Archivio
Telegiornaliste anno XI N. 35 (466) del 2 novembre 2015 
	
 
 
	
		
			| indice della pagina: 
Tgiste | 
Nonsolomoda | 
Tutto TV | 
Pink News | 
Donne | 
		 
		
			TGISTE Carmen 
			Cadalt. Sono cresciuta insieme a Teleclub di
			Giuseppe Bosso  
			 
			Volto dell'emittente campana
			
			Teleclubitalia - canale 98 del digitale terrestre -
			
			Carmen Cadalt ci racconta come la sua carriera si sia sviluppata 
			man mano partendo da un programma per bambini, attraverso una 
			parentesi legata al mondo della notte e, oggi, a Tg Club, 
			telegiornale dell'emittente giuglianese.  
			 
			La tua giornata tipo.  
			«Piuttosto incasinata – ride, ndr – sveglia presto, visto che amo 
			fare le cose con calma e la giornata può essere frenetica. Cerco 
			sempre di fare le cose con ordine ma in maniera pratica; arrivo in 
			redazione, aggiorno il sito e poi, telecamera in mano, subito in 
			strada alla ricerca di notizie e scoop. Mi occupo principalmente di 
			cronaca bianca, di eventi, quindi gli appuntamenti sono in buona 
			parte già concordati; ma con la telecamera in mano corri sempre, ci 
			sia il caldo o il freddo, la pioggia o la neve… torno in redazione, 
			assemblo quello che ho raccolto, conduco il tg (che noi montiamo 
			anche) e fondamentalmente passo molto tempo in redazione, anche nel 
			week end: il che, divertendomi tantissimo lavorando, è una grande 
			fortuna, anche se non mancano momenti di stress».  
			 
			Da un programma per bambini al tg passando per l’esperienza da vj 
			a Notti brave: quanto c’è di queste tue passate esperienze 
			nel tuo presente di tgista?  
			«Entrambi sono stati fondamentali e ci sono ancora adesso; ho 
			iniziato in modo curioso, da ragazzina, con le fiabe di Giambattista 
			Basile, illustre giuglianese vissuto nel Cinquecento, che 
			l’emittente Teleclub, sempre attenta a valorizzare il territorio e 
			le sue eccellenze, voleva omaggiare; mia madre, Teresa Barretta, 
			insegnante e attrice di prosa, fu contattata dalla madre di Giovanni 
			Russo, editore del canale, per partecipare a questo ciclo di 
			trasmissioni dedicate a lui; ma lei era impegnata in campagna 
			elettorale, e rinunciò proponendo, però, propose di mandare me, che 
			stavo seguendo un laboratorio teatrale; io non sono brava come lei – 
			sorride, ndr – e per questo il format fu modificato tenendo conto 
			delle mie capacità; piacque; il Basile è presente ancora oggi nella 
			mia vita, a casa siamo suoi appassionati e curo la sua pagina di 
			scrittura, oltre al lato modaiolo del tg, e qui entra in gioco 
			l’esperienza di Notti brave; posso dire che questi due 
			momenti sono equamente presenti nel mio bagaglio professionale e mi 
			caratterizzano rispetto alle altre colleghe, avendo vissuto da 
			giovanissima questi momenti che mi hanno accompagnato fino ad oggi».
			 
			 
			Il territorio dove operi è una delle zone più ‘a rischio’ della 
			provincia di Napoli: cosa significa essere giornalista, giovane 
			giornalista, qui?  
			«Abbastanza complicato, ma questo è anche l’aspetto più 
			soddisfacente; ho lavorato anche in altre realtà, qui sei parte 
			della notizia, che ti colpisce in prima persona; è una cosa che ti 
			accompagna anche al di fuori del lavoro, quando esco con gli amici e 
			incontro persone che mi chiedono notizie e anche loro me ne danno».
			 
			 
			Cosa significa per te lavorare a Teleclub e come pensi siate 
			cambiati tu e il canale nel corso degli anni?  
			«Ho iniziato da sola, 15 anni fa, in un’emittente che era diversa 
			con tecnologie diverse e proprio a livello di struttura 
			dell'immobile era diversa… insomma, una televisione che non c’è più; 
			nel corso degli anni io e Teleclub siamo cresciuti tantissimo, 
			insieme, di pari passo, ed è la cosa più bella, che mi fa sentire il 
			canale come un qualcosa di mia appartenenza, avendoci passato almeno 
			metà della mia vita. Al punto che anche comprare un vestito o un 
			paio di scarpe è una scelta che faccio non tanto in funzione di 
			quanto serva a me, ma piuttosto del canale… insomma, è casa mia».
			 
			 
			Ti sei laureata con una testi sulla commistione tra informazione 
			e pubblicità: è un tema che a livello locale avverti 
			particolarmente?  
			«Sì. Sono laureata in economia e la tesi doveva trattare di un caso 
			aziendale e io ho fatto un raffronto tra le trasmissioni in 
			programma e l’informazione Rai, sempre parlando della 
			rivalorizzazione dei territori. È un rapporto complicato, ma non 
			solo in ambito locale; questa commistione si accavalla a tutti i 
			livelli, a volte per mancanza di professionalità, ma non di rado 
			anche per la difficoltà di comprendere i limiti dei due ambiti».
			 
			 
			Qual è stata l’esperienza professionale che hai vissuto con 
			maggior intensità?  
			«Ne scelgo un paio, se permetti: le elezioni amministrative del 
			2011, in cui fui inviata alla prefettura dopo aver seguito la 
			campagna elettorale di Gianni Lettieri, candidato del centrodestra 
			sconfitto da De Magistris; non sapevo proprio dove mettere le mani, 
			ma nella difficoltà credo di essermela cavata bene, intervistando 
			politici e stringendo amicizia anche con colleghi di emittenti 
			nazionali; proprio a questo proposito ti racconto un episodio: 
			eravamo in una stanza tutti insieme, arrivavano gli aggiornamenti 
			dei risultati, e contemporaneamente si collegavano con i loro 
			canali; lì è come se mi si fosse aperto un mondo, perché mi dicevo: 
			Carmen, devi essere come loro! Poi ci sono momenti che porto nel 
			cuore, come il Festival del cinema di Cannes di quest’anno che ho 
			seguito, e che ho ricordato nei giorni terribili dell’alluvione che 
			tante vittime ha portato in quei luoghi stupendi che ho visitato; 
			anche lì mi sono trovata da sola e sono riuscita a sostenere il 
			lavoro che testate di livello mondiale facevano fare a cinque-sei 
			persone, altro momento molto gratificante. Sono riuscita a 
			intervistare Matteo Garrone, partecipare alla festa che ha 
			organizzato, alla Forrest Gump – ride, ndr – andando in giro 
			poi per la città, trovandomi dapprima in difficoltà per gli 
			spostamenti e poi, grazie anche alle amicizie con gli autisti 
			ufficiali, riuscendo a spostarmi senza problemi. Poi, ad Ischia – la 
			mia isola del cuore - un Italian Dj contest in cui si esibirono dj 
			di caratura internazionale come Tommy Vee Albertino e Bob Sinclare, 
			organizzato dalla società Sinapsi con Radio Dj. E poi ogni anno 
			immancabile e fisso appuntamento la Madonna di Giugliano, il mio 
			Sanremo».  
			 
			Hai mai ricevuto proposte indecenti?  
			«A dire il vero no… magari da ragazzina, quando ero single, da 
			persone che magari ci provavano, anche se non le definirei 
			indecenti… o forse le ho ricevute ma non me ne sono nemmeno resa 
			conto!».  
			 
			Sei una grande viaggiatrice, hai una notevole conoscenza delle 
			lingue: nel futuro ti vedi sempre qui o pensi di andare via a 
			tentare un’esperienza all’estero, come fanno molti giovani?
			 
			«L’ho già fatto questo, in altri settori però. Le lingue le ho 
			imparate proprio per la passione dei viaggi, approfondendole però 
			nel tempo; l’esperienza all’estero mi piacerebbe, ma non aspiro a 
			viverci; aspiro a mettere radici qui, a Napoli o a Giugliano».  
			 
			Un aggettivo per descrivere Carmen Cadalt donna e giornalista.
			 
			«Esaurita – ride, ndr – battute a parte penso di essere diversa 
			dalle altre giornaliste, con questo mio lato ‘leggero’… che comunque 
			non mi impedisce di essere concentrata e di dare sempre il duecento 
			per cento su tutte le cose».  
			 
			Resisteresti a un bavaglio?  
			«Assolutamente no. Per me è una parola che implica negazione di 
			libertà, cosa che, essendo nipote di un partigiano, ho imparato a 
			mettere forse anche prima della parola amore in classifica, e 
			quindi… non ne accetterò mai!». | 
		 
		
			| indice della pagina: 
Tgiste | 
Nonsolomoda | 
Tutto TV | 
Pink News | 
Donne | 
		 
		
			
			NONSOLOMODA La dieta di 
			Okinawa per vivere bene e più a lungo
			di Francesca Succi 
			dal blog
			
			TheGlossyMag del 27 ottobre 2015 
			 
			Poco più di una settimana fa Nadia Toffa de Le Iene ha 
			prodotto
			
			un servizio interessante sull’alimentazione sana, il vivere bene 
			e più a lungo. Per approfondire il tema si è recata a Okinawa dove è 
			presente un altissimo numero di centenari. 
			 
			Il servizio, come tanti articoli che girano sul web, ha confermato 
			il legame tra alimentazione di un certo tipo – prevalentemente 
			vegetariana – e qualità della vita. Poi proprio ieri l’Oms ha 
			confermato ciò che da tempo dicono in molti: la carne rossa, in 
			particolare quella lavorata, è cancerogena al pari del fumo di 
			sigaretta. Ciò significa che la dieta è fondamentale per evitare 
			malattie degenerative. 
			 
			Nella mia vita ho sempre adottato una dieta variegata, sostenuta da 
			frutta e verdura, ma dopo quel servizio e la conferma dell’Oms ho 
			voluto approfondire l’alimentazione di Okinawa; un tipo di 
			alimentazione che si avvicina parecchio a quella paleo. 
			 
			Infatti la dieta di Okinawa è una vera e propria fonte di giovinezza 
			in grado di farci vivere bene e per molto tempo. 
			 
			Regola principale 
			La prima regola della dieta di Okinawa è quella di mangiare poco ma 
			spesso, quindi occhio alle quantità. Insomma, non bisogna mai 
			alzarsi con lo stomaco pieno da tavola. 
			 
			Alimenti 
			Quelli previsti da questa dieta, cioè dallo stile di vita degli 
			abitanti di Okinawa, prevede di base il consumo di: 
			– frutta 
			– verdura 
			– soia e i suoi derivati 
			– pesce 
			– alghe 
			– riso e altri cereali 
			– tofu 
			 
			Attività fisica 
			I centenari di Okinawa sono sempre stati molto attivi nella loro 
			vita, anche da anziani. Ciò sta a significare che il connubio 
			alimentazione sana e movimento fisico è una medicina naturale per il 
			nostro corpo! 
			Per attività fisica s’intende dalla passeggiata di un’ora fino allo 
			sport intenso. 
			 
			Pensiero positivo 
			Ultimo, ma non meno importante, è lo stile di vita con cui questi 
			centenari hanno sempre vissuto, cioè pieni di entusiasmo e con il 
			sorriso sulle labbra. Il pensiero positivo è uno specchio che si 
			riflette sulle cellule del nostro corpo e ci fa vivere bene. 
			 
			Detto questo, siamo sempre in tempo per purificare il corpo dalle 
			tossine con la dieta di Okinawa. 
				  | 
		 
		
			| indice della pagina: 
Tgiste | 
Nonsolomoda | 
Tutto TV | 
Pink News | 
Donne | 
		 
		
			TUTTO TV 
			 	Giulia Tarquini: osservo 
			attentamente le attrici che doppio, rimanendo sempre me stessa 
			di Giuseppe Bosso  
			 
			Giovanissima ma con alle spalle già un curriculum di tutto rispetto, 
			incontriamo la simpatica e promettente doppiatrice
			
			Giulia Tarquini.  
			 
			Non provenendo da una famiglia di doppiatori hai avvertito 
			maggiori difficoltà ad inserirti in questo ambiente?  
			«Sì, abbastanza. Ne risento ancora oggi».  
			 
			Con quale attrice o personaggio ti sei sentita maggiormente in 
			sintonia e quale, invece, ha rappresentato il tuo opposto?  
			«Il personaggio che mi assomiglia di più è Alexis Castle, ma di 
			sintonia ne ho avuta molta anche con altri personaggi, tipo Arrietty 
			(protagonista di un film animato giapponese del 2010, ndr). Un 
			personaggio con cui invece non sono stata per niente in sintonia è 
			Camilla, in Violetta: è davvero molto distante dal mio modo 
			di essere».  
			 
			Relazionarsi con colleghi di grande esperienza ti ha mai turbata 
			o messa a disagio?  
			«A volte sì, mi sono sentita in soggezione ma è stato anche 
			emozionante».  
			 
			Violetta, Castle, Il trono di spade, solo 
			per fare qualche nome: nel tuo curriculum serie molto popolari e 
			amate e al tempo stesso personaggi molto diversi; in cosa cerchi di 
			caratterizzarli?  
			«Osservo molto le attrici che doppio: i loro sguardi, la loro 
			gestualità... cerco di imitarle meglio che posso, anche se la mia 
			personalità ogni tanto traspare».  
			 
			Tra i tuoi ultimi lavori c’è anche la molto criticata versione hd 
			di Heidi, in cui presti voce all’amica del cuore della 
			protagonista Clara: i fan storici della serie hanno molto dileggiato 
			questa versione, questo ha in qualche modo condizionato il vostro 
			lavoro?  
			«Io sono tra le file delle fan di Heidi, ci sono cresciuta. 
			Non ero al corrente delle critiche sulla nuova versione, ma non sono 
			stupita. Siamo tutti abituati alla vecchia Heidi, quindi è anche 
			logico che si faccia fatica ad accettare la nuova. Da parte mia 
			posso assicurare che c'è stato un grosso impegno dietro al 
			doppiaggio: abbiamo fatto del nostro meglio, non siate troppo 
			severi!».  
			 
			Dove potremo ‘ascoltarti’ in futuro?  
			«Di nuovo, nulla di veramente interessante, ma sono fiduciosa; da 
			poco ho finito di doppiare la seconda stagione di The Next Step 
			e presto inizierò la nuova stagione di Castle».  
			 
			E, sempre guardando al domani, ti vedi sempre doppiatrice o 
			tenterai anche altre strade?  
			«Ho sempre amato questo lavoro e spero di continuarlo a fare per il 
			resto dei miei giorni. La vita però è piena di sorprese quindi, chi 
			può dirlo?». | 
		 
		
			| indice della pagina: 
Tgiste | 
Nonsolomoda | 
Tutto TV | 
Pink News | 
Donne | 
		 
		
			PINK NEWS Il 
			Made in carcere conquista Expo di 
			Giuseppe Bosso  
			 
			Nell'ultimo mese dell'evento che ha contraddistinto gli 
			ultimi sei mesi, a Milano e in Italia, ha ottenuto notevole
			successo un'iniziativa che conferma la validità di un
			progetto nato quasi dieci anni fa allo scopo di creare 
			possibilità nel rispetto del principio costituzionale della
			finalità rieducativa della pena.  
			 
			Era il 2007 quando Luciana Delle Donne, genio e 
			creatività salentina, fonda l'associazione
			Made 
			in carcere, associazione non lucrativa, che partita con 
			venti detenute delle strutture penitenziarie di Lecce e
			Trani si è progressivamente estesa al resto del Belpaese. 
			Donne che la vita ha portato dietro le sbarre e che solo 
			attraverso il lavoro può realmente contribuire a 
			reinserire nella società.  
			 
			Borse, bracciali e accessori sono i punti di forza di un 
			marchio che, grazie al sostegno del Ministero della Giustizia, 
			è arrivato fino ad Expo con una mostra che è durata 
			fino al 7 ottobre scorso e che ha consentito ai visitatori di 
			ammirare e conoscere le creazioni di queste donne, dal passato 
			doloroso ma dal futuro tutt'altro che segnato grazie a iniziative e 
			progetti come Made in carcere - 2nd chance.  
			 
			Stando alle ultime
			
			statistiche sono oltre duemila le detenute 
			attualmente presenti nelle varie strutture penitenziarie italiane, 
			costrette a fronteggiare oltre a quelli ben noti del 
			sovraffollamento e delle precarie condizioni 
			igienico-sanitarie che caratterizzano il mondo carcerario i 
			problemi legati alla prole e alle famiglie. La speranza è che 
			Made in carcere non rimanga un caso isolato, ma un esempio da 
			imitare per altre iniziative che consentano a queste sfortunate 
			detenute di riscattarsi e riconciliarsi con una 
			vita ingenerosa nei loro confronti. | 
		 
		
			| indice della pagina: 
Tgiste | 
Nonsolomoda | 
Tutto TV | 
Pink News | 
Donne | 
		 
		
			DONNE    
				 Vera Schiavazzi. La perdita di una 
			giornalista tenace e caparbia di 
			Crilly  
			 
			Il gioco di squadra era il suo punto di forza; il modo 
			di fare giornalismo in maniera tenace e sensibile era 
			il suo humus. Vera Schiavazzi, 55 anni, giornalista di 
			grande valore e professionalità, si è spenta, nei giorni 
			scorsi a Torino.  
			 
			Una donna che ha dato tutto il suo essere come operatrice 
			della comunicazione, lavorando in sinergia in uno dei 
			quotidiani più importanti d’Italia: Repubblica.  
			 
			Una cronista intelligente, con un animo buono; una 
			personalità eccelsa il cui senso del dovere la portava a
			volare in alto, soprattutto in difesa delle donne e dei 
			più deboli.  
			 
			Vera Schiavazzi era una giornalista con la 'G' maiuscola; una 
			collega che riusciva a fare redazione nelle situazioni più 
			difficili: era caparbia, tenace; riusciva sempre a fare gioco di 
			squadra, immedesimandosi appieno nella storia da raccontare. 
			Conosceva il capoluogo piemontese in ogni suo anfratto, 
			vicolo, borgo e sapeva, più di chiunque altro, 
			raccontare il nostro Bel Paese, le sue tradizioni, le sue mille 
			contraddizioni.  
			 
			Per far ciò la aiutava la sua cultura laica e religiosa, 
			l’idea della famiglia, delle relazioni tra pubblico 
			e privato che erano al centro della sua professione.  
			 
			Una grande passione, la sua, per il giornalismo: quello vero, 
			portato avanti con onestà intellettuale; una carriera 
			brillante che l’ha portata ad essere apprezzata da tutti 
			i suoi colleghi, dalla società civile e da chi voleva 
			e vuole, tutt’ora, immergersi in un mondo così affascinante, 
			qual è il giornalismo reale.  
			 
			Non è facile accettare una perdita così imponente. Di Vera 
			Schiavazzi resterà l’insegnamento più bello che ogni 
			giornalista dovrebbe portare sempre con se: “Onestà, umiltà e 
			grande passione”. | 
		 
		
			| indice della pagina: 
Tgiste | 
Nonsolomoda | 
Tutto TV | 
Pink News | 
Donne | 
		 
	
 
 
 
	 |