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Intervista a Cristiana Barone (2)   Tutte le interviste tutte le interviste
Cristiana BaroneTelegiornaliste anno XIX N. 16 (732) del 17 maggio 2023

Cristiana Barone, com’è cambiata la mia vita
di Giuseppe Bosso

Era autunno 2007 quando la incontravamo per la prima volta, allora volto di punta di una storica emittente partenopea. Da allora molte cose sono cambiate nella vita di Cristiana Barone, che siamo lieti di ritrovare.

Bentrovata, Cristiana, dopo sedici anni, com’è cambiata la tua vita da allora?
«Mi sono allontanata dalla televisione per scelta, vedendo come il digitale avesse modificato la struttura delle televisioni e dell’editoria, ho preferito uscire da un circolo che mi sembrava vizioso, nel quale il giornalista non era più una persona che vagliava le fonti alla ricerca della verità. Sono diventata grafologo giudiziario, lavoro in tribunale e all’università. Ma adesso dopo cinque anni di ‘disintossicazione’ ho deciso di tornare in video, a Canale Otto e in alcune produzioni di Canale 21, storiche emittenti napoletane che consentono a chi ha fatto giornalismo in un’altra epoca di poter raccontare la verità vera, senza alcuna deviazione o obbligo».

Sicuramente la novità più importante è stata la nascita di tua figlia che, a poco a poco, si avvicina alla maggiore età: quali sono i tuoi pensieri?
«Mia figlia non guarda proprio al lavoro che faccio, davanti a sé ha due strade: diventare avvocato seguendo le orme del padre e il tennis, con ogni probabilità seguirà questi percorsi».

Allora volto di punta di Telecapri, oggi su Canale Otto la trasmissione Punto Centrale. Con quali prospettive?
«Possiamo dire che sono tornata alle origini, non ho nessun vincolo e questo mi consente di sentirmi libera. Ho chiesto di partecipare a questa trasmissione perché credo che abbia tutte le caratteristiche per essere molto seguita, come lo è già. Mi metto in gioco con loro perché lo sia ancora di più».

Buona parte del tuo percorso professionale di oggi è dedicato alla formazione dei giovani. Vale la pena scommettere sulle nuove generazioni?
«Sempre. Sulle nuove generazioni in qualsiasi settore e attività professionale o tecnica bisogna credere nei giovani, e io credo nelle loro potenzialità, ma devono avere qualcuno che li accompagni. E molti di loro posso dire di averli visti crescere e ancora sono con me».

Lo scudetto appena vinto dal Napoli rappresenta un segno di riscatto della città o resterà circoscritto all’ambito sportivo?
«No, è il rilancio della città. La presenza di tanti turisti per vivere questo momento magico nella città più bella del mondo, pur con tutte le sue difficoltà, lo dimostra. Siamo un popolo anarchico che stabilisce e decide anche le sorti degli altri. Napoli ha saputo migliorarsi in molti aspetti dal tempo in cui ero continuamente in strada».

Allora, nella nostra prima chiacchierata, mi avevi parlato delle tre ‘esse’ del giornalismo: sesso, sangue e soldi. Possiamo dire che oggi se n’è aggiunta una quarta, ‘social’?
«E anche una quinta direi, sport. Nel senso che i social sono il male del secolo, non si vive più la vita vera ma quella mediata da uno schermo, e lo noto con mia figlia che non riesce a guardarsi intorno e godersi il piacere di un momento perché ha la testa costantemente fissa sul monitor. Anche i rapporti interpersonali sono cambiati, non riusciamo nemmeno a mandarci a quel paese senza il veicolo di un social».

Secondo te i media danno troppa enfasi ai casi di cronaca nera e in particolare di violenza?
«No. Ho capito il perché c’è tutto questo spazio: bisogna che qualcuno si senta toccato e denunciare. Sicuramente c’è un’alterazione della verità, si parla sempre di violenza sulle donne ma esiste anche una violenza sugli uomini di cui si parla poco. La cronaca è il racconto di eventi, purtroppo anche delitti, ma esiste anche quella ‘bianca’ che parla di politica ed eventi».

Ricordando il titolo dell’intervista del 2007, oggi Cristiana Barone è meno ‘diavolo’ di allora?
«Assolutamente no! (ride, ndr) Anzi sono un diavolo ancora più consapevole».

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