
Telegiornaliste 
									anno IV N. 6 (131) del 18 febbraio 2008
Teresa Iaccarino, giornalista e volto storico di Telecapri
di Giuseppe Bosso 
Sono in molti a ricordare Teresa 
Iaccarino come annunciatrice e conduttrice di programmi per bambini. Poi, la 
svolta verso il giornalismo. Oggi Teresa, giornalista pubblicista per scelta, 
presenta eventi e manifestazioni di Telecapri. Tra i suoi programmi di successo,
Storie di mare e 7 in cronaca. 
Da annunciatrice e conduttrice di programmi per bambini a giornalista. Come 
mai questo cambiamento? 
«Non è stato un cambiamento. Nella vita si cresce, ed io con i bambini ho 
giocato e mi sono divertita. A 17 anni, ho iniziato a
Telecapri un percorso che 
non rientrava assolutamente in quello che avevo in mente di fare nella vita. Il 
gioco è stato bello, ma come ogni cosa prima o poi finisce. Di conseguenza devi 
guardarti intorno. Ho avuto la fortuna di poter cominciare questo percorso nello 
stesso gruppo in cui sono cresciuta. Tuttora continuo con la stessa passione di 
sempre». 
Che effetto ti fa rivedere i tuoi
video di quel periodo su YouTube? 
«Ne approfitto per ringraziare i cari ragazzi che con tanto impegno hanno 
raccolto questo materiale. Direi che è la più bella ed evidente dimostrazione di 
affetto che si possa ricevere. Riguardo con tenerezza quelle immagini, 
ricordando aneddoti simpatici legati ai miei siparietti con Uffi o al cucciolo 
di tigre. E mi fa piacere, quando intervisto la gente, essere spesso 
riconosciuta proprio per quel periodo». 
Nel pubblico di oggi, ritrovi quei bambini che ti seguivano? 
«Sì, tantissimi. Alcuni hanno anche raggiunto posizioni di rilievo, ed è bello 
che conservino quei ricordi della loro infanzia. In tanti mi dicono “Una volta 
ho anche partecipato al gioco con Uffi”, oppure “Le ho scritto e ha letto la mia 
lettera nella trasmissione”. Provo tantissima gioia perché mi considerano una 
persona di famiglia. Sono cose piacevoli». 
Cosa rappresenta per te Telecapri? 
«E’ una parte della mia vita. Ho mosso i miei primi passi nella tv e da qui non 
me ne sono mai andata. L’ho vista nascere e svilupparsi. Non riuscirei ad 
immaginare la mia vita senza questa realtà». 
Quali sono le storie che più ti piace raccontare come giornalista, e quali 
meno? 
«Anzitutto le storie dedicate al mare, un’altra componente essenziale della mia 
vita. Per questo sono molto contenta del programma Storie di mare: ho la 
possibilità di stare a contatto con questo mondo. Sicuramente amo le storie che 
riescono anche a lasciarti qualcosa dentro. Non amo, invece, lavorare con 
persone arroganti o che si piangono addosso». 
Preferivi la televisione dei tuoi esordi o quella di oggi? 
«Beh, parliamo di epoche diverse. Allora c’era tanta voglia di costruire, tanta 
voglia di novità. Oggi, invece, avverto una voglia di ostentare che non mi piace 
e non fa parte del mio carattere. Si è perso soprattutto molto in educazione».
Anche nella tv dei ragazzi? 
«Non saprei. Io con i bambini giocavo. L’idea della posta fu lanciata così per 
caso e, nel giro di pochi giorni, ci trovammo la redazione sommersa da lettere. 
Oggi, invece, si usa Internet, si scrivono mail, ma soprattutto mi rammarico nel 
vedere come i bambini preferiscano per lo più giocare da soli». 
Ci sarebbe ancora posto per Uffi in quest’era digitale? 
«Penso di sì. Per come è stato sviluppato dall’animatore, un ragazzo bravissimo, 
penso potrebbe ancora avere i suoi spazi, soprattutto perché c’è una cosa che la 
gente non perde mai: la voglia di sognare». 
Come giudichi la qualità dell’informazione a Napoli? 
«Si dice che non ci sia aggregazione nella nostra città, ma io non la penso 
così. Mi sono emozionata quando, lo scorso autunno, il cardinale Sepe è riuscito 
ad unire tanta gente in occasione del miracolo di San Gennaro. Quanto ai 
colleghi, ce ne sono di validissimi che stimo e che riescono a raccontare i 
fatti senza enfatizzare o strumentalizzare, come purtroppo oggi si tende a fare. 
Non mi piace la tendenza al protagonismo. Alcuni colleghi dovrebbero ricordare 
che facciamo un mestiere bellissimo, una professione che ci permette di essere 
portavoce dei problemi e delle aspirazioni della gente». 
E anche da intermediari tra istituzioni e cittadini, soprattutto in questi 
anni difficili… 
«Tornando a Sepe e al miracolo di San Gennaro che ho seguito quel giorno, oltre 
a riscontrare una grande aggregazione di tutte le componenti sociali della 
città, ho capito che abbiamo bisogno di fede, di qualcosa in cui credere. Il 
cardinale è stato davvero in grado di trasmettere ciò durante la sua omelia. La 
nostra è una città dalle grandi potenzialità che potrebbero essere valorizzate, 
se non ci fosse questa tendenza di vedere tutto nero. Che i problemi esistano, e 
ne abbiamo tanti, non lo nego, ma è sbagliato guardare solo in negativo e non 
concentrarsi sulle tante belle cose che abbiamo intorno». 
Che tipo di giornalista ti consideri? 
«A volte non mi sento tale. Penso sempre di essere al primo gradino, di avere 
ancora tanto da imparare, eppure ormai faccio questo lavoro da tanti anni. Ho 
accantonato un po’ la tv per poter cominciare a scrivere, e molti mi dissero che 
ero pazza a dire di no a certe occasioni. Ma io sono una persona coerente e 
determinata nelle sue scelte. Quello che altri vedevano come un declassamento, 
per me invece era l’inizio di una sfida. Ho avuto la fortuna di poter contare e 
avere accanto persone di grande valore. Tra questi, un maestro del calibro di 
Costantino Federico che ha sempre creduto in me ed è stato un punto di 
riferimento importante. Eppure sento sempre di avere qualcosa da imparare. Ogni 
giorno può darti un insegnamento utile. Enzo Biagi è stato un vero giornalista, 
soprattutto per la sua grande umiltà e dedizione». 
Cosa c’è nel tuo futuro? 
«Preferisco non fare programmi a lungo termine, ma vivere giorno per giorno. 
Spero di poter continuare a vivere questa esperienza nell'ambiente in cui sono 
cresciuta». 
Un aggettivo per definirti? 
«Non saprei. Posso però dire che mi ritengo una persona educata e coerente».