazione. 
				  
				 E voi quanto sareste disposti a spendere per una spesa di largo 
				 consumo ma di lusso? | 
		 
		
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			TUTTO TV 
			 	Anche
					Heidi sopraffatta dal 3D. 
					I nostalgici non apprezzano 
					di Sara Ferramola  
					 
					La tecnologia della tridimensionalità, 
					arrivata da qualche anno nelle sale e soprattutto nell'animazione,
					non ha risparmiato neanche un celebre personaggio 
					come quello di Heidi.  
					 
					La nuova serie è un remake di tutta la storia 
					della bimba abituata a stare in montagna con i suoi
					amici e i suoi animali e costretta a 
					trasferirsi in città; oggi si è adeguata ai nuovi 
					canoni seguendo le nuove tecnologie della grafica a 
					computer.  
					 
					Heidi 3D è stata prodotta da Studio 100 
					Animation e diretta dal francese Jérôme Mouscadet, 
					e si compone di 39 episodi per la durata di 25 minuti 
					circa; trasmessa prima dalla Zdf, seconda rete 
					pubblica tedesca, è giunta in Italia l'8 giugno scorso su
					Rai 
					YoYo.  
					 
					Al contrario di ciò che si potrebbe pensare, il debutto 
					tedesco della nuova Heidi smagrita dalla tecnologia del 
					3D non è stato del tutto apprezzato da chi ha visto e 
					vissuto Heidi nella versione originale di Hayao 
					Miyazaki, protestando proprio sulla rappresentazione 
					della ragazzina: seppur uguale, molto dimagrita 
					rispetto all' originale.  
					 
					Qualcuno ha commentato su Twitter: «Vi sarei grato 
					se la smetteste di rovinarmi l’infanzia che ho avuto».
					 
					 
					Dunque, nessuna differenza per i nuovi episodi che 
					racconteranno la storia tale e quale a quella che conosciamo 
					tutti, ma questa volta sembra di stare a guardare un 
					videogioco con un alone di nostalgia verso la sorpassata 
					atmosfera dei cartoni di vecchia data in cui erano forti 
					le sfumature dei colori a matita; non per i 
					più piccoli, che non avranno mai conosciuto Heidi così
					come l'abbiamo vista noi.   
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			PINK NEWS Cioccolato, 
				 noci e acqua: si può dimagrire senza esagerare 
				 di Antonia Del Sambro  
				  
				 Il metabolismo delle donne è completamente differente 
				 da quello dei maschietti, si sa; ma non tutte sanno che 
				 alcuni cibi che farebbero aumentare di peso tutti, per le 
				 donne, se assunti nelle giuste proporzioni aiutano addirittura 
				 a non ingrassare.  
				  
				 Il meraviglioso trucchetto si chiama metabolismo 
				 e nelle donne è legato a molteplici fattori e a 
				 tendenze tute femminili.  
				  
				 Mangiare pompelmo quando si è molto accaldate non solo 
				 aiuta a contrastare le temperature alte e fornire 
				 vitamine ma ha anche un effetto bruciate su cuscinetti e 
				 adipe; mangiare cioccolato nero, non al latte e con 
				 poco zucchero, aiuta a non gonfiarsi eccessivamente e 
				 contrastare il senso di fame durante l’ovulazione e il ciclo; 
				 anche le noci sono da considerare sia in estate che in 
				 inverno degli ottimi alleati per accelerare il metabolismo, 
				 non far accumulare per molto tempo il cibo e saziare 
				 anche nelle piccole pause giornaliere; e per una estate 
				 all’insegna del gusto e dei pochi sacrifici per 
				 avere una forma smagliante le zuppe di cereali e legumi sono 
				 davvero una trovata più che furba.  
				  
				 Questi cibi non solo saziano salutarmente e in fretta, 
				 ma favoriscono il giusto transito intestinale 
				 aggiungendo fibre ed eliminando grassi in eccesso; 
				 una zuppa di cereali e fagioli, ad esempio, mangiata 
				 fredda con olio di oliva e poco sale può dare senso 
				 di sazietà e benessere anche per tutto il giorno.  
				  
				 Richiestissima e consigliatissima è poi l’acqua: bere 
				 molto significa anche idratarsi in maniera corretta e 
				 ottimale per tutto il giorno e in estate prevenire molti 
				 malori legati alla disidratazione. Si deve bere anche 
				 quando non se ne sente lo stimolo e soprattutto bisogna 
				 bere prima dei pasti principali per attutire il senso 
				 di fame e prevenire gli eccessi di una mangiata con 
				 le temperature alte. E ovviamente via libera a tante verdure 
				 e tanta frutta.  
				  
				 Tutti questi alimenti se assunti con intelligenza 
				 eviteranno alle donne di massacrarsi con diete fantasiose e 
				 nocive e agiranno notevolmente bene sull’umore. E 
				 una donna di buonumore sa affrontare qualsiasi prova costume! | 
		 
		
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			DONNE    
				 Diana 
				 Arcamone. La mia felicità in un libro 
				 di Giuseppe Bosso  
				  
				 Felicità. Un destino o una scelta. Diana Arcamone, 
				 scrittrice napoletana, con il suo libro, edito da Tullio 
				 Pironti, ha riscosso notevoli consensi. 
				  
				 Come nasce il suo libro e perché questo titolo?  
				 «È un invito al lettore. La vita molto spesso ci porta ad 
				 affrontare situazioni negative, di fronte alle quali però 
				 abbiamo la possibilità di reagire, di puntare alla felicità 
				 che, tengo a precisare, non è nella mia visuale un qualcosa 
				 legata a un evento straordinario, ma una cosa tendenzialmente 
				 legata alla quotidianità».  
				  
				 Si può credere alla felicità in questi tempi così incerti?
				  
				 «Assolutamente sì. Si tratta di attraversare diversi step; 
				 tanto per fare un esempio metaforico, quando nasce un bambino 
				 disabile, la prima sensazione è certamente sconforto, paura: 
				 come potrà crescere? Come affronterà la vita in queste 
				 condizioni? Allora i casi sono due: o ti lamenti per tutta la 
				 vita o cerchi invece di accogliere il male, la disabilità nel 
				 modo migliore, pur consapevole che non potrà cambiare. E in 
				 quest’ottica si arriva a quello stato di felicità che ho 
				 cercato di descrivere. Credo che molto spesso l’infelicità 
				 nasca proprio dalla mancanza».  
				  
				 Quale messaggio ha cercato di trasmettere ai potenziali 
				 lettori?  
				 «Ho potuto constatare che molto spesso a bloccarci sono i 
				 ricordi delle esperienze negative; il timore di ripeterle, come 
				 per esempio per una delusione d’amore, tante volte quando si 
				 manifesta una nuova occasione ci blocca una specie di timore di 
				 vivere una nuova amarezza. Quello che spero che il lettore 
				 comprenda è che lasciarsi andare, non aver remora dei propri 
				 sentimenti, anche se magari alla fine il risultato non è quello 
				 sperato, è un primo fondamentale passo».  
				  
				 Dai riscontri che ha avuto è riuscita a delineare il profilo 
				 del lettore tipo che ha apprezzato la sua opera?  
				 «Da insegnante in un primo momento avevo pensato di indirizzare 
				 il libro proprio ai ragazzi; col tempo però mi sono accorta che 
				 in realtà quello che andavo a scrivere poteva rivolgersi a 
				 tutti: da mia madre, che ha ottantasette anni, al ragazzo della 
				 mia classe; pur esaminando argomenti legati in parte alla 
				 psicologia, quindi non facilmente comprendibili da tutti, in 
				 realtà alla fine il risultato finale è qualcosa che si presta 
				 ad essere apprezzato da ogni fascia d’età, alle prese con le 
				 sue problematiche, le sue gioie e i suoi dolori, che nella loro 
				 diversità vengono comunque accomunate dall’impostazione che le 
				 ho descritto. Tutti a un certo punto avvertiamo un certo 
				 disagio legato alla necessità di dare una svolta alla nostra 
				 esistenza».  
				  
				 È più difficile essere scrittrice o insegnante?  
				 «Non esiste per me una cosa più difficile; l’importante è fare 
				 tutto con passione, cosa che non deve mancare mai nella vita. 
				 Al momento entrambe le cose mi appassionano, anche se in questo 
				 particolare momento storico non si può dire che la scuola viva 
				 una fase positiva, e conseguentemente non riesce a svolgere la 
				 sua funzione nel modo migliore. E non mi riferisco solo e tanto 
				 alla mancanza di risorse; questa ‘invasione’ di immagini, che 
				 proietta i ragazzi a vivere come una grave mancanza il non 
				 avere il cellulare o il vestito più in voga del momento, è un 
				 fenomeno che proprio la scuola dovrebbe riuscire ad arginare. 
				 Così come per quelle persone che inseguono la ricchezza a tutti 
				 i costi e poi, una volta ottenuta, non sanno come spenderla».
				  
				  
				 Continuerà a scrivere?  
				 «Sì, adesso che l’anno scolastico è finito avrò più tempo per 
				 dedicarmi alle mie ricerche, e credo che il prossimo libro 
				 parlerà della felicità ‘scientifica’, basandomi su degli 
				 esperimenti che ho compiuto su me stessa per cambiare il mio 
				 modo di pensare».  
				  
				 Quali scelte ci saranno nel suo destino?  
				 «Non penso al domani, ma all’oggi. Credo soprattutto che la 
				 gratitudine sia il sentimento che fa apprezzare meglio le cose 
				 che abbiamo e ci faccia vivere sereni».      
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