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Intervista ad Anna Boiardi tutte le interviste
Anna BoiardiTelegiornaliste anno IV N. 2 (127) del 21 gennaio 2008

Anna Boiardi, basta parlare di Perugia!
di Giuseppe Bosso

Dopo alcune esperienze negli States, Anna Boiardi, giornalista professionista dal 2004, approda prima a Canale5 e poi a La7. Negli ultimi tempi lavora a Studio Aperto dove sta seguendo assiduamente il giallo di Perugia.

Se tu potessi intervistare Amanda Knox, cosa le chiederesti?
«La verità! Scherzi a parte, non penso sia facile porsi rispetto a questa ragazza che, in attesa di una sentenza definitiva di condanna, è da considerare innocente. Almeno fino a prova contraria. Cercherei comunque di non farmi influenzare da quello che può pensare di lei la gente, senza scavare nel torbido».

Perugia rappresenta solo l’ultimo capitolo di un’impressionante serie di delitti efferati che hanno riguardato il nostro Paese. Non c’è il rischio che si riproponga lo stesso clamore mediatico che ha suscitato Cogne?
«Sono molto preoccupata per la piega che ha preso la cronaca negli ultimi anni. Purtroppo vicende come questa, come quella di Garlasco e anche quella di Cogne sono esempi di come non si riesca davvero a comprendere cosa sia realmente accaduto. L’attenzione si concentra sui personaggi che ruotano intorno alla vicenda, nella spasmodica ricerca di un colpevole a tutti i costi, con il risultato che, invece, non si riesce a scoprirlo».

Ma perché, a tuo giudizio, gli italiani hanno così tanta voglia di cronaca nera?
«Forse per catarsi. Tragedie osservate da lontano. Si tende a pensare, di fronte a queste vicende, che sono cose inaudite che a te non potrebbero mai accadere. Invece la realtà è ben diversa: gli scenari in cui si sono verificati questi delitti sono molto più vicini di quanto si possa pensare. Succedono spesso a persone “normali”, non a “mostri”. Questo è uno degli aspetti che più mi interessa della cronaca e che mi fa riflettere».

Studio Aperto è il tg giovane per eccellenza, ma non da tutti amato. C’è un blog, ad esempio, non proprio benevolo nei vostri confronti…
«Ti riferisci a Odio Studio Aperto? Sì, lo conosco e ti confesso che lo trovo molto divertente. L’antipatia fa parte di tutte le cose, non si può piacere per forza. Certo, a differenza di altri telegiornali, il nostro ha dei ritmi e delle impostazioni diverse proprio per il fatto che è principalmente rivolto ad un pubblico giovane. La cosa importante, comunque, è che non venga mai meno quella correttezza e quella trasparenza che l’informazione deve sempre garantire».

Com’è cambiata la vostra redazione con l’arrivo di Mulè?
«Temo di non poter rispondere a questa domanda. Sono approdata a Studio Aperto proprio con il nuovo direttore. Non so dire come fosse il lavoro dei miei colleghi in precedenza, ma Mulè è una persona che stimo e ammiro molto per il suo linguaggio e per il suo modo di gestire la redazione».

Studio Aperto è anche Lucignolo. Ti piacerebbe lavorare in quella redazione?
«Se capitasse l’occasione, perché no? Mi darebbe la possibilità di poter curare dei servizi e delle inchieste con tempi maggiori rispetto a quei pochi minuti che può occupare un servizio di telegiornale. E poi i temi di cui si occupa la trasmissione sono molto interessanti. Una nuova sfida che non disdegnerei».

Hai avuto modelli a cui ispirarti?
«Ho conosciuto Milena Gabanelli che è diventata, man mano, un punto di riferimento. Le sue inchieste continuano a essere negli anni le più interessanti. Più che modelli, citerei persone con cui ho avuto la fortuna di lavorare e che mi hanno insegnato molto, da Gad Lerner a Carlo Rossella, e appunto Giorgio Mulè».

Tre aggettivi per definire Anna Boiardi?
«Ambiziosa, testarda e generosa. Ambiziosa, però, cercando sempre di fare attenzione a non perdere quella scala di valori che per me sono sempre stati essenziali, nel lavoro come nella vita».

Ti sono capitati disaccordi con i colleghi?
«Sì, ma c’è sempre stato anche un grande dialogo».

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