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Intervista a Simona Rolandi (3)   Tutte le interviste tutte le interviste
Simona RolandiTelegiornaliste anno XVIII N. 29 (713) del 16 novembre 2022

Simona Rolandi, vi racconterò Qatar 2022
di Giuseppe Bosso

Ormai ci siamo, l’edizione numero ventidue dei Mondiali di calcio, che stavolta si disputerà tra novembre e dicembre in Qatar piuttosto che in estate, è al via, purtroppo per la seconda volta consecutiva senza i nostri azzurri; ma gli appassionati calciofili del Belpaese, con il campionato di serie A necessariamente sospeso per l’occasione, potranno comunque seguire l’evento grazie agli schermi di Raisport, che potrà contare su un affidabile team in loco, di cui fa parte Simona Rolandi, che proprio alla vigilia della partenza per il Qatar ci racconta le sue sensazioni.

Simona, con che spirito andrai in Qatar?
«Con lo spirito di una giornalista sportiva che si occupa da sempre di calcio e di sport, e che ogni volta che partecipa a un evento come questo corona uno dei suoi sogni; è il quarto mondiale che seguo- il terzo sul posto- dal 2006 che ricordiamo tutti, e lo seguirò con lo stesso impegno delle altre occasioni, grazie a un’azienda che ha investito e creduto in questa rassegna e che permetterà a tutti gli appassionati italiani di seguirlo interamente da Doha. Lo spirito sportivo è questo, sappiamo che andiamo in un Paese che impone delle accortezze e delle culture che dobbiamo rispettare».

Il rammarico più grande è ovviamente l’assenza dell’Italia, inaspettata dopo la vittoria degli Europei un anno fa: come ti sei spiegata questo tracollo?
«La vittoria degli Europei è stata la perfezione di un’avventura iniziata bene e finita meglio, al di là delle più rosee aspettative, visto che nessuno avrebbe scommesso su questa vittoria; poi è svanita la magia, si è rotto qualcosa nel meccanismo, ne è uscita un’Italia diversa che poi è andata a pagare con episodi come rigori sbagliati o sottovalutazione di impegni durante le qualificazione; c’è stata una sorta di totale incredulità per questa assenza che purtroppo poi si è concretizzata ; la qualificazione andava conquistata sul campo, ma è successo quello che è accaduto contro la Macedonia, mi sembra ancora incredibile che, per la seconda volta di fila, siamo fuori dal Mondiale ».

Malgrado tutto il nostro calcio sta comunque vivendo una nuova fase di crescita, c’è da essere ottimisti per il futuro, per esempio considerando il fatto che tutte le nostre squadre sono ancora in corsa nelle tre competizioni Uefa?
«Bisogna essere sempre ottimisti per il futuro ma in questo senso, più che al cammino dei club, bisognerebbe pensare a quanti giocatori italiani vengono impiegati dai nostri club che sono ancora in corsa nelle competizioni europee. È da lì che bisogna ripartire; da Fagioli che può risolvere una partita, un ragazzo giovane che può darci segni di speranza, a Raspadori che è tra i protagonisti del cammino trionfale del Napoli. Non penso a Osimhen o Kvaratskhelia ma a quanti italiani vengono schierati dalle squadre impegnate in Europa. È la domanda da porsi».

In questo autunno hai avuto modo di seguire da vicino altre due competizioni mondiali, quelli di pallavolo sia maschile che femminile, che si sono conclusi con la vittoria il primo e il rammarico la seconda, anche per la vicenda legata a Paola Enogu: le tue sensazioni di quei giorni?
«I ragazzi di De Giorgi hanno dato all'Italia intera una gioia paragonabile a quella vissuta con gli Europei di calcio: non partivano da favoriti e , in finale, si sono imposti contro la Polonia in casa della Polonia. Professionalmente è stata un'esperienza meravigliosa aver raccontato al pubblico a casa un evento storico...è stato un privilegio e un onore per i quali ringrazio Alessandra De Stefano, il mio direttore che ha voluto che io fossi lì. E' stata altrettanto coinvolgente l'avventura dell’Italia femminile, che invece partiva tra le favorite: ha fatto un bellissimo cammino ma poi si è fermata sul più bello; purtroppo il caso di Paola Enogu ha spostato l’attenzione, offuscando una medaglia di bronzo comunque importantissima, che l’Italia femminile non aveva mai vinto a un mondiale. Ora Paola è in Turchia, ha messo in pausa la sua esperienza azzurra sentendosi ferita da attacchi social: i leoni da tastiera stanno lì, non ti guardano in faccia ma lei sa quanto è amata dai tifosi italiani».

Ci siamo sentiti l’ultima volta all’inizio del 2011; rispetto ad allora com’è cambiata la tua vita?
«Non è cambiata molto, non sono cambiata io... sono invecchiata, ho undici anni in più - ride, ndr – ho sempre la stessa modalità di vita che avevo prima, con la stessa passione per il lavoro, gli stessi valori e la stessa attenzione per le persone che amo... alcune – purtroppo – rispetto ad allora non ci sono più... e questo si, ha reso la mia vita diversa...».

Da qualche settimana è iniziata la nuova esperienza che ti vede protagonista nella prima parte di Domenica Dribbling, con Tommaso Mecarozzi, nella quale fin dalle prime puntate hai intervistato donne con alle spalle esperienze forti, a cominciare da Federica Cappelletti, moglie di Paolo Rossi, e ultimamente Annalisa Minetti: è un modo per far conoscere allo spettatore anche il lato umano dello sport?
«Domenica Dribbling è un grande contenitore diviso in tre parti: domenica dribbling le Storie, poi la Salute con Cristina Caruso e dopo Paola Ferrari e Adriano Panatta. Anche senza tralasciare gli aspetti di attualità più importanti, nel nostro spazio chiamato Storie cerchiamo di dare spazio al lato emozionale per conoscere questi personaggi e farci raccontare storie di vita che vanno oltre l’aspetto sportivo».

Riesci ancora a seguire lo sport con passione o avresti voglia di cimentarti in altri settori del giornalismo?
«Sai, lo sport è la mia passione, lo è stato sempre e lo è ancora; amo quello che faccio. Le emozioni che ti trasmette un'olimpiade o un Mondiale sono uniche; sto bene a Rai Sport, da una vita, ma mantengo comunque alta l’attenzione anche su altre cose».

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