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Telegiornaliste anno VII N. 5 (265) del 7 febbraio 2011
 
	
		
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			| MONITOR Marta 
Marrucco: raccontare la realtà è la vera soddisfazione 
di Giuseppe Bosso 
 Incontriamo questa settimana
Marta Marrucco, da due anni al telegiornale di Canale 21 per il quale l'anno 
scorso ha curato la rubrica Appuntamento al circolo. Scrive anche per 
Il Roma e per il portale Excite.
 
 Come sei arrivata a Canale 21?
 «Scrivevo per Il Roma, il cui direttore Antonio Sasso è grande amico del 
direttore di Vg21, Gianni Ambrosino, che era in cerca di nuovi volti per la 
redazione. Sasso gli parlò di me, lui mi telefonò una sera e prendemmo 
appuntamento per un colloquio. Ed eccomi qua».
 
 Ricordi il tuo primo servizio?
 «Sì, in assoluto fu la domenica del mercatino dei prodotti biologici nella Villa 
Comunale, ma quello che ritengo il mio vero banco di prova fu la full 
immersion del giorno delle elezioni regionali della scorsa primavera in cui 
ho realizzato interviste in camera in esterna alla gente, a Roberto Fico 
(candidato governatore in Campania per il Movimento 5 Stelle, ndr) e ai 
direttori delle maggiori testate napoletane. Un’occasione in cui non potevo 
sbagliare: le interviste non erano sottoposte a montaggio ma erano mandate in 
diretta così com'erano».
 
 Nei giorni di Natale sei stata molto impegnata nella realizzazione di servizi 
relativi all’emergenza rifiuti: di fronte a questa tragedia di Napoli 
l’imparzialità della giornalista riesce a contenere la tua indignazione di 
cittadina?
 «È anche fin troppo facile creare casi mediatici anche quando tali non sono, ma 
questa emergenza merita davvero la massima attenzione da parte di tutti. Cerco, 
se posso, anche di dare notizie positive quando ci sono, ma ovviamente non posso 
non provare rabbia e indignazione per una situazione in cui, credo, le colpe non 
vadano attribuite solo ai cittadini napoletani».
 
 Da giornalista specializzata in cinema e spettacolo, cosa credi che vada e 
non vada in questo momento nel settore in Italia?
 «Non voglio certo scoperchiare il vaso di Pandora, ma è ovvio che il settore ha 
risentito della crisi, anche se per fortuna non mancano risorse positive in cui 
l’industria ha saputo recuperare terreno, come il film La prima cosa bella. 
Ma in ogni caso ci vorrebbe più fiducia da parte dello Stato, e ovviamente anche 
fondi per valorizzare meglio i nuovi talenti. Napoli è una piazza molto 
frequentata dagli attori italiani, ma poco dalle star internazionali che non 
vengono mai a presentare le loro pellicole qui. Non nascondo di essere un 
po’invidiosa della piazza romana che, da questo punto di vista, ha maggiore 
visibilità».
 
 Tra i personaggi da te intervistati, quali ti hanno colpito di più?
 «Silvio Orlando, una persona alla mano; Sergio Castellitto, uno dei nostri 
maggiori intellettuali di punta; Isabella Ragonese, che conobbi qualche anno fa 
in occasione dell’Ischia Global Fest, quando lavoravo come assistente di 
Pascal Vicedomini. È una ragazza genuina che non si è montata per niente la 
testa nonostante i grandi successi che ha avuto».
 
 Il bello e il brutto di essere giornalista a Napoli?
 «La nostra città ti offre tante esperienze da raccontare, nel bene e nel male, e 
non posso certo dire che ci si annoia qui. Ma questo è anche l’aspetto negativo: 
tanta cronaca nera. Certo, capisco che tante volte il giornalista può sembrare 
importuno e invadente, e proprio per questo credo che la migliore soddisfazione 
professionale non sia il gossip da prima pagina da cercare a tutti i costi, ma 
la realtà dura e cruda».
 
 In futuro vorresti emergere in ambito locale o affermarti, anche a costo di 
essere una delle tante, in una tv nazionale?
 «Purtroppo non vedo molti spazi qui, ho visto tante colleghe andare via in cerca 
di nuove possibilità. Sicuramente mi ritengo fortunata di poter lavorare in una 
tv così prestigiosa, una buonissima palestra, ma in prospettiva voglio crescere, 
possibilmente senza rimanere una delle tante. E vorrei farlo nel mio settore, il 
cinema».
 
 La notizia che vorresti dare a breve?
 «La soluzione dell’emergenza rifiuti».
 
 Il tuo ritratto di donna e giornalista?
 «Mi ritengo una persona aperta, forse impulsiva e a tratti presuntuosa, poco 
disposta ad ascoltare i consigli degli altri; sbaglierò, ma la testardaggine è 
anche un pregio, se significa determinazione nel raggiungere i propri obiettivi. 
Da giornalista, invece, cerco sempre di essere sensibile, anche se magari può 
sembrare un’arma a doppio taglio in un lavoro in cui devi avere molta, molta 
faccia tosta. Per esempio, non mi sognerei mai di avvicinarmi, in occasione di 
un funerale, ai familiari per chiedere cosa provano».
 
 C’è tempo per gli affetti tra tanti impegni?
 «Assolutamente sì. Sia per la mia numerosissima famiglia che per i tanti amici 
che ho, molti dei quali sono i colleghi che ho trovato qui a Canale 21 come
Agnese Amoruso (che da poco ci ha lasciati, però) e Roberta D’Amore. E poi 
sono fidanzatissima da anni».
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			| CRONACA IN ROSA Mamma, 
					ho preso l'aereo 
					di Anna Rossini 
 Dopo i comuni denuclearizzati, i locali dove i cani non sono 
					i benvenuti, e i centri storici vietati alle auto, si apre 
					una nuova frontiera degli spazi riservati: gli aerei
					de-ragazzinizzati. Ovvero senza bambini, soggetti 
					notoriamente portatori di caos, rumore e scompiglio.
 
 In effetti hanno ragione i 74 viaggiatori di business 
					class su 100 che hanno espresso questo desiderio in un 
					sondaggio: immaginatevi un volo Roma Tokio con a fianco un 
					bambino urlante. Altro che viaggio in pieno comfort, 
					coccolati e viziati dalla compagnia aerea! Un incubo, 
					soprattutto per i frequent flyers per ragioni di lavoro. 
					Proposta che però le compagnie aeree – British Airways in 
					primis – hanno bollato come discriminatoria.
 
 Sarebbe interessante chiedere a questi viaggiatori di 
					business cosa farebbero se, partendo per le vacanze con 
					la famiglia, il vettore aereo gli dicesse che i bambini 
					non sono i benvenuti a bordo. Protesterebbero, per lo meno. 
					Si arrabbierebbero. E probabilmente giurerebbero di non 
					volare più con quella compagnia. Ma per i viaggi d'affari, e 
					soprattutto se si tratta di bambini altrui, il discorso 
					cambia.
 
 In attesa della nascita della prima compagnia aerea 
					child-free, con buona pace dei principi di non 
					discriminazione, dell'importanza della famiglia e 
					dell'assioma “i bambini sono il nostro futuro”, suggeriamo 
					ai manager desiderosi di rilassarsi di passare qualche 
					giorno in un centro termale dove i minori di 16 anni non 
					sono ammessi.
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			| FORMAT Stefania 
								De Angelis, previsioni meteo al femminile
								di Giuseppe Bosso 
 Incontriamo Stefania De Angelis, sottotenente 
								dell'Aereonautica militare che vediamo ai Tg Rai 
								curare gli spazi meteo.
 
 Come è nata la sua esperienza televisiva?
 «Lavorando al
								Centro Nazionale di Meteorologia. Abbiamo il 
								compito di occuparci anche delle previsioni del 
								tempo sui canali Rai e quando me l'hanno 
								chiesto, ho voluto provare questa nuova 
								esperienza».
 
 Come vive il 'rapporto' con la telecamera?
 «Devo dire che all'inizio e ancora oggi mi crea 
								un po' di disagio, ma col tempo sono certa che mi 
								abituerò all'idea».
 
 Si parla tanto di 'meteorine' per indicare le 
								ragazze che, in alcuni tg, si occupano dello 
								spazio meteo. Cosa ne pensa da addetta ai 
								lavori?
 «Le esigenze televisive richiedono diverse forme 
								di presentazione tra cui le meteorine. Non ho 
								niente in contrario, anche perché credo che il 
								pubblico sappia distinguere tra chi spiega le 
								previsioni con professionalità e competenza e 
								chi si limita a leggere testi già scritti».
 
 Crede che ormai l'immagine della donna in 
								divisa sia stata sdoganata?
 «Noto ancora molta meraviglia da parte delle 
								persone a cui dico che sono una militare, ma è 
								uno stupore positivo. Spero che un domani 
								diventi una cosa normale».
 
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			| HOT GIRLS Furbi 
								con le corna 
								di Valeria Scotti 
 Il nostro compagno ci tradisce con un'altra 
								donna? Beh, in alcuni casi si può chiudere un 
								occhio. Ma se la nostra rivale è invece un 
								maschietto di bella presenza, fisico scolpito e 
								attributi che noi non possediamo certo, il 
								perdono è impossibile. Neanche mezza 
								possibilità di recupero.
 
 Lo afferma una ricerca condotta dall'Università 
								del Texas di Austin: le donne sarebbero più 
								disposte a continuare la storia con un uomo che 
								ha avuto una relazione eterosessuale che con uno 
								che ha preferito un partner dello stesso sesso. 
								Per gli uomini, invece, il meccanismo pare 
								essere opposto. Loro infatti tollererebbero 
								molto di più un tradimento donna-con-donna.
 
 Per giungere alle conclusioni, i ricercatori 
								hanno esaminato 700 studenti universitari: il 
								loro compito era quello di immaginare il 
								tradimento da parte di un ipotetico compagno o 
								di una compagna, e di spiegare come avrebbero 
								reagito all'infedeltà del partner. Ad alcuni 
								volontari è stato detto che il partner aveva 
								avuto una relazione con una donna, ad altri con 
								un uomo.
 
 Beh, il risultato lo abbiamo già svelato: per il 
								50 per cento dei casi gli uomini continuerebbero 
								una relazione con una partner che ha avuto una 
								relazione omosessuale. Il motivo? Il tradimento 
								della compagna con un'altra lady potrebbe essere 
								interpretato da un uomo come un'opportunità per
								accoppiarsi con più di una donna 
								contemporaneamente.
 Cornuto, furbo e felice.
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			| DONNE Maria 
									Mercader, la donna che conquistò Vittorio De 
									Sica
									di Chiara Casadei 
 La loro storia d’amore viene descritta come 
									un auténtico flechazo (colpo 
									di fulmine). Quando Maria Mercader incontrò 
									Vittorio De Sica era il lontano 1942 e 
									calcavano entrambi le scene del film Un 
									garibaldino al convento. Lei, 24 anni, 
									proveniente dall’alta borghesia catalana, 
									era un’attrice spagnola già affermata quando 
									approdò sulle scene cinematografiche 
									nell’Italia prebellica.
 
 Nella città del Colosseo non solo ebbe 
									importanti possibilità professionali, ma 
									incontrò anche colui che sarebbe poi stato 
									l’amore della sua vita. Lui, 41 anni, attore 
									e produttore italiano, era allora sposato 
									con Giuditta Rissone da cui ebbe la figlia 
									Emi, ma pazzamente incantato dal fascino 
									elegante della Mercader.
 
 Scavalcando le vicissitudini delle storia 
									d’amore, complicata sin dal suo inizio, i 
									due riuscirono a sposarsi solamente nel 
									1968, con un matrimonio parigino legalmente 
									riconosciuto. Madre di Christian e Manuel De 
									Sica, rispettivamente attore e musicista, la 
									Mercader fu spesso e volentieri una "segreta 
									filatrice della carriera registica di 
									Vittorio", come l'ha definita il 
									primogenito Manuel.
 
 Se infatti il marito era stato inizialmente 
									non solo amante ma anche affascinante 
									pigmalione, col passare degli anni il loro 
									rapporto si completò: Maria divenne una 
									compagna di vita a tutti gli effetti. 
									Addolcendo con un’impronta femminile alcune 
									scelte registiche neorealiste desichiane, 
									gli permise di dotare le sue opere di 
									un’ironia e di una sensibilità che la 
									consigliera discretamente gli suggeriva.
 
 All’età di 92 anni, Maria Mercader è morta 
									il 26 gennaio 2011, lasciando come ricordo 
									le orme di una grande donna dietro un grande 
									uomo.
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