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Archivio Telegiornaliste anno VI N. 31 (248) del 27 settembre 2010
 
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MONITOR Agnese Amoruso e Taisia Raio, i due volti di Canale 21 di Giuseppe Bosso

Questa settimana intervista doppia. Incontriamo infatti due volti di punta del telegiornale dell'emittente Canale 21, Agnese Amoruso e Taisia Raio. Agnese, nata a Napoli, pubblicista dal 2008, dopo varie esperienze per quotidiani, agenzie di stampa e una parentesi a Roma in un canale nazionale, nel 2009 approda all’emittente partenopea. Taisia, pubblicista dal 2010, studentessa in lettere moderne prossima alla laurea, approda a Canale 21 nel 2009. Inviata, cura anche la rubrica settimanale dedicata al teatro e allo spettacolo.

Come ti sei trovata a Canale 21?
Agnese: «Mandai il mio curriculum di ritorno da Roma, senza pensarci più di tanto, e fui richiamata. Un bellissimo modo di cominciare».
Taisia: «Benissimo. All’inizio magari avevo un po’di titubanza, ma con il tempo ho imparato ad acquisire coraggio e fiducia».

Ricordi il tuo primo servizio?
Agnese: «Un caso di cronaca relativo a un’estorsione intentata a un parroco in chiesa».
Taisia: «Era il novembre 2009, c’era l’allarme dell’influenza A in città e mi recai al pronto soccorso per raccogliere le testimonianze delle persone coinvolte. Ero emozionata e tesa, ma andò bene».

Come cerchi di porti nelle interviste?
Agnese: «Evitando di mettermi un gradino sopra le persone con cui interagisco. È importante far capire alla gente che noi siamo dalla loro parte. Anche in quei quartieri malfamati dove non sempre si è disponibili a parlare».
Taisia: «Con umiltà, e non potrebbe essere altrimenti. Il nostro è un lavoro impegnativo e difficile, che però ti può anche far apprendere tanto, da ogni esperienza, ed è quello che cerco di fare ogni giorno».

Lavori con colleghe esperte ed affermate come Titti Improta. Come ti poni con loro e come si pongono loro con te?
Agnese: «Molta collaborazione, alla pari, cercando sia di captare il buono, il vissuto dei colleghi più navigati sia, senza voleri rimproverare, dando consigli ai meno esperti. Se non c’è collaborazione non si va avanti, la redazione è una squadra che deve funzionare».
Taisia: «Come una figlia, come un’amica, come una sorella. Scherzi a parte, ho la fortuna di lavorare con colleghi e colleghe straordinarie. Titti ha saputo dimostrare, in un ambito prettamente maschile come il calcio, che anche una donna, e purtroppo non sono ancora tante nel campo, può riuscire ad affrontare i temi della materia con competenza e professionalità. Ma sono molto legata soprattutto a Veronica Bencivenga, che mi consiglia e mi ‘sgrida’, ma bonariamente quando qualcosa non va».

Una redazione prevalentemente femminile, dunque. Possiamo definire Canale 21 una piccola oasi nel deserto, viste le note difficoltà che la realtà pone a chi cerca di affermarsi nel giornalismo?
Agnese: «Si, è una piccola oasi che cerca di far crescere le aspettative dei giovani che si avvicinano a questo mestiere. È una buonissima palestra ma è ovvio che, se ambisci ad andare oltre, ad un certo punto devi guardarti intorno e compiere il fatidico passo in avanti».
Taisia: «Si, è così. Canale 21 ha deciso di puntare sui giovani e soprattutto su giovani donne motivate e desiderose di apprendere, dando a tutti gli stessi spazi e le stesse occasioni».

Gioie e dolori del tuo essere una telegiornalista napoletana.
Agnese: «Le gioie sono quelle di poter vivere a stretto contatto con una realtà e le problematiche che conosco fin da bambina. Amo la mia città e credo che, senza voler sembrare presuntuosa, chi non ha vissuto la realtà partenopea non può raccontarne i retroscena come possiamo fare noi ‘nativi’. Il dolore arriva quando a un certo punto capisci che per poterti affermare davvero devi cambiare aria». Intendiamoci, non voglio dire con questo che spero di andarmene presto, ma se devo pensare al domani di sicuro mi vedo altrove».
Taisia: «Le gioie te le dà il pubblico che ti segue, ti riconosce e ti apprezza. Il dolore, purtroppo, è legato ad esperienze difficili come il crollo di Afragola, in cui entri a contatto con la sofferenza e il dolore, ed in quel momento sei prima di tutto donna e poi giornalista, devi cercare di star vicino a chi ha subito un'immane tragedia perdendo i propri affetti».

Dovendo scegliere, preferiresti diventare un volto di punta di un network locale o una delle tante in una grande emittente nazionale?
Agnese: «Assolutamente la seconda ipotesi, ma solo come primo passo. Ribadisco che credo nel lavoro, nell’impegno, e se questi ci sono alla fine, se vali, emergi. Ci vuole tempo e fatica, ma la determinazione fa superare tutto».
Taisia: «Tengo a essere me stessa, a seguire il mio percorso in modo lineare. Ovunque sarà, lo farò sempre con lo stesso impegno di oggi».

Mai ricevuto proposte indecenti?
Agnese: «No comment, please!».
Taisia: «Per fortuna mai».

Il servizio o l’intervista che vorresti realizzare?
Agnese: «Il terzo scudetto del Napoli! Scherzi a parte, non ho preferenze particolari sui personaggi. Piuttosto, da appassionata della cronaca quale sono vorrei tanto poter seguire dal vivo un delitto o comunque una vicenda di grande criminalità organizzata. Ammiro su tutti i colleghi della carta stampata che si occupano di nera e giudiziaria».
Taisia: «Ho intervistato tante personalità, dal presidente della Repubblica ai sindaci. Mi sono occupata soprattutto di politica, vorrei continuare solo a fare bene quello che sto facendo».

Un aggettivo per descrivere Taisia e uno per descrivere Agnese?
Agnese: «Taisia è una vera esplosione di vita. Su di me, che dire? Sono una persona diffidente, a quei pochi ma buoni amici cui decido di accordare fiducia offro tutto con il cuore, ma per il resto tengo a mettere le distanze dai semplici conoscenti. Chi mi conosce bene sa apprezzarmi anche per questo. Sul lavoro sono molto critica e dura con me stessa, mi rivedo e cerco sempre di capire se e come qualcosa avrebbe potuto essere fatta meglio».
Taisia: «Taisia potrebbe definirsi sentimentale, Agnese ambiziosa».
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CRONACA IN ROSA L'Europa per le donne di Anna Rossini

In Europa una donna su quattro subisce violenza fisica e più di una donna su dieci è vittima di violenza sessuale. Cifre incredibili per una parte del mondo dove il rispetto e i diritti delle donne dovrebbero essere assodati.

Ed è proprio il Parlamento europeo, ovvero l'organo che rappresenta i cittadini d'Europa nella Ue, che ha portato l'attenzione su questa tematica, approvando all'unanimità una dichiarazione che chiede di istituire un Anno europeo contro la violenza sulle donne.

Ma per riuscire nell'intento, e quindi per far sì che il tema della violenza di genere venga portato sotto i riflettori con lo scopo di sensibilizzare i cittadini e indurre all'azione i governi, è necessario l'intervento della popolazione europea.

Grazie al nuovo potere di iniziativa legislativa dei cittadini introdotto dal Trattato di Lisbona, con un milione di adesioni raccolte in almeno un terzo degli stati membri si può infatti sollecitare la Commissione a prendere iniziative su temi specifici di sua competenza.

Firmando la petizione si dice alle Istituzioni che il tema della violenza sulle donne deve essere portato al centro del dibattito e dell'azione europea. Primo firmatario dell'appello è stato l'europarlamentare belga nonché relatore della proposta Marc Tarabella, seconda l'italiana Barbara Matera. Ma chiunque può aderirvi. Basta una firma.
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FORMAT Laura Gambacorta, vino e dintorni di Giuseppe Bosso

Telegiornaliste incontra questa settimana Laura Gambacorta, esperta di enogastronomia.

Hai scelto il settore enogastronomico per passione o per caso?
«Tutte e due le cose. Ho iniziato a scrivere un po' per gioco mentre mi occupavo di finanza e praticavo attività sportiva a livello agonistico. Con il tempo l’attività giornalistica ha occupato sempre più spazio nella mia vita fino a diventare un lavoro».

Nella buona tavola ci può essere la chiave per la ripresa e lo sviluppo del sud?
«Sì, e devo dire che non capisco come in passato si sia puntato tutto sull'industria trascurando le grandi eccellenze su cui possiamo contare in ambito gastronomico. Questo è un settore dalle infinite potenzialità in cui possiamo vantare una tradizione che forse altri Paesi non hanno».

Si pensa che sia uno dei pochi ambiti in cui non esiste il rischio contraffazione...
«Invece è proprio il contrario. Il rischio c’è, eccome. Quella della tutela dei prodotti è una battaglia che può essere vinta soprattutto con l’aiuto dei consumatori che si spera diventino sempre più consapevoli negli acquisti».

Rispetto ad altri ambiti giornalistici come ci si deve porre nel tuo campo?
«Non penso ci siano grandi differenze. Personalmente ritengo che sia fondamentale porsi sempre con garbo perché ciò consente di stabilire rapidamente una reciproca fiducia».

Napoli, rispetto ad altre realtà, offre più o meno spazi per una donna giornalista?
«Non saprei rispondere. Ho vissuto solo qui e non ho sperimentato altre realtà, se non le felici collaborazioni che ho con alcune riviste del Nord per cui rappresento, diciamo, la 'voce' del Mezzogiorno. Sicuramente la ricchezza e la varietà di prodotti agroalimentari di eccellenza della mia regione offrono spunti infiniti per chi si occupa di questo settore».

La tua più grande soddisfazione?
«Sul piano personale, senza dubbio i tanti rapporti di vera amicizia stabiliti con persone conosciute inizialmente per motivi di lavoro. Sul piano lavorativo, mi gratifica riuscire a trasmettere ad altri la curiosità con cui mi avvicino ai tesori del Sud, in particolare agli oli di qualità».

Guardando al domani, sarai a Napoli o fuori?
«Qui a Napoli, assolutamente. Non potrei proprio andare via, ho comprato anche casa da poco! (ride, ndr) Scherzi a parte, il mio impegno è rivolto proprio a valorizzare le eccellenze della mia terra, a cui sono particolarmente legata».

Per una donna giornalista è più difficile conciliare lavoro e affetti?
«Sicuramente. Per quanto mi riguarda cerco di barcamenarmi per conciliare gli impegni lavorativi con la vita familiare. Del resto, confrontandomi con le colleghe, riscontro che è un problema comune aggravato dal fatto che gli eventi enogastronomici si svolgono prevalentemente di sera».

E con le colleghe c'è più amicizia o rivalità?
«Con alcune sono nati rapporti di vera amicizia, con altre meno. D’altronde la rivalità, se mantenuta nell’ambito della correttezza, è un'occasione di crescita e di miglioramento».

Come ti descrivi?
«Pignola, nel senso buono del termine. Sono attenta ai particolari, e per questo non amo le persone superficiali e disattente. Magari per questo motivo qualcuno potrebbe ritenermi una rompiscatole. Se devo aggiungere un’altra caratteristica, direi che mi sforzo di essere corretta e disponibile con i miei interlocutori».
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HOT GIRLS Cam girls: la truffa del secolo? di Pierpaolo Di Paolo

... Provo ad avvertire della trappola, scrivendo in pubblico. Patrizia mi contatta in privato: «Demente. Tanto qualche fesso che paga lo trovo sempre. È inutile che rompi le palle». Non demordo, la seguo tra le varie stanze avvisando tutti, ovunque lei sponsorizzi. Ma è una lotta vana. La chat è troppo dispersiva e, dopo poco, ogni riga scritta scompare. La "denuncia" si perde immediatamente. Non passa molto che nuovi utenti vengono a lamentarsi di esser stati truffati.

Solo a questo punto mi rendo conto che c'è un vero e proprio plotone di sedicenti cam girls, tutte con la stessa inquadratura in cam. Con cadenza regolare qualcuno viene a lamentarsi di esser stato derubato, e le modalità paiono sempre le stesse. Verrebbe proprio da ipotizzare che ci sia una regia comune. Qualcuno che abbia assoldato quante più modelle possibile, le abbia istruite bene, e poi le abbia sguinzagliate tra le varie chat, realizzando profitti enormi. Un'associazione a delinquere perfettamente concepita. Geniale, nella sua semplicità.

Ma come può funzionare un sistema del genere? Può mai essere che nessuno denunci?
In effetti, non è difficile immaginarsi la situazione. Prendiamo gli adolescenti: le chat pullulano di ragazzini in piena esplosione ormonale. Voi ve lo immaginate un quindicenne che, truffato e carico di vergogna, corre dai genitori a dire: «Mamma, papà, volevo vedere una donna nuda ma mi hanno rubato tutta la paghetta»?

E poniamo invece un padre di famiglia. Va a denunciare, per la gioia di moglie e figli, facendosi grandinare guai in casa?
Oppure un avvocato, un medico, un notaio, un qualunque altro professionista affermato: va a sedersi davanti ai poliziotti a spiegare che ha pagato per soddisfare al meglio un momento di fugace masturbazione? E tutto ciò per €11? Non è certo un caso che la cifra sia così bassa. In questo modo la truffa, concepita su larga scala, frutta infinitamente di più. Decine, forse centinaia di migliaia di euro. E scarsissime possibilità di denuncia.

E un giornalista? Un giornalista, una volta lanciato sulla sua pista, segue la traccia come un segugio. Un giornalista è una brutta razza. Un giornalista denuncia.

(continua)
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DONNE Ricordare Sandra di Simona Di Martino

«Io ero nata per fare la casalinga, non per fare questo mestiere. Mi ci ha messo mio papà». E per fortuna che ci ha pensato lui, altrimenti chissà se oggi Sandra Mondaini sarebbe stata quella che noi tutti ricordiamo con simpatia e affetto. Ha creato una nuova immagine di soubrette: alla primadonna seria e altezzosa, Sandra ne contrappone una ironica, divertente, spiritosa, che ridicolizzava se stessa pur di provocare una risata.

Con uno spiccato senso etico della propria professione, la Mondaini è cosciente dell'invasività e del potere del mezzo televisivo. Si definisce appartenente a «quella generazione di attori consapevoli che con la TV si entra nelle case della gente senza bussare, e allora bisogna essere rispettosi». E non tace, Sandra, una sana critica alle giovani: «Le nuove devono entrare in TV con un filo di timidezza e paura, perché sennò sono subito antipatiche».

Aveva iniziato la sua carriera da piccolissima grazie al padre Giaci Mondaini, pittore, umorista e sceneggiatore. Ma le porte del successo si aprono con Erminio Macario che nel 1953 la fa entrare nella sua compagnia d'attori. Un anno dopo cominciano le trasmissioni in Rai. Il pubblico si affeziona subito a Sandra, uragano di umorismo e simpatia.

Nel 1958, l'incontro con il suo inseparabile compagno di lavoro e di vita, Raimondo Vianello. Ed è la nascita di una coppia che resterà scolpita nei cuori degli italiani come nella storia della televisione. «Non abbiamo mai smesso di ridere, è il segreto per stare bene insieme: noi ridevamo delle stesse cose. Poi abbiamo portato il nostro modo di essere in TV».

Dal teatro al cinema, dalla radio alla televisione, prima in Rai e successivamente in Fininvest, Sandra Mondaini si distingue per la sua professionalità accanto ai grandi nomi dello spettacolo: Corrado, Gino Bramieri, Mike Bongiorno, Walter Chiari, Franca Valeri, Raffaella Carrà, Pippo Baudo e tanti altri.

Sbirulino diventa un irresistibile compagno di giochi per i bambini, il pubblico che Sandra amava di più. Amarli tanto da soffrire l'impossibilità di averne di suoi: «Per me la famiglia deve essere tanta». Da qui, la decisione di Raimondo e Sandra di prendere in casa una coppia di giovani filippini col loro bambino, Gianmarco.

Il gioco del poker, secondo Sandra, è una metafora dell'esistenza perché non conta tanto «come ci si siede o si è in mezzo, ma come ci si alza dal tavolo. Finire una vita in bellezza, come la sto finendo io, è la cosa più bella che possa esserci».
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