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Intervista a Lisa Marzoli (1) Tutte le interviste tutte le interviste
Lisa MarzoliTelegiornaliste N. 29 del 28 novembre 2005

Lisa Marzoli, nata per scrivere di Tiziano Gualtieri

Lisa Marzoli, classe 1979 e tanta voglia di emergere. Si può dire tranquillamente che ha dedicato la sua vita al giornalismo, suo grande amore. Laureatasi con il massimo dei voti alla Facoltà di Scienze della Comunicazione dell'Università di Macerata con una tesi sulla tv digitale terrestre, per tre anni ha fatto la spola tra le Marche e Roma, dove, su RaiUno, curava due rubriche: una di letteratura e una di spettacolo.
Da poco il grande salto e l'ingresso, a tutti gli effetti e in pianta stabile, nella grande famiglia di Uno Mattina. Tutto senza mai dimenticare i legami con la sua regione e per Teleadriatica, emittente locale che la vedeva condurre il telegiornale. Ora il salto verso la tv di Stato a tempo pieno.

Lisa, il tuo rapporto con il giornalismo inizia fin da giovanissima con la classica gavetta tra i quotidiani locali e regionali. Quanto la gavetta ti ha aiutata nella tua carriera?
«Mi ha aiutato moltissimo e sopratutto le umiliazioni. Ricordo ancora quando i miei amici mi prendevano in giro perché invece di andare a ballare andavo a sentire un consiglio comunale di tre ore, e il giorno dopo mi davano appena 10 righe sul Resto del Carlino per la sintesi. Oppure quando non riuscivo a capire il politichese (di cui ora sono esperta...) o alcuni colpi bassi delle colleghe. Sembravo davvero Cappuccetto Rosso, ma ho capito che un mio grande punto di forza è la capacità di "incassare" cattiverie e andare avanti per la mia strada. La gavetta in fondo è questo: la prima selezione naturale. Se superi l'ambiente ostile e le poche soddisfazioni iniziali in cambio di un impegno totalizzante vuol dire che hai il carattere giusto per proseguire. Ma non è stato affatto facile».

A 26 anni sei già professionista (da marzo 2005 ndr), hai alle spalle una solida formazione sia scolastica sia sul campo e già tre anni di esperienza in Rai, oltre ad essere tra i volti più noti delle Marche. Possiamo tranquillamente dire che stai bruciando le tappe. Qual è il tuo "trucco"?
«Farsi vedere determinata, preparata, ma mai aggressiva. Le donne aggressive si sentono più forti, credono di dimostrare di avere gli "attributi" con un comportamento continuamente sgarbato, poco collaborativo e supponente. Ho molte colleghe così, ma io credo che le donne abbiano altre caratteristiche da sviluppare. Sono naturalmente portate alla mediazione, sanno capire gli stati d'animo degli altri, e spesso gli equilibri interni. Tutte capacità che, se ben usate, aiutano a percorrere la propria strada evitando sgambetti. Senza scimmiottare stupidamente gli uomini».

A Uno Mattina ricopri un ruolo particolare: sei inviata.
Girerai l'Italia in lungo e in largo per parlare di tradizioni, curiosità, ma anche di problemi che attanagliano il nostro Paese. Potrai così conoscere meglio la nostra penisola, ma soprattutto illustrarla a chi ti seguirà in televisione...

«In questo credo mi aiuterà la mia formazione giornalistica. Cerco sempre di trovare in ogni cosa il lato problematico. Va bene parlare delle bellezze di una località, ma non si può fare un arido spot turistico. Bisogna parlare del territorio, dei problemi, delle difficoltà dei cittadini. Senza la presunzione di fare "inchieste" ovviamente, non è il programma giusto».

Per tre anni hai fatto la pendolare tra Civitanova Marche e Roma. Poi la decisione di trasferirti nella Capitale. Quali le differenze nel fare giornalismo in una grande città rispetto a un piccolo centro?
«La cosa che non sopporto ovunque è la presunzione. Quando si fa questo lavoro, l'umiltà è basilare. Intanto è un valido metodo per superare gli alti e bassi di questo mestiere e in più ti da la capacità di immedesimarti in chi ti ascolta. Bisogna parlare in modo semplice, senza inutili sfoggi di cultura, capire cosa interessa il pubblico e cosa semplicemente chi stiamo intervistando. Nel giornalismo regionale è facile montarsi la testa perché ti conoscono tutti e molti miei colleghi si sentono degli eletti. Niente di più sbagliato. Significa essere miopi, e infatti molti di loro rimarranno in eterno nelle loro piccole certezze senza fare un passo in avanti».

Per accettare l'offerta della Rai sei stata costretta ad abbandonare tutto: la tua regione, ma soprattutto i colleghi di TV Centro Marche e Teleadriatica Odeon (emittenti regionali coproduttrici anche del talk show politico, da Lisa condotto, Testa a testa, ndr). Si dice che ci sia un abisso tra le tv regionali e quelle nazionali, Rai in primis. È proprio così? Quali, invece, le similitudini?
«Alla Rai si ha una visione più nazionale. Non si rischia di coltivare il proprio orticello ma si guarda con curiosità ad un mondo sconfinato di cose. La competizione è altissima, raramente nascono amicizie vere, ma come palestra è eccezionale. Inoltre rispetto alle tv regionali c'è un gap strumentale incredibile. Abbiamo i mezzi per fare sempre un ottimo lavoro, come gli archivi, i database, le telecamere a infrarossi».

Nella tua giovane, ma già ampia carriera, hai lavorato anche per il Resto del Carlino. Se ti chiedessero di scegliere: televisione o carta stampata?
«Faccio la snob. Mi piace di più la carta stampata. Ma forse un po' dipende anche dalla richiesta pressante della tv di avere una bella immagine oltre che una professionalità. La prima richiesta mi mette in crisi perché sono abbastanza certa delle miei capacità giornalistiche, ma molto insicura sul mio aspetto fisico, come credo tutte le donne».

Tu sei anche direttore di un bimestrale: da quale parte della barricata si sta meglio?
«Quando si fa il redattore ordinario ci si lamenta di più, tanto poi è il direttore a sbrigarsela. Quando sei dall'altra parte ti rendi conto che i direttori hanno grane infinite non solo con la propria redazione ma con gli inserzionisti pubblicitari, i politici, i comitati, l'editore...Rispetti chi ha la capacità di mantenere gli equilibri con tutti senza impazzire. Per essere un bravo direttore bisogna essere un bravo giornalista ma sopratutto un grande stratega».

Inviata, direttore di testata, anchorwoman; tu non sei solo questo, ma anche una ragazza interessata a tutto ciò che è cultura, politica, tematiche sociali ed arte in generale. Se ti venisse chiesto di scegliere un settore da seguire, quale sceglieresti e perché?
«Sono appassionata di politica e credo nel tempo di avere maturato una certa competenza in questo settore».

Nella tua tesi di laurea ti sei occupata del digitale terrestre, un nuovo metodo di trasmissione che - però - sembra essere stato accolto in maniera abbastanza fredda dagli italiani e non aver ancora preso piede, nonostante sia sempre più vicina la "morte" della televisione analogica. Cosa si può fare perché gli italiani "accettino" questa novità forse non ancora sfruttata appieno?
«Sarà tutto più naturale di quanto sembri. Attualmente chi compra i decoder ha poca offerta di canali in digitale e non nota grandi vantaggi dall'analogico. Gli italiani si trasformeranno in amanti del digitale solo quando i tempi saranno maturi e ci saranno centinaia di canali digitali veri».

Un'ultima domanda: sappiamo che anche ESPN, canale sportivo della piattaforma Sky, si è accorto di te. Ci sono sviluppi?
«Sono molto, ma molto superstiziosa. Forse perderò qualche punto ma vado sempre in giro con un santino di Padre Pio e un cornetto. Per scaramanzia non te lo dico».

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