
Telegiornaliste
anno III N. 16 (94) del 23 aprile 2007
Valentina Boracchia, una voce fresca dalla Riviera
di Silvia Grassetti
Nata nel 1977, laureanda in Psicologia all'Università di Parma,
Valentina Boracchia è iscritta all'Albo dei Giornalisti della Liguria dal
2003. Tra il 2000 e il 2003 ha lavorato per le agenzie Adn - Kronos e ANSA. Dal
2002 al 2005 ha collaborato con La Gazzetta di Parma. Dal 2000 scrive per
Il Secolo XIX. Dal 2001 è conduttrice e redattrice presso TeleLiguriaSud.
Valentina, come hai iniziato?
«Le cronache dell’epoca raccontano che già nel lontano 1985, all’età di otto
anni, utilizzassi la cornice di un quadro per annunciare le news familiari ai
parenti simulando una diretta televisiva…
La professione vera è iniziata per caso nel 2001, ed è stato subito “colpo di
fulmine”. Allora pensavo soltanto a concludere gli studi universitari per poi
specializzarmi in Psicologia del Lavoro e magari approdare in qualche grande
azienda nel settore delle risorse umane».
E invece?
«Eccomi qui: a dividermi tra tv e carta stampata ormai da più di cinque anni. E
non me ne sono pentita: grazie a questa esperienza nel mondo dell’informazione
ho scoperto che il giornalismo è il mestiere più bello del mondo. Perché
consente di conoscere la realtà raccontandola. In questi cinque anni di
corrispondenza dalla Riviera spezzina per Il Secolo XIX ho avuto
l’occasione di raccontare storie, iniziative e problemi delle comunità locali e
di contribuire a combattere tante battaglie “giuste”. Poi c’è la collaborazione
con TeleliguriaSud che mi ha regalato tanta visibilità. Ogni volta che presento
un telegiornale sento il solito “brivido della diretta”, che non mi abbandona
mai».
Progetti per il futuro?
«Vorrei seguire la politica nazionale per qualche grande quotidiano e magari
riuscire a condurre un programma televisivo dedicato al mondo politico, nelle
sue varie sfaccettature. Una strada in salita, ma chissà che dopo questa
gavetta… E poi sogno la pubblicazione del mio primo romanzo, Angeli senza ali,
dedicato al ruolo della donna in amore, nel lavoro e nella società, al quale sto
ancora lavorando».
Un momento della tua carriera che ricordi, in particolare?
«In realtà sono due. Sul fronte “televisione” l’intervista a Ezio Greggio nel
2003, in cui sono riuscita a divertirmi e a divertire il pubblico grazie alla
vitalità e alle verve di un personaggio straordinario, che seguo fin da bambina
con ammirazione e simpatia. Per quanto riguarda la carta stampata, invece, è
stato indimenticabile l’incontro con lo psicologo Paolo Crepet, che mi ha
rilasciato una bellissima intervista sugli omicidi passionali, dopo un
drammatico caso accaduto nello spezzino».
Che ne pensi del ruolo donne nel giornalismo?
«Anche se la femminilizzazione del giornalismo ormai è un dato di fatto, e
pensando al mondo dell’informazione per molti è naturale associarlo a volti noti
del gentil sesso, va detto che l’ingresso delle donne in questo settore non ha
affatto prodotto un’adeguata redistribuzione nei ruoli di potere. Credo che la
strada da fare per superare la netta disparità sia tutta in salita in un Paese
ultimo in Europa quanto a presenza di donne nelle posizioni di potere. I dati
parlano chiaro: in Italia i ruoli di direttore o caposervizio sono ancora
maschili per il 98 per cento. È importante comunque dare visibilità e
valorizzare le capacità delle donne nel settore, anche con iniziative originali
come quella di Telegiornaliste.com. Un’impresa non semplice perché, come
diceva Einstein, spesso è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio».
Cosa bisognerebbe fare allora?
«Noi donne dovremmo cominciare ad allearci, a fare squadra, invece di metterci
in competizione. Per qualche collega, infatti, è comodo dire che è ancora troppo
difficile arrivare ai vertici per noi donne. E allora meglio che i ruoli
dirigenziali siano riservati agli uomini invece che al gentil sesso, così
abbiamo il pretesto per non dover ammettere che qualcuna, magari più brava e
preparata di noi, ce l’ha fatta.
Si potrebbero imitare le colleghe francesi, che già da 15 anni si sono associate
nella AFJ (Association des Femmes Journalistes), nata per promuovere
l'informazione femminile: il punto di vista delle donne sul mondo. Intanto in
Francia la proporzione di giornaliste ai vertici di quotidiani e tv non cessa di
aumentare. Oggi sfiora il 30 per cento, a testimoniare un’attenzione maggiore
verso le donne nei media».
Qual è il segreto del successo in questa professione?
«Tanta preparazione, impegno e dedizione. Un pizzico di umiltà, poi, non guasta.
E soprattutto non bisogna smettere mai di farsi domande. Per fortuna sono
curiosa per natura e credo di aver maturato senso critico, grazie a questo
aspetto della mia personalità e al fatto che tendo sempre a mettermi in
discussione».
E' possibile conciliare lavoro e carriera?
«È ancora molto difficile, il giornalismo è un occupazione “saturante” che è
conciliabile con gli affetti solo a costo di grossi sacrifici. Personalmente non
intendo rinunciare alla famiglia, soprattutto oggi che ho iniziato a sentirne il
desiderio grazie all’uomo che ho al mio fianco dal 2004: Marco Bartolini,
giornalista Rai - Liguria».