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Telegiornaliste anno III N. 32 (110) del 10 settembre 2007


MONITOR Buonamici: mi godo la serenità recuperata di Nicola Pistoia

Lei si rifiuta di parlarne, e in effetti lo scandalo che la coinvolse nel 2006 sembra acqua passata.
Pochi ricordano che Cesara Buonamici fu sospesa dall’Ordine dei giornalisti del Lazio perché coinvolta nell’inchiesta che portò all’arresto di Vittorio Emanuele di Savoia: secondo il pm John Woodcock, Cesara si era proposta come intermediaria, dietro pagamento di una percentuale, per far ottenere a Rocco Migliardi l’autorizzazione al commercio di slot machines.
La posizione fu archiviata, non prima però della pubblicazione delle compromettenti intercettazioni telefoniche che la coinvolgevano.
Cesara non vuole nemmeno tornare sull'argomento "occhio di vetro", che appassionò il dibattito su di lei sempre nel 2006, ad agosto.
A chi si chiedeva (una giornalista di Libero, Alessandra Menzani), con che coraggio la Buonamici continuasse ad andare in video, Cesara rispose tornando alla conduzione del Tg5 il 14 maggio scorso.
Da allora la serenità sembra regnare sulla vita della donna e della giornalista.
Che aria si respira in redazione con l'arrivo del nuovo direttore?
«Buona, molto buona. E' una persona che tutti conosciamo e che abbiamo già apprezzato in passato».
Un giudizio per definire Mentana, Rossella e Mimun.
«Mentana è una specie di bollitore sempre acceso, gli piace il ritmo comunque. Rossella direi il contrario, molto riflessivo. Mimun dà un senso di solidità».
Parliamo un po' di lei: un resoconto di questi primi 50 anni di vita?
«Dio mio quanti! Lo so che è banale, ma finché non si prova non si capisce. Sono volati. Volati bene, ma volati. Sono stata fortunata. Ho una bellissima famiglia, provengo da un luogo stupendo, le colline di Fiesole dalle quali si guarda Firenze, ho un lavoro che mi piace infinitamente e lo faccio nel posto giusto. Come faccio a lamentarmi?»
Un voto da 1 a 10 come donna...
«Donna vuol dire tante cose. In certe cose mi sento da 1, in altre da 8 o da 9. Ma mai le specificherò queste diversità».
...compagna...
«Non sono difficile, un po' ansiosa, anche un po' rompiballe quando serve, ma nulla di più. Mi piace la casa, sono affettuosa. Come dire? C'è di peggio».
...giornalista...
«Mi impegno tanto. Mi sono sempre impegnata tanto. Se ho fatto bene o male lo lascio giudicare agli altri, ma sull'impegno mi posso giudicare serenamente. Mi piace molto imparare da quelli più bravi».
C'è un errore al quale, se fosse possibile, vorrebbe rimediare?
«Non lo so se l'ho commesso. Se con qualcuno di quelli ai quali voglio bene non sono stata chiara, rimedio subito: vi voglio molto bene».
Nel suo futuro vede ancora il telegiornale?
«Girare la domanda a Mimun...».
Un consiglio agli aspiranti colleghi?
«Molto impegno, molta curiosità, molta voglia di imparare, non pensare mai di sapere tutto quel che c'è da sapere. Il resto è caso e fortuna».
MONITOR Anna Piras, il volto di Rai Parlamento di Giuseppe Bosso

Questa settimana Telegiornaliste incontra Anna Piras, giornalista Rai nata a Cagliari nel 1966. Anna è professionista dal 1995 e da anni è il volto di Rai Parlamento.
Che bilancio puoi trarre da questa esperienza?
«Positivo sicuramente, anche se fare la giornalista non era il mio sogno di bambina. Mi sono avvicinata un po’ tardi, ma per come mi sono andate le cose sono davvero soddisfatta. Lavorare in una redazione “piccola” (cioè composta da poche persone) mi ha permesso di formarmi a tutto tondo, occupandomi di tante cose, contrariamente a quanto sarebbe accaduto in un ambiente più ampio».
Quali sono, alla luce della tua esperienza, le difficoltà che può trovare una donna nell'occuparsi di giornalismo politico?
«Mi aspettavo questa domanda, sai? Vedo con molto piacere che sono sempre di più le donne giornaliste di politica. Premetto che sono tendenzialmente contraria alle “quote rosa”, a meno che non siano l'unico strumento utile a dare spazio a tante donne nelle istituzioni e nella politica. Certo, c’è ancora molto da fare, ma come ti dicevo siamo a buon punto, e noto con piacere che sono sempre più le mie colleghe che riescono a farsi valere».
Assistiamo da anni ad un vero e proprio allontanamento del cittadino dalla politica: c'è molta sfiducia verso l'attuale classe dirigente. Cosa si può fare, secondo te, per riavvicinare la gente alle istituzioni?
«E’indubbiamente una bella sfida che riguarda in primo luogo i rappresentanti della politica, che dovrebbero essere più vicini ai problemi reali della gente. Quello dei costi della politica, di cui oggi si parla tanto, è solo il bubbone di un problema molto profondo. Spero davvero che i nostri rappresentanti si rendano conto che c’è molto da fare per poter recuperare quel rapporto di fiducia con il cittadino, e che questo richiede un dialogo molto più approfondito».
Tra i temi caldi di questo periodo è in primo piano la questione della legge elettorale che potrebbe venire abrogata dal referendum, istituto che non ha avuto successo negli ultimi anni. Pensi stavolta l'esito possa essere diverso? I risultati scombinati dell'ultima tornata elettorale sembrerebbero far propendere ad un cambiamento radicale del nostro sistema di voto.
«Il referendum costituisce una delle più alte manifestazioni di democrazia. Però abbiamo assistito ad un uso distorto negli ultimi anni. Sicuramente quello della riforma elettorale è un tema molto delicato che va affrontato con molta attenzione».
Quali sono i politici che hanno maggiore apertura verso il mondo dell'informazione?
«Direi che un po’ da tutte le parti l’apertura è ampia, ma non c’è da meravigliarsi, vista l’importanza che per loro rappresenta il comunicare attraverso noi. Certo, è indubbio che qualche personaggio abbia maggiori qualità rispetto ad altri dal punto di vista mediatico, ma se una volta, forse, si avvertiva una sorta di “resistenza”, per non dire diffidenza verso i media, col tempo questo rapporto è cambiato in meglio».
Molte polemiche ha suscitato l'anno scorso l'insulto rivolto da Calderoli a Rula Jebreal: secondo Rula, si è trattato di una vera intimidazione. Secondo te?
«Quella è stata sicuramente una sgradevole parentesi che liquiderei in quel contesto in cui si è verificata. Un episodio di basso livello che, comunque, non è certo un indice generale che vale per tutti gli altri politici».
Da tempo si parla delle intercettazioni e degli scandali che fanno emergere. Secondo te è giusto pubblicarle?
«E’ sicuramente giusto che il cittadino venga accuratamente informato, ma solo nella misura in cui quegli atti possano essere divulgati nel rispetto di questo diritto. A volte c'è stato un uso distorto di talune intercettazioni, che se non riguardano i fatti strettamente attinenti ai procedimenti per i quali erano state disposte, dovrebbero rimanere nell’alveo della privacy dei soggetti coinvolti. È indispensabile anche qui una riforma che sappia trovare un giusto equilibrio tra diritto di cronaca e normale svolgimento dei processi».
Ti piacerebbe occuparti di altre tematiche, oltre alla politica?
«Non escludo niente, né nel lavoro né nella mia vita privata; per il momento sono molto contenta di quello che sto facendo, ma non mi precluderei altre strade in futuro. Ovviamente non potrei occuparmi di argomenti come lo sport o la cucina, con i quali non ho molta dimestichezza».
CRONACA IN ROSA Al V Day o ci sei... di Silvia Grassetti

Ancora una volta il popolo di Internet ha dimostrato che la Rete funziona, specialmente quando la politica e i mass media falliscono o tacciono.
Il tam tam che esortava a firmare la proposta di legge popolare per un “Parlamento pulito” riecheggiava sul web da due mesi: nonostante il silenzio di tv e giornali, almeno 300.000 persone si sono riversate in 220 piazze italiane e 30 straniere – perché «gli italiani all’estero sono stufi di vergognarsi di essere italiani», come ha spiegato Beppe Grillo dal palco allestito in piazza Maggiore a Bologna.
L’obiettivo era centrato prima di cominciare: si era raggiunta quota 220.000 firme prima ancora che il “Vaffanculo Day” avesse inizio. Ne bastavano 50.000 per potersi presentare davanti alla Corte Costituzionale.
Tre i capisaldi della proposta di legge: ineleggibilità dei condannati in via definitiva, tetto di due mandati in Parlamento, preferenza diretta al proprio candidato.
Quando la Corte Costituzionale avrà dato il nulla osta, Beppe Grillo si presenterà a Montecitorio per illustrare la proposta di legge ai parlamentari. «E figuriamoci se non l’affosseranno», conclude il comico al termine dell’evento, iniziato alle 17.00 e proseguito fino alla mezzanotte.
Appena salito sul palco, Grillo aveva spiegato la scelta della data del “V Day” («Dall’8 settembre del ’43, quando il re ha lasciato soli gli italiani, non è cambiato niente»), per poi snocciolare, in ordine alfabetico, i nomi dei 25 condannati definitivi che siedono in Parlamento.
Il comico ne ha per tutti (su De Michelis: «Pavarotti muore e lui è ancora lì, neanche Dio è più democratico»), e la gente concorda, approva, e suggella il surreale appello con sonorivaffa”.
La società civile è nelle piazze, secondo Grillo. E’ intervenuta a fare politica mentre «gli abusivi stanno in Parlamento». Ma «la politica la facciamo noi tutti i giorni, quando compriamo un certo giornale e andiamo al bar», e la fanno i “meet up”, le associazioni nate dal blog del comico, «50.000 giovani che hanno reso possibile tutto questo».
Sul palco si avvicendano nomi poco noti e personaggi dello spettacolo: da Biagio Antonacci al giudice Lenzi (quello che assolse Tomba “per non aver capito il fatto”), dall’architetto Majoviecky ai coniugi Aldrovandi (i genitori del 18enne ferrarese morto in seguito alle percosse di quattro poliziotti il 25 settembre 2005), ai ragazzi di Locri, a Marco Travaglio.
Beppe Grillo non risparmia i “vaffa” anche ai giornalisti, che non fanno informazione, non raccontano il Paese reale. Dice che il prossimo “V Day” non lo organizzerà lui, mero detonatore della rabbia popolare, ma i cittadini che parlano e fanno politica grazie alla potenza della rete, della tecnologia. Obiettivo: proprio i giornalisti.
E come dargli torto, se si pensa che Tg1 e Tg2, i notiziari della tv pubblica, hanno ignorato del tutto, fino alla sera dell’8 settembre compresa, le centinaia di migliaia di italiani nelle piazze di tutta la penisola.
Certo, la scusa dei funerali di Pavarotti è buona. Ma non regge.
FORMAT Paola Cambiaghi, il buongiorno si vede dal mattino di Giuseppe Bosso

Incontriamo questa settimana Paola Cambiaghi, conduttrice della rassegna stampa dell'edizione estiva di Omnibus con Aldo Torchiaro.
Nata a Morbegno, in provincia di Sondrio, Paola ha debuttato sulle reti Mediaset affiancando Raimondo Vianello in Studio tappa. Nel 2000 è passata in Rai dove ha partecipato a I fatti vostri, Sereno variabile e, dall'estate 2003, Uno mattina. Nel gennaio 2005 è approdata a La7, dove ha sostituito Marica Morelli alla conduzione di Omnibus. L'abbiamo vista anche a Il Gol sopra Berlino, durante il Mondiale di Germania, e, con Roberto Bernabai, ad Areagol la scorsa stagione.
Sembra tutto tornato a quattro anni fa, Paola: il caldo torrido, il Milan campione d'Europa e tu costretta a rinunciare alle vacanze per un importante progetto professionale: che differenze trovi tra quella Uno mattina estate del 2003 e questa Omnibus estate?
«Io credo che l’estate sia un buon periodo per affrontare esperienze importanti come queste. Omnibus è da sempre un programma molto seguito, a cui ho lavorato in passato e a cui sono molto affezionata. Ho accettato con entusiasmo la proposta del direttore Antonello Piroso di collaborare con Aldo e Luisella, anche perché si trattava di un'importante riconferma da parte di La7.
Così come ho lavorato con piacere a Uno mattina estate con Franco Di Mare, Sonia Grey, Maria Teresa Ruta - per la versione Sabato & Domenica - e le altre ragazze. Tra cui Caterina Balivo e Eleonora De Nardis».
Quando nel gennaio 2005 sei subentrata a Marica Morelli nacquero non poche perplessità , anche nel nostro forum, principalmente per il fatto che non eri giornalista professionista. Le perplessità sembrano ora superate: cosa vuoi dire a proposito?
«Che il pubblico fosse dispiaciuto di non vedere più Marica è comprensibile. Quando porti avanti un programma da tanto tempo e lo fai bene la gente si affeziona e ti identifica con quella trasmissione. Per quanto riguarda il discorso dell'Albo dei giornalisti, capisco che chi fa parte di una categoria che ha delle istituzioni tenda a tutelare gli iscritti, però credo che talvolta si possa assumere un atteggiamento un po' più elastico, come del resto mi pare abbia detto anche Aldo stesso quando l’avete intervistato. Se poi, come mi dici, quelle perplessità sono state superate, ciò non può che farmi piacere. Per la rassegna stampa di Omnibus l'elemento più importante è informare i telespettatori usando obiettività, precisione e chiarezza, fondamentale per la lettura dei quotidiani che si svolge nelle prime ore del mattino, quando il pubblico si è appena svegliato».
Che rapporto hai avuto, finora, con i giornalisti più esperti di La7?
«Molto buono. È sempre bello poter avere accanto qualcuno che ha maggior esperienza; si può migliorare e ottenere grandi stimoli per crescere professionalmente».
Hai alle spalle una lunga formazione di conduttrice in programmi di intrattenimento, hai lavorato con personaggi come Vianello, Iva Zanicchi e Bevilacqua. Ora sei passata all'informazione su La7: continuerai questo percorso?
«Questa svolta è stata davvero stimolante, mi auguro di continuare così. Da quando sono a La7 ho vissuto parentesi molto belle, sia ad Omnibus che in ambito sportivo con Darwin Pastorin l’estate scorsa a Il gol sopra Berlino e quest’anno ad Areagol. Tuttavia, anche a Unomattina e a Sereno variabile mi occupavo di interviste e servizi che avevano contenuti d’informazione. Potendo scegliere, avrei dato fin dall'inizio una linea più definita al mio percorso lavorativo, ma non sempre ti vengono offerte le possibilità che desideri. In ogni caso, ho sempre lavorato con impegno».
Pensando a te è il caso proprio di dire «iniziare la giornata con il sorriso»: è l'atteggiamento giusto anche per affrontare la lettura di notizie gravi o dolorose?
«Purtroppo è vero che buona parte delle notizie che io e Aldo dobbiamo leggere al mattino sono negative, e quest’estate non è certo stata da meno. In questi casi mantenere una certa serietà è doveroso, senza però negare che, quando ci capitano tra le mani notizie un po’ più leggere, un sorriso possa anche scappare, ma è anche un modo per coinvolgere il pubblico da casa».
Sempre sorridente e solare, ma non ti è mai capitato di pensare di porti in maniera un po' più aggressiva? Paola Saluzzi, che quando conduceva Uno mattina era tutto miele e sorrisi, tempo fa ha ammesso di essersi pentita di quel periodo.
«Non so esattamente cosa intendesse dire la Saluzzi, comunque io sono così di carattere. Sono tendenzialmente solare e positiva, tanto sul lavoro quanto nella vita privata. E' un atteggiamento che mi viene spontaneo e non lo faccio certo per ingraziarmi la gente. Essere ben disposti verso gli altri credo sia una buona regola da seguire nella vita, anche se quando serve non esito a tirare fuori le unghie».
Dopo Vallettopoli sembra che il piccolo schermo inizi a puntare su ragazze acqua e sapone come te: cosa ne pensi?
«Che sia la strada giusta da seguire lo credo fermamente, ma non mi pare, a pensarci bene, che siano cambiate molto le cose. Vallettopoli non è che l’ennesimo caso-polverone che ha caratterizzato il nostro Paese, e che dopo aver creato un grande scompiglio iniziale si è affievolito. Semmai sono stati in parecchi a guadagnarci, quei personaggi che dal caso hanno ottenuto una grande notorietà, e non serve certo fare nomi, sono sotto gli occhi di tutti. Per il resto, preferirei una tv meno volgare e in cui vengano superati alcuni stereotipi che riguardano le donne. E' ovvio che tutti cerchino di valorizzare la propria immagine, ma la bellezza non deve essere considerata un fattore a discapito della credibilità professionale. Si può essere belle e brave allo stesso tempo. Luisella Costamagna, in questo senso, è un perfetto esempio di donna che è riuscita a coniugare eleganza e professionalità».
Concludiamo con un gioco: Paola, chiudi gli occhi e immaginati tra dieci anni. Sei conduttrice di programmi di intrattenimento o anchorwoman d'assalto?
«Non escluderei nessuna delle due possibilità. Mi piacerebbe trovare un'applicazione pratica nel lavoro dei miei studi: sono interprete e l'anno prossimo mi laureerò in Scienze Storiche. Mi risulta difficile però fare programmi a lunga scadenza, visto che non so mai con certezza cosa farò tra una settimana. Come tutte le medaglie, questo lavoro ha il suo lato buono e il suo lato negativo; il primo è che puoi scegliere tra tante esperienze e molti campi in cui cimentarti, il brutto, ahimé, è rappresentato dalla grande incertezza. Non puoi mai sapere cosa ti riserva il futuro. Dovendo proprio darti una risposta, spero vivamente di riuscire a continuare a fare questo lavoro con la medesima passione di oggi e al tempo stesso trovare spazi più definiti nella mia vita privata».
CULT Tante voci al Festival filosofia di Valeria Scotti

Un grande contenitore con lezioni magistrali, mostre, giochi e cene filosofiche per soddisfare i palati più fini. Il Sapere è il gusto predominante della settima edizione del Festival filosofia, dal 14 al 16 settembre.
39 luoghi diversi - piazze, teatri, musei - pronti ad ospitare i 200 eventi gratuiti in programma nelle città di Modena, Carpi e Sassuolo.
Tante voci illustri a dare vita alle lezioni. Tra i più famosi maestri del pensiero contemporaneo - provenienti da Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Spagna - filosofi come Anthony Appiah e Fernando Savater, economisti come Jeremy Rifkin, psicoanalisti come James Hillman. E tra gli antropologi e i sociologi, Marc Augè, presidente dell'École des Hautes Études en Science Sociales di Parigi, e Zygmunt Barman, professore emerito nelle Università di Leeds in Gran Bretagna, e Varsavia, in Polonia.
Il Festival filosofia, che vanta oltre 100mila presenze all´anno, arriva in questi giorni anche in Francia e Repubblica Ceca grazie al contributo dell´Unione europea.
Nell’affollata lista di eventi, catturano l’attenzione le rassegne di film con anteprime nazionali, gli spettacoli teatrali con David Riondino e Lucia Poli, l’omaggio di Carpi ad Alberto Manzi, il maestro televisivo di Non è mai troppo tardi, la mostra a Sassuolo del fotografo Olivo Barbieri con immagini di New York scattate esclusivamente da un elicottero. E ancora, iniziative per i più piccoli - una notte in museo per apprendere le tecniche del volo degli uccelli - e la campagna di sensibilizzazione verso la medicina preventiva.
La notte di sabato 15 settembre sarà caratterizzata dal Tiratardi, versione modenese della più nota Notte Bianca. Per l’occasione, dibattiti, concerti jazz e un Philo-bus gratuito che fino alle 6 del mattino collegherà dodici suggestivi luoghi del centro storico cittadino, un lungo percorso dalla stazione sino a piazza Roma.
Tra le novità di quest´anno, l´installazione nelle piazze di grandi tende che serviranno, in caso di pioggia, a permettere lo svolgimento degli appuntamenti e la partecipazione delle migliaia di persone attese.
La manifestazione toccherà anche il nuovo ospedale di Baggiovara e la Casa circondariale di Sant´Anna. Qui le lezioni giungeranno in diretta grazie ai maxi schermi installati per l’occasione.
E per chi non può partecipare fisicamente al Festival, c’è una particolare caccia al tesoro online, Fino all’ignoranza. Un gioco gratuito che mette un palio viaggi all´estero e corsi di lingue straniere.
Rigorosamente under 35 l’età dei partecipanti. Nessun altro limite a riguardo.
Ci si può collegare e vincere davvero da ogni parte della Terra.
DONNE Maria Sicari, la forza della musica di Antonella Lombardi

«Quando dirigo non sento niente, dimentico tutto. Chi mi vede sul podio non pensa che possa essere malata perché mi muovo con agilità. Certo, appena finisco sono molto stanca e l'indomani non sarei in grado di dirigere, ho bisogno di riposo». Maria Sicari è una donna da record: quando ha debuttato come direttrice d’orchestra, a 24 anni, in Italia non c’era nessun altra donna a dirigere.
Oggi è l’unica in Sicilia, «ma ancora le direttrici d'orchestra non sono molte in Italia - sottolinea - mentre in Germania e al nord sono tantissime, segno che finalmente alla donna viene riconosciuto questo merito. Le mie sensazioni al debutto? Era strano, è stata un'emozione fortissima, anche perché è avvenuto una settimana prima che mi sposassi».
Maria Sicari ha problemi di deambulazione, causati dal trauma psicologico subito in seguito alla morte del padre. Per due anni la sua malattia non ha un nome né una diagnosi, ma lei trova la forza di reagire per non rinunciare a dirigere, viene sorretta fino al podio e lì, in piedi, dimentica dolori e afflizioni, riuscendo a incantare il pubblico con la sua grazia.
«Per muovermi uso un girello - spiega Sicari - e adesso sono in cura da un medico palermitano che è venuto a cercarmi dopo aver saputo della mia storia e che quando mi ha conosciuto mi ha detto: La sua è una scommessa con me stesso. Io la rimetterò in grado di camminare. Con me sta usando una tecnica cinese alternativa alla medicina che già dopo un mese mi sta dando dei benefici. Soffro di fibromialgia ai muscoli: sono dei dolori molto forti che vengono ai muscoli che si atrofizzano e non si esercitano».
Instancabile, tra i direttori d'orchestra Maria Sicari ama Muti e Abbado, mentre tra gli autori preferisce «l'eleganza di Vivaldi e il preromanticismo grandioso di Beethoven. Due stili diversi che però trovo molto affini a me stessa». Maria si è dedicata anche al teatro e alla scrittura: a Roma il 16 dicembre ha portato in scena, al teatro Ugo Betti, due monologhi scritti da lei, Gratitudine e Dallo psicanalista, ha vinto il concorso "Sabina Guzzanti", e a Cassino, con Cantodamore, opera dedicata a suo padre, ha vinto l'Oscar della poesia e il primo premio assoluto con una composizione di musica siciliana.
A chi nella vita incontra degli ostacoli, fisici o mentali, Maria raccomanda di non fermarsi mai: «Volere è potere. La forza dell'arte è superiore, ma per un'altra persona questa forza può essere la danza o lo sport. Bisogna assolutamente evitare la pigrizia, distrarsi dalla propria condizione. Non è facile per me camminare, ci vuole molto sacrificio per sopportare il dolore fisico, ma non mi sono mai fermata. Non considero la mia una disgrazia, ritengo che sia stata una prova che il Signore mi ha mandato e dalla quale esco più forte. Coltivare un sogno è fondamentale».
E alle donne che per raggiungere l'eccellenza nel proprio lavoro devono ancora oggi faticare il doppio, Maria Sicari dice: «Tentate e non fermatevi mai. La donna ha raggiunto delle conquiste prima impensabili. Occorre anche avere ambizione, credere in se stesse, andare avanti. Per me non è stato facile, soprattutto all'inizio, quando ho incontrato ostacoli tra i miei colleghi uomini che si sentivano minacciati dalla concorrenza e nemmeno dopo, con la malattia. Ma sentivo di credere in questo sogno che oggi mi regala tanta gratitudine e finalmente raccolgo il frutto, sudato, di tanti anni di studi, fatti con caparbietà e voglia di andare avanti, lavorando ininterrottamente».
Il messaggio che la direttrice d'orchestra nissena sente di rivolgere a chi è in difficoltà è «di avere tanta fiducia nelle conquiste che sta facendo giornalmente la medicina. La ricerca scientifica va aiutata, anche economicamente, perché è quella che ogni giorno dà buone notizie di cui abbiamo tanto bisogno oggi».
TELEGIORNALISTI Claudio Cugusi, voce ai precari di Giuseppe Bosso

Claudio Cugusi, abilitato all'esercizio della professione di avvocato e consigliere comunale a Cagliari, dove è nato, ha iniziato la carriera giornalistica alla redazione dell’Unione sarda nel 1986.
Nel 2004 ha fondato il Giornale di Sardegna, e dal 2000 è addetto stampa del Consiglio regionale.
Ha collaborato con Mixer, Avvenimenti e Radio Sintony.
Ha pubblicato alcuni libri – inchiesta, tra cui Ring, sulla prostituzione minorile omosessuale ai parcheggi della Fiera di Cagliari e Call center, gli schiavi elettronici della new economy.
Da potenziale penalista a paladino dei giornalisti precari. Cosa ha portato a questa svolta nella tua vita?
«Mettiamola così: mi occupo anche di giornalisti precari ma soprattutto di precariato. Che è incertezza di vita più che precarietà del lavoro.
Tutto è cominciato due anni fa, quando un call center cagliaritano, che pure aveva ricevuto otto milioni di euro di denaro pubblico, ha smesso di pagare gli stipendi ai dipendenti. Mesi e mesi così, fino a quando con i lavoratori abbiamo deciso di occupare l'azienda. Per due mesi siamo stati insieme in quegli uffici. Ed è così che ho capito, decisamente da vicino, la terribile condizione dei trentenni di oggi. La nascita del mio sito, per sensibilizzare l'attenzione della gente sul problema, è stata un fatto conseguente e naturale. E così il mio libro è stato un fatto obbligato: per un giornalista raccontare è la cosa più facile».
Chi sono i precari del nostro mestiere e cosa chiedono? E cosa fanno le istituzioni?
«Non per andare controcorrente, ma dico subito che non concordo con quanti considerano "precari" tutti i collaboratori di una testata. Siamo onesti: è precario chi si propone a un giornale, propone dei pezzi e ogni tanto qualcuno glieli pubblica?
Oppure: può essere considerato precario un giornalista professionista che lavora con contratti a termine negli uffici stampa della pubblica amministrazione?
Nel primo caso parliamo di aspiranti collaboratori; nel secondo di liberi professionisti sul mercato del lavoro. E se sono precari quelli, allora lo è anche l'avvocato o il commercialista.
I precari del giornalismo sono altri, e dunque meno di quanto sembri: ad esempio, sono precari i giornalisti che entrano a far parte dell'organizzazione quotidiana delle testate, cioè del lavoro giornalistico, senza godere delle stesse garanzie di chi ne fa parte stabilmente.
Il problema inizia ad avere maggiore attenzione, ma da un lato occorre un grande lavoro del sindacato per ottenere certe garanzie, dall'altro maggiore solidarietà tra colleghi, per esempio incentivando la nascita di cooperative giornalistiche. E portando gli editori a contrattualizzare i precari delle redazioni».
Anche grandi firme del giornalismo italiano hanno alle spalle la gavetta. Eppure paiono dimenticarsene una volta affermati.
«Perdere la memoria di quello che si è stati non fa mai bene. Ed è un vizietto antico, questo. Ma oltre che ai colleghi più anziani e navigati, è soprattutto agli editori che deve stare maggiormente a cuore il problema».
Internet è la nuova frontiera dei media e dell'informazione, eppure il progresso tecnologico non pare accompagnarsi a quello di mentalità, che vuole i giovani spesso penalizzati nel confronto con i colleghi più anziani. Ma la rete può rappresentare davvero uno sbocco per il futuro?
«Il filosofo Mc Luhan dice che i mezzi di comunicazione non si sostituiscono gli uni agli altri, ma si aggiungono cronologicamente. Credo che la rete oggi rappresenti l'evoluzione, il futuro della grande comunicazione. Un'aggiunta utile. Prendi il mio blog: se guardi il numero degli iscritti è diventato il quarto tra quelli di informazione politica. Dunque, c'è spazio per le nuove forme di comunicazione e dentro quello spazio c'è già giornalismo. Il problema principale è sempre quello delle fonti di finanziamento che possono derivare o dalla pubblicità o dagli abbonamenti; a parte questo, però, la politica dovrebbe cercare maggiormente di incentivare le nuove tecnologie che possono soddisfare maggiormente la grande fame di informazione che c'è nella gente».
In conclusione, un messaggio per i redattori e i lettori di Telegiornaliste.
«Se ad agosto avevate ancora voglia di lavorare, questo mestiere strano vi ha catturati. Beh, sappiate che avete contratto una bellissima malattia sociale. Perché questo, in tutte le sue forme, è il giornalismo. In bocca al lupo da uno che non ha ancora perso la curiosità di raccontare la vita degli altri».
SPORTIVA Benedetta Spampinato, sirenetta da record di Antonella Lombardi

Quando è emersa dal mare scuro di Siracusa, dopo aver segnato il record mondiale di immersione ad aria per una non vedente, ha fatto dire al re degli abissi Enzo Maiorca: «Gli uomini tacciono, qua arrivano le donne, che ancora una volta hanno superato l'uomo». Benedetta Spampinato, catanese cieca dalla nascita, è una ragazza 23enne che si è immersa per 41 metri.
«E’ stata un'immersione di piacere, anche se dovevo fare quella profondità - racconta - ero agitata, tutti credevano in me, l'ho detto a tutti i miei amici che sono venuti apposta a vedermi, E se non ce l'avessi fatta che figura avrei fatto?». Quasi si schernisce dal successo: «E’ stato un lavoro di squadra, ho vinto grazie a loro», dice indicando il suo istruttore, Carmelo La Rocca, ed Enzo Maiorca, che l’ha seguita con commossa partecipazione: «Vederla scendere a quelle quote, lei così esile e piccina, mentre il mare la sovrastava, è stata un'emozione incredibile. Il mare sovrasta sempre l'uomo, ma mai come in questo caso è sembrato forte e invincibile, non è facile muoversi in un ambiente in cui siamo ospiti. Benedetta, invece, ha trovato subito il modo giusto di incontrare e conoscere il mare, con rispetto».
Alle giovani leve Maiorca ha sempre raccomandato di avere timore del mare, di non sottovalutarlo o prenderlo sottogamba. Lui che è l’autore di diversi record d’immersione, ultimo quello a meno 101 metri. «Scendere oltre i 40 metri con gli autorespiratori ad aria come ha fatto Benedetta comporta rischi notevoli», spiega Maiorca: «A 40 metri di profondità ci sono cinque atmosfere di pressione e non è cosi semplice prepararsi a un'impresa del genere, è stato bellissimo vedere questa ragazzina ipovedente che con tanta buona volontà e coraggio, riuscendo a vincere la fatica, è arrivata a quota 41 metri ed è risalita nonostante la temperatura così bassa dell'acqua. Mi ha commosso, e io sono un tipo alquanto restio alla commozione».
«Lo sport è anche integrazione - tiene a sottolineare Benedetta - in esso non esistono barriere e dovrebbe essere così anche per il mare, accessibile a tutti». Un sogno che si è realizzato nell'area marina protetta del Plemmirio, a Siracusa, dove Benedetta si è immersa, un’area unica in Italia e che «è strutturata con un apposito percorso per disabili subacquei e due percorsi per non vedenti su due versanti dell'area marina - spiega il direttore Vincenzo Incontro - ogni 10 metri di lunghezza, tabelle in braille permettono di leggere quello che il sub incontra: in questo modo segue una sorta di filo d'Arianna muovendosi liberamente all'interno dell'area pur essendo guidato. Sette gli accessi al mare per disabili dislocati nell’area marina protetta, due quelli da terra che permettono ai disabili motori di arrivare alla spiaggia in autonomia con la propria carrozzella».
L'immersione di Benedetta è stata seguita a bordo dell’Acquavision, l'imbarcazione attrezzata per essere percorsa da persone in carrozzella. «Lunga 20 metri, larga più di 6, consente a tutti di conoscere da vicino le meraviglie del mare - dice Incontro - a bordo un monitor ha permesso di seguire in diretta tutte le fasi che da sott'acqua, fino all'emersione, ha vissuto Benedetta. Con la chiglia immersa nell'acqua, permette una visione praticamente trasparente, è come una finestra sul mare». E tra i progetti di prossima realizzazione «un acquario plurisensoriale - rivela il direttore dell’Area protetta del Plemmirio - con percorsi tattili, olfattivi, visivi».
Il senso di tutto questo? Fare capire che «il mare è una risorsa alla portata di tutti, da tutelare e rispettare, e che in mare non devono esistere barriere architettoniche».
Un esempio concreto che segue la dedica riportata su un libro di Giuseppe Pontiggia, Nati due volte: «Ai disabili che lottano, non per diventare normali ma se stessi».
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