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Archivio Telegiornaliste anno V N. 40 (211) del 9 novembre 2009
 
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MONITOR Carmen Vurchio, l'importanza delle tv di quartiere per il cittadino di Giuseppe Bosso

Giornalista professionista dal 2003, Carmen Vurchio conduce il tg dell’emittente piemontese Videogruppo e il VP sera, spazio di approfondimento.

Com’è la giornata tipo di una giornalista torinese?
«Molto piena, dalle 9 del mattino fino alle 20. Comincio molto presto a seguire i fatti del giorno e a contattare le autorità come carabinieri e vigili del fuoco, per impostare la scaletta del tg della sera, mentre i colleghi vanno in giro a raccogliere notizie dove capita. La sera, poi, oltre al telegiornale, curo uno spazio di approfondimento, e per questo nella giornata cerco di invitare rappresentanti politici e altri ospiti».

La tua emittente, come molte altre tv locali, dà molto spazio alle istanze dei cittadini. Per una tv locale è più facile, rispetto ai canali nazionali?
«Le tv locali, a mio avviso, devono essere sempre ‘tv di quartiere’ proprio perché hanno maggiore possibilità, rispetto alle altre, di vivere a stretto contatto con la realtà dove operano. Per il cittadino è importante trovare in noi un punto di riferimento cui rappresentare i propri problemi, nella speranza di trovare una soluzione. È quello che cerchiamo di fare ogni giorno a Videogruppo».

Quanto ti è servita l’esperienza romana?
«Tantissimo, non solo professionalmente. Roma è una città meravigliosa che ti rimane nel cuore. Allora mi occupavo di moda e di cinema. Poi, tornata a casa, mi sono avvicinata al giornalismo della cronaca, soprattutto nera».

Argomento che negli ultimi anni, a detta di molti, ha occupato forse troppo spazio, non solo nei telegiornali.
«Secondo me se ne deve parlare, certo, ma nei toni giusti. Sono contraria agli eccessi, e soprattutto non mi piace creare mostri che, in realtà, non sono tali».

Avendo avuto una parentesi radiofonica, ritieni sia un passaggio indispensabile per diventare giornalisti a tutto tondo?
«Indispensabile no, ma importante. Nel giornalismo ogni giorno puoi imparare e scoprire nuove cose, ogni mezzo può permetterti di sviluppare qualcosa di nuovo. Con la radio, ad esempio, ho sentito soprattutto il contatto diretto con il pubblico. Ma anche la carta stampata e la televisione sono così».

Di cosa non vorresti più dover parlare?
«Di pedofilia. Queste notizie mi fanno venire la pelle d’oca, ma purtroppo mi rendo conto che non sarà così».

Che idea ti sei fatta del nostro sito?
«Inizialmente sono rimasta scioccata (ride, ndr). Ho scoperto di essere tanto seguita da alcuni vostri visitatori che hanno pubblicato le mie immagini ed è stata una piacevole sorpresa, visto che non mi ritengo esattamente una vip».
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CRONACA IN ROSA Omaggio a Berlino di Erica Savazzi

Non me lo ricordo. Non c'è niente da fare. Ero troppo piccola nel 1989. Non ricordo quel 9 novembre in cui tutte le televisioni del mondo fecero vedere il crollo di quel Muro che tanto potere rappresentava. Potere politico, la contrapposizione tra blocco comunista e blocco occidentale, potere militare, guardie e armi lungo tutto il suo percorso, potere dello Stato sui cittadini, quanti di coloro che hanno tentato di attraversarlo sono stati uccisi dalla guardie, e infine, potere del popolo, quello che lo abbattuto a mani nudi e coi picconi.

Oggi si celebrano quei fatti di vent'anni fa, quei giorni in cui l'Europa e il mondo sono cambiati. Oggi si va a Berlino, e i luoghi del Muro fanno parte della visita turistica alla città. Pochi frammenti originali sono rimasti, ma il ricordo è vivo: a terra, tra l'asfalto, linee di pietre e lastre in ottone ricordano dove la barriera correva. Ma vent'anni sono passati. E il mondo va avanti. Le generazioni passano e – come me – conoscono quegli eventi per averli studiati, per aver visitato mostre e guardato programmi tv, ma non li hanno vissuti.

Così anche il Muro si aggiorna. E il chilometro intatto che ne resta, lungo l'Elba, appena al di fuori del centro città, è stato trasformato nella East Side Gallery, dove il cemento viene ridipinto, disegnato, decorato dagli artisti di oggi. Perché il ricordo va bene, ma bisogna che ne venga fatta manutenzione, che venga reso comprensibile a tutti. Perché un muro grigio e rovinato – anche se cimelio storico – non dice nulla. Ma un muro che viene rielaborato, utilizzato, reso vivo è ancora in grado di portare quei significati che a volte sembrano solo prediche.

Berlino è attraversata dal ricordo, ma non di sola memoria si vive. Così l'edificio storico del Reichstag è stato reinventato con una cupola di vetro, simbolo di trasparenza nei confronti dei cittadini: tutti ci possono entrare, ammirare la città dall'alto e intanto sentire tramite l'audioguida (gratuita) una bella lezione sulla democrazia tedesca. Berlino è oggi una delle città più giovani d'Europa; la Germania economicamente è la "locomotiva d'Europa". La città guarda al futuro, si rinnova, ma le sue radici sono chiare: una base storica su cui costruire il nuovo.
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FORMAT Antonella Di Lorenzo, la Cupido in gonnella di Giuseppe Bosso

Incontriamo questa settimana la bella Antonella Di Lorenzo, frizzante conduttrice del fortunato programma La Freccia di Cupido, in onda su 17 emittenti nazionali oltre che su Sky e in ambito locale. È anche modella e attrice, e vanta partecipazioni a Domenica In, 30 contro 1, e alle serie Un posto al sole e Capri, oltre che numerosi spot e campagne promozionali.

Che bilancio puoi trarre dopo oltre 10 anni di conduzione a La Freccia di cupido?
«Positivo, credo di aver dato molto alla conduzione di questo programma, tante esperienze vissute in giro per l’Italia in questi anni. Il format è progressivamente cresciuto, così come credo di essere cresciuta io. Ho dato tutta me stessa, e i risultati si sono visti. Inoltre il programma mi ha permesso di conoscere e intervistare tanti personaggi del mondo dello spettacolo e partecipare ad eventi di caratura nazionale che non avrei mai immaginato di vivere in prima persona».

I ragazzi di oggi secondo te vogliono ancora innamorarsi?
«Certo, anche se in modo diverso rispetto al passato. Si sono un po’ persi alcuni valori, magari c’è meno attenzione per una storia, la donna è più evoluta ed emancipata... ma non si può vivere senza amore!».

Il format richiama quello di un fortunato programma degli anni ’90, Colpo di fulmine, che lanciò Alessia Marcuzzi e Michelle Hunziker: sono loro il tuo modello?
«Sì, sono persone solari e frizzanti, vere amiche per il pubblico. Sono rimaste con i piedi per terra malgrado il grande successo che hanno avuto. Ma in realtà io cerco sempre di essere me stessa, di trasmettere al pubblico ciò che sono attraverso il programma».

Durante la conduzione "parteggi" perché Cupido scocchi la freccia o la vivi con distacco?
«Ti svelerò un retroscena: noi, in produzione, di solito scommettiamo se la coppia si formerà o meno, anche se non sempre il risultato finale rispecchia quelle che possono sembrare le premesse. Io ovviamente devo svolgere il mio ruolo, ed è chiaro che devo fare in modo che questa freccia, come dici, venga "scoccata", la scintilla nasca. Ma alla fine sono sempre i protagonisti che devono scegliere».

Una bella ragazza che lavora in tv deve essere autoironica per poter andare avanti?
«Sì, e sono la prima a farlo. La perfezione non c’è, è bene saper giocare anche sui propri difetti, anche per sdrammatizzare sulle mie insicurezze. Il lavoro è certamente impostato molto sull’immagine, ma ho sempre cercato di mettermi in gioco nel modo più semplice possibile».

Operare in una tv locale, pur visibile tramite il satellite anche nel resto d’Italia, ti pesa o ti appaga?
«Lavorare in un canale locale ti dà la possibilità di sentire di più il tuo ambito, la gente ti riconosce e ti ferma più facilmente e, nel mio caso, conosco molti giovani che vorrebbero partecipare al programma. Ho avuto anche esperienze al di fuori della Campania, ma mentre a Domenica In sono stata una delle tante, qui ho la possibilità di essere identificata quasi come un idolo, ed è una bella cosa».

Mai ricevuto proposte indecenti?
«No, per fortuna ho sempre fatto scelte azzeccate e conosciuto persone serie con cui ho potuto lavorare con correttezza. Ho fatto i miei bei casting e credo di aver sempre meritato con impegno quello che ho ottenuto; se si ha "sale in zucca", le avances possono essere evitate».

Cosa c’è nel tuo domani?
«Spero di poter continuare un lavoro che mi sta dando tante soddisfazioni come adesso, ma non voglio trascurare gli affetti, sogno una famiglia e dei figli. Una cosa non preclude certo l’altra!».

Punti di più all’informazione o all’intrattenimento?
«Mi piacciono i contenitori come Uno Mattina e Mattino cinque, e anche se La Freccia di Cupido è chiaramente un programma indirizzato a toni leggeri, nasco come giornalista. Sono laureata in Scienze della Comunicazione ed ho ancora questo sogno di "informatizzarmi". Comunque sono grata a questo programma che mi ha dato la possibilità di far uscire allo scoperto il mio lato allegro, socievole, anche buffo, tra una papera e l’altra!».

Antonella come descriverebbe Antonella?
«Una persona eclettica, molto generosa e non arrivista. Sono orgogliosa di me così come sono, romantica e attaccata ai veri valori».

E per la "Cupido" in gonnella, la freccia è scoccata?
« (Ride, ndr) Bella domanda... elargisco amore e non posso non amare anch’io, la vita e i miei cari. Forse, chissà, l’amore l'avrò anche incontrato, ma l’ho perso. Non è facile starmi dietro, sono molto esigente, ma basta conoscermi per capirmi».
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HOT GIRLS La collezionatrice di uomini di Valeria Scotti

Gli ultimi nove anni trascorsi sotto le lenzuola. E in compagnia. Victoria Betteridge, 28enne laureata ad Oxford, non ha problemi ad ammettere il suo personale record: 900 uomini in quasi una decade. Perché lei conosce un ragazzo, lo conquista e immediatamente ci va a letto, come ha confessato alla rivista britannica Fabulous.

I conti sono semplici anche per chi non eccelle con i numeri. Una media di 100 amanti all'anno, più o meno uno ogni tre giorni. Insomma, la ragazza si stanca facilmente del suo giocattolino. Sesso sì, sentimenti per carità.

E pensare che fino ai 18 anni non era così. «Mentre tutte le mie amiche andavano al cinema con i ragazzi o flirtavano in discoteca, io restavo a casa con i miei genitori o andavo in chiesa. All’età di 13 anni, mio padre mi disse che gli uomini non dovevano far parte della mia vita. Perciò mi mandò in una scuola privata femminile e si assicurò che stessi lontano dai ragazzi. Le ragazze si prendevano gioco di me e io diventai timida e chiusa».

Poi il miracolo. Oxford, università, e per la prima volta circondata da uomini. Troppi. Un’ubriacatura di giovanotti e di alcool al sapore di tequila. Ed eccola recuperare tutto il tempo perduto. «Non mi sentivo più una ragazza imbranata e timida, e senza mio padre a sorvegliarmi potevo finalmente fare tutto quello che mi pareva. La prima volta è stata sensazionale. Ma se non lo facevo almeno tre volte al giorno, diventavo irritabile. E il mio primo ragazzo mi lasciò perché voleva qualcosa in più di una semplice relazione sessuale».

In nove lunghi anni di attività, c’è stato posto anche per il sesso a più voci. «Una sera a Londra ho provato il sesso di gruppo, ed è stata l’esperienza più soddisfacente di tutta la mia vita».

La tecnica di Vicky per adescare? «Appena trovo un ragazzo che possa piacermi, inizio a ballare davanti a lui e poi gli chiedo di offrirmi da bere; è facilissimo, non c'è nemmeno bisogno di impegnarsi troppo». Ma guai a discutere su alcuni aspetti: solo sesso protetto, rendez-vous bollenti in case non isolate, meglio se abitate al momento dell’atto, e niente numeri di telefono da registrare in rubrica. Gli incontri sono unici, e l’arrivederci è un’utopia.

Ma un barlume di redenzione forse c’è. La carriera di Victoria potrebbe presto avviarsi alla pensione perché «non voglio continuare a fare questa vita per sempre. Spero di incontrare il ragazzo giusto e di non fermarmi al primo appuntamento. Voglio un matrimonio e dei figli, ma anche un uomo che abbia il mio stesso appetito sessuale e che regga i miei ritmi». In bocca al lupo.
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DONNE Un Nobel al coraggio della chiarezza di Alba Dellavedova

«Con la forza della poesia e la franchezza della prosa descrive il paesaggio dei diseredati». Questo il commento dell’accademia svedese all’assegnazione del premio Nobel per la letteratura alla scrittrice di origine rumena Herta Müller. Nata nel 1953 a Nitzkydorf, trascorre i primi 25 anni della sua vita nel paese natale - allora oppresso dalla dittatura di Ceausescu - in cui viene tenuta sotto controllo dalla Securitate, la polizia segreta rumena, in quanto "pericoloso nemico dello Stato da combattere". Fugge poi in Germania nel 1987, dove vede pubblicate la maggior parte delle sue opere.

La produzione letteraria della Müller - l’ultima opera è intitolata Il paese delle prugne verdi (Koller editore) - vede come comune denominatore un atteggiamento realistico e disincantato nel descrivere la condizione della popolazione rumena nel contesto storico dittatoriale, gli abusi cui le donne venivano abitualmente sottoposte, la barbarie dilagante in un ambito privo di una coscienza democratica popolare.

Proprio su questi elementi si basa la convinzione dell’importanza della letteratura. «Dire che la letteratura salva la vita è forse un concetto un po’ ardito; credo comunque che in alcune situazioni di difficoltà i libri possano essere un punto fermo», afferma la Müller in una intervista, confermando il proprio atteggiamento nient’affatto utopistico quando parla del destino storico del mondo e dell’Europa: «La storia non si ripete mai uguale, succede sempre qualcosa di diverso. [...] Il vero problema è che le nuove generazioni non apprendono la lezione delle precedenti, o se sì solo in minima parte: si ricomincia sempre dal punto di partenza, e spesso dalla parte opposta».
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TELEGIORNALISTI Alessandro Baracchini, l'informazione in tempo reale di Rainews24 di Giuseppe Bosso

Giornalista professionista dal 1998, Alessandro Baracchini lavora nella redazione di Rainews24, primo canale all news italiano.

In questi giorni si parla tanto del pericolo influenza suina: come pensi sia opportuno affrontare il tema?
«Abbiamo cercato di dare spazio non tanto al caso singolo di cronaca quanto al punto di vista scientifico, soffermandoci soprattutto sugli aspetti legati alla vaccinazione, al perché per esempio molti medici non si sottopongono al vaccino. Credo che sia essenziale, in questo momento, non creare allarmismi».

Pro e contro di lavorare a Rainews24?
«I pro sono tanti; contrariamente a quanto fanno i tg che hanno comunque il loro spazio limitato, noi possiamo occuparci di tutto in tempo reale tutto il giorno, con molta libertà di espressione. Per contro, non posso non sottolineare come Rainews24 sia rimasta a lungo a corto di investimenti in strutture, tecnologie, risorse. Spero che con il recente forte aumento degli ascolti, dovuto anche all’avvento del digitale terrestre, si comprenda il ruolo essenziale dell’unico canale all news della Rai».

A proposito del digitale, credi che gli italiani siano pronti a questa nuova realtà?
«Capisco le difficoltà che ci sono, ma vedo che la gente mostra sempre maggiore interesse per questa piccola rivoluzione tecnologica. Tra poco tempo il passaggio sarà completo dappertutto, una cosa normale, come passare dalla tv in bianco e nero a quella a colori».

Negli ultimi giorni ha tenuto banco il 'caso Marrazzo' che costituisce l’ultima vicenda di un anno in cui, troppo spesso, gossip e politica hanno convissuto a braccetto. Cosa ne pensi?
«La vicenda Marrazzo coinvolge tanti aspetti: politico, giudiziario, gossipparo - chiamiamolo così - e ovviamente anche la vicenda strettamente personale dell’ex governatore del Lazio. C’è anche, inevitabilmente, un pubblico interessato solo a questi ultimi aspetti. A Rainews24 cerchiamo di puntare invece su un’informazione completa ma che non si sofferma sugli aspetti morbosi di questa e altre vicende».

Quale notizia vorresti dare un giorno?
«Mi piacerebbe che in Italia venissero finalmente riconosciuti veri diritti civili agli omosessuali e a tante altre minoranze. Sarebbe una grande conquista di civiltà».

Che idea ti sei fatto del nostro sito?
«Confesso, inizialmente ero alquanto scettico, pensavo foste solo uomini interessati a belle donne. Seguendovi con più attenzione ho capito che per voi la professionalità è importante tanto per le colleghe quanto per i colleghi, e siete al tempo stesso una finestra importante che ci permette di conoscere le opinioni di chi ci segue e farci conoscere meglio dal pubblico».
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SPORTIVA Anna Rawson: la mazza mi dà sicurezza di Pierpaolo Di Paolo

Il golf è uno sport che richiede grande autocontrollo, concentrazione, precisione nei movimenti. Caratteristiche che l'hanno reso una disciplina nobile ed elegante, oltre che perfetta per rafforzare sicurezza e serenità interiore. Uno sport da mens sana in corpore sano.

Forse è proprio in ossequio alla famosa locuzione latina che sempre più numerose ragazze giovani e attraenti stanno emergendo in questo ambiente. È il caso di Anna Rawson, bellissima australiana di 27 anni, che ha dimostrato un autentico talento per il golf, entrando a far parte della nazionale del suo Paese a soli 18 anni.

I suoi lineamenti perfetti le hanno spalancato prestissimo le porte della moda, e fin da sedicenne Anna ha vissuto l'esperienza delle sfilate e della pubblicità. Un amore, quello per la passerella, che Anna affianca a quello per il golf e che si basa su un elemento comune, un perno fondamentale che lei associa a entrambe le discipline: la sicurezza.

«Lavorare in passerella mi ha aiutata a sentirmi a mio agio con il mio corpo», ammette la sportiva. La spigliatezza, la scioltezza è indubbiamente una caratteristica importante nella vita di Anna, che ammette di considerarla un fattore determinante anche della sua vita privata: «In un uomo è la sicurezza fisica e mentale l'elemento che trovo più eccitante. La disinvoltura è importante, è una cosa che ti rende decisamente più attraente».

Uomini, mettete pure da parte sms ed approcci troppo timidi e indiretti. Per conquistare una donna come Anna occorre decisione e intraprendenza. Prenderla per le spalle e inchiodarla contro un muro potrebbe risultare una tattica molto più efficace che spedirle rose a casa. Si rischiano due schiaffi, certo. Ma accettare il rischio potrebbe già di per sé aumentare a dismisura le vostre chance di successo.
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