Laura
Magli e quel tesoro chiamato Fede
di
Giuseppe Bosso
Giornalista e scrittrice, inviata di molte trasmissioni in onda sulle reti
Mediaset, incontriamo
Laura Magli.
Benvenuta Laura. Anzitutto inevitabilmente una domanda sul suo libro,
Un tesoro chiamato Fede. Piccolo saggio per cacciatori di felicità.
Com'è nato, cosa l'ha spinta a elaborarlo e quali riscontri ha avuto?
«Da una fortissima spinta interiore è nato. Sono una donna di fede ma
anzitutto una mamma di due bambini di nove e sei anni. Durante il covid ho
provato a raccogliere in un testo pensato per i bambini cosa rappresentasse
per me la preghiera. È stata una scommessa e devo ringraziare anzitutto
Benedetta Cimini che mi ha messo in contatto con Giuseppe Barnabadella
Scorpione Editrice di Taranto che, con molta fiducia, ha investito in questo
progetto curandone anche l'illustrazione (le immagini sono di Doris Ria).
Come le dicevo questo libro è un messaggio rivolto anzitutto ai bambini per
trasmettere loro la bellezza della preghiera, per provare a raccontare
quanto siano speciali, attraverso l'escamotage del personaggio protagonista,
appunto Federica - chiamata con il diminutivo “Fede” - che guida il lettore
in un viaggio simbolico alla scoperta del tesoro nascosto in fondo al loro
cuore. Un tesoro però di cui non sempre, anche noi adulti, siamo pienamente
consapevoli».
C'è ancora spazio per la fede in quest'epoca di materialismo, violenze e
purtroppo ancora conflitti non solo tra nazioni?
«C'è spazio e al tempo stesso c’è un bisogno disperato di ritrovare questo
spazio là dove manca. Da cristiani soffriamo quando non teniamo nella giusta
considerazione l’idea di essere persone fatte a immagine di Dio, una
condizione che ci fa tendere all’infinito. Improntare la nostra esistenza
all'esclusivo materialismo invece ci rende inevitabilmente infelici proprio
perché è insito nell'uomo essere anche una creatura divina».
Il lascito più importante di Papa Francesco qual è stato secondo lei e
cosa si aspetta dal nuovo Pontefice?
«Parlare di lascito secondo me sarebbe riduttivo per come Papa Francesco ha
letteralmente rivoluzionato molti aspetti della trasmissione, comunicazione
e liturgia del cattolicesimo. Certo, non sono mancate critiche al suo
operato. Ma è stato indiscutibilmente un pontefiche che ha creato un solco
tra un 'prima' e un 'dopo'. Il suo successore non potrà non fare i conti con
questa realtà. Da credente ritengo che tutto rientri in un disegno divino e
sarà in ogni caso il tempo a mostrarci concretamente l'entità di questo
lascito».
Ha praticamente esordito con Nadia Toffa: cosa ricorda di lei?
«Nadia è (lo dico al presente perché è ancora con noi, tranne il suo corpo
materiale) travolgente, una forza della natura fuori dal comune. Ci lega un
affetto nato dall'aver condiviso i nostri primi approcci con il mondo della
televisione per poi ritrovarci a Mediaset. Ricordo come fosse ieri un giorno
in cui eravamo in viaggio in auto verso Bergamo e lei mi raccontò come il
suo sogno fosse diventare una Iena: sogno che è riuscita a coronare. Ricordo
che quando andò in onda il suo primo servizio mia madre mi chiamò per dirmi:
“Ho visto la tua amica a
Le Iene!”. Io la chiamai immediatamente.
Quando rispose dissi: “Pronto? Parlo con la Iena Nadia Toffa?”. E lei, con
la sua inconfondibile voce: “Sììì!” (ride, nd). È una ragazza che ce l'ha
sempre messa tutta. Nonostante quello che ha sofferto è sempre rimasta la
ragazza con il sorriso sulle labbra che contagiava tutti capace, negli
ultimi momenti di vita, a mostrare una saggezza e una pace interiore anche
in quel caso fuori dal comune».
Una vita da inviata potremmo dire parafrasando Ligabue: gioie e dolori di
raccontare l'Italia andando su e giù per lo stivale.
«Le gioie sono legate anzitutto alla passione di svolgere questo mestiere
che per molti aspetti come la cura e l’attenzione con cui si riporta una
notizia si avvicina a un opera di artigianato. La nostra è una professione
che ci chiede di essere puntuali e rispettosi della notizia e dello
spettatore mettendoci nelle condizioni di conoscere il mondo e di
sperimentare esperienze uniche. I dolori sono sicuramente legati alle
notizie più tristi quando ho modo di toccare con mano la sofferenza dei
parenti delle vittime di episodi di violenza. Anche in questo la fede mi ha
aiutato nel mettermi nei panni dell'altro e di provare empatia per la
sofferenza».
Da mamma vive con apprensione il domani che potrebbe esserci?
«Se ci fermiamo all'aspetto materiale legato alla realtà che
quotidianamente ci circonda solo una mamma snaturata non sentirebbe un’umana
preoccupazione! Da donna di fede però invito tutti a riflettere su una
frase, scritta 365 volte nella Bibbia: “Non temere”. “Non abbiate paura”
hanno pronunciato più volte sia Giovanni Paolo II che Papa Francesco,
invitando i giovani a essere inquieti e affrontare con questo spirito la
paura, proprio per non perdere la speranza. Dovremmo ricordarci di
non scaricare tutta la responsabilità esclusivamente sugli altri ma
chiederci anzitutto cosa stiamo facendo noi e cosa potremmo fare davvero per
cambiare in meglio questo mondo».