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Archivio Telegiornaliste anno XVI N. 20 (637) del 17 giugno 2020
 
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TGISTE Cristina Raschio, l’Italia dopo il covid di Giuseppe Bosso

Intervistiamo Cristina Raschio, giornalista di Rainews 24, redazione economica.

Cosa ha rappresentato per te l’arrivo alla Rai?
«Una grande occasione che ho potuto cogliere. La Rai è quanto di meglio possa trovare un giornalista, per strutture, attrezzature e organizzazione, ed è un’azienda che valorizza tantissimo i suoi dipendenti e che mi ha permesso di conoscere e lavorare al fianco di validi colleghi molto professionali. Anche durante questo lungo periodo di lockdown ho avuto conferma di questo».

Un aneddoto o un episodio che ritieni abbiano segnato il tuo percorso.
«Ogni momento, ogni esperienza mi ha sempre lasciato qualcosa. Certo occupandomi di economia molto più spesso devo confrontarmi con dati, numeri, percentuali e anche con le storie non facili di chi ha vissuto e vive la crisi. Ma anche questo è un lato positivo del nostro mestiere, dare voce a chi non ne ha».

Esiste una tua giornata tipo o anche per te come per molte altre colleghe ogni giorno fa storia a sé?
«Sì, tutto dipende dal lavoro che c’è da fare: ci sono giornate in cui si può lavorare da redazione, per esempio quando l’Istat fornisce dati sui quali bisogna impostare un servizio per renderli il più comprensibili possibile a tutti, e giorni in cui invece si esce per fare interviste, seguire conferenze».

Come hai vissuto i due mesi di lockdown?
«Avrei voluto andare dalle mie parti in Piemonte, a raccontare come i miei conterranei fronteggiavano questa emergenza e come erano cambiate le loro vite; non ho comunque rimpianti, mi sono dedicata alla mia bambina, ed è a lei che ho dato priorità, come tante donne che hanno dovuto contemperare insieme due esigenze. Vederla crescere, a maggior ragione con questo lavoro che ti porta lontano molto spesso da casa, è una gioia che poi ti ritorna. Ho potuto vedere come i bambini hanno vissuto questo periodo particolare, con le scuole chiuse».

A distanza di un paio di settimane dalla riapertura graduale riscontri più preoccupazione per il futuro o voglia di lasciarsi alle spalle questi momenti non facili?
«Direi metà e metà. Da una parte questo periodo di lockdown per molti è stato vissuto come il peggiore degli incubi, che nessuno avrebbe potuto immaginare. Vedere ad esempio le immagini da Washington della marcia per George Floyd, con i partecipanti coperti dalle mascherine, era una cosa che mai un anno fa avrei pensato potesse capitare. Stiamo vivendo la peggior crisi del dopoguerra, che purtroppo già sta manifestando i suoi effetti. Ma dall’altra parte vedo anche tantissime persone che stanno lottando per restare a galla, che guardano al futuro con speranza e non con rassegnazione».

E tra i tuoi colleghi che sensazioni riscontri?
«C’è preoccupazione, siamo umani non supereroi, ma si va avanti. Il nostro obiettivo resta informare gli italiani nel miglior modo possibile, è la nostra priorità. Combattiamo un nemico invisibile, che ancora non conosciamo bene e speriamo si trovi presto un vaccino. C’è un Paese da ricostruire su queste macerie».

Durante questo periodo grande utilizzo hanno avuto programmi di comunicazione a distanza: l’emergenza può fornire spunti per il futuro come in questo caso?
«Secondo me in parte è auspicabile, non in toto. La qualità non ha prezzo, è ovvio che il lavoro di un operatore, di un microfonista è impagabile e prezioso, ma quando ci sono emergenze così ben venga la tecnologia. Potrebbe diventare un’opportunità da continuare a usare, come lo smartworking, premettendo che il lavoro della persona deve sempre venire al primo posto».

Che Italia immagini di raccontare da qui a un anno?
«Un’Italia alle prese con grandi sfide da concretizzare e realizzare, con l’obiettivo di migliorare sotto tanti aspetti, dalle infrastrutture alla pubblica amministrazione. Ma se permetti preferirei risponderti con una prospettiva più lunga, tra dieci anni. Un’Italia più connessa alle infrastrutture digitali e materiali, con tanti giovani italiani che torneranno per lavorare nel loro Paese, con soldi per ricerca, istruzione e sanità. Chi non si è potuto operare o visitare nei mesi di lockdown ora arriva in ospedale magari con patologie avanzate. La sanità sarà sovraccarica di lavoro e quindi ha bisogno di sostegno e risorse».
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TUTTO TV Giulia Salemi, bugie meravigliose con Emily di Giuseppe Bosso

Una grande amicizia nata dalla serie live action campione d’ascolti degli ultimi due anni che si rinnova, sempre in musica: smessi i panni delle Miracle Tunes, eroine contro il male, Emily Shaqiri e Giulia Sara Salemi sono le protagoniste di un nuovo singolo, prodotto dalla Alex Pacifico Management, con la regia di Massimiliano Varrese e coreografie curate da Ilir Shaqiri, padre di Emily, disponibile dal 25 maggio. Bugie Meravigliose, ecco il titolo dell’esordio di Emily&Giuly. Intervistiamo proprio Giulia, che ci racconta di questa nuova esperienza e del rapporto speciale che si è creato tra lei e la sua compagna di avventura.

Giulia, come nasce questa tua nuova esperienza in cui dopo il grande successo con le Miracle Tunes ti ritrovi con Emily Shaqiri?
«Come potrete immaginare da una grande amicizia nascono grandi cose: quando c’è così tanta armonia, intesa ed energia è davvero un peccato sprecarla. Il mio percorso è iniziato con lei, abbiamo vissuto emozioni meravigliose e come si usa dire “squadra che vince non si cambia!”. Ma questa squadra nasce dai piani alti – ride, ndr – le nostre famiglie hanno creduto in noi e la loro unione è stata la scintilla che ha acceso il nostro piccolo fuocherello Emily&Giuly che spero divampi sempre di più»

L’emergenza legata al coronavirus ha influito sulla lavorazione del vostro primo singolo, Bugie Meravigliose?
«Assolutamente sì! Immaginate la situazione surreale in cui video maker, coreografo e regista montano il videoclip su Skype… incredibile!».

Cosa rappresenta per te Emily Shaqiri e il vostro rapporto?
«Emily è la mia principessa, fin dal primo momento in cui ho incontrato il suo sguardo me la sono immaginata come una cosa preziosa da custodire, come una rara bambolina. Abbiamo in comune talento, passioni, sogni, ambizioni ma siamo ying e yang: io completo lei e lei completa me. L’altro giorno la nostra insegnante di canto ha descritto me e Emily con una metafora che rende l’idea: “Quando scoppia la guerra mentre Emily è lì a canticchiare e neanche a chiedersi cosa succede Giuly è lì a spronare, incitare e gridare l’inno di battaglia”. Emily bianco, Giuly nero e così via per ogni contrario immaginabile, insomma ci siamo trovate!».

Dalle prime visualizzazioni del singolo si può dire che, dal punto di vista del pubblico a cui è indirizzato, per voi è un passo avanti rispetto al pubblico dei giovanissimi che vi ha fin qui seguite?
«Beh sicuramente il contenuto innovativo lascia immaginare un pubblico diverso ma la musica è per tutti. Siamo solo all’inizio per poter considerare un pubblico di cui fare una statistica».

Rispetto all’esperienza della serie live action che tanto successo ha riscosso questa nuova avventura per voi cosa rappresenta?
«Questa avventura rappresenta emozioni che sicuramente non cambiano, realizzazione di sogni che ti riempiono il cuore e un passo in più nel mondo del lavoro in cui vivo da alcuni anni. Il mio desiderio è predisposto al 100% al più totale impegno, e Giulia Salemi come ha sempre fatto è pronta ad affrontare anche questa nuovissima sfida che mi renderà ancora più completa a livello professionale e lavorativo».

Emily a parte sei ancora in contatto con le altre Miracle e altre persone che hanno lavorato nella serie, come Greta Pierotti?
«Sì, con Miracle Tunes io ho trovato una famiglia, quando Greta è in videochiamata è come una mamma per me. Le Miracle sono le mie sorelline, non c’è Julie senza le altre 4!».

Com’è cambiata la tua vita e quella della tua famiglia negli ultimi due anni in cui hai conosciuto grandissima popolarità?
«Testa tra le nuvole ma piedi per terra: forse sarò io, eh, ma non oso descriverlo come grandissimo successo. Ho la sensazione costante che sia tutto così surreale perché non me ne rendo neanche conto, sono la ragazza euforica della porta accanto che si ritrova ad aprire tante porte che stanno realizzando il suo sogno da quando era bambina. La mia vita però è cambiata, è piena di amore, e quella della mia famiglia è piena di emozioni».

Attraverso i social hai modo di interagire con i tanti fans: quali sono stati i loro gesti e le loro dediche che più ti sono rimaste impresse?
«Se dovessi stare qui ad elencarti ogni dedica sigillata nel mio cuore mi servirebbe più di un’intervista – ride, ndr - nonostante questo voglio condividere con te quello di cui vado più fiera: l’80% dei miei followers dice che trasmetto felicità e che grazie a me hanno imparato ad amarsi. Parole migliori esistono?».

Ti senti un modello, non solo per le tue coetanee?
«Ti dirò, è un po’ contorta ma alla fine sì. Mi definiscono la ragazza “perfetta” ma non condivido questo pensiero. Di perfetto in questo mondo non c’è nessuno, ma la cosa di cui sono certa è che parlando con una persona qualsiasi, di qualunque età, riuscirei a comunicargli la mia profondità. Questa mia caratteristica è quella per cui “sarei” o “vorrei” essere un modello. Dovrebbe tornare di moda il pensiero, il dialogo sulla vita o più in generale non fermarsi all’apparenza. Chiedetevi il perché, di tutto: siete nati originali, non morite fotocopie!».
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DONNE Lavinia Orefici: vi racconto Elisabetta di Giuseppe Bosso

In libreria da fine maggio, edizioni Piemme, Elisabetta II dalla A alla Z; la storia della sovrana che da quasi 70 anni guida il Regno Unito, passando dalla seconda guerra mondiale alle vicissitudini dei nipoti Harry e William e rispettive consorti. L’autrice è Lavinia Orefici, che incontriamo.

Lavinia, come nasce il suo libro sulla regina Elisabetta?
«L’idea di scrivere Elisabetta II dalla A alla Z nasce dalla mia passione per la regina Elisabetta e la casa reale inglese in generale. La scelta, però, di trasformarlo in una sorta di abecedario è stata dettata dall'esigenza di trovare una chiave più accessibile per raccontare tutto il complesso mondo e la lunga vita di Elisabetta II. È un libro poco convenzionale, si può iniziare a leggere da qualsiasi capitolo a seconda delle curiosità di ciascuno di noi. Non è una classica biografia, nel senso che non sono messi in ordine cronologico tutti i principali eventi della vita di Elisabetta, ma tutti sono racconti, insieme con le persone, i luoghi, le abitudini, le curiosità e i fatti storici che hanno determinato la sua vita».

Come si è documentata e cosa ha cercato di trasmettere?
«L’informazione sulla regina e sulla famiglia reale mi accompagna da sempre, è una costante della mia vita. All’inizio, da piccola, sono stati i rotocalchi a farmi appassionare ai Windsor. Alla stampa straniera, in particolare a giornali come Point de Vue, Paris Match o Hola, bisogna riconoscere che tratta l’argomento con grande serietà dandogli la dignità della cronaca al 100%. Da più grande ho continuato a informarmi leggendo molti libri e guardando documentari e da quando ho avuto la fortuna che diventasse il mio lavoro seguo quotidianamente la stampa inglese che ogni giorno regala notizie sulla famiglia reale. Spero di essere riuscita a raccontare in un modo accessibile e scorrevole aneddoti e curiosità sulla donna più famosa del mondo. Una grande leader, per cui la corona ha sempre avuto la precedenza, ma che può essere di gusti estremamente semplici».

Su quali aspetti della sovrana si è maggiormente soffermata?
«Never complain, never explain: mai lamentarsi, mai dare spiegazioni, è nell'insegnamento della nonna, la regina Mary, la cifra del regno di Elisabetta II e ho voluto raccontare l’assoluta devozione con cui Elisabetta ha sempre svolto il suo lavoro, quello di regina. Soprattutto a discapito delle priorità tipiche di una donna: la famiglia e i figli, rinunciando anche alle sue debolezze, perché questo esigeva il ruolo di regina. La perfezione con cui ha svolto il suo compito, oggi all'alba dei 94 anni, le garantisce ancora vette di popolarità incrementate da quelle rare occasioni in cui deroga da tanta integrità. Gesti semplici. Ha entusiasmato molto il pubblico la foto pubblicata qualche mese fa sul libro della stilista personale della regina, Angela Kelly, in cui Elisabetta appare con le mani in tasca, una posa banale per chiunque, ma non per lei, che a margine dello scatto ha spiegato quanto ci tenesse ad essere ritratta in una foto con le mani in tasca, perché non le è mai stato permesso».

Intravede nelle consorti dei suoi nipoti, Kate e Meghan, una potenziale futura regina?
«La via è già segnata ed è quella giusta, Kate. Nel tempo ha dimostrato, al contrario della cognata Meghan, di essere assolutamente all’altezza del ruolo».

Come nasce il suo interesse per le dinastie reali? Quale crede sia il loro ruolo nell'epoca moderna?
«Da bambina era la favola, crescendo è diventata la storia. Adesso potrebbe sembrare anacronistico essere re e vivere ancora di parametri e paramenti che sembrano barocchi, ma come disse Lord Cobbold, ex Gran Ciambellano di corte ogni cerimoniale diventa ridicolo se non è assolutamente perfetto e alla corte inglese ogni cerimoniale è assolutamente perfetto. Tant’è vero che in questi mesi in cui il mondo sembrava sospeso a causa del coronavirus il discorso alla nazione della regina ha funzionato da collante per l’unità nazionale. La frase We will meet again
ha dato al suo popolo speranza e fiducia nel futuro».

Libro a parte i suoi attuali e futuri impegni?
«Mattino Cinque è in dirittura di arrivo dopo di che mi dedicherò alla promozione del libro che quest’anno mi ha impegnato molto. Da settembre vedremo cosa ci sarà in serbo per me, sicuramente ancora televisione e in futuro spero un altro libro».

Come ha vissuto il periodo del lockdown e con quali prospettive per il futuro?
«Il lockdown ha coinciso con la consegna del libro e questo ovviamente ha fatto sì che non potessi seguire da vicino le fasi finali. Essendo il mio primo libro ero molto tesa e preoccupata per la situazione, ma da Piemme sono stati molto carini, sempre disponibili e abbiamo lavorato bene a distanza. Devo dire che alla fine vederlo in libreria è stata una soddisfazione ancora più grande. In questi mesi di lockdown, come molti di noi, mi sono divertita in cucina a preparare le ricette preferite a Buckingham Palace… sono talmente negata che alla fine è diventato uno show quasi comico!».
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Telegiornaliste: settimanale di critica televisiva e informazione - registrazione Tribunale di Modena n. 1741 del 08/04/2005
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