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Telegiornaliste anno XI N. 40 (471) del 7 dicembre 2015 
	
 
 
	
		
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			TGISTE  Monica 
		Di Mauro. 
		Orgogliosamente e convintamente tgista salernitana 
		di Giuseppe Bosso  
		 
		Volto dell'emittente salernitana
		Tv 
		Oggi, Monica Di 
		Mauro ci racconta del suo lavoro di telegiornalista e di cosa pensa 
		dei recenti fatti di cronaca che hanno coinvolto la politica campana.
		 
		 
		Come è iniziata la tua carriera giornalistica?  
		«Ho iniziato lavorando a Radio Bussola con un collega di università; ho 
		studiato Scienze della comunicazione e quindi ho voluto mirare il mio 
		percorso a questo obbiettivo di diventare giornalista».  
		 
		Ti sta stretta Tv Oggi?  
		«No, non mi sentirei a mio agio fuori Salerno; non mancano quelli che mi 
		dicono ‘ma perché non hai mai cercato di andare fuori?’. È una 
		cosa che avrei magari dovuto pensare a vent’anni, ma non mi sono pentita 
		delle mie scelte».  
		 
		La tua giornata tipo di telegiornalista salernitana.  
		«Inizia presto, con le rassegne stampa; anche mio marito è giornalista, 
		quindi il nostro risveglio è caratterizzato da questo inizio; arrivo in 
		redazione e resto fino alle 15, se devo condurre il tg, altrimenti torno 
		a casa dai miei figli ai quali dedico tutto il tempo che mi resta dopo 
		il lavoro e spero che per loro sia abbastanza; poi il resto della 
		giornata dipende se non ho altri impegni, legati all’attività di ufficio 
		stampa che curo per vari enti».  
		 
		Insieme ad altre tue colleghe salernitane, molte delle quali da noi 
		intervistate in passato, nel 2013 hai posato per un calendario, 
		iniziativa benefica: che ricordo hai di quella esperienza e cosa ti ha 
		spinta a farlo?  
		«La voglia di fare qualcosa di buono, di utile, ci ha unite. 
		Apparteniamo, per lo più, ad una nuova generazione che rispetto alla 
		precedente è molto più coesa e solidale; un tempo si tendeva a essere 
		più concorrenti, quindi se magari un collega arrivava a una notizia non 
		la condivideva con gli altri; oggi, invece, c’è molta più complicità, 
		rapporto amichevole (magari dovuto all’esserci laureate con il nuovo 
		corso di Scienze della comunicazione) collaborazione tra di noi, e 
		questo ci ha permesso di seguire con molto entusiasmo l’iniziativa che 
		era finalizzata a raccogliere fondi per un reparto di radioterapia 
		infantile che ci aveva molto toccato; l’idea era di fare qualcosa che ci 
		divertisse, e la passione per la cucina o per il look particolare che ha 
		caratterizzato i vari mesi ci ha permesso di sviluppare questa 
		iniziativa, che ha riscosso molta simpatia e successo».  
		 
		Ti è mai capitato di dover rinunciare a divulgare una notizia?
		 
		«Mi è capitato, l’ho fatto soprattutto per motivi personali. Per me 
		viene anzitutto la persona, l’essere umano. Mi rendo conto che così 
		rispondendo potrei non sembrare una buona giornalista, ma credo che 
		alcuni valori vengano prima di ogni cosa, e quando mi sono resa conto 
		che avrei potuto fare del male ho evitato. Anzitutto mi preme che la 
		notizia sia confermata almeno da due persone, e poi a quelle che 
		potrebbero essere le conseguenze».  
		 
		Hai mai pensato di lasciare Salerno per la tua professione?  
		«No, come ti dicevo, mi sento regionale e così resterò».  
		 
		Hai mai ricevuto proposte indecenti, se lo puoi dire?  
		«No, magari apprezzamenti, ma non a questo livello…».  
		 
		Il caso De Luca pone nuovamente all’attenzione il rapporto dei media 
		con la politica: che occasione credi rappresenti per la nostra categoria 
		questa vicenda?  
		«Temo personalmente che questa vicenda sia stata molto strumentalizzata. 
		Ho la sensazione che talune decisioni giudiziarie siano davvero 
		scadenziate come un orologio, l’ho avuta con Berlusconi e anche adesso 
		con De Luca, che mi ha dato l’idea di un accanimento nei suoi confronti. 
		Non è facile fare valutazioni soprattutto per chi come noi salernitani 
		De Luca l’ha vissuto come sindaco e come politico di riferimento per 
		vent’anni. So che bisognerebbe mantenere un certo distacco, ma per noi 
		risulta difficile».  
		 
		Il tuo augurio per il 2016?  
		«Dopo quello che è successo a Parigi, molta pace. Spero sia ancora un 
		anno che mi dia ogni giorno pieno e diverso, come è stato il 2015, dove 
		non manchino stimoli e voglia di andare avanti, nonostante le tante 
		difficoltà che ci porta la professione, come il dover passare da una 
		redazione fatta da otto persone a quattro. E che si veda una vera 
		ripresa in tutti i settori». 
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			NONSOLOMODA Nasce 
				 Fashion For Breakfast, il portale delle tendenze Made in Italy 
				 per i professionisti internazionali della moda. 
				  
				 Non definitelo un blog di moda o un semplice sito di 
				 condivisione stilistica. 
				 
				 Fashion For Breakfast, già dalla fase di lancio, si colloca 
				 come il primo portale italiano a pagamento in grado di offrire 
				 ispirazioni, tendenze e analisi su tutto quello che è moda.
				  
				 Dalle suggestioni ai mood, dai colori ai materiali, dalle linee 
				 alle stampe. Su Fashion For Breakfast il professionista, grazie 
				 alle analisi dettagliate delle fondatrici del progetto, troverà 
				 tutto il necessario per stimolare l’ispirazione e creare una 
				 linea di moda. 
				  
				 Le due fondatrici Mody e Desy 
				 hanno deciso di svelare i primi dettagli su Fashion For 
				 Breakfast:  
				 «Abbiamo esperienza ventennale nel settore moda a 360 gradi. 
				 Fashion For Breakfast nasce dall'esigenza di avere un portale 
				 di supporto al lavoro di stilisti e aziende. 
				 Un portale chiaro, leggibile, in lingua italiana, consultabile 
				 anche da chi non è necessariamente uno stilista o un 
				 trendsetter; il tutto ad un prezzo accessibile. Sul portale 
				 saranno disponibili moodboard di tendenze, suggestioni, colori 
				 linee e materiali di almeno tre stagioni in contemporanea! Ad 
				 esempio alla data di lancio, che verrà comunicata sui social 
				 ufficiali di Fashion For Breakfast a breve, ci sarà già la S/S 
				 2016, l'A/I 2016-2017, la S/S 2017 e qualche anticipazione 
				 dell'A/I 2017-2018. Si potranno commissionare servizi 
				 personalizzati con ricerche mirate in base alle esigenze del 
				 cliente. Inoltre saranno condivisi i report su eventi e fiere». 
				  
				 Fashion For Breakfast è stato creato per tutte le imprese che 
				 producono moda in senso stretto a livello internazionale 
				 (aziende tessili, aziende di produzione filati, aziende di 
				 abbigliamento, maglifici e uffici stile), ma anche per quelle 
				 aziende che pur operando in altri settori, quali arredamento e 
				 ceramiche, seguono attentamente le tendenze della moda per le 
				 loro produzioni. 
				  
				 Il portale sarà ufficialmente online nei primi mesi del 
				 2016. Nel frattempo tutto lo staff di Fashion For 
				 Breakfast sta lavorando sui social ufficiali e alla 
				 preparazione dell’evento di lancio che si 
				 preannuncia unico nel suo genere. 
				 Infatti, sarà totalmente digitale e i dettagli coinvolgenti per 
				 gli addetti al settore verranno svelati online nelle prossime 
				 settimane. Per seguire tutti gli aggiornamenti già da ora è 
				 possibile collegarsi ai canali ufficiali:
				 
				 Facebook,
				 Twitter,
				 
				 Instagram,
				 
				 Pinterest. 
				 Hashtag ufficiale per la condivisione delle news: 
				 #FashionForBreakfast | 
		 
		
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			TUTTO TV 
			 	Beatrice Caggiula: doppio la cattiva di Una vita, ma cerco sempre la serenità 
					di Giuseppe Bosso  
					 
					Incontriamo
					
					Beatrice Caggiula, simpaticissima doppiatrice 
					torinese, che si dimostra davvero molto diversa dal 
					personaggio della perfida Cayetana de la Serna, cui presta 
					la voce nella versione italiana di Una vita, soap 
					spagnola in onda dopo Beautiful su Canale 5 tutti i 
					giorni dal lunedì al venerdì.  
					 
					Ricordi il tuo primo doppiaggio?  
					«Il primissimo proprio no… se non che era una scimmietta per 
					un cartone animato, ma non chiedermi quale… il primo ruolo 
					da protagonista, senz’altro: Colleen Carlton della soap 
					opera Febbre d’amore».  
					 
					E a proposito di soap opera, sta avendo molto successo la 
					soap opera Una vita, in cui presti voce alla cattiva, 
					Cayetana de la Serna, una donna giunta ad uccidere la sua 
					stessa figlia: hai cercato di caratterizzarla in qualche 
					modo per la versione italiana?  
					«No, la caratterizzazione la deve dare l’attrice, Sara 
					Miquel, io cerco semmai di seguire la sua impostazione».
					 
					 
					C’è un personaggio con cui ti sei sentita maggiormente in 
					sintonia tra quelli che hai incrociato?  
					«Mi sono sempre sentita in sintonia con tutte le attrici e i 
					personaggi animati a cui ho prestato la voce in questi anni. 
					Sembrerà banale dirlo, ma per me è sempre stato così, ogni 
					lavoro lo vivo e lo affronto con questo spirito. A maggior 
					ragione con Cayetana, quando ho fatto il provino fin da 
					subito ho sentito che mi sarebbe piaciuto doppiare un ruolo 
					così negativo, l’opposto di come sono io, e così è stato».
					 
					 
					Ti abbiamo anche vista, in rete, nei panni di 
					un’intervistatrice di strada per brevi strisce di domande ai 
					passanti: com’è nata questa cosa?  
					«Un esperimento simpatico, nato tanti anni fa che vedo 
					ancora oggi riscuote simpatia e successo. Con un gruppo di 
					colleghi torinesi, guidati da Andrea Zalone, abbiamo 
					sviluppato questa idea, di andare a fare in giro alle 
					persone per le strade di Torino domande semplici a cui 
					avrebbero dovuto rispondere al volo. È simpatico anche per 
					me rivedermi a distanza di tempo».  
					 
					Il doppiaggio è stato per te buona palestra prima di 
					passare alla recitazione?  
					«No, è vero esattamente il contrario semmai. La recitazione 
					fin da ragazzina mi attirava, e dopo il diploma al liceo 
					artistico ho iniziato a seguire una strada professionale, 
					che poi mi ha portato al leggio. Ed è quella la vera prova 
					del nove, un punto d’arrivo di un percorso iniziato sul 
					palcoscenico. Sento troppo spesso dire da persone che 
					vorrebbero seguire questa strada ‘ho una bella voce, ce 
					la posso fare anch’io’. No, credetemi, non basta questo 
					per potersi inserire nel nostro mondo, dove in molti, anche 
					figli di colleghi celebri, hanno iniziato da bambini».  
					 
					Dove ti ‘ascolteremo’ prossimamente?  
					«Da scaramantica come sono preferisco dire solo che ci sono 
					tante cose in ballo, che man mano spero scoprirete. Di 
					sicuro nel presente oltre Cayetana c’è la nuova serie di 
					Tempesta d’amore, dove sarò la voce della protagonista, 
					un personaggio davvero opposto a quello della soap 
					spagnola».  
					 
					Cosa farai da grande?  
					«Spero di essere serena, cosa che ho sempre cercato fin da 
					bambina. È quello che mi hanno insegnato i miei genitori, 
					che purtroppo non ci sono più, e anche quelli che li hanno 
					sostituiti…».  | 
		 
		
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			PINK NEWS Ci 
				 sono uomini... storie di umana follia. 
				 Alla figlia mai venuta al mondo 
			(Parte 2) di 
			Maria Tinto* 
				  
				 Ci sono uomini… che anche quando fanno l’amore 
				 non riescono a concedersi, che non sono capaci di 
				 abbandonarsi al piacere di donarsi all’intimità totale di una 
				 donna. Ci sono uomini che risolvono il problema della loro
				 carenza affettiva convincendosi che la cosa migliore 
				 è essere perfetti, e questo è un bel problema, perché 
				 se sei perfetto non ti puoi relazionare, perché l’amore 
				 è imperfezione, non a caso si dice “Mi piaci per i 
				 tuoi pregi, ti amo per i tuoi difetti”.  
				  
				 Ci sono uomini che non riescono ad instaurare una relazione 
				 alla pari con una donna, cercano di sottometterla e 
				 di assoggettarla al loro volere, facendo passare le loro 
				 assurde richieste attraverso la mistificazione amorosa. 
				 Ci sono uomini che cercano di distruggerci, di 
				 eliminarci, di farci morire dentro, sgretolando la 
				 nostra personalità, isolandoci dai nostri cari, 
				 dai nostri amici, in un gioco al massacro il cui 
				 campo di battaglia diventa la nostra casa, la nostra
				 prigione.  
				  
				 Ci sono uomini che ci odiano. Ci sono uomini che non 
				 ci capiranno mai. Ci sono uomini-delinquenti che 
				 ci usano per riconoscersi in qualcosa e che usano la 
				 violenza come surrogato di una mascolinità che non sentono 
				 di avere, poiché per quasi la totalità degli uomini,
				 sentirsi un “maschio” ha il primato sulla qualità di essere 
				 un uomo, purtroppo.  
				  
				 Ci sono uomini che anche quando ci amano si danno dei limiti, 
				 che in modo analitico misurano il tempo che ci stanno 
				 dedicando. Ci sono uomini che ci insultano con il loro
				 disprezzo attraverso inopportuni e sgraditi 
				 paragoni, che cercano di umiliarci con la loro 
				 saccenza, con i loro silenzi infiniti, che 
				 cercano di farci sentire in colpa per tutto.  
				  
				 Ci sono uomini che usano il nostro corpo, 
				 disprezzandone la forza generatrice e la leggiadria 
				 che da esso promana. Ci sono uomini che non sanno perdere, 
				 e si mascherano da principi azzurri come a carnevale, 
				 pronti a sfoderare la spada dell’odio appena comprendono 
				 che ci stanno perdendo.  
				  
				 Ci sono uomini che ci ammazzano davanti ai nostri figli, 
				 che prima fanno l’amore e poi ci pugnalano, uomini 
				 cattivi, crudeli, bestie feroci travestite da 
				 signori, bruti a cui avevamo donato l’anima. 
				 Ci sono uomini che ci uccidono e poi ammazzano anche i 
				 nostri figli, perché vogliono cancellare tutto quello 
				 che da noi è generato.  
				  
				 Tutto questo è il frutto di una società maschilista? Non 
				 mi piace pensare allo stereotipo della società 
				 maschilista, perché questo spauracchio del 
				 maschilismo è tuttora ancora troppo usato e abusato, è 
				 più giusto parlare di una società dove vince il più forte, 
				 dove il più debole soccombe se non ha i mezzi 
				 adeguati per difendersi.  
				  
				 È per questo che io dico che bisogna dotare le donne di 
				 strumenti per fronteggiare il pericolo. È per questo 
				 che le donne devono cominciare a riconoscere i 
				 prodromi di una relazione pericolosa, ci sono 
				 segnali chiari, inequivocabili, che le donne non vedono 
				 o non vogliono vedere.  
				  
				 Bendarsi gli occhi dinnanzi ad uno schiaffo, 
				 turarsi le orecchie di fronte al disprezzo verbale,
				 girare lo sguardo davanti a gesti di spregio, con 
				 la “speranza” che si sia trattato di un episodio, 
				 con l’illusione che domani sarà diverso, è 
				 un gravissimo errore, perché domani sarà sempre 
				 peggio e allo schiaffo seguirà la coltellata, alla 
				 denigrazione verbale seguiranno le parolacce, in una 
				 degradazione spesso dall'esito infausto per noi 
				 donne.  
				  
				 Senza contare il male che facciamo ai nostri figli, 
				 vittime innocenti che assistono inermi alle 
				 violenze. Ma voglio anche dirti che ci sono uomini che ci 
				 amano, che ci sanno donare il sapore della felicità, 
				 che sanno accogliere il nostro ventre nel loro 
				 abbraccio e ci sanno riscaldare.  
				  
				 Ci sono uomini che ci apprezzano, che ci guardano 
				 e ci vedono per quello che siamo, per quello che 
				 sappiamo e possiamo dare, che riescono a risvegliare il 
				 nostro archetipo femminile, facendo esplodere il vulcano 
				 che abbiamo nel cuore.  
				  
				 Questo è l’uomo che avrei voluto per te. Ti scrivo 
				 perché non sei mai venuta al mondo, perché per te 
				 avevo sognato un mondo diverso, un mondo puro dove 
				 gli uomini e le donne potessero guardarsi negli occhi senza 
				 avere paura.  
				  
				 Sì, senza la paura di volersi bene, di volersi amare, 
				 di prendersi per mano e sollevare insieme i fardelli 
				 della vita e gioire della nascita di un fiore. Senza 
				 la paura di essere fragili, imperfetti, sottili, 
				 curvi, inermi di fronte ai fulmini e ai tuoni. Senza la 
				 paura di sognare e di svegliarsi insieme.  
				  
				 Dormi respiro, a te che non sei mai nata, per aprire gli 
				 occhi sotto questo cielo e colorarlo di rosa, a te, va il 
				 mio pensiero. 
				  
				 *Psicologa clinica – Consulente sessuale | 
		 
		
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			DONNE    
				 Rita 
				 Fossaceca: morte di una volontaria di 
			Antonia Del Sambro  
				  
				 Rita era una donna di poco più di cinquanta anni, 
				 nata in piccolo borgo molisano e trasferitasi poi a 
				 Novara, dove era diventata responsabile del reparto 
				 di radiologia: una dottoressa abile, 
				 scrupolosa, molto competente e con un grande 
				 cuore.  
				  
				 Rita si era laureata con soddisfazione e con merito, 
				 e con queste due caratteristiche aveva iniziato la sua carriera 
				 che la vedeva impegnata dentro e fuori l’ospedale.  
				  
				 Perché quando qualcuno prende a cuore il proprio 
				 mestiere, quello che fa e si ritiene fortunato nella 
				 vita va a finire anche che un po’ di quanto ritiene di avere 
				 preso voglia anche regalarlo agli altri; al 
				 prossimo, a chi ne ha più bisogno: ai meno 
				 fortunati in assoluto.  
				  
				 Certo non è da tutti, e certo non accade spesso: 
				 però accade, e quando una donna come Rita Fossaceca 
				 decide di dedicarsi agli altri ancora di più di 
				 quanto già fa come medico ogni giorno, lo fa per bene e 
				 senza badare al luogo in cui va e dove viene chiamata a 
				 farlo.  
				  
				 Così con la Onlus forLife di cui fa parte si reca in 
				 Kenya: prima saltuariamente, poi sempre più spesso, 
				 richiamata da tanti bambini che hanno un bisogno 
				 disperato del suo lavoro e dalle condizioni dei più 
				 miseri di quel posto del mondo.  
				  
				 E Rita si prodiga non solo come abile dottoressa, ma insieme 
				 come contabile, supervisore, geometra e 
				 raccoglitrice di fondi di solidarietà per far nascere 
				 strutture adeguate, richiamare medici professionisti, istruire 
				 ancora meglio quelli già esistenti e donare, donare, 
				 donare a tutti senza risparmiarsi mai, con una 
				 generosità e un cuore incommensurabili.  
				  
				 Doti che le sono state fatali proprio l’ultimo giorno 
				 della sua vita quando nella sua casa è stata brutalmente 
				 assassinata da chi aveva accolto e stipendiato per anni.
				  
				  
				 Un agguato violento e miserabile che ha stroncato in 
				 pochi minuti la vita di Rita Fossaceca, medico brillante, 
				 volontaria convinta e donna di grande caratura morale; 
				 non conta riportare qui le fasi e le vicende dell’attentato 
				 subito in casa dalla dottoressa, tanti ne hanno parlato e 
				 descritto minuziosamente.  
				  
				 Quello che conta è che Rita si è immolata per salvare 
				 la vita delle persone a lei più care con un altruismo 
				 e un coraggio che solo una donna come lei e con la sua
				 storia alle spalle poteva dimostrare pienamente; pochi 
				 minuti per stroncare tutta una vita dedicata alla professione 
				 medica e al sostengo dei più bisognosi.  
				  
				 Chi pensa che fare la volontaria in Kenya o in zone 
				 pericolose porta inevitabilmente a incorrere in 
				 pericoli e che forse anche questo ennesimo evento di 
				 cronaca nera farà desistere tanti da proseguire 
				 sulla scia e sulle orme di Rita o di tanti altri volontari nel 
				 mondo è in errore: essere volontari e adoperarsi per gli 
				 altri è un fuoco che brucia e si alimenta sempre 
				 in ognuno di essi, tanto che anche l’assurda e inspiegabile 
				 morte di una volontaria come la dottoressa Fossaceca finisce 
				 con essere un volano di speranza, di fede e di 
				 carità.  
				  
				 I volontari muoiono anche così: lasciando questo mondo con una
				 luce talmente accecante e viva da 
				 continuare ad essere di esempio e di speranza per chi verrà 
				 dopo di loro e percorrerà le loro orme con 
				 altrettanto coraggio e amore per il prossimo. 
				  
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