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Archivio Telegiornaliste anno V N. 41 (212) del 16 novembre 2009
 
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MONITOR Nunzia Marciano: giornalismo e marketing, il binomio perfetto di Giuseppe Bosso

Nunzia Marciano, nata a Napoli, inizia la sua carriera di giornalista come inviata e anchorwoman presso l’emittente locale TeleAkery. Dopo la laurea con lode in Marketing e una biennale esperienza nel settore della comunicazione, collabora con varie emittenti private. Nel 2008/2009 cura e conduce su Sky il format InFashion dedicato a moda, arte&design e lifestyle.

Dalla laurea in marketing al giornalismo: come mai questa scelta?
«In realtà non è stato un cambiamento; quando studiavo iniziai per gioco questo percorso collaborando con alcune emittenti locali, allo scopo di conseguire il tesserino di pubblicista, ma continuando a lavorare nel campo del marketing. Sono le mie due passioni e sono contenta di poterle abbinare, non penso riuscirei a rinunciare all’una o all’altra. Adesso sto iniziando la trafila per diventare professionista, altra meta ambita».

Hai spaziato dal talk show alla musica allo sport: paragonata a una sirena, in quale, tra questi tanti mari dell’informazione, ti sei trovata più a tuo agio?
«Lo sport mi ha sempre appassionata, anche se da tempo non ho avuto più modo di seguirlo. Ad ogni modo, credo che per fare questo lavoro non devi specializzarti solo ed unicamente in un campo, devi saperti adattare ad ogni argomento».

Cosa pensi del digitale terrestre e della portata di questa innovazione?
«Per lo spettatore non credo sia un cambiamento rivoluzionario, visto che da tempo l’esistenza delle emittenti satellitari era un dato assodato. Piuttosto, per le emittenti i cambiamenti si sentiranno a causa della maggiore concorrenza che creerà e per il doversi impegnare al fine - spero - di fare programmi di qualità sempre maggiore. Vale per le piccole tv come per Rai e Mediaset questo discorso».

Parliamo della tua città, Napoli, che i media tendono purtroppo a raccontare soprattutto per gli aspetti negativi. I giornalisti partenopei cosa possono fare per arginare questa tendenza?
«Per il giornalista locale, è inevitabile talvolta sottostare alle linee editoriali; inutile nascondercelo, parlare male del sud e di Napoli in particolare fa audience, ma il dovere di cronaca impone di parlare tanto delle cose positive quanto di quelle negative, senza però nascondere le prime quando ci sono. Non manca chi specula su questi aspetti, non lo nego; ma anche il sud può offrire molto, in tanti settori, forse anche più del nord».

Negli ultimi tempi si è parlato soprattutto della vicenda Noemi Letizia: come giornalista e come spettatrice cosa ne pensi?
«Devo dire anzitutto che non mi pare una gran scoperta vedere l’uomo politico accanto alla ragazzina che cerca di sfondare nel mondo dello spettacolo. Però, pur riconoscendo al premier il diritto di poter vivere privatamente la sua vita come crede, ritengo che debba essere consapevole del ruolo che ricopre e quindi farsi portatore di valori e principi sani, cosa che purtroppo non mi pare avvenuta nel caso di specie. Viaggiando molto all’estero, in quel periodo, ho avvertito come per l’ennesima volta siamo stati lo zimbello d’Europa, nel vedere molti colleghi stranieri parlare solo ed esclusivamente di questa vicenda. Lo stesso discorso lo potrei fare adesso per quanto sta accadendo a Marrazzo. E poi, in definitiva, non è che questa ragazza abbia fatto grandi cose. Basti pensare, per esempio, che ad un provino a cui ha partecipato, a quanto ho saputo, le è stato detto “finché non toglierai questa cadenza napoletana non farai strada”... Intanto però, ci sono state tv straniere che l’hanno intervistata e a Venezia è stata accolta come una diva. Insomma, non proprio uno scenario esemplare, ma tipico del berlusconismo».

E passiamo a Telegiornaliste: come l’hai scoperto e cosa ne pensi?
«L’ho scoperto per caso, navigando. Devo dire che l’ho trovato subito originale e carino proprio perché può essere facile pensare a persone che si interessano a soubrette e attrici, mentre era insolito vedere appassionati di giornaliste che le seguono, le apprezzano e le intervistano per farle conoscere al pubblico».

Per concludere, cosa sogni per il futuro?
«Mi auguro di essere sempre imprenditrice di me stessa, solo così potrò essere libera nella mia professione. Per quanto riguarda la vita privata, dal momento che mi sono sposata da poco, sogno di diventare mamma!».
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CRONACA IN ROSA Giovani giornalisti cercasi di Erica Savazzi

L’Unione Europea cerca il nuovo giovane talento del giornalismo. La Direzione Generale per l’Allargamento della Commissione Europea ha lanciato il Premio Europeo per Giovani Giornalisti (EYJA). Per il terzo anno consecutivo, il concorso premierà il miglior giovane giornalista d’Europa che nel suo lavoro avrà affrontato il tema dell’allargamento dell’UE.

Il concorso del 2010 sfida giornalisti e studenti di giornalismo, tra i 17 e i 35 anni, ad allargare la loro visione. È un’opportunità di rappresentare l’allagamento dell’UE da una prospettiva creativa che possa offrire spunti di riflessione. Sarà possibile iscriversi al concorso dal 20 ottobre al 28 febbraio 2010. Possono partecipare tutti i cittadini appartenenti a uno degli Stati membri dell’UE, a uno dei Paesi candidati o potenziali candidati o all’Islanda, con articoli stampati e online e servizi radiofonici, pubblicati o andati in onda tra il 1 ottobre 2007 e il 28 febbraio 2010.

I 36 vincitori nazionali saranno selezionati da giurie ufficiali in ogni Paese partecipante. Una giuria internazionale selezionerà infine le 3 migliori proposte nelle seguenti categorie: "Articolo Più Originale”, “Migliore Ricerca” e “Miglior Stile Giornalistico”. Ognuno dei 3 vincitori dei Premi Speciali parteciperà a un viaggio culturale in una capitale europea a scelta.

Olli Rehn, Commissario Europeo per l’Allargamento, ha dato il benvenuto al concorso: «La terza edizione del Premio Europeo per Giovani Giornalisti continuerà a premiare il giornalismo di qualità e a offrire alla Commissione Europea l’opportunità di diffondere e condividere le idee con le giovani promesse del giornalismo in merito alle questioni centrali nel progetto di allargamento dell’UE».

I vincitori del concorso verranno premiati con un tour storico-culturale a Istanbul, nel maggio 2010. Istanbul, una delle capitali europee della cultura del 2010, rappresenta una sede ideale per i vincitori per allargare i loro orizzonti. Il viaggio si concluderà con una conferenza a cui parteciperanno importanti rappresentanti della cultura, dell’identità e dell’allargamento dell’Unione Europea.
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FORMAT Effetto domino, la nuova avventura di Myrta Merlino di Giuseppe Bosso

Per quattro anni con Economix, su Rai 3 e RaiEducational, ha cercato di ridurre le distanze tra il pubblico e il mondo dell’economia, con un linguaggio svincolato da quello dei numeri e dei termini comprensibili solo ad una ristretta cerchia di addetti ai lavori. Ora, per Myrta Merlino, inizia una nuova sfida, in quella che è definita da molti un’isola felice del piccolo schermo. Effetto domino - tutto fa economia, otto settimane in seconda serata la domenica su La7.

È finita davvero la crisi? Il peggio è passato, o i piccoli segnali di ripresa che si avvertono sono solo un fuoco di paglia? «La scelta del titolo non è affatto casuale, per rendere l'idea di quanto, come avviene nel domino, un soffio di vento oltreoceano possa avere ripercussioni, anche devastanti, nel nostro giardino, nel nostro sistema economico. Di esempi, ahimè - spiega Myrta - non ne sono mancati negli ultimi anni».

Tanta carne al fuoco, dunque, per la giornalista e scrittrice che anche stavolta cercherà di trattare come sempre quei temi che riguardano la vita di tutti i giorni, dal prezzo della benzina alle difficoltà di inserirsi nel mercato del lavoro sempre più precario e incerto. Non mancheranno ovviamente ospiti in studio: non solo i protagonisti del mondo finanziario, ma anche persone comuni, che con le loro testimonianze saranno idealmente rappresentanti di come la "bolla scoppiata" oltreoceano ha avuto ripercussioni anche sul modo di vivere degli italiani.

«Aprirci verso un pubblico sempre più ampio - continua la Merlino - è la nostra ambizione, a partire dagli addetti ai lavori fino alle famiglie, guardando attraverso la lente dell’economia la realtà in cui viviamo. In ogni puntata ci sarà un duello tra due protagonisti legati ad un tema caldo di attualità (il dritto e il rovescio) e una intervista one to one ad un personaggio chiave del risiko economico, quei volti poco conosciuti che contano molto...».
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HOT GIRLS A letto non si fa! di Valeria Scotti

Dopo il bon ton tra posate e tovaglie, l’educazione fa capolino in camera da letto. Sarà pure vero che in amore e in guerra tutto è lecito, ma atteggiamenti originali, in certi casi, possono anche smontare il proprio partner.

Certo, le donne sanno ammaliare, conquistare, tenere un uomo per lungo tempo se vogliono. Ma non è detto che ogni nostra azione faccia impazzire colui che ci accompagna sotto le lenzuola.

La donna selvaggia, ad esempio, piace, ma con cautela. Un ruolo da impersonare solo se ci si sente davvero bene in quei panni. Recitare la parte di chi ama farlo strano, di chi fa della parolaccia un elemento necessario all’eccitazione di coppia, può rivelarsi controproducente. La via di mezzo, si sa, è sempre quella migliore. Stesso dicasi per il capitolo 'orgasmo'. La donna morta non piace, quindi no a quello silenzioso, sì al piacere che si diffonde tra le pareti. Le vostre però, non quelle dei vicini.

Camera da letto uguale camera oscura da fotografo. Ennò, agli uomini – storia vecchia – eccita vedere il corpo di una donna. Basta anche una luce soffusa, non per forza un riflettore da stadio.

Benvenuti, poi, all’angolo dell’humor: alle donne piacciono gli uomini con senso dell’umorismo, e ai maschietti? Idem, ma anche qui l’equilibrio è l’arma vincente. Insomma, il letto non è un palco da cabaret: no alle battute a raffica senza senso. Peggio ancora, mai ritrovarsi a ridere mentre lui confessa qualche fantasia erotica, magari un menage à trois (menagiatruà). Col trans poi, è di moda.

E il chiacchiericcio sulla giornata, i problemi di lavoro, le bollette da pagare e altre incombenze da sbrigare? Mai e poi mai. Al massimo lo sfogo arriva dopo l’amore, sempre che lui non prenda sonno prima. Cosa che nel 99% dei casi accade, dunque meglio prepararsi a un monologo.

Che poi, a dirla tutta, parlare in certi momenti può essere anche sconveniente. Riferimenti agli ex – il peggior deterrente per il sesso – appellativi offensivi o, crème de la crème, ritrovarsi a chiamare il proprio partner con il nome di un altro. In quel caso, una sordità improvvisa di lui potrebbe essere l’unica soluzione per uscire dal letto a testa alta.
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DONNE Raffaella, l'avventura e la fotografia di Chiara Casadei

Per chi ama l’avventura, gli spiriti liberi e indipendenti, ma sensibili e generosi, troverete pane per i vostri denti leggendo le righe che seguono. Raffaella Milandri ha scelto: no routine, no stereotipi, no cliché, ma vera e propria simbiosi con il mondo intero. Un amore nato da qualche anno a questa parte e che ha tutta l’aria di essere uno di quelli che durano tutta una vita. E dopo aver sentito i suoi racconti, avreste il coraggio di dire che non provate nemmeno un po’ d’invidia?

Da cosa è nata la passione per il viaggio e per la fotografia?
«La molla determinante è stata la mia passione per viaggiare. Fin da piccola sognavo di fronte a cartine geografiche, come se fossero mappe del tesoro e terre inesplorate. Leggevo fumetti - Tex - e guardavo film d'avventura - Indiana Jones. Quando ho iniziato a viaggiare, la passione per la fotografia è nata spontanea. E da lì, il viaggiare in solitaria e fotografare è stata una naturale evoluzione. Una dimensione unica, una sensazione di libertà: mondi nuovi e il mio terzo occhio, la macchina fotografica, con cui catturare l'anima e i volti, gli occhi di un Paese.
Per rispondere meglio alla tua domanda, la svolta determinante è stata quando ho deciso, nel 2004, di lasciare il mio lavoro di amministratore d'azienda: fuori dagli schemi, fuori dagli orari, con tutti i pro e tutti i contro. Mi sono presa un anno sabbatico e sono andata in giro in fuoristrada per l'Australia, in solitaria. Un’esperienza illuminante. Ho percorso ogni pista in fuoristrada e ogni sentiero a piedi, mettendomi alla prova e andando fino in fondo, ma essi erano, comunque, simboli delle varie prove della vita con tutti i bivi e i rischi. Ho provato cosa vuol dire essere "nessuno", lontano da casa, senza lavoro e fissa dimora, senza legami a formalismi tipicamente europei, abbigliamento, comportamento, nonché desiderio di possesso di beni mobili e immobili».

Che cosa intendi con "fotografia umanitaria"?
«Per me viaggiare non vuol dire solo visitare luoghi, ma soprattutto percepire l'animo dei popoli e riportarlo nelle mie foto. Il forte interesse che ho sempre nutrito per problematiche sociali e razziali, per i popoli indigeni e tribali - dai nativi americani agli eschimesi, ai boscimani, agli aborigeni, ai pigmei, ai masai - ha fatto il resto. Quando viaggio cerco la compagnia di persone semplici, cerco di capire le loro esigenze, e se trovo delle sofferenze mi adopero per alleviarle, nel mio piccolo. Da qui la fotografia umanitaria, come testimonianza e sensibilizzazione ma anche come mezzo, attraverso aste di beneficenza e campagne umanitarie, di aiuto concreto».

I viaggi in solitaria sembrano una sfida per veri duri: bisogna sapersela cavare in situazioni imprevedibili e senza contare sull'aiuto dei propri cari. Ha riscontrato problemi in quanto donna?
«I viaggi in solitaria sono una sfida, certo, una sfida con me stessa, a cui chiedo sempre molto. Ma ogni viaggio è un’esperienza unica, è una scuola di formazione per affrontare gli imprevisti, per acquisire elasticità mentale, per apprendere da culture diverse, per imparare ad adattarsi a tutto. Ho affrontato sentieri con orsi e lupi in Alaska, cantando da sola a squarciagola per tenerli lontani; ho catturato scarafaggi nelle camere d'albergo in Nepal; nel Kalahari ho incontrato un leone all'alba, il ruggito mi ha fatto vibrare i polmoni; in Alaska, oltre il Circolo Polare Artico, ho dovuto abbandonare l'auto in un fiume rischiando l'ipotermia e camminando nella tundra fino a trovare soccorsi. Sono fiera di poterlo raccontare. In quanto donna, la cosa fondamentale per evitare problemi è tenere un profilo basso: vestiti accollati, approccio semplice, mai in giro di sera e sesto senso sempre all'erta. Camaleonticamente, mi adatto alla cultura del luogo e se occorre faccio la finta tonta. Quindi, i problemi come donna spesso sono più legati alla fisicità: cambiare una ruota, trasportare bagagli, affrontare percorsi faticosi».

L'ultimo viaggio in solitaria che hai compiuti è stato in Botswana, pochi mesi fa. Cosa ci puoi raccontare di questa terra, e soprattutto delle persone che hai incontrato?
«Il Botswana è incredibile. Zebre, leoni, giraffe, ippopotami, elefanti, un’enorme ricchezza di fauna allo stato selvaggio e incontaminato. Al di fuori di cinque cittadine principali - il Botswana ha meno di due milioni di abitanti in tutto - il resto sono villaggi di capanne. La gente, divisa in diversi ceppi etnici, è gentile, disponibile e sorridente. Io ho avuto come primo obiettivo in Botswana la conoscenza della situazione dei Boscimani del Kalahari. Come molti popoli indigeni, sono seriamente minacciati di estinzione: esiliati dalle loro terre in nome di interessi economici. Solo 300 Boscimani vivono oggi ancora nelle loro terre ancestrali, nel deserto del Kalahari, dove negli anni '80 sono stati trovati i diamanti. Hanno chiuso i pozzi d'acqua e queste famiglie vivono ai limiti della sopravvivenza. Sono stata a trovarli, il loro villaggio è a 200 km dalla prima strada degna di questo nome, all'interno del deserto, solo una stretta e desolata pista sabbiosa li collega al mondo civile. Ho portato loro latte, zucchero, caffè e acqua: quando hanno visto l'acqua, in religioso silenzio, si sono messi in fila con una tazza per poterne bere. L'acqua è fondamentale per ogni essere vivente.
Sto organizzando una mostra fotografica sui Boscimani del Kalahari, che possa sensibilizzare l'opinione pubblica sui loro gravi problemi. Poi in Botswana ho conosciuto Hilda: vicino ad Etsha 6, un villaggio vicino al Delta dell'Okavango, ho dato un passaggio a Hilda e al fratellino: è una ragazzina di 12 anni che ogni giorno per andare a scuola si fa tre ore di autobus. Era molto stupita che un "bianco" desse un passaggio a dei "neri" e mi ha fatto tante domande. Questo la dice lunga su tante cose. Siamo rimaste in contatto, ci scriviamo. Vorrei darle la fiducia nel futuro che merita».

Non solo attraverso il tuo blog, ma anche sul profilo di Facebook, mantieni i contatti con tantissime persone che ormai seguono appassionati le tue ricerche e i tuoi innumerevoli viaggi. Il social network si è rivelato soprattutto un tramite per sensibilizzare sempre più gli italiani riguardo i problemi dei più deboli, come ad esempio sostenere la ratifica della ILO 169. A questo riguardo, quali miglioramenti hai potuto appurare da quando hai condiviso online il tuo diario di bordo?
«Innanzitutto questi due viaggi "in diretta su Facebook" , dal Tibet e dal Botswana, mi hanno dato modo di scoprire tante, tante persone "vere", in gamba, oneste e piene di valori umani. Quando sono stata derubata del portafoglio a Lhasa, in tantissimi si sono offerti di aiutarmi materialmente, spedendo soldi. Per fortuna non c'è n'è stato bisogno, me la sono cavata da sola, ma è stata una bellissima dimostrazione di affetto e solidarietà. Adesso con la campagna per la ILO 169 su Facebook siamo circa 1300, in crescita. La campagna consiste nel sensibilizzare il Governo, attraverso lettere al ministro Frattini, alla ratifica dell'Italia alla ILO 169, una convenzione internazionale importantissima per la salvaguardia dei diritti umani dei popoli indigeni (maori, boscimani, indios, aborigeni, eschimesi e tanti altri, circa 300 milioni di persone nel mondo)».

La valigia probabilmente è sempre pronta e la voglia di visitare posti nuovi costantemente viva. C'è però un luogo, o semplicemente uno scorcio che hai visitato, e in cui non vedi l'ora di ritornare?
«Il Tibet, in particolare i piccoli villaggi. Paesaggi strepitosi, gente meravigliosa. Ma i tibetani vivono un grande disagio sotto gli occhi del mondo intero. Le strade di Lhasa sono pattugliate dai militari giorno e notte e i tibetani hanno paura a parlare della loro situazione. La fede buddhista li sostiene, sono un popolo sereno nel dolore».

Raffaella Milandri: una donna che sa adattarsi, amalgamarsi con popoli di diverse etnie e alla ricerca di emozioni ed esperienza forti. C'è qualche cosa che manca per completare il puzzle o puoi affermare una completa soddisfazione personale?
«La soddisfazione sta nella continua ricerca di una crescita personale, sono solo all'inizio di un lungo cammino e mi auguro di avere la possibilità di dare un aiuto concreto ai popoli che soffrono attraverso le mie immagini e le mie testimonianze.
Inoltre, la mia curiosità è infinita e vorrei esplorare il più possibile prima che la globalizzazione cancelli le varietà di sfumature nelle diverse culture. Ad oggi, per quello che ho visto, spesso nei paesi in via di sviluppo, progresso non vuol dire benessere ma consumismo, con l’ansia di acquistare beni secondo il modello occidentale, tralasciando aspetti vitali come assistenza sanitaria, istruzione pubblica, garanzia dei diritti umani».
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TELEGIORNALISTI Armando Serpe, il jolly del giornalismo casertano di Giuseppe Bosso

Nato a Caserta, Armando Serpe conduce da fine ottobre su Teleprima il programma Caserta gol con Vittoria Biancardi.

Come nasce Caserta gol?
«Il programma è il prosieguo di quanto ho fatto a Teleluna. Ho avvertito poco interesse per il calcio di Lega Pro (la ex serie C), e con Vittoria Biancardi abbiamo sviluppato questo progetto che segue le tre squadre della provincia di Caserta: la Casertana, il Real Marcianise e l’Aversa Normanna».

Quali prospettive intravedi per il calcio casertano?
«Dopo molti anni bui, finalmente qualche luce si intravede. La Casertana è tornata in serie D e ha l’ambizione di tornare ai livelli professionistici. Anche l’Aversa Normanna, guidata da Spezzaferri, sta maturando progetti ad alti livelli. Sfortunatamente, invece, la maglia nera per ora tocca al Real Marcianise, in quanto pare che Bizzarro voglia farsi da parte; spero che ci ripensi, perché l’idea di poter andare in B nel giro di qualche anno è tutt’altro che una pura utopia».

Quanto è importante il filo diretto con i tifosi?
«Fondamentale, direi. Abbiamo nel programma proprio uno spazio per il contatto diretto con il pubblico che è il nostro vero giudice, e i tifosi (dodicesimo uomo in campo si dice, per noi terzo elemento della trasmissione) sono contenti di poter avere a disposizione uno spazio come il nostro. Le tre tifoserie del casertano sono molto calorose e partecipano attivamente alle nostre attività».

Nelle serie minori il calcio, lontano dai miliardi delle metropoli, riacquista la sua genuinità?
«Il calcio ormai è un business anche a questi livelli. È impossibile tornare a quel periodo, diciamo fino a metà anni ’90, in cui non c’era tanta frenesia. Ormai, solo per acquistare i diritti di cronaca delle partite anche in Lega Pro, una società può arrivare a chiederti fino a 7mila euro. Così non si può andare avanti, queste squadre dovrebbero capire che le emittenti locali non sono un mezzo per fare soldi, ma un’indispensabile canale di comunicazione con le loro tifoserie; anche questa storia della tessera del tifoso renderà sempre più difficile avere un seguito fuori casa... insomma, è un periodo in cui occorre una grande riflessione per molti aspetti».

La dimensione casertana ti sta stretta?
«Non nascondo di avere molte ambizioni. Intendiamoci, sono contentissimo di quello che sto facendo adesso a Teleprima, ma il mio obiettivo è quello di arrivare ad un network dalle grandi possibilità. Purtroppo la crisi ha inciso anche per i canali locali che sono stati costretti a tagli non da poco, anche a livello di personale, per mancanza di sponsor. Spero sempre in una chiamata importante».

Qual è il tuo sogno professionale?
«Spero di poter arrivare in alto, sono anche fotografo professionista e operatore, un vero jolly per usare un paragone calcistico, fin dai tempi di Teleluna. Sono molto contento di questa innovazione del digitale terrestre che, pian piano, sta diventando una realtà importante e che, se manterrà le promesse e le premesse che lo circondano, creerà davvero nuovi posti di lavoro e più canali, per cui ci sarà bisogno sempre più di grandi professionalità. In questo contesto spero di potermi inserire anche oltre il livello locale».
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SPORTIVA Fantastiche ragazze di Pierpaolo Di Paolo

Fantastiche ragazze. La nazionale italiana femminile di tennis, guidata da Flavia Pennetta e Francesca Schiavone, ha conquistato la sua 2° Federation Cup (la Coppa Davis delle donne), bissando la storica vittoria del 2006. Si tratta di un altro grande successo del nostro sport a squadre, dopo l'eccezionale europeo vinto nella pallavolo, sempre femminile. Sembra che le sorti dell'Italia sportiva, dal mondiale di calcio tedesco, poggino ormai tutte sulle spalle delle nostre eroine.

Questo trionfo è ancora più importante proprio perché arriva in tempi bui del nostro tennis, con la nazionale maschile affondata da 10 lunghi anni nell'oblio della serie B. Nessun giocatore italiano si è più avvicinato ai primi 10 del ranking ATP dal lontano 1976, anno dello straordinario successo di Adriano Panatta al Roland Garros e della prima ed unica Coppa Davis della nostra storia.

Il traguardo è invece recentemente centrato da Flavia Pennetta che, con le 15 vittorie consecutive in tornei del circuito WTA (la più lunga della storia per una tennista italiana), ad agosto 2009 si impone prepotentemente al 10° posto WTA.
Adesso, la Fed Cup. È raggiante il presidente federale Binaghi: «Queste ragazze hanno dato dignità al tennis nel nostro Paese e hanno preso per mano tutto il nostro movimento».

Le campionesse si sono sbarazzate con un perentorio 4 a 0 della nazionale USA, e non si sminuisca l'impresa solo perché la nazionale a stelle e strisce non schierava le sue giocatrici di punta, Williams su tutte. Il percorso che le azzurre hanno dovuto seguire per giungere alla Coppa non è stato per nulla agevole: le nostre hanno dovuto abbattere compagini come la Francia di Amelie Mauresmo e la quotatissima Russia, prima di imporsi sulle combattive statunitensi. Il punto decisivo è giunto grazie alla vittoria della Pennetta, sempre lei, su Melanie Oudin per 75 62.

Flavia è consapevole di esser diventata il fiore all'occhiello del tennis nazionale e di aver suggellato nel migliore dei modi un percorso memorabile. «Ho avvertito un po' di pressione, si sa che in questo sport nessuno ti regala nulla. Poi è stata una grande emozione: è un anno bellissimo».

Non nasconde l'entusiasmo neppure capitan Barazzutti: «Queste donne sono davvero fantastiche, sono orgoglioso di aver guidato una squadra così straordinaria».
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