
Telegiornaliste anno XIV N. 
		34 (581) del 12 dicembre 2018
		
		
Ilaria 
				 Tuti, i miei Fiori sopra l’inferno 
				 di 
Antonia del Sambro 
				 
				 Sensibile, raffinata, di talento e generosa, Ilaria Tuti è una 
				 donna e una scrittrice straordinaria che si merita tutto il 
				 successo che sta vivendo con il suo romanzo. 
Fiori sopra 
				 l’inferno si è aggiudicato la menzione speciale per 
				 assoluto merito, essendo un lavoro meraviglioso, e anche perché 
				 è un romanzo scritto con passione e capacità narrativa e che 
				 per questo resterà per lungo tempo nel cuore di tanti lettori. 
				 E noi l'abbiamo intervistata per Telegiornaliste. 
				 
				 
Ilaria il tuo ultimo romanzo ti ha davvero consacrata e 
				 fatta apprezzare anche da chi, abitualmente, non legge gialli. 
				 Come ti fa sentire tutto questo? 
				 «Grata e piena di entusiasmo. Mi sento circondata da tanto 
				 affetto. Ogni giorno ricevo messaggi dai lettori che mi fanno 
				 capire quanto 
Fiori sopra l’inferno sia riuscito a 
				 toccare corde emotive profonde. È gratificante, ma rappresenta 
				 anche una responsabilità: d’ora in avanti non potrò dare nulla 
				 di meno». 
				 
				 
In Fiori sopra l'inferno c'è poesia, suspense e 
				 delicatezza. C'è un posto del cuore dove solitamente ti metti a 
				 scrivere? 
				 «La mia scrivania è un vecchio tavolo da osteria degli anni 
				 Quaranta, senza più vernice, con le gambe mangiate e il piano 
				 tarlato. Scrivere sul legno, sentire il suo velluto sotto le 
				 dita, il profumo delle fibre asciugate da decenni d’uso sono 
				 esperienze sensoriali che mi riportano a una dimensione più 
				 intima del quotidiano e mi aiutano a liberare le emozioni per 
				 metterle tra le righe». 
				 
				 
A parte la protagonista quale è il personaggio del tuo libro 
				 che ti procura più emozioni? 
				 «L’ispettore Marini ha parte del mio cuore, ma le emozioni più 
				 forti e tenere me le ha date l’assassino. Sembra paradossale, 
				 ma l’empatia attraverso cui lo svela il commissario Battaglia 
				 rende difficile chiamarlo “colpevole”. La definizione più 
				 toccante di lui l’ha data una lettrice: è un bambino con il 
				 corpo di un uomo, con il cuore di un dio». 
				 
				 
Tu hai un modo di narrare unico, una scrittura tutta tua che 
				 crea immediatamente un forte legame con il lettore. Non temi 
				 che tutto questo possa un po' perdersi nelle traduzioni del tuo 
				 libro in un'altra lingua? Anche se essere letti all'estero è 
				 sempre una soddisfazione. 
				 «Prima di tutto grazie per l’apprezzamento! Non mi sono posta 
				 questo problema, perché sento di essere in ottime mani. I 
				 traduttori sono professionisti, sanno che il lavoro che 
				 svolgono non è solo formale, ma anche emozionale. Devono 
				 sentire la “voce” del romanzo e restituirla il più possibile 
				 intatta al lettore, senza che perda efficacia e suggestioni. Mi 
				 affido a loro. Scrivere un romanzo è un atto intimo, ma 
				 pubblicarlo richiede la collaborazione di tante menti e – si 
				 spera – tanti cuori». 
				 
				 
Se dovessi racchiudere tutto il tuo romanzo in un'unica 
				 frase del libro quale sceglieresti e perché? 
				 «
Perché io, come loro, vedo oltre i fiori. Vedo l’inferno: 
				 questa riflessione è il cuore della storia. Appartiene a Teresa 
				 Battaglia, commissario di Polizia quasi sessantenne, profiler e 
				 protagonista di 
Fiori sopra l’inferno. Teresa è una donna che 
				 in passato ha sofferto a causa di un matrimonio violento. Per 
				 essere libera ha pagato un prezzo altissimo, ma è riuscita a 
				 trasformare il dolore più straziante in fuoco d’amore per la 
				 vita, in un’empatia che la lega tanto alle vittime quanto ai 
				 carnefici. La compassione, però, la priva delle difese 
				 psicologiche che tutti noi abbiamo nei confronti del male, di 
				 quel sano egoismo che ci fa vivere senza troppi turbamenti, 
				 anche quando attorno a noi altri soffrono. È uno schermo che la 
				 natura ci ha donato per sopravvivere, per non farci restare 
				 invischiati nella palude di una continua afflizione. Sotto i 
				 nostri piedi c’è l’inferno, ma noi ammiriamo i fiori che vi 
				 crescono sopra: è la nostra salvezza quotidiana. Teresa, 
				 invece, si è spogliata di questo filtro per riuscire a calarsi 
				 nelle profondità di una psiche turbata, quella dell’assassino a 
				 cui deve dare la caccia. Per trovarlo, deve capirlo. E per 
				 capirlo deve sentire dentro di sé il dolore che l’ha 
				 trasformato in una belva». 
				 
				 
Fiori sopra l'inferno si è aggiudicato la menzione 
				 speciale del premio Scerbanenco: qual è la prima persona che ti 
				 viene in mente di ringraziare? 
				 «Fabrizio Cocco, il mio editor. Fabrizio ha scoperto Teresa 
				 Battaglia, l’ha amata e seguita fino a farla arrivare ai 
				 lettori. E ha seguito anche me, dal punto di vista 
				 professionale e umano, in questa avventura entusiasmante, ma 
				 anche faticosa. Sono molto fortunata ad averlo al mio fianco, 
				 come sono fortunata a far parte della squadra Longanesi. I 
				 premi gratificano e sono riconoscimenti importanti, per 
				 l’autore e per l’Editore, ma noi abbiamo già vinto una grande 
				 scommessa, tutti insieme».