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Telegiornaliste anno IV N. 7 (132) del 25 febbraio 2008


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MONITOR Tiziana Romanazzi, il giornalismo come piacevole scoperta di Giuseppe Bosso

E' arrivata nel mondo del giornalismo quasi per caso, per poi scoprire che si trattava di una grande passione. Tiziana Romanazzi, giornalista pubblicista, ha lavorato in passato per Azzurra Tv e per l’emittente televisiva Telebari. Oggi conduce il tg di Telenorba.

C'è una vicenda che più ti ha colpito?
«Non mi piace il grande accanimento, il giornalismo spregiudicato quando si tratta delle brutte storie di cronaca e di violenza a cui assistiamo in questi anni. I casi di pedofilia e dell'innocenza violata mi lasciano profondamente turbata. Per un giornalista, penso sia giusto provare a trasmettere queste sensazioni di fronte alle vicende e cercare di smuovere la coscienza dell'opinione pubblica. Non dobbiamo limitarci a riportare le storie solo per dovere di cronaca».

Una notizia che vorresti dare a breve?
«Beh, riguardo al mio ambito, sicuramente la riduzione delle tasse locali, visto che si parla di una stangata in arrivo per le famiglie pugliesi come per il resto del Sud».

Nelle prime caps nel nostro sito eri bionda. Come mai ora questo nuovo look?
«In realtà non è un cambiamento perché io sono mora naturale. Ormai era diventato pesante per me stare dietro ai colpi di sole».

Cosa ti suscita sapere di avere un grande seguito?
«Mi fa piacere, anche se preferisco sicuramente di più essere apprezzata per quello che trasmetto, per il mio lavoro. Se poi sono apprezzata anche come immagine, non guasta. Ho ancora tanta strada da fare e per questo non mi fermo mai, vorrei migliorare sempre più. Ho la fortuna di lavorare in un contesto libero a Telenorba e credo che sia la cosa migliore per mettere a frutto una grande professionalità».

C’è stato anche qualche fan che ti ha fatto delle proposte di matrimonio nel nostro forum…
«Beh, ci penserò!».

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CRONACA IN ROSA L’Africa al lavoro di Erica Savazzi

Si può sconfiggere la povertà? La risposta non è facile. Nonostante aiuti umanitari, finanziamenti, prestiti internazionali e progetti delle ONG, la situazione dei Paesi poveri, e soprattutto dell’Africa, sembra non cambiare mai.

Il premio Nobel per la Pace del 2006 Muhammad Yunus ha però mostrato che piccoli prestiti concessi a chi ha un buon progetto, ma non può accedere al credito bancario perché senza garanzie, possono funzionare. Se la Grameen Bank ha cominciato dal Bangladesh, grazie all’impegno di un musicista conosciuto a livello internazionale come Youssou N’Dour, ora il microcredito viene portato in Senegal.

Il musicista ha infatti fondato Birima, una società di credito cooperativo nata per elargire piccoli prestiti. Unico requisito richiesto, la validità del progetto che i clienti chiedono di finanziare. Come unica garanzia, la parola del cliente stesso e il tutto con tassi di interesse agevolati.

Il progetto è sostenuto da Benetton che lo promuoverà nella prossima campagna pubblicitaria Africa Works. Ritratti di lavoratori senegalesi, ad opera del fotografo James Mollison, che simboleggiano la lotta contro la povertà africana.
Numerose le partecipazioni di musicisti come Patti Smith, Irene Grandi, Francesco Renga e Simphiwe Dana, che hanno inciso una nuova versione della canzone Birima, scritta e cantata dallo stesso Youssou N’Dour.

L’esperienza di Yunus ha dimostrato che il microcredito funziona: i piccoli prestiti concessi dalle società di credito e che al 99% vengono restituiti, permettono a chi li chiede – e parliamo anche e soprattutto di donne - di avviare delle piccole attività economiche, ad esempio un banco di frutta al mercato, o un laboratorio di artigianato. Realtà che consentono loro di mantenere la propria famiglia e di avere una speranza per il futuro.

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FORMAT Nuovi telefilm crescono di Nicola Pistoia

Dopo l’arrivo dei tre canali di Premium Gallery sul digitale terrestre di Mediaset, Italia1 e gran parte dei canali satellitari hanno deciso di sfoderare gli artigli per accaparrarsi gli ultimi ascoltatori ancora incerti.

L’ultima novità in fatto di telefilm giunge proprio dal secondo canale del Biscione. Dall'11 febbraio Italia1 trasmette, ogni giorno alle 19, la nuova sit-com americana E alla fine arriva mamma. Dopo gli ascolti record in Usa - non dobbiamo meravigliarci, in America sembra che qualsiasi cosa abbia successo - il serial è sbarcato sulle coste italiane solleticando la curiosità di critica e pubblico.

How I met your mother - questo il titolo originale - è l’ennesima commedia a stelle e strisce simpatica e spensierata che vagamente ricorda, come hanno sottolineato i critici un po’ severi, il più famoso Friends. Il nuovo telefilm è ambientato nel futuro, precisamente nel 2030. E' la storia di Ted, un uomo che compie con la mente un viaggio a ritroso nel 2005, ricordando il passato e soprattutto i momenti più belli trascorsi con la giovane fidanzata.

E' la classica sit-com con tanto di risate di sottofondo che quasi incitano il telespettatore a ridere, sorretta da una scrittura vivace e spiritosa. I personaggi e i temi ricordano le serie precedenti all’avvento degli antieroi (vedi il Dr. House o le casalinghe disperate), quando l’humour nero era meno eccentrico e assoluto. Ma il risultato è apprezzabile e dinamico nel ritmo, anche grazie alle ormai indispensabili guest star.

Vogliamo segnalarvi anche Mya, il canale di Premium Gallery interamente dedicato alle donne. E' possibile, infatti, trovare tutto ciò che concerne l’amore, la passione e la femminilità attraverso film e serial in prima visione. Finora hanno convinto The Tudors, che racconta le vicende amorose di Edoardo VIII, e il più moderno - e a nostro giudizio più spinto - Gossip Girl, per tutte le ragazze alla ricerca di “emozioni forti”.
Su quest’ultima espressione ci sarebbe da discutere, ma ci fermiamo qui.

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CULT Tour Music Fest, la musica che gira l’Italia di Valeria Scotti

Un festival che raggiunge i giovani nelle città, che incontra tutti quelli che hanno voglia di giocare con la propria voce, con la propria musica. Ventitré sono le tappe di selezione del Tour Music Fest, aperto a tutti i generi musicali e giunto alla seconda edizione.
Abbiamo intervistato Gianluca Musso, Project Manager del festival.

Si è da poco conclusa la prima edizione del Tour Music Fest e la seconda è in preparazione. Quali sono i risultati ottenuti fino ad oggi?
«Il Tour Music Fest è nato due anni fa. Accorgendoci di manifestazioni ambigue nel campo musicale, abbiamo deciso di creare una nuova possibilità per trasmettere ai ragazzi e agli artisti emergenti un senso di trasparenza. Non ci aspettavamo il boom dello scorso anno. A parte quelle manifestazioni a carattere nazionale e sponsorizzate da grandi nomi, possiamo dire che il nostro festival ha avuto più iscritti in assoluto. Nella scorsa edizione abbiamo fatto 18 tappe in Italia. Un forte incentivo sono stati anche gli stage gratuiti con Luca Pitteri, Robert Steiner, Franco Fasano».

Tra le finalità del vostro festival, c’è quella di abbattere il più possibile i costi che gravano sugli artisti. In che modo?
«Di solito tutti i festival, oltre a una quota d’iscrizione, chiedono ai ragazzi di andare nelle città dove si fanno le varie selezioni. Noi siamo un festival itinerante, raggiungiamo i ragazzi invece che far muovere loro, e questo già dimezza i costi. Poi la nostra quota è più bassa rispetto alle altre e viene pagata solo dai ragazzi idonei alla prima fase. Inoltre, rispetto ad altri festival che propongono stage vincolanti al concorso, i nostri sono gratuiti, escluso vitto e alloggio».

Da qualche settimana si sono aperte le iscrizioni per questa nuova edizione. Che risposte state ricevendo dai giovani?
«La risposta, fino ad oggi, è stata molto forte anche grazie alle campagne pubblicitarie, ai comunicati e ai ragazzi dello scorso anno che consigliano di partecipare al nostro festival. E’ un conferma. In più, abbiamo ampliato i premi inserendo anche un videoclip musicale per uno dei vincitori».

Quali sono appunto i premi che riceveranno i vincitori dopo la finalissima del 20 settembre al Piper Club di Roma?
«Quella sera i finalisti si esibiranno davanti a Mogol, Luca Pitteri, Franco Fasano, Paolo Buonvino, Robert Steiner e tanti altri professionisti. Tra i vincitori, c’è che registrerà un cd, chi vincerà una borsa di studio per il CET di Mogol, chi farà un corso formativo con Luca Pitteri, chi avrà la possibilità di girare un videoclip. Il nostro scopo è promuovere i ragazzi che arriveranno in finale. Intanto, tra poco inizieremo a produrre i primi due cd dei vincitori della scorsa edizione».

Come è nata la collaborazione con questi grandi nomi della musica italiana?
«Siamo semplicemente andati di persona da questi personaggi, abbiamo spiegato il progetto e ci hanno dato fiducia. Quest’anno abbiamo gli stessi giurati della scorsa edizione a cui si aggiunge Luca Pitteri che prima si occupava solo degli stage. Le nostre promesse dello scorso anno, dunque, sono state mantenute».

Il mercato discografico oggi: perché destinato a pochi eletti? Mancanza di coraggio?
«Un discografico preferisce investire su qualcosa che sicuramente avrà presa su tutti e su tutto, non su qualcosa di nuovo e incerto. Manca quindi il coraggio di investire su progetti diversi. Poi c’è la radio che regola lo standard qualitativo. E se continua a farci ascoltare sempre la stessa “musica”, è difficile trovare sbocchi per altri artisti che propongono idee nuove. Per fortuna oggi, grazie alla tecnologia e al web, i ragazzi hanno più spazio e trovano più orecchie disposte ad ascoltarli».

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DONNE Aminata Dramane Traoré, un’altra Africa è possibile di Federica Santoro

Dall’Africa oppressa dalla globalizzazione si leva forte la voce di Aminata Dramane Traoré. «La globalizzazione è in realtà la mondializzazione dell'Occidente alle cui regole si chiede di aderire oppure di affondare».

Aminata Dramane Traoré nasce nel 1947 a Bamako, in Mali, uno dei cinque Paesi più poveri al mondo. E' una delle ideatrici del Forum Sociale Africano, il maggiore movimento politico africano che lotta contro il sistema economico neoliberista, ritenuto causa della pesante oppressione del continente. Leader del movimento anti-globalizzazione, scrittrice di libri tradotti in molte lingue, è stata dal 1997 al 2000 ministro della Cultura e del Turismo del Mali, poi ricercatrice in scienze sociali e docente universitaria ad Abijan, in Costa d’Avorio. Grande esperta dell’economia africana, membro del comitato scientifico della Fondazione Slow Food per la Biodiversità, è attualmente una delle voci critiche più ascoltate del continente.

Da diversi anni segue le attività del Forum Sociale Mondiale proponendo iniziative di cooperazione internazionale e esprimendo il punto di vista di una realtà troppo spesso considerata marginale nel dibattito mondiale. La sua denuncia mette in luce secoli di sfruttamento del continente che impediscono la nascita di un sistema alternativo a quello offerto dalla globalizzazione. Le sue parole mostrano l'identità stravolta dell'Africa a cui continua a venire negato il diritto di un futuro diverso.

Aminata si batte soprattutto per i diritti civili delle donne africane: una su dieci non sa né leggere né scrivere, la percentuale di decessi durante il parto è altissima e, nel caso di sopravvivenza, è quasi impossibile provvedere al sostentamento dei figli. Ancora oggi il 22% dei bambini nati in nord Africa non supera il quinto anno di vita a causa di malattie e malnutrizione.

Nei suoi libri sfata gli stereotipi occidentali che vorrebbero la donna africana soggiogata e mutilata dall’infibulazione e mostra, invece, l’anima femminile del continente, fatta di sacrifici e duro lavoro: «E' la raccolta di cotone dai campi non ricompensata che permette di abbassare i prezzi e tirare avanti questo paese. L’uomo non dà figli, noi sì. Perciò il futuro ci appartiene».

Grazie alla tenacia con cui le donne africane affrontano le enormi difficoltà quotidiane, sta nascendo una società civile solida. La loro partecipazione alla vita politica, economica e sociale è sempre più attiva e ha raggiunto risultati insperati fino a qualche decennio fa. L’esperienza di Aminata Dramane Traoré ne è un esempio: con le sue opere e le sue idee lotta ogni giorno per costruire in Africa una comunità libera da sfruttamenti e schiavitù, capace di scegliere che strada prendere per lo sviluppo, senza condizionamenti e soprattutto senza padroni.

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TELEGIORNALISTI Franco Nisi, la voce della radio italiana di Valeria Scotti

E' una delle voci storiche della radio privata italiana. Franco Nisi, giornalista, autore e uno dei personaggi più conosciuti di Radio Italia, ha una lunga carriera alle spalle. I numeri parlano chiaro: oltre ad aver realizzato più di 5000 interviste, ha scritto più di 400 trasmissioni radiofoniche e 150 programmi televisivi. Per Radio Italia e Video Italia ha ideato numerosi spettacoli musicali in teatri e piazze d'Italia e del mondo.

Da una vita a Radio Italia. Qual è il segreto di un rapporto così duraturo?
«L’amicizia. Infatti l’editore Mario Volanti ed io siamo amici da trent’anni e, pur molto diversi nel carattere, abbiamo trovato un’intesa nata dalla comune passione per la musica e la comunicazione».

Ha un ricordo in particolare di una persona o di un evento legato alla sua carriera?
«Ricordo con gratitudine tutti i maestri che ho incontrato nel mio percorso professionale. Sono stato fortunato perché ho avuto la possibilità di “rubare” il mestiere a grandi personaggi, ad esempio Franco Mocagatta, Roberto Buttafava, Alessandro Mossotti e Mike Buongiorno».

Quanto è cambiata la radio nel corso di questi anni?
«Moltissimo. Noi siamo stati i pionieri delle radio private in Italia e abbiamo avuto l’occasione di sperimentare a lungo molti modi di comunicare. Oggi le radio sono aziende importanti con esigenze, bilanci, studi di settore, forti investimenti, marketing. E' nostro compito fondere la passione con una seria preparazione e una professionalità elevata. Un solo aspetto non cambierà mai: il dovere di rispettare il pubblico».

Nel 2004 ha ricevuto la Laurea Honoris Causa in Economia e tecnica della comunicazione. Cosa significa essere un comunicatore oggi?
«Essere sempre in grado di confrontarsi con gli altri, in buon equilibrio tra ascoltare e rispondere, e studiare tutte le nuove forme di espressione come Internet, le chat, le email, gli sms».

E' molto impegnato in attività di volontariato e solidarietà. Lo scorso 11 febbraio si è tenuta a Milano la seconda edizione di Musicamore, organizzata dalla Fondazione aiutare i bambini Onlus e da Radio Italia per fare del bene in occasione di San Valentino. Quanto è importante il binomio musica-beneficenza?
«Trovo che la musica e la solidarietà abbiano un comune denominatore: l’emozione. Le canzoni sono un ottimo viatico per aprire i cuori della gente».

Incoraggiare la musica: è possibile e in che modo?
«Inserendola ad esempio come materia dell’obbligo nelle scuole primarie e secondarie ed educando all’ascolto».

Ogni anno Radio Italia e Video Italia si trasferiscono a Sanremo in occasione del Festival. I vostri progetti in occasione dell’edizione 2008?
«Il nostro compito è quello di testimoniare e difendere la musica italiana nel mondo. Sanremo è il Festival della Canzone Italiana e noi ci prodighiamo per far vivere ai nostri ascoltatori tutte le emozioni in diretta, favorendo l’incontro e il confronto fra loro, le canzoni e gli artisti».

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SPORTIVA Flavia Pennetta, the best Italian tennisplayer di Mario Basile

Se provate a digitare il nome di Flavia Pennetta su Google, tra i primi risultati troverete il sito dei suoi fan descritto come Fansite for the best Italian tennisplayer. Tifosi troppo buoni, direte voi. Possibile, ma la vittoria ottenuta dalla tennista brindisina, domenica scorsa a Vina Del Mar nella Cachantun Cup, l’ha fatta entrare nell’olimpo delle migliori. La Pennetta ha conquistato, infatti, il suo quinto titolo WTA raggiungendo Raffaella Reggi. Meglio di loro ha fatto solo Sandra Cecchini, che di titoli ne ha vinti 12.

Soddisfazione immensa e un altro passo importante per quella carriera da tennista a cui era stata avviata da suo padre Oronzo giusto vent’anni fa. Flavia Pennetta è cresciuta nel mito di Monica Seles, una delle più grandi tenniste di sempre che ha appeso la racchetta al chiodo lo scorso anno. E come la tennista serba, il suo colpo migliore è il rovescio. Quello a due mani che diventa un vero e proprio fendente micidiale sulle superfici veloci.

Un talento, quello di Flavia, coltivato nel tempo e affacciatosi alla ribalta molto presto, alla fine degli anni novanta. Il doppio è la specialità in cui la brindisina trova le prime soddisfazioni: vittoria del campionato italiano under 14 (1996) e coppa del mondo under 18 (1998). L’anno dopo è la volta del Roland Garros di categoria.

Flavia è ormai pronta per il passaggio tra le professioniste. In casa Italia, gli addetti ai lavori si aspettano tantissimo da lei. La brindisina, però, paga lo scotto del noviziato e nei primi due anni le soddisfazioni sono poche. Si rifà con le vittorie in quattro tornei Itf e cinque vittorie nei tornei di doppio. Il 2002 è anche l’anno dell’esordio, poco fortunato, nei tornei WTA, quelli riservati alle migliori.

Nel 2003 promette: «A fine anno voglio essere fra le migliori 50…». I buoni propositi naufragano anche per via di fastidiosi infortuni. Accadrà l’anno dopo, con la prima delle cinque vittorie nei tornei WTA, quella di Sopot. Arriveranno poi quelle ad Acapulco e Bogotà. In mezzo tante finali e, soprattutto, la grandissima vittoria con la nazionale nella Federation Cup, nel settembre 2006.

La storia sportiva di Flavia Pennetta si è anche tinta di rosa ai tempi della sua love story con il collega spagnolo Carlos Moya. Relazione naufragata lo scorso luglio quando il tennista si è fatto beccare con l’attrice Carolina Cerezuela, volto noto della tv iberica. Brutta storia che si va ad inserire in un 2007 burrascoso per la Pennetta, già in crisi di risultati e condizione per via di un intervento chirurgico al polso sinistro infortunato.

Una crisi che, però, non ha lasciato ulteriori strascichi nella stagione tennistica di Flavia. A dicembre dello stesso anno, la brindisina coglie la vittoria nel torneo di singolo a Bangkok battendo avversarie del calibro di Venus Williams e Shahar Peer. Poi domenica scorsa, il quinto sigillo nei tornei Wta a Vina del Mar, superando in finale la ceca Klara Zakopalova.

Per chi non l’avesse capito, Flavia è tornata. Più forte di prima.

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