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Intervista a Luciano Ghelfi   Tutte le interviste tutte le interviste
Luciano GhelfiTelegiornaliste anno V N. 33 (204) del 21 settembre 2009

Luciano Ghelfi, una vita improntata al giornalismo
di Giuseppe Bosso

Giornalista professionista dal 1987, Luciano Ghelfi lavora alla redazione politica del Tg2. Laureato in scienze politiche, ha frequentato anche l'Istituto per la formazione al giornalismo Carlo De Martino di Milano, allora unica scuola in Italia per la professione. Come scrittore ha partecipato alla realizzazione di tre saggi: Riforme Istituzionali. Una provocazione padana, Le città di destra e di sinistra. Dove la Padania ha cuore e testa e La repubblica dei sondaggi .

Che bilancio puoi trarre dal recente G8?
«Positivo. L’organizzazione è stata perfetta. Gli italiani sono bravi ad organizzare le cose all’ultimo momento, ed è stato così anche stavolta. Fino alla sera eravamo nel caos più totale, ma è stato un vero successo che hanno riconosciuto anche quegli osservatori stranieri solitamente ‘cattivelli’ con noi».

Quali scenari possono delinearsi da questo vertice?
«Mi pare assurdo che questi vertici continuino ad escludere economie emergenti come Cina, India, Brasile e Messico. In futuro, quindi, sarà opportuno allargare il G8 a G14 perché sono le economie del domani».

Ritieni sia stato giusto spostare la sede da La Maddalena a L’Aquila?
«È stato un azzardo, certo. Molti avevano paura di nuove scosse di terremoto. È stato faticoso muoversi perché gran parte dei giornalisti erano stipati a Chieti, lontano da dove il vertice svolgeva i suoi lavori. Anche noi della Rai eravamo sparpagliati per mezzo Abruzzo. Il mio albergo era in montagna, a 35 chilometri dalla sede del vertice».

Da osservatore delle vicende della Lega, come giudichi il Caso Salvini?
«Seguo la Lega dal 1992 e posso dire che da allora sono due i registri che il partito di Bossi ha sviluppato: quello dell’invettiva, con uscite come questa che servono a marcare una presenza e una identità, e quello pragmatico, svincolato dal primo. È importante saper distinguere questi due filoni, perché la Lega nei fatti ha saputo dimostrare di poter ottenere risultati importanti senza cadere negli eccessi cui ci hanno abituato, per esempio, lo stesso leader con uscite come i 300mila bergamaschi armati o la secessione. Indubbiamente quelle parole sono censurabili, ma ripeto, non bisogna confondere questo lato della Lega con quello che, nella legalità, si è saputo affermare».

Pro e contro di lavorare al Tg2.
«Molti pro. Sicuramente, rispetto al Tg1, non abbiamo quella pressione e quella voglia di protagonismo che i nostri colleghi del primo canale talvolta hanno. Ci dà magari minore visibilità, ma per contro ci permette di lavorare anche con maggiore serenità e senza una particolare competizione».

Ti senti più giornalista o scrittore?
«Assolutamente giornalista. I tre libri a cui ho collaborato sono stati il completamento di questo percorso. La mia storia professionale è improntata, e lo sarà ancora, al giornalismo».

La notizia che vorresti dare un giorno?
«Mi piacerebbe poter annunciare l'entrata in vigore di una riforma costituzionale, allo stato ancora lontana. Attenzione, riforma non nei principi fondamentali che sono il caposaldo del nostro Stato, ma piuttosto relativamente alla parte sulla disciplina delle istituzioni. Ritengo che 945 parlamentari per 2 camere identiche siano obiettivamente troppi, ed è in questo senso che dovrebbero spingersi le attenzioni per chi parla di riforme. Solo così si potrebbe finalmente parlare di uno Stato veramente più efficiente e attivo».

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