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Archivio Telegiornaliste anno XVI N. 11 (628) del 25 marzo 2020
 
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TGISTE Marzia Roncacci, raccontare le bellezze di Giuseppe Bosso

Incontriamo nuovamente Marzia Roncacci, volto del Tg2, che ha da poco ricevuto la cittadinanza onoraria di San Vito Lo Capo, rinomata località turistica siciliana.

Bentrovata Marzia. Anzitutto complimenti per questo riconoscimento da parte di San Vito Lo Capo. Raccontaci come ti hanno contattata e che sensazioni ti ha suscitato.
«Sono stata contattata dall'organizzazione dell'evento, dalla Feedback, i quali mi hanno invitato a partecipare alla serata dedicata alla Sicilia e in particolare al famoso festival ormai in tutto il mondo del Cous Cous Fest che si tiene tutti gli anni nel mese di settembre a San Vito Lo Capo. Un posto meraviglioso, con un mare caraibico, un gioiello della nostra Italia, meta di Italiani e turisti stranieri tutto l'anno. Io ho risposto loro che mi faceva molto piacere ricevere l'invito ma probabilmente non sarei potuta andare visti i miei impegni ogni giorno, tutte le mattine, in diretta con il programma di informazione Tg2 Italia. A quel punto mi è stato detto che ci sarebbe stata una bellissima sorpresa per me e che riguardava la mia professione. Così sono andata a Milano. Sono partita subito dopo la diretta e la riunione per stabilire argomento e ospiti del giorno dopo e sono andata all'evento. Qui trovo il sindaco di San Vito Lo Capo Giuseppe Peraino e tutta la giunta. Ma anche tanti tantissimi amici con cui ho condiviso in una terra così bella molte giornate ricche di emozioni, di eventi, di incontri, di cultura, insomma giornate arricchenti. Durante la presentazione della serata, il sindaco, con tanto di fascia, mi invita a raggiungerlo perché lui a la giunta avevano deciso di conferirmi la cittadinanza onoraria di San Vito Lo Capo. Mi sono emozionata, È stato un momento bellissimo, inaspettato, una gioia immensa. Perché questa mia cittadinanza, spiegata molto bene nelle motivazioni del Comune di San Vito, rappresenta un riconoscimento concreto per la mia professione e per la mia persona. Posso dire che ho ricevuto diversi premi nel corso della mia vita professionale, tutti molto importanti, però sentire la vicinanza di una comunità come quella di San Vito, del sindaco, di tutta la giunta, dei commercianti, dei ristoratori, della gente tutta che ancora mi scrive per congratularsi, beh, non ha prezzo. Approfitto, anche qui, per ringraziare tutti, di nuovo».

Raccontare le bellezze, come fai: si può, anche in questi tempi dove sembra quasi una controtendenza?
«Raccontare le bellezze si può, eccome! Anzi, aggiungo che si deve. Abbiamo un patrimonio incredibile in Italia, troppo spesso sottovalutato e non valorizzato. È la miniera vera del nostro Paese. Dobbiamo far conoscere questi posti, di nicchia, che sono i veri gioielli italiani. Sono il volano per il turismo, non si può non raccontare quante bellezze abbiamo».

Al Tg2 ti abbiamo vista spesso, ultimamente, ma non solo tu, condurre vari Speciali, spaziando dal ricordo di Federico Fellini all’emergenza Coronavirus: come cambia in queste monografie il lavoro rispetto alle edizioni e ai servizi?
«È vero, ho avuto l'onere e l'onore di condurre molti Speciali al Tg2, grazie anche al mio direttore Gennaro Sangiuliano che mi dà grande fiducia. Il lavoro è più intenso perché una puntata monografica DEVE dare un'informazione a 360 gradi. Essere super partes sempre, fornire ai telespettatori, il maggior numero di informazioni, in modo tale che siano in grado di farsi un'idea propria e non dettata da "mainstreaming". È un lavoro di equipe. Da soli non si andrebbe da nessuna parte. La redazione tutta, la regia., i cameramen, i corrispondenti, gli inviati, tutti impegnati con un unico obiettivo: raccontare i fatti. Mi piace molto condurre gli Speciali, perché sono un veicolo che arricchisce moltissimo anche me. Bisogna conoscere bene l'argomento, studiare, leggere, confrontarsi con gli ospiti, con la redazione, un lavoro incredibile ma arricchente al massimo».

Grande successo ha avuto al Festival di Sanremo la partecipazione delle tue colleghe Emma D’Aquino e Laura Chimenti: le hai seguite?
«Certo che ho seguito Sanremo e le mie brave e belle colleghe del tg1. Le ho trovate giuste. Molto eleganti e altrettanto misurate nel mandare messaggi importanti ed autorevoli».

E tu avresti partecipato?
«Penso di sì».

Ti senti realizzata?
«Realizzata è una parola "definitiva". Io sono molto felice del lavoro che svolgo ogni giorno. Penso a volte che non avrei potuto fare altro nella vita. Poi la diretta, lo studio, la conduzione, mi calza a pennello. Non vivo stress particolari, se non la responsabilità di quello che dico e come lo dico. Lo studio e la redazione del Tg2 sono un po' la mia seconda casa. Vado a braccio, non ho gobbo, mai, studio, leggo, mi informo, sono avida di sapere, sento gli ospiti la sera prima e con loro faccio lunghe chiacchierate, prendo appunti e a quel punto, quando mi ho un quadro completo, sono pronta per andare in studio la mattina dopo. Un lavoro fatto di adrenalina ma di grande responsabilità che io sento molto nei confronti di ogni singolo telespettatore. E devo dire che mi gratificano molto. Uso molto i social, quindi ho con loro un feedback immediato. Sono attenti, precisi, e spendono parole molto belle per me. Non chiedo altro. Quindi, a questo punto, potrei definirmi "realizzata"… direi di sì, anche se amo nuove sfide, amo mettermi in gioco, amo stimoli nuovi. E, grazie al cielo, il mio lavoro me lo permette ogni giorno».
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TUTTO TV Celebrity Hunted, fuga dai cacciatori di Silvestra Sorbera

Al via dal 13 marzo su Amazon Prime Video il programma Celebrity Hunted al quale hanno preso parte tanti volti noti del mondo dello spettacolo, e non solo, italiano.

Tra questi l'ex capitano della Roma Francesco Totti, il cantante Fedez e l'attore e la giornalista coppia anche nella vita reale, Claudio Santamaria e Francesca Barra.

Il programma prevede che questo gruppo di celebrità dovrà lavorare e cooperare per sfuggire ad un gruppo di cacciatori che vuole catturarli come se fossero dei veri e propri latitanti.

In questi giorni le interviste si sprecano per capire le strategie dei protagonisti che dovranno agire come nella vita reale per cercare di salvarsi.

Il reality girerà l'Italia: ogni protagonista si può nascondere dove preferisce, un luogo caro, un posto che non conosce; l'importante è non farsi catturare.

Un gioco di coppia, per alcuni, un gioco di strategia, che vuole portare un po' di allegria in questo tempo triste.
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DONNE Ida Wells, una vita in prima linea di Giuseppe Bosso

Il 25 marzo di 89 anni fa moriva Ida Bell Wells-Barnett, o più semplicemente Ida B. Wells, carismatica figura della lotta degli afroamericani contro la segregazione razziale e le discriminazioni negli Stati Uniti a cavallo tra Ottocento e Novecento.

Nata nel Mississippi proprio a ridosso del Proclama di Emancipazione di Abraham Lincoln, perde giovanissima i genitori e un fratello a causa di un’epidemia, e deve farsi carico del nucleo familiare, in un’America in cui, nonostante l’importante svolta del proclama, per gli afroamericani, a maggior ragione per una giovane donna, la strada da percorrere per il riconoscimento degli elementari diritti di base è ancora lunga e tortuosa. E la giovanissima Ida lo sperimenta sulla propria pelle, quando non riceve la stessa retribuzione delle colleghe bianche nel suo primo lavoro di istitutrice in una scuola elementare per afroamericani.

Emigrata nel Tennessee, a Memphis, alla ricerca di migliori condizioni, inizia ad avvicinarsi al movimento femminista e, dopo una spiacevole vicenda personale in cui aveva invano cercato giustizia dopo un sopruso subito in occasione di un viaggio in treno, capisce che non è più tempo di subire.

Inizia a scrivere articoli di forte impatto sulla tematica razziale con lo pseudonimo di Lola, diventando ben presto un punto di riferimento per gli afroamericani, sebbene i toni accesi la portino al licenziamento dal lavoro di insegnante.

Quando poi, nel 1889, un suo amico commerciante, Thomas Moss, viene brutalmente incarcerato e linciato, esorta i suoi concittadini neri ad abbandonare quella città così crudele e ingiusta; questo episodio, oltre ad esporla ulteriormente all’odio della popolazione bianca, alimenta ancor di più in lei il fuoco della ribellione, e al tempo stesso una nuova fonte di ispirazione.

Infatti, la drammatica vicenda dell’amico la induce a specializzarsi nel giornalismo investigativo, con particolare riguardo agli episodi di linciaggio di cui erano spesso vittime gli afroamericani, raccogliendo fondi e riuscendo col tempo, e nonostante le forti resistenze dell’epoca, a riscontrare quanto fosse effimera la leggenda dell’uomo nero stupratore di donne bianche che il più delle volte era alla base di queste atrocità.

Malgrado minacce e boicottaggi, il nome di Ida B. Wells ben presto giunge all’attenzione anche del Vecchio Continente, e nel 1893 per la prima volta si reca nel Regno Unito, dove la sua testimonianza e la sua esperienza riscontra attenzione e partecipazione.

Stabilitasi definitivamente a Chicago, qui visse fino alla morte, avvenuta per insufficienza renale, proprio mentre si stava dedicando alla sua autobiografia, Crociata per la giustizia, mai completata. Ma il suo ricordo, il suo esempio e la sua tenacia sono rimasti intatti nel cuore e nella mente di quegli afroamericani che hanno combattuto ancora verso quell’emancipazione e quell’uguaglianza che lei aveva inseguito.
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