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Oriana MariottiTelegiornaliste anno VIII N. 25 (327) del 25 giugno 2012

Oriana Mariotti: dalle passerelle a Telecity
di Giuseppe Bosso

Conduttrice del tg dell'emittente ligure Telecity, ma non solo: in passato anche attrice, doppiatrice e indossatrice, esperta di musica e cofondatrice di un sito dedicato al gruppo Bluvertigo, questa settimana incontriamo Oriana Mariotti.

Da indossatrice a giornalista: possiamo dire che ti sei reinventata un mestiere?

«Diciamo piuttosto che ho iniziato a lavorare molto presto nel campo dell’informazione; a 17 anni conducevo i primi programmi musicali in radio e dopo poco mi occupavo anche di giornalismo. Quando, qualche anno più tardi, mi è stato proposto di sfilare e di posare come modella, ho accettato di assecondare il mio amore per la moda, che sin da piccola mi portava a disegnare abiti e accessori e a sfogliare riviste e cartamodelli, ma senza smettere di fare giornalismo».

Hai anche dei trascorsi da attrice e doppiatrice: come hai vissuto queste esperienze?

«Credo che lavorare nella comunicazione significhi innanzi tutto avere la possibilità di esprimere e veicolare qualcosa di sé agli altri, e trovo che recitare, doppiare o condurre un telegiornale non siano compiti poi così diversi l’uno dall’altro. Ci sono l’impostazione della voce, l’uso del diaframma, l’espressività, il rispetto dei tempi. Ho vissuto queste esperienze con impegno e soddisfazione; credo che ogni tipo di lavoro abbia sempre qualcosa da farci imparare su noi stessi. Cosa trovo difficile è invece riuscire a conciliare i diversi tipi di interessi, un po’ perché sono piuttosto dispersiva ed anche perché, soprattutto qui in Italia, abbiamo la necessità di incasellare le persone in ruoli specifici e dai quali non si può uscire. Se, ad esempio, mi piace fare la giornalista ma anche la psicologa, e – perché no? – anche la promotrice musicale, è un problema perché la gente non sa come catalogarti. Ed è un peccato, perché gli esseri umani per fortuna sono fatti di tante cose e non hanno un unico interesse».

Quali sono le gioie e i dolori di una giornalista in Liguria?

«Questo è un argomento delicato, diciamo che la Liguria non è la regione più adatta per chi vuole fare informazione, Genova soprattutto è votata culturalmente ad altro, dalla portualità all’imprenditoria; persino nel turismo le cose stanno migliorando. L’offerta è ristretta, a Genova sono poche le emittenti radio-televisive o le testate giornalistiche che riescono a sopravvivere e quando la concorrenza rischia di sparire si apre un grande vuoto, che è pericoloso perché accentra il potere nelle mani di pochi. Ma, nonostante la crisi, le mete privilegiate per chi fa informazione restano Milano e Roma».

Da psicologa quale terapia consiglieresti alla nostra epoca per uscire dalla crisi?

«Per la crisi che porta alla depressione e all’impossibilità di immaginarsi un futuro consiglierei il dialogo, l’apertura reciproca, il contatto. L’attitudine al non-giudizio. La tolleranza. E l’abdicazione della prepotenza».

Quale personaggio, oltre a quelli che hai intervistato, aspiri a 'torchiare'?

«Diciamo che il termine “torchiare” mi mette un po’ a disagio. Non amo mettere in soggezione nessuno e rispetto sempre il mio interlocutore, con il quale amo avere uno scambio reciproco di idee, informazioni, esperienze di vita. Sono molte le persone che mi piacerebbe intervistare ma temo siano tutte passate a miglior vita...Sigmund Freud, Indro Montanelli, Enrico Berlinguer, Milan Kundera, Pier Paolo Pasolini, Cesare Pavese, Oriana Fallaci...»ne avrei a bizzeffe. Fra i viventi direi chiunque, ogni occasione di incontro è sempre una opportunità di crescita.

E quale, tra quelli che hai incrociato, ha deluso le tue aspettative?

«Ce ne sono parecchi, ma non farò mai i nomi. In fondo, delude le nostre aspettative quella persona che non rientra nell’idea che ci siamo fatti di lei, quindi siamo noi a sbagliare quando idealizziamo troppo gli altri. In genere, le aspettative portano sempre a delusioni. La tendenza comunque è che i migliori siano sempre coloro che non hanno la smania di arrivare, di mettersi in mostra, di “avere”. Amo le persone che rispettano le persone, che non giudicano, che hanno voglia di condividere in modo generoso e disinteressato, senza essere invadenti. Odio la volgarità in ogni sua forma».

Come sarà Oriana tra 10 anni?

«Sicuramente più vecchia. Spero anche più saggia. E con qualche esperienza in più nel curriculum; magari un libro, un progetto editoriale, chissà. Ma non amo pensare troppo al futuro o a progetti a lungo termine; nessuno può sapere che accadrà in futuro».

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