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Telegiornaliste anno II N. 8 (40) del 27 febbraio 2006


MONITOR Giorgia Ferrajolo, la “signora” dell’Olimpico intervista di Filippo Bisleri

È una donna simpatica e spiritosa, ma queste qualità le sta scoprendo ultimamente, condizionata come si sente dalla sua innata timidezza. «Sto scoprendo di apprezzare le situazioni comico-ironiche – spiega Giorgia Ferrajolo -, come è capitato di recente anche in Guida al campionato coi "Turbolenti". Mi sono divertita in quel collegamento durante Guida al campionato di Alberto Brandi».
Giorgia, hai scelto tu di fare la giornalista o è stato un incontro casuale che ti ha portato ad amare questa professione?
«Ho scelto io e soltanto io di fare la giornalista, anche se con un padre e addirittura un nonno giornalisti, il destino sembrava già segnato. Ma credo che non avrei mai potuto intraprendere questo lavoro perché spinta da altri; ho sempre, anche da piccolissima, avuto le idee chiare sulle cose
importanti».
Cosa pensi del luogo comune che vuole i giornalisti sportivi meno preparati dei loro colleghi di altri settori?
«È un luogo comune e basta! Trovo al contrario che i giornalisti sportivi siano più svegli e preparati di altri. Con il calcioscommesse e tutti gli scandali di questi anni, il calcio è stato trascinato in tribunale e vi garantisco che i colleghi dello sport davano delle piste agli altri. Ma ribadisco: stiamo parlando in generale».
Sei molto amica di Monica Vanali e di Mikaela Calcagno, che hai seguito anche all'orale del suo recente Esame di Stato. Ritieni di essere la dimostrazione che tra colleghe si può essere amiche e lavorare bene?
«Non credo che sia facile l'amicizia tra colleghe, io personalmente ho avuto più di una delusione, ma penso si possa comunque diventare buone amiche. Monica Vanali è una professionista in gamba e le voglio un gran bene. Con Miki (Mikaela Calcagno, ndr) è nato tempo fa un buon feeling, ci siamo conosciute a Roma allo stadio Olimpico. Adesso lei lavora a Milano da noi (a Mediaset, ndr);la distanza comunque non ci impedisce di sentirci più volte al giorno».
Se si pensa a Roma e Lazio, d'istinto si pensa ai tuoi collegamenti per Guida al campionato, Diretta stadio, Serie A e StudioSport. Ti fa piacere o ti senti ingabbiata dal ruolo?
«Qualcuno scherzando mi definisce la donna dell'Olimpico. È vero, questo stadio lo conosco più di casa mia, ma non mi sento ingabbiata, è un piacere raccontare le emozioni, dare le notizie da Roma, una delle città più belle e scatenate. Certo a volte vorrei fare cose diverse, ma come capita a tutti. Magari in futuro... ».
Nella tua carriera professionale, hai un'intervista o un personaggio che più ricordi? Perché?
«Premesso che in futuro mi auguro altre bellissime cose, ricordo con piacere l'intervista che feci all'avvocato Agnelli alla finale di Champions, un uomo incredibile, per me è stato emozionante. E poi: come dimenticare le interviste degli scudetti di Lazio e Roma, e prima ancora quella a Sensi che annunciava che avrebbe salvato la Roma? Fu una piccola esclusiva, di lì a poco sarebbe diventato presidente. In dodici anni porto nel cuore tanti ricordi».
Chi annoveri tra i tuoi maestri di giornalismo?
«Non uno in particolare che mi abbia, per così dire, insegnato il mestiere. Ho un po' rubato con gli occhi, sbagliato da sola, ma, anche se ancora non lavoravo, i piccoli insegnamenti che mi dava durante qualche trasferta Gianni Brera mi hanno formato e fatto capire che in questo lavoro ci vuole pura passione. Però non dimentico l'esempio di mio padre (Luigi Ferrajolo, ndr), da lui ho assorbito la capacità di dare una notizia con coscienza, rigore, lealtà assoluta».
Giornalista e madre: a tuo parere sono ruoli conciliabili facilmente?
«Non sono la persona più indicata per rispondere, visto che non sono ancora madre. Penso comunque che si possa, noi donne siamo una forza. Non esistono regole, è molto soggettivo, ma non credo che una buona madre debba rimanere ventiquattro ore su ventiquattro con un figlio. Quando sarà vi farò sapere!».
Molti sono i giovani che vorrebbero, da grandi, svolgere la professione giornalistica. Tu che sei una professionista apprezzata, quali consigli puoi dare loro?
«Primo: umiltà. Molti ragazzi sottovalutano questo aspetto. Da cronista poi è fondamentale verificare sempre una fonte. Non essere faziosi, cercare di essere più distaccati. E poi, per la tv, trasmettere qualcosa, dare emozioni a chi ci vede. Ognuno di noi ha una personalità, una caratteristica e deve trasparire».
CRONACA IN ROSA La perdita dell’innocenza di Tiziana Ambrosi

Guantanamo Bay. Fino al 2001 ospitava l’unica base militare americana in suolo cubano, nella punta sud est dell'isola, suolo per altro da sempre rivendicato come occupato da potenza straniera.
Nel film di Rob Rainer del 1992 Codice d'onore si intravede una chiara immagine della vita in questo fazzoletto di terra: recinzioni imponenti, addestramenti forzati, torrette di controllo con soldati americani che puntano soldati cubani e viceversa.
Nel 2001, a seguito della guerra in Afghanistan, una parte dell’area è convertita a campo di prigionia, per tutti i sospettati di terrorismo internazionale.
Le stime ufficiose indicano in circa 500 il numero di detenuti, molti dei quali in attesa di processo.
Solo di qualche giorno fa l’ultimo rapporto stilato da cinque ispettori indipendenti delle Nazioni Unite che denunciano la sistematica violazione dei diritti umani dei prigionieri di Guantanamo: umiliazioni psicologiche, violenze fisiche, interrogatori al limite della tortura, scioperi della fame interrotti con alimentazioni forzate, reclusioni senza processo.
Non è la prima volta che trapelano informazioni di simile tenore. La situazione appare talmente delicata che perfino alcuni leader europei, tra cui Angela Merkel e, a ruota, il Ministro Fini, nonché il segretario generale dell’ONU Kofi Annan, hanno sollecitato l’amministrazione americana per la chiusura del campo.
La piccata risposta non si è fatta attendere: «Si tratta della rifrittura di vecchie accuse avanzate da avvocati che assistono alcuni detenuti», ha dichiarato Scott McClellan, portavoce della Casa Bianca.
Ennesimo colpo per la forza e la credibilità delle Nazioni Unite.
Dopo la spaccatura a livello internazionale sulla guerra irachena, dopo gli scandali interni che hanno coinvolto persino il figlio di Annan, dopo le promesse di rinnovamento della struttura, ormai l’ONU appare solo come uno strumento di legittimazione da utilizzare quando fa più comodo.
Si va sempre più verso una divisione del mondo in “buoni” e “cattivi” e, vedendo il trattamento che le riservano i “buoni”, viene da domandarsi perché mai debbano averne rispetto i “cattivi”.
Oltretutto questa manichea visione della società chi l’ha decisa? Permetteteci, questa è certamente una provocazione visto lo squilibrio di alcuni leader in circolazione, ma noi guardiamo la nostra realtà dal nostro punto di vista. Non possiamo pretendere che sia l’unica o la migliore.
Certo, nel caso Guantanamo sembra difficile non pensare che si tratti di presunti terroristi. Tutti noi abbiamo davanti agli occhi il crollo delle Torri Gemelle o la metropolitana infuocata di Londra.
Il primo sentimento che probabilmente viene in mente è la rabbia, il secondo la paura. Ma davvero questo è in grado di legittimare la perdita dei valori sui quali la nostra società si basa? Valori conquistati nel corso di secoli, spesso con il sangue e con il sacrificio.
Da quale pulpito possiamo insegnare alla Cina, all’Iran, alla Corea, il rispetto dei diritti civili, umani, della libertà religiosa e di pensiero, se noi stessi ce ne dimentichiamo?
La semplicistica interpretazione del pensiero machiavellico «il fine giustifica i mezzi» è ancora attuale, ma la differenza, a questo punto, deve stare in chi la applica.
Se perdiamo l’"innocenza" non si torna più indietro, non può più esistere un metro di paragone o un faro a cui guardare.
FORMAT  Il nuovo Festival di Sanremo di Nicola Pistoia

Finalmente ci siamo. Riparte la manifestazione canora più importante d’Italia e, sicuramente, più amata dagli italiani. Per cinque serate - 27 e 28 febbraio; 2, 3 e 4 marzo - gli occhi dei telespettatori "canterini" saranno puntati sulla città di Sanremo e sul suo meraviglioso Festival.
 «Per me presentare il Festival è come entrare nell’album delle figurine». Così Giorgio Panariello commenta la sua prima volta alla conduzione della kermesse sanremese.
Una conduzione che si preannuncia spumeggiante, data l’esilarante verve del comico toscano, che non sarà certo priva di novità.
In realtà, la 56ª edizione del Festival non si distaccherà molto da quella che, l’anno scorso, fu di Paolo Bonolis. Ovviamente tante sorprese, incominciando dalle vallette. Quest’anno ad affiancare Giorgio Panariello ci saranno la neo-mamma, nonché fresca sposa di Francesco Totti, Ilary Blasi, e la iena di Italia1, nonché veejay di Mtv, Victoria Cabello.
Con loro, anche quattro top model italiane: Vanessa Hessler (Natale a Miami), Marta Cecchetto , fidanzata di Luca Toni; Francesca Lancini (Quelli che il calcio), e Claudia Cedro, vincitrice nel 2002 del concorso Elite Model Look.
Veniamo alla gara vera e propria. In lizza diciotto big divisi in tre categorie. Tra gli uomini ci sono Ron (L'uomo delle stelle), Alex Britti (Solo con te), Gianluca Grignani (Liberi di sognare), Michele Zarrillo (L'alfabeto degli amanti), Luca Dirisio (Sparirò), e Povia (Vorrei avere il becco).
Il quintetto delle donne è composto da Anna Oxa (Processo a me stessa), Dolcenera (Com'è straordinaria la vita), Simona Bencini (Tempesta), Anna Tatangelo (Essere una donna), Nicky Nicolai (Lei ha la notte), e Spagna (Noi non possiamo cambiare).
Nella categoria Gruppi troviamo: i Nomadi (Dove si va), gli Zero Assoluto (Svegliarsi la mattina), Noa con Carlo Fava & Solis String Quartet (Un discorso in generale), i Figli di Scampia (Musica e speranza), gli Sugarfree (Solo lei mi ha), e infine Mario Venuti e Arancia Sonora (Un altro posto nel mondo).
A contendersi il primo posto anche dodici giovani: Ameba 4, Andrea Ori, Deasonika, Helena Hellwig, Ivan Segreto, L'aura, Riccardo Baffoni, Simone Cristicchi, Virginio, Antonello, Antonio Tiziano Orecchio e Monia Russo.
Si comincerà con l’esibizione dei diciotto big e con la presentazione dei dodici giovani. Nella seconda serata canteranno nove big, tre per categoria, votati dalla giuria demoscopica. Le due canzoni più votate di ogni categoria saranno ammesse alla quarta serata, con in gara anche sei giovani. Le tre canzoni più votate passano alla quarta serata.
La stessa cosa accadrà nella terza serata: passano sei big e tre giovani. Nella quarta serata, quindi, ascolteremo le dodici canzoni dei big in versione rivisitata e con l’intervento di altri artisti, e le sei canzoni dei giovani. Passano soltanto due canzoni per categoria. L’ultima sera ascolteremo le otto canzoni finaliste, due per categorie.
Con il televoto il pubblico potrà decretare il vincitore di ogni categoria e successivamente la canzone vincitrice assoluta del Festival.
Come di consueto saranno tantissimi gli ospiti che si alterneranno sul palco dell’Ariston nel corso di queste cinque serate. Personaggi italiani ed internazionali, attori e cantanti come Teo Teocoli, Carlo Verdone, Leonardo Pieraccioni, Raoul Bova, Laura Pausini, Eros Ramazzotti, Anastacia, Andrea Bocelli e, molto probabilmente, Paul Newman e Arnold Schwarzenegger.
Non sono mancate le consuete polemiche. Le esclusioni di Albano (silurato per il naufragato connubio artistico con la ex moglie Romina Power) e di Loredana Bertè hanno acceso gli animi del carrozzone canterino. Ma si sa: «Sanremo è Sanremo», e in fondo che Festival sarebbe senza polemiche?
FORMAT Telegiornaliste/i + Telegiornaliste/i – di Filippo Bisleri

Promosse le ultime conduzioni di Cinzia Fiorato, che, dopo qualche serata di appannamento nei precedenti turni in video, è tornata a mostrare grande grinta e professionalità, riuscendo senza eccessi a trattenere i telespettatori davanti allo schermo, per seguire il Tg1 della notte. Complimenti. “9”.
In casa Mediaset brilla sempre di più la stella di Valentina Loiero, un’inviata davvero brava che ora è in prima linea anche sul fronte del virus dell’aviaria. Un tema delicato che lei affronta con competenza e chiarezza, evitando l’ingenerarsi di inutili allarmismi tra la popolazione. Brava. “8”.
Equilibrato e bravo Alberto Brandi, il bravo telegiornalista Mediaset al timone di Guida al campionato. La sua trasmissione ogni anno parte in sordina e, nonostante quest’anno il campionato non sembri riservare il pathos della passata stagione, presenta delle trasmissioni di altissima qualità. Da imitare. “7”.
Merita una citazione a metà tra la promozione e la bocciatura Gabriella Simoni, la brava inviata di guerra (e non solo di StudioAperto). Ultimamente sta alternando servizi di grande spessore ad altri un po’ troppo leggeri che non sono nelle sue corde. O, almeno, non sembrano esserlo. Da rivedere. “6”.
Sale sul nostro contropodio il simpatico, ma pasticcione, Luca Giurato. Ci prova in tutti i modi, a Uno mattina a fare informazione, ma riesce solo a fare delle scenette. Ad uso e consumo di Striscia la notizia. Comunque simpatico. “5
Come si possa passare dalle gare di ciclismo allo sci da fondo è un vero e proprio mistero. Che ha in Auro Bulbarelli il suo modello più recente. Bulbarelli è un ottimo cronista del ciclismo, ma come commentatore dello sci da fondo non possiamo che bocciarlo. Con un “4”.
ELZEVIRO I tesori della Bulgaria Dal Neolitico al Medioevo di Antonella Lombardi

Coppe, gioielli, statue, corazze, corredi. Sono alcuni dei reperti archeologici rinvenuti negli ultimi anni nel territorio dell’antica Tracia, regione storica della penisola balcanica. Un tesoro inestimabile, miracolosamente scampato alle razzie dei tombaroli che è stato mostrato per la prima volta al Presidente della Repubblica Ciampi nell’aprile scorso, durante la sua visita di Stato in Bulgaria.

L’esposizione, che nasce da una collaborazione amichevole tra Italia e Bulgaria e dall’amore che i due Paesi nutrono per ogni iniziativa in grado di aiutare i cittadini d’Europa a scoprire la propria storia comune, è stata allestita nelle splendide Sale delle Bandiere del Palazzo del Quirinale.

In un percorso che attraversa varie epoche come la preistoria, l’età del Bronzo, il periodo classico e quello romano, si possono ammirare oggetti di pregevole fattura, corredi in oro, argento e bronzo; si va così alla scoperta di un luogo, come la Bulgaria, che è stato la culla di un confronto fruttuoso e raffinato di popoli e civiltà diverse.
Una koinè culturale che oggi sembra la miglior risposta a chi si richiama a scontri tra civiltà diverse.

Nella “valle dei re traci” artisti e orafi greci realizzarono capolavori e oggetti unici dell’arte antica. Come la maschera funeraria d’oro del tumulo Svetitsa, ben 690 grammi di peso e 23 carati d’oro, probabilmente appartenuta a un sovrano forse dedito al rito orfico, dato che, come il mitico Orfeo, il suo corpo è stato fatto a pezzi e sepolto in luoghi diversi; un esemplare unico che ricorda la maschera di Agamennone scoperta da Schliemann.

E poi una raffinata corona d’oro con foglie e bacche di ulivo e con, al centro, la raffigurazione di una Nike alata, simbolo di vittoria; ancora, preziosi finimenti equestri, ginocchiere, una raffigurazione della Madre Terra e la maestosa testa bronzea del re Seute III, con il suo sguardo profondo e severo. Un barbaro visto dai Greci, in un’ottica idealizzante di grande raffinatezza estetica.
Questi reperti hanno anche avuto il merito di aprire un nuovo, affascinante, capitolo sui rapporti tra la Grecia centrale, la Macedonia, i territori della Tracia e sulla diffusione della cultura nell’antichità. Sin dalla lontana preistoria, artigiani ed artisti hanno prestato la loro opera presso centri di potere diversi.

La circolazione delle idee, delle tecniche e delle persone all’interno degli ampi territori dell’Egeo, dell’Anatolia, dell’area danubiana diventa, così, un dato essenziale per comprendere la nascita delle prime civiltà europee.

A Roma, dal 15 febbraio al 15 marzo, presso le Sale delle Bandiere del Palazzo del Quirinale, ingresso gratuito.
ELZEVIRO COMUNICATO STAMPA Gli incontri del teatro Piccolo Eliseo di Patrizia Bracci

Via Poma
Il delitto della camera chiusa

Si concludono il 28 febbraio gli appuntamenti del Teatro Piccolo Eliseo organizzati all’interno della mostra “Roma in nera. I grandi delitti tra cronaca, storia e costume”, promossa dal Comune di Roma, Assessorato alle Politiche Culturali Sovraintendenza ai Beni Culturali e ospitata dal Museo di Roma in Trastevere dal 10 febbraio al 2 aprile 2006.
L’incontro, condotto da Carlo Lucarelli, sarà dedicato al delitto di Simonetta Cesaroni, ritrovata il 7 agosto del ’90 negli uffici dell’Associazione Italiana Ostelli della Gioventù, uccisa da ventinove coltellate. Unico indizio nell’ufficio completamente in ordine è un foglio con un pupazzetto e una scritta “CE DEAD OK”.
Un caso che resta insoluto, indagini che continuano ancora oggi e che si soffermano sulla misteriosa scritta: un testimone, che scambiava messaggi con Simonetta attraverso un videoterminale, sostiene che l’assassino potrebbe essere un loro compagno di chat, dal soprannome “Death” (morte in inglese) che sarebbe scomparso dalle stanze virtuali del Videotel il giorno dopo l’omicidio firmando un ultimo messaggio che recitava: “Hai visto l’ho fatto, ho ucciso Simonetta”.
Roma, Teatro Piccolo Eliseo, ingresso gratuito.
TELEGIORNALISTI Mazzucchelli, giornalista "gastronomo" di Filippo Bisleri

È uno dei volti noti della rubrica enogastronomica del Tg5 Gusto, ma Giacomo (Giangiacomo) Mazzucchelli è un giornalista naif, che svolge il suo lavoro con tanta passione.
Gli abbiamo "rubato" alcune battute sul suo essere giornalista e su cosa l'ha portato a fare questa professione.
«Fare il giornalista - afferma Giacomo Mazzucchelli - è, banalmente, sempre meglio che lavorare. E poi sono un ricordo indelebile le serate del dopo elezione passate al giornale quando il marito di mia madre era direttore dell'Unità. Comunque sono sempre stato e sono un tipo estroverso e curioso. E odio svegliarmi la mattina presto. Ah, per chi non l'avesse capito, faccio "il" giornalista».
Cosa ti piace di più della professione giornalistica?
«Mi occupo soprattutto di gastronomia e diciamo che tutti i miei desideri di approfondimento culturale nel settore vengono soddisfatti. Il problema è che ultimamente sono un pò sovrappeso. Comunque fatto a certi livelli il nostro è un mestiere con un rapporto gratificazione/fatica molto alto».
Sei un inviato, ti ritieni uno dei giornalisti che, per dirla con un'espressione di Anna Maria Chiariello, ama "sporcarsi le scarpe di fango"?
«Ti correggo: più che le scarpe di fango amo sporcarmi la camicia di sugo. Poi passare la notte davanti alla Questura non è proprio il massimo, mentre correre dietro un'alluvione può essere divertente».
Quali sono gli argomenti che preferisci affrontare?
«Il cibo mi sembra il massimo. E poi non passerà mai di moda. Non l'ho mai fatto, ma anche lo sport, se affrontato in modo più agile di quanto non si faccia di solito, credo possa essere interessante».
Hai una preferenza per il giornalismo televisivo o ti piacciono anche altri media come la carta stampata o le radio?
«In tv ci sto come il pisello nel baccello: essere riconosciuti per la strada non è poi così terribile. E poi credo che carta stampata, e soprattutto radio, siano molto più faticosi. Ciò non toglie che legga il Corriere della sera o che ascolti Radio Popolare».
Nella tua esperienza professionale hai un servizio, un personaggio o un'intervista che più ricordi?
«La vox populi al Pirellone dieci minuti dopo il crash dell'aeroplanino, e i trabiccoli con cui si raggiungono i campi di basilico nelle cinque terre.
Chi sono stati i tuoi maestri di giornalismo?
«Senza dubbio Giovanni Gandini, Gino Veronelli, Silvia Brasca e Mario Fortini».
Tra colleghi e colleghe chi apprezzi di più?
«La scelta non è facile. Dico Gian Antonio Stella, Enrico Mentana, Giovanni Sartori. E, pur pensandola molto diversamente, non posso non apprezzare come fa i titoli Vittorio Feltri che dirige Libero».
Molti sono i giovani che vorrebbero fare i giornalisti. Quali consigli daresti loro?
«Per prima cosa trovare qualcuno o qualcosa che li possa mantenere, e comunque togliersi dalla testa di fare i soldi. E poi di non montarsi la testa: il giorno dopo nei giornali si incartano i carciofi».
OLIMPIA Tutti pazzi per il curling di Danila Di Nicola

Curling? Che cos’è? Questo avrebbero risposto gli italiani prima dell’inizio delle Olimpiadi di Torino, tanto che la Gialappa's su ciò ha anche incentrato uno spot ironico. E invece questa disciplina, sconosciuta ai più, è stata la vera rivelazione dei giochi: è riuscita a tenere incollati alla televisione addirittura quattro milioni e mezzo di telespettatori. Un gran bel colpo per uno sport praticato in Italia da circa 500 persone, soprattutto al nord e in particolare a Cortina D'Ampezzo. Chi si sarebbe mai aspettato un risultato del genere? Di sicuro non i giocatori italiani che hanno fatto di tutto per pubblicizzare il loro sport andando perfino nelle scuole piemontesi.
Comprendere il curling è abbastanza semplice. Lo scopo del gioco è quello di far arrestare la "stone" - una pietra tonda di granito scozzese - il più vicino possibile al centro della "casa", il grande bersaglio disegnato sul ghiaccio.
Le nostre squadre non sono partite con i migliori auspici. Gli uomini, capitanati dal giovanissimo Joel Retornaz, si sono qualificati alle Olimpiadi solo perché l'Italia è il paese ospitante, mentre la squadra femminile ha ottenuto l'accesso sul campo. Ma nonostante questo, la squadra maschile ha ampiamente dimostrato di poter competere con le squadre più forti. Infatti gli azzurri sono riusciti a battere il Canada, una delle nazioni più forti al mondo con tre milioni di praticanti, e a concludere al settimo posto complessivo. Le donne, invece, hanno chiuso in decima posizione.
Ora su Internet proliferano siti riguardanti il curling. Alcuni di essi permettono anche di giocare online, mentre il sito di Torino 2006 ha registrato il record di contatti per questa disciplina. Ma c’è anche chi — come Massimo Canovacci, docente di antropologia culturale presso l’ Università "La Sapienza" di Roma — pensa che finiti i giochi tutto sarà dimenticato.
I giocatori di curling sperano adesso, grazie alla visibilità ottenuta con le Olimpiadi, di riuscire a far creare più impianti di gioco — fino a poco tempo fa molti giocavano sulle piste di hockey — e di convincere più persone alla pratica. I grandi risultati ottenuti in termini di audience fanno sognare. La speranza é che d’ora in avanti i riflettori saranno puntati anche su questo piccolo — solo in termini numerici — sport capace di intrattenere quanto una partita di calcio.
VADEMECUM L'esperto risponde

Federica di Milano ci chiede
:
Lavoro nell'ufficio stampa di un'agenzia privata di relazioni pubbliche; volevo avere qualche informazione in merito alla possibilità, dopo due anni, di seguire il corso e sostenere l'esame per diventare pubblicista. Bastano 24 mesi di ufficio stampa? Quali requisiti occorrono?
Risponde Filippo Bisleri:
Per informazioni precise e aggiornate puoi contattare l'Ordine lombardo dei giornalisti, che ha del personale dedicato per la qualifica degli addetti degli uffici stampa. Il sito utile è www.odg.mi.it.
Andrea di Milano ci scrive:
Chiaramente non sono una donna, spero di ricevere ugualmente una risposta (non saprei a chi chiedere).
Le domande sono due: per diventare pubblicista è richiesto un attestato (diploma) di scuola superiore o una laurea?
Inoltre, se si scrive da più di due anni per una testata giornalistica, non iscritta però al registro delle testate giornalistiche italiane, nel momento in cui viene fatta la registrazione, i due anni precedenti passati a lavorare
vengono contati per una richiesta da pubblicista o bisogna ricominciare da zero?

Risponde Filippo Bisleri:
Caro Andrea, non rispondo solo alle donne, questo è un servizio per chi vuole diventare giornalista. Ecco dunque le tue risposte. Per diventare pubblicista occorre almeno il diploma di scuola superiore o si deve affrontare un esame di cultura generale presso l'Ordine regionale di riferimento.
Quanto ai periodi di lavoro o collaborazione in testate non registrate non hanno alcun valore per l'iscrizione. E la futura iscrizione farà solo decorrere, dal momento della registrazione, i 24 mesi solari di collaborazione.
Laura di Verona ci chiede:
Frequento il quarto anno del liceo scientifico e volevo sapere quali sono, se ci sono, le facoltà universitarie adatte per chi "sogna di diventare un giornalista".
Risponde Filippo Bisleri:
Come illustrato in alcune puntate del Vademecum, cara Laura, ci sono diversi corsi univesitari che coprono l'intero teritorio italiano. Consulta i numeri passati del Vademecum e contatta l'Ordine regionale dei giornalisti del Veneto (www.odg.it link Ordini regionali) per informazioni sempre aggiornate.
Un anonimo lettore ci scrive:
Per fare un giornalino di una associazione Onlus occorre nominare un direttore? E/o un caporedattore? Se sì, come si fa ad avere la licenza sia pure provvisoria?
Risponde Filippo Bisleri:
Un direttore deve essere sempre indicato. Per la documentazione completa occorre rivolgersi all'Ordine regionale dei giornalisti di riferimento, a seconda della sede della pubblicazione.
Iris ci interpella:
Dopo 2 anni presso una redazione giornalistica, farò richiesta per diventare giornalista pubblicista. Dato che non sono laureata, mi piacerebbe prima che entri in vigore la legge Siliquini diventare giornalista professionista. Ma credo ci siano alcuni ostacoli: il primo è che il mio contratto sarà nuovamente un contratto a termine, ma non credo che il responsabile voglia e possa inserire all'interno del contratto la dicitura "praticantato"… per diciamo "questioni interne"... Esiste una perifrasi per fare in modo che chi è il mio "capo" non creda che io voglia fare il praticantato, ma che mi agevoli fra 18 mesi? Il direttore responsabile è pubblicista, questo può essere di ostacolo?
Risponde Filippo Bisleri:
Cara Iris, per alcuni anni, secondo la bozza del Decreto Legge Siliquini fino al 2012, l’accesso al praticantato avverrà ancora con il doppio binario: per laureati e per redazioni. Il fatto che il direttore sia pubblicista non è un ostacolo da almeno quindici anni… Il problema è che il praticantato deve essere richiesto dall’azienda, non dall’aspirante giornalista professionista. Come capirai, dunque, perifrasi non ne esistono. Occorre solo un contratto da praticante, o che tu dimostri di svolgere un lavoro in redazione da praticante senza essere retribuita come tale. In questo ultimo caso puoi chiedere il praticantato d’ufficio tramite l’Ordine.
EDITORIALE Quando l’onorevole si rende poco… onorevole di Giuseppe Bosso

E’ sicuramente un personaggio, a suo modo; e nelle ultime settimane ha fatto parlare di sé non certo in termini lusinghieri. Non stiamo parlando della solita soubrettina nel mirino di orde di paparazzi, né del personaggio televisivo che si è lasciato coinvolgere nel bailamme del reality show.
Stiamo parlando di un cinquantenne, laureato in medicina, che ricopre (ricopriva) la carica di ministro delle Riforme: al secolo, Roberto Calderoli da Bergamo.
Tra i pionieri della Lega Lombarda, puntualmente eletto nelle ultime quattro legislature ed entrato nella squadra di Governo di Berlusconi, negli anni ha fatto parlare di sé più per le sue uscite pubbliche, spesso ai limiti del grottesco, che per concrete riforme di settore: dalla proposta di istituire una taglia, a mò di film western, nel novembre 2004 dopo la tragica uccisione di un benzinaio nel lecchese, al «signora abbronzata» con cui si è rivolto alla giornalista Rula Jebreal, durante il programma Matrix; fino all’ultima goccia che ha fatto traboccare la pazienza del premier (e non solo sua), che ne ha preteso le dimissioni: la maglietta raffigurante le vignette della discordia. Maglietta che probabilmente ha scatenato la furiosa reazione musulmana contro l' ambasciata italiana in Libia.
Non si tratta certo di un caso isolato: nessuno degli schieramenti del nostro arco costituzionale può dire di non aver annoverato tra le proprie fila qualche "pecora nera": in apparenza distinti signori e posate signore che però, con il loro comportamento, hanno dato molto da pensare a quel corpo elettorale che in loro aveva riposto la fiducia di un domani migliore.
L’anno 2006, che ci porterà a breve alla consultazione elettorale, non si è certo aperto nel migliore dei modi, dal punto di vista della dialettica politica: da una parte e dall’altra, su pressoché ogni mezzo di informazione, si assiste tutti i giorni, tutti i momenti, a uno scambio di frecciate più o meno pungenti, spesso non calibrate sulle reali esigenze del cittadino.
Che probabilmente comincia davvero a non poterne più.
 
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