
Telegiornaliste anno XIII N. 
		13 (523) del 5 aprile 2017
		
		
					Rebecca Vespa Berglund, racconto le storie dell’Italia che lavora
					
					di 
Giuseppe Bosso 
					
					Incontriamo Rebecca Vespa Berglund, inviata della 
					trasmissione di Rai 3
					
					Il Posto Giusto. 
					
					
Raccontaci come si è sviluppata la tua carriera e come 
					sei arrivata a Il Posto Giusto. 
					«Ho iniziato nel 2008 a Rai Educational con 
E-Cubo, 
					programma appaltato ad una società esterna, dedicato ai temi 
					dell’ambiente, che ha avuto in conduzione per la prima 
					edizione l’attuale ministro Marianna Madia; poi ho 
					realizzato un documentario che raccontava il cambiamento 
					climatico, un lungo viaggio in treno partendo da Vladivostok 
					in Russia per arrivare a Copenaghen in Danimarca in vista 
					della COP 15 del 2009, la conferenza sui cambiamenti 
					climatici dell’ONU; poi ho fatto 
Greensaver, altra 
					trasmissione sui temi dell’ambiente in onda su Sky sul 
					canale Current, la vecchia rete dell’ex vicepresidente Usa 
					Al Gore, dove eravamo due conduttrici e due esperti; per un 
					anno ho lavorato da caporedattrice per un giornale dedicato 
					all’arte. In Rai sono approdata da collaboratrice esterna e 
					tale sono ancora, tengo a precisarlo; una partita Iva, che 
					fatica! (ride, ndr) Nel 2012 ho lavorato a 
Nautilus, 
					format di Rai Scuola, con Andrea Zanni, ragazzo in 
					gambissima con il quale ho co-condotto la prima serie del 
					programma. Proprio in quel periodo sono rimasta incinta, è 
					nata mia figlia e per due anni sono rimasta ferma… in 
					Italia, ma non lo scopro certo io, è difficile uscire dal 
					mercato del lavoro e rientrarci facilmente, la mia fortuna è 
					stata incontrare nel 2014 l’allora direttore di Rai 3
					
					Andrea Vianello, che mi propose, sulla base delle 
					mie precedenti esperienze, questa opportunità chiamata 
Il 
					Posto Giusto, un format che riprendeva i contenuti di 
					Okkupati, in onda su Raitre, sempre in collaborazione 
					con il Ministero del Lavoro; il programma si è voluto porre 
					l’obbiettivo di fare qualcosa di nuovo, di diverso, di 
					raccontare le tematiche del mondo del lavoro alla luce delle 
					opportunità che Italia e Europa offrono nei campi della 
					formazione, dell’occupazione e dello sviluppo senza 
					dimenticare la grave crisi economica che ancora pesa sul 
					nostro paese. Dopo le prime due edizioni da conduttrice ora 
					mi trovo in veste on the road. Tengo a chiarire che per me 
					non è stata una retrocessione, ma una cosa che ho accettato 
					con piacere perché volevo uscire dalla dimensione studio 
					(non che lo disdegni) e mettere piede sul campo». 
					
					
Partita Iva che fatica mi hai detto: pro e contro di 
					questa condizione in Rai? 
					«Per un libero professionista vale la regola 
sii 
					imprenditore di te stesso, quindi non si smette mai di 
					cercare lavoro, non ci sono le garanzie del posto fisso per 
					capirsi. Negli ultimi anni ho lavorato con grandi momenti di 
					‘buco’, tranne ovviamente che per il ‘lavoro’ di mamma che 
					non finisce mai. Ho fatto parte anche io di quella 
					generazione, idealmente rappresentata dal libro 
					Generazione mille euro, di giovani che si arrangiano 
					facendo diversi lavoretti che magari non hanno niente a che 
					fare con il loro percorso di studi pur di guadagnare 
					qualcosa senza pesare sui proprio genitori. Anche io prima 
					di iniziare il mestiere di conduttrice, ma anche tra un 
					produzione e l’altra, ho fatto una miriade di lavori: dalla 
					modella alla hostess fino alla volantinista. Ho anche 
					scritto su giornali e riviste, ma non mi pagavano. Tornando 
					alle Partite Iva; è una condizione che non ti dà garanzie, 
					niente tutele in caso di malattie, devi lavorare anche con 
					38,5° di febbre. Si sta cercando di andare verso un welfare 
					delle Partite Iva, agevolazioni, regimi forfettari, ma la 
					strada è ancora molto lunga». 
					
					
Tra le storie che hai seguito quale ti è rimasta 
					impressa? 
					«Non c’è una storia in particolare che mi ha colpita, sono 
					state tutte molto intense e molto vissute: a Carrara, dove 
					sono andata per raccontare il distretto del marmo, ho 
					conosciuto una giovane ragazza, Giulia, determinatissima e 
					volitiva, che ha deciso di seguire un percorso scolastico 
					per lavorare nelle cave, un luogo a quote rosa zero. A 
					Cremona ho avuto modo di entrare dentro la bottega di un 
					liutaio e di conoscere la sua storia dietro ad un mestiere 
					che mischia artigianato arte e passione. A Castelfidardo ho 
					incontrato un giovane ragazzo che lavora con le “voci” delle 
					fisarmoniche, dà il giusto suono a questi strumenti. Uno 
					strumento straordinario e pensare che in questo piccolo 
					comune marchigiano si produce il maggior numero di 
					fisarmoniche al mondo!. Ci sono poi personaggi che non sono 
					apparsi nei servizi che ho realizzato, assieme (ci tengo a 
					dirlo!) ad un eccellente filmmaker, compagno di viaggio 
					preziosissimo Pierluigi Braca. Ad esempio, nel distretto del 
					legnoarredo della Brianza mi è capitato di incontrare un 
					imprenditore della vecchia guardia, il cavalier Barzaghi: 
					negli anni ’50 riparava biciclette rotte poi negli anni ha 
					creato una della più importanti aziende del distretto. 
					Sempre in Brianza un altro importante incontro è stato 
					quello con Angelo Candiani, fondatore del Polo formativo del 
					legnoarredo, una persona immensa molto dedicata al sociale e 
					alla formazione dei giovani». 
					
					
Non ti è mai venuto in mente di vivere nell’altra tua 
					patria, la Svezia, decisamente un’altra realtà rispetto 
					all’Italia? 
					«Ma io in Svezia non ho mai vissuto! Riconosco che il 
					modello di welfare sociale svedese è molto allettante, che 
					le opportunità sono di più, che è un paese meglio 
					organizzato da vari punti di vista, trasporti, formazione, 
					lavoro, assistenza. L’idea di un trasferimento a volte mi è 
					passata per la mente. L’Italia deve ancora fare molto per 
					raggiungere quei livelli di sistema paese. Attraverso i miei 
					servizi ho raccontato una bella Italia, quella delle 
					eccellenze produttive del made in Italy. Anche le eccellenze 
					formative non mancano come ad esempio il Polo Legnoarredo di 
					Lentate sul Seveso, Brianza. Si tratta di un ITS, Istituto 
					Tecnico Superiore, che forma quelle competenze che servono 
					alle imprese del settore legnoarredo. L’Italia è il paese 
					dei paradossi, la disoccupazione giovanile è alta ma allo 
					stesso tempo sono molte le vacancy, i posti vacanti, solo 
					non ci sono le competenze adatte a soddisfare le esigenze 
					delle imprese, del mercato. La formazione è un punto 
					cruciale: l’OCSE dice che la media dei NEET cioè le persone 
					che non studiano, non lavorano e non seguono un percorso di 
					formazione, è inferiore nei luoghi dove l’alternanza 
					scuola-lavoro è maggiore. bisogna capire qual è la strada 
					giusta da percorrere e percorrerla fino in fondo; è pur vero 
					che abbiamo un gap da recuperare: i paesi del nord Europa 
					hanno iniziato a riformare il mercato del lavoro, a 
					investire di più in formazione e in politiche attive venti 
					anni fa». 
					
					
L’Italia è un Paese per mamme? 
					«No sinceramente: non è un paese per donne, aggiungerei. 
					Siamo le più brave negli studi ma quando ci scontriamo con 
					il mondo del lavoro siamo penalizzate e discriminate dal 
					punto di vista dei compensi. Se si è madri poi, lasciamo 
					stare. La maternità nel mondo del lavoro rimane un tabù, 
					spesso se ci presentiamo ad un colloquio di lavoro e diciamo 
					di essere madri veniamo scartate. Per quanto mi riguarda, se 
					non avessi avuto una rete familiare di zie, nonne, mio 
					marito, anche lui un libero professionista, che mi hanno 
					aiutata con la bambina, non credo avrei potuto accettare il 
					lavoro di inviata». 
					
					
Cosa vedi nel domani? 
					«Serenità e un po' più di sicurezza in termini di continuità 
					lavorativa. Vorrei portare avanti questo lavoro che ho 
					sempre sognato di fare, quello della conduzione, quello di 
					inviata per continuare a raccontare le storie delle persone 
					attraverso il lavoro e non solo».