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Intervista a Piero Ottone   Tutte le interviste tutte le interviste
Piero OttoneTelegiornaliste anno VI N. 3 (220) del 25 gennaio 2010

Piero Ottone: vizi e virtù di Silvia Grassetti

Protagonista negli ultimi trent’anni di alcuni dei momenti più importanti della recente storia del giornalismo, dalla direzione de Il Corriere della Sera - con le dimissioni di Indro Montanelli - alla guerra di Segrate tra De Benedetti e Berlusconi per il controllo della Mondadori, fino ai dibattiti con Umberto Eco sulla libertà dell’informazione e la separazione tra notizia e commento.

Dopo aver ricoperto, tra l’altro, il ruolo di garante del lettore al quotidiano La Repubblica, Piero Ottone si dedica oggi soprattutto alla grande passione per la vela e all’acuta osservazione dei costumi italiani con la rubrica Vizi & Virtù su Venerdì di Repubblica. È autore di diversi libri tra cui: Storia del giornalismo italiano, Memorie di un vecchio felice, Gianni Agnelli visto da vicino.

Piero, cosa ci vuole per fare bene il giornalista?
«Curiosità, interesse per tutti gli esseri umani, e soprattutto la mentalità dello spettatore che non ha l’ambizione di essere un protagonista».

E per fare il direttore?
«Il bello è che si può decidere. Noi viviamo al massimo quando possiamo decidere. Questo è l’appagamento massimo che si può avere nel mestiere di giornalista».

Un difetto del mestiere di giornalista?
«Difetto sì, ma veniale: l’eccessiva letteratura. Spesso il giornalista vuole mettere in mostra le sue qualità di novelliere a scapito del fatto. Il migliore in questo senso è Indro Montanelli. È un prosatore stupendo ma ha privilegiato sempre la prosa e le sue impressioni ai fatti».

E un difetto tutto italiano?
«Molto spesso, in Italia, il giornale appartiene a gruppi economici e quindi c’è sempre il sottofondo di propaganda».

Il peggiore difetto?
«Un difetto mortale: la professione giornalistica in Italia non crede nel principio dell’obiettività. Il giornalista deve avere una sua Weltanschauung, ma deve raccontare le cose come crede che stiano, indipendentemente dalle sue idee. Deve dare il massimo di obiettività».

Cioè?
«In Italia dire che un giornalista deve essere obiettivo è una stranezza, mentre dire che un magistrato deve essere giusto è banale: il ragionamento deve essere applicato a entrambi».

Un esempio?
«Scalfari: è un caso schizofrenico. Ha un lato di giornalista nato, però nega che l’obiettività sia possibile e dà importanza all’orientamento del giornale. Fortuna che con Ezio Mauro il concetto della libertà e dell’obiettività è stato accentuato».

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