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Intervista ad Anna Praderio tutte le interviste
Anna PraderioTelegiornaliste anno III N. 36 (114) dell'8 ottobre 2007

Anna Praderio, passione cinematografica di Giuseppe Bosso

Che bilancio puoi trarre da Venezia e quali prospettive accompagneranno la seconda edizione di Roma Film Fest?
«È stata una delle migliori edizioni degli ultimi anni, se non la migliore, a mio modo di vedere. I film che si sono aggiudicati i premi erano tutti di altissima qualità e hanno valorizzato personaggi di grande spessore, come Ang Lee e Brian De Palma. Mi è piaciuto molto anche il film su Bob Dylan, Io non sono qui, Michael Clayton con George Clooney, e poi sono contenta per i premi assegnati a un maestro come Bernardo Bertolucci e a Tim Burton, che ha una grande capacità di comunicazione con le giovani generazioni».

Le affermazioni di Quentin Tarantino che ha definito "deprimente" il nostro cinema hanno suscitato molte polemiche. Si tratta di provocazioni oppure realtà?
«Credo che quella frase sia stata più che altro frutto di un momento; i media l'hanno saputa lanciare molto bene, ma al di là di questo non concordo, e la stessa Mostra ha valorizzato alcune opere interessanti, in particolare La ragazza del lago. Non mi è piaciuto, invece, Nessuna qualità agli eroi. E per il resto, abbiamo assistito quest'anno al grande successo di film di autori italiani: Alla ricerca della felicità di Muccino, e Saturno contro di Ozpetek. Insomma, tanto deprimente non direi».

A proposito della pellicola del regista turco, o meglio della sua interprete grande protagonista alla rassegna veneziana, Ambra Angiolini: è stato giusto scegliere lei come madrina?
«Secondo me è stata perfetta nel suo ruolo di madrina, è una ragazza intelligente e spiritosa e lo ha dimostrato durante la cerimonia d'apertura: citando Chatwin e Almodovar con grande classe. Si è rivelata un'ottima attrice, con tanto talento, dopo tanti riconoscimenti è stata premiata anche a Venezia con il trofeo Diamanti al cinema».

Da anni, ormai, sei la "donna del cinema" del Tg5. Da cosa nasce la tua passione per la settima arte?
«Dagli anni di passaggio tra la scuola e l'università, quando iniziai a frequentare corsi di storia del cinema. Da sempre ho amato il cinema, perché ritengo che sia l'arte più completa e generosa, come sostiene Bertolucci, per quello che riesce a esprimere sia dalla realtà che dalla finzione».

Spesso intervisti i big di Hollywood. Hai qualche aneddoto o qualche episodio particolare che ricordi?
«Amo le persone che nel poco spazio dell'intervista riescono a esprimere una grande voglia di confrontarsi. Ad esempio, Richard Gere, che non è mai banale nelle sue affermazioni; e poi anche George Clooney, un vulcano sempre attivo, al tempo stesso impegnato e scanzonato, che ha sempre la battuta pronta e riesce a fare sempre film di grande interesse».

Nuove leve come Giovanna Mezzogiorno, Riccardo Scamarcio e Luigi Lo Cascio possono contribuire alla rinascita del cinema italiano?
«Sono giovani promesse che vanno aiutate e seguite. Scamarcio, ad esempio, al di là del fatto mediatico che ha un grande seguito presso le adolescenti, quest'anno è riuscito a entrare nella classifica dei dieci film più visti con ben tre pellicole, tra cui Mio fratello è figlio unico, che ha ricevuto grandi consensi anche a Cannes. Ripeto, seguiamoli questi giovani!».

Questa estate abbiamo pianto la scomparsa di due maestri come Antonioni e Bergman e un grande attore come Michel Serrault; il pubblico e i media tendono a ricordarsi di questi personaggi solo in occasione della loro morte?
«Tieni presente che attori e registi sono seguitissimi fintanto che sono in attività, e Bergman da anni purtroppo aveva lasciato il set. Antonioni, invece, è sempre stato seguito con affetto e interesse; ho apprezzato molto le parole di Francesca Comencini quando a Venezia ha ricordato suo padre, Luigi Comencini: Il nostro Paese deve conservare il ricordo dei grandi maestri del passato, non per nostalgia, ma perché dalla loro lezione può rifiorire il nostro presente».

Molti grandi attori negli ultimi anni si sono spesso cimentati nella fiction televisiva, tra cui Giancarlo Giannini nel riuscito Generale Dalla Chiesa. È da interpretare come un segnale positivo o negativo per il nostro cinema?
«Assolutamente positivo: Giannini è uno straordinario interprete, davvero adatto a questa fiction dedicata ad un personaggio come il generale Dalla Chiesa. La fiction ha un linguaggio che nasce dal cinema, e spero proprio che il grande pubblico che segue queste serie riempia poi altrettanto numeroso le sale».

Tra il serio e il faceto, se potessi interpretare un film, di quale genere sarebbe e in che ruolo ti vedresti?
«La commedia romantica: è il genere che adoro, dalle pellicole di Woody Allen, soprattutto Io e Annie ai grandi classici del genere come Vacanze romane, Sabrina, Colazione da Tiffany».

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