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Intervista a Laura Bogliolo Tutte le interviste tutte le interviste
Laura BoglioloTelegiornaliste anno II N. 40 (72) del 6 novembre 2006

Vita da giornalara di Gisella Gallenca

«Attualmente sono seguita da un gruppo di scienziati del MIT. Cercano di capire quale sia la disfunzione genetica che a sei, sette anni ti fa dire: "da grande farò la giornalista". Scherzi a parte, alle elementari scrivevo il giornalino "gerenza casa mia". La mia maestra sapeva della mia passione. Mi fece incontrare il marito che era un giornalista (non ricordo di quale testata). Fu emozionante. Ma quest’evento è solo un effetto, non la causa, che è difficile da determinare. Credo ci sia la voglia di raccontare, di emozionarsi, di fondersi con la realtà che hai intorno, dalla più triste alla più leggera».

A parlare della sua esperienza, questa volta, è Laura Bogliolo. Trent’anni, un impagabile senso dell’humor e una grande passione per le notizie. Laura è giornalista e esperta delle nuove tecnologie di Internet. Collabora da circa tre anni con Il Messaggero, ed è conosciuta dai surfisti del web per i suoi blog e siti. È stata relatrice al convegno Bibliocom 2003, e nel 2004 ha vinto il premio Donna è Web. Ed è proprio per capire meglio in che direzione sta viaggiando il nuovo giornalismo della Rete che ci siamo messi in contatto con lei.

Per te, l'uso di Internet e il fare notizia viaggiano di pari passo. Come vedi il futuro del giornalismo sui nuovi media? E come potrebbe il giornalismo tradizionale trarre stimoli da questa nuova realtà?
«Il giornalismo tradizionale già adesso trae stimoli dal web, soprattutto dai blog, vedi i casi Dan Rather e Calipari. Nuove mode e le notizie stesse vengono veicolate spesso prima sui blog, l’avamposto, anzi la fanteria, dell’informazione online, il cosiddetto Citizen Journalism. È come avere una redazione mondiale attiva 24 ore su 24. Il giornalismo tradizionale deve coinvolgere di più i lettori e integrare strumenti tradizionali con media center che seguano la linea del Web 2.0. È giusto che ognuno abbia la possibilità di diffondere news o semplici parole. Internet è libertà e democrazia ed è libero da classismi, gerarchie e “fortune” per nascita. Se sei bravo gli utenti ti leggono. Penso che il web sia l’unico posto dove non servono raccomandazioni per vivere una vita a forma di te».

La tua è un'ottica privilegiata sul mondo di Internet al femminile. In questo momento, vedi propositività e inventiva in questo settore o si potrebbe fare di più?
«Ottenere il premio Donna è Web per il mio blog è stato molto importante. Il primo riconoscimento ufficiale al mio lavoro sul web nato solo dalla voglia pazza di scrivere, senza aspettare qualcuno che mi concedesse la possibilità di farlo. È stata una grande rivincita. Il web al femminile esiste, si evolve e scopre ogni giorno nuove potenzialità. Insomma, Internet non è solo dei nerd smanettoni».

Parli spesso della difficoltà di accedere alla professione giornalistica. Quale è, in questo momento, la tua opinione su questo tema, anche alla luce della attuale crisi economica?
«Il mio pessimismo sul tema è così cosmico che normalmente faccio progetti per il passato. Non credo che la crisi economica incida sulla difficoltà di svolgere la professione di giornalista. In breve: se non sei nato “fortunato” ci vuole o un miracolo o tanto lavoro. Con tanto lavoro (e bravura) puoi raggiungere buoni risultati, ma per fare il grande salto serve qualcos’altro».

Pensi che il tuo futuro lavorativo sia nel giornalismo scritto - sulla carta stampata e su Internet - o sei aperta anche al mondo dell'informazione radiotelevisiva?
«La notte della morte del Pontefice ho fatto una diretta da piazza San Pietro per una tv satellitare. È stato emozionante. Mi piace ogni forma di giornalismo, credo che le dirette televisive siano simili ai pezzi di cronaca urgenti - a parte, nel primo caso, l’aggravante di rendersi presentabili! Hai la stessa adrenalina di quando devi scrivere un pezzo “per ieri” in condizioni non ideali (per strada, mentre piove o in un internet point). Credo che fare cronaca per la carta stampata sia un’ottima palestra per ogni altra forma di giornalismo».

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