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Archivio Telegiornaliste anno VI N. 10 (227) del 15 marzo 2010
 
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MONITOR La telegiornalista, il video in anteprima di Valeria Scotti

Dalle parole alle immagini. Ricorderete, una telegiornalista, Simona Branchetti, conduttrice del Tg 5, protagonista di una dedica in musica. Una canzone d’amore del musicista e cantante siciliano Daniele Profilio.

«Un pezzo sincero, scritto con il cuore e nato dall'esigenza di esprimere un'emozione istantanea, ma vera», raccontava la Ghiro Records di David Marchetti, etichetta che produce Profilio. E alla musa ispiratrice è stato dedicato anche un video.

Daniele, una lunga gavetta artistica e un nuovo percorso da rocker grazie alla maturità dei quarant’anni, una chitarra, il suo sogno celestiale e un cuore che continua a battere per La telegiornalista.

Tutto questo è il video che Telegiornaliste ha il piacere di presentarvi in anteprima esclusiva.

Video
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CRONACA IN ROSA Per fortuna che ci sei tu di Camilla Cortese

Sei molto bella e sensuale. Le lunghe ciglia incorniciano uno sguardo da gatta, tu osservi di sottecchi sorridendo carina. Hai questi capelli di seta, vaporosi, ramati, perfettamente acconciati, ma chi è il tuo parrucchiere? Unghie dipinte, trucco sapiente, profumo francese. Vesti Gucci e Chanel, hai comprato due o tre appartamenti. Sei la donna ideale e, a quanto pare, dici sempre di sì. Sei la donna ideale, e hai un pene.

Per fortuna che ci sei tu, che vieni da un altro continente per insegnare alle donne l’amore. Io che speravo di essere uscita indenne dalla festa della donna, la sera dell’8 marzo penso che ce l’ho quasi fatta e, dopo una giornata passata a schivare auguri, mi concedo il programma di Lilli Gruber. Che, per l’occasione, invita in studio Giovanni Veronesi e una trans. Che malandrina, la Lilli, primadonna nel giorno delle donne.

Scatta la domanda da invidia del pene: «Ma perché gli uomini vanno con quelle come lei?». Noi donne, ancora non l’abbiamo capito. Per noi, sempliciotte, un energumeno vestito da Trilly Campanellino è sensuale come una cesta di panni da stirare. Ma poi tu dischiudi quelle labbra a cuoricino, e col tuo vocione da viados cinguetti di amore e seduzione nell’era del dopo-Marrazzo.

A tuo dire, l’uomo è annoiato, curioso, bisognoso di attenzioni ed erotismo estremo ed io che, tapina, non ho che una laurea e un lavoro di ordinario successo, non sono in grado di soddisfarlo. Deve essermi proprio sfuggito il giorno in cui battere sui marciapiedi è valso un dottorato in sociologia, vivaddio signora mia, tra i barbuti su tacchi a spillo che fanno la fila dal chirurgo plastico ci sono orde di accademici in erba.

Credevo di averle sentite tutte, di essere la rivincita delle nostre madri e delle nostre nonne, di aver costruito l’eguaglianza fra i generi, invece mi tocca sentirmi dire da un uomo travestito da donna che se il mio uomo mi tradisce è perché il mio successo mi ha resa troppo uomo. Che dovrei essere più sensuale, più truccata, più sottomessa. Per fortuna che ci sei tu, che con le tue contraddizioni mi hai fatto l’augurio più bello in questo giorno stralunato, perché in fondo essere donna, per una donna, non è una fatica. 
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FORMAT Sophia Loren: una vita, due puntate di Giuseppe Bosso

Due prime serate per raccontare un mito, la vita di una diva - forse la diva per eccellenza - interpretata dalla stessa protagonista, nei panni però di sua madre. Colei che l'ha cresciuta e l'ha accompagnata passo dopo passo nella scalata al successo. Dalle miserie di una Napoli martoriata dalla guerra ai riflettori hollywoodiani.

Grande è stata la commozione per Sofia Villani Scicolone, al secolo Sophia Loren, durante la presentazione della miniserie che Raiuno trasmette in questi giorni. «Le cose sono dentro di noi e non si dimenticano», ha spiegato la straordinaria interprete napoletana, premio Oscar nel 1962 per La ciociara.

La serie, diretta da Vittorio Sindoni, prende titolo e contenuti dal libro scritto dalla sorella Maria Scicolone, La mia casa è piena di specchi. Ecco allora la storia di una madre, Romilda Villani, che vede svanire il sogno americano per dare alla luce una bambina in cui riporrà tutte le sue speranze e le sue aspettative, venendone degnamente ripagata da una carriera riconosciuta e ammirata in tutto il mondo.

Ad interpretare il ruolo della giovanissima Sophia un volto emergente del cinema italiano: Margareth Madè, rivelazione a Venezia lo scorso anno per Baarìa. L'interprete siciliana si è definita entusiasta ed onorata di avere potuto lavorare con un'attrice a cui sono legate pagine indimenticabili del nostro cinema e della storia dell'ultimo secolo.
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HOT GIRLS Gli uomini ce l'hanno lungo di Valeria Scotti

Povere noi donne dalla vita sessuale più breve rispetto a quella degli uomini. Loro ce l’hanno lungo. Il tempo, appunto. Lo rivela uno studio condotto dall'Università di Chicago e pubblicato sul British Medical Journal.

L'uomo ha una esistenza più breve, ma paradossalmente può fare più sesso da un punto di vista temporale. E allora carpe diem, visto che la pace dei sensi delle signore arriva prima. Lo ha deciso la natura senza chiederci un parere a riguardo e noi non possiamo che chinare il capo e accettare. Siamo rovinate però, è certo.

A questo punto occorrerebbe munirsi di calcolatrice e fare due conti esatti. Perché se un uomo sui 55 anni ne ha in media ancora altri 15 da spendere in attività sessuale, il gentil - e inferocito - sesso può contare solo fino a 11 e nessun pallottoliere è capace di venire in soccorso. La castità è fuori alla porta e desidera entrare.

Dalla ricerca è emerso inoltre che gli uomini sono quelli più interessati al sesso (ma va?), lo praticano di più e scelgono di sposare donne più giovani. Ma che tipi furbi. Così, se il 72% dei maschietti tra i 75 e gli 85 anni ha una compagna, il 60% delle donne si ritrova sola soletta. Da ciò, è facile comprendere anche perché il 70% degli uomini affermi di essere soddisfatto della propria vita sessuale. Le donne? Meglio non chiederglielo. Proprio come si fa con l'età.
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DONNE Come eravamo - 2 di Silvia Grassetti

Se vi siete depresse con l’articolo dello scorso numero, questa settimana ci facciamo perdonare.
C’è un settore di grande importanza per la società greca in cui le donne hanno un ruolo di prim’ordine: la religione.

La donna può essere sacerdotessa. Anche se la possono eleggere solo gli uomini, la sacerdotessa ha gli stessi doveri e gode degli stessi diritti del sacerdote: entrambi sono estratti a sorte o eletti ogni anno; entrambi devono rendere conto alla fine del loro mandato; entrambi godono di privilegi, come poter assistere agli spettacoli e alle cerimonie dai primi posti.

Ma le sacerdotesse più prestigiose sono le profetesse: solo grazie a loro gli dei entrano in contatto con le persone. L’unico medium è donna.
Che ha un rapporto strano e terribile con il sacro. E infatti sia nella nascita sia nella morte, gli uomini impauriti cedono il passo. Le donne sono le uniche intermediarie naturali: a causa della nostra biologia, solo noi proteggiamo gli uomini dalle cose impure. Non ci fanno paura il dolore e il sangue.

Ed è evidente anche oggi: quanti uomini conoscete, che abbiano un buon rapporto con le siringhe? E con le supposte?

3-continua
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TELEGIORNALISTI Ciao Tonino di Giuseppe Bosso

Adesso riposa in pace davanti alla cappella in cui è sepolto il leggendario presidente Costantino Rozzi, con cui magari da lassù continuerà a seguire con la stessa passione e simpatia di ogni domenica le vicende dell'Ascoli. Quell'Ascoli a cui aveva legato indissolubilmente la sua carriera.

Se n'è andato così, in silenzio, una fredda mattina di marzo, Tonino Carino, storico inviato di 90°minuto. Tonino da Ascoli, come era solito presentarsi in quegli anni. Un amico della domenica di quel calcio che non c'è più, senza posticipi e senza decoder, delle formazioni che ricordavi a memoria e dei tre stranieri per squadra. Quel calcio che ci manca, lontano dalle brutture e dalle polemiche dei giorni nostri.

Ma la carriera di Carino non è svolta solo intorno al Del Duca, negli anni in cui la compagine marchigiana era capace anche di mettere sotto il Milan di Sacchi campione d'Europa e l'Inter di Trapattoni. Dopo avere esordito scrivendo per il prestigioso Resto del Carlino e per il Corriere Adriatico, approda in Rai nel 1975, e oltre al programma calcistico della domenica segue appassionatamente anche il Giro d'Italia.

Simona Ventura lo aveva voluto, nel 2005, come inviato speciale a Quelli che il calcio, manco a dirlo al seguito di quell'Ascoli tornato in A dopo gli anni bui transitati tra la B e la C; tra il 2002 e il 2003 aveva fatto parte del cast del fortunato programma Casa Raiuno, condotto da Massimo Giletti, in cui ha girato in lungo e in largo l'Italia in coppia con Milena Minutoli.

Grande commozione ai funerali, svoltisi nel capoluogo marchigiano, alla presenza di parenti, amici e colleghi con cui aveva condiviso una vita per lo sport, da Carletto Mazzone a Luigi Necco, dall'ex direttore del Tg1 Luigi Fava al presidente della regione Marche Gian Mario Spacca e il sindaco di Ascoli Piceno Guido Castelli. Oltre a molti tifosi bianconeri che, al loro amico della domenica, hanno dedicato uno striscione: Onore a te Tonino.
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SPORTIVA Stefania Bianchini: Il pugilato italiano mi deve tutto di Pierpaolo Di Paolo

La scorsa settimana abbiamo parlato dell'ammissione della boxe femminile alle prossime Olimpiadi di Londra, un grande traguardo raggiunto dopo anni di discriminazioni e dure battaglie. Proviamo a chiedere a una delle principali fautrici di questo risultato, Stefania Bianchini, campionessa mondiale Wbc nel 2005, cosa ne pensa.

Stefania, tu che sei stata una pioniera della boxe italiana, oggi non vivi anche un pizzico di rimpianto?
«Sinceramente no. Per partecipare alle Olimpiadi devi esser ancora dilettante, ed io non ho mai fatto la dilettante. Me ne sono andata all'estero a combattere da professionista, e quando son tornata in Italia non potevo comunque più fare la dilettante. Quindi il problema per me non si è proprio posto, alle Olimpiadi non ci sarei potuta andare lo stesso. Probabilmente per la Galassi è stata una beffa, perché lei ha combattuto in Italia da dilettante e poi, per motivi d'età, non ha potuto più attendere. È passata al professionismo, e adesso alle Olimpiadi ci vanno le ragazze. Io ho avuto i miei rimpianti nel non aver potuto fare pugilato in Italia, perché era vietato fino al 2001. Rimpiango non tanto le Olimpiadi, quanto di aver perso degli anni buoni, in cui non ho potuto proprio combattere».

Si può immaginare che la visibilità delle nuove sarà molto accresciuta.
«Sicuramente avranno una visibilità maggiore anche di quella che ha la Galassi in questo momento, pur da campionessa del mondo. Sono le cose che succedono quando c'è una novità. È una grande vetrina, una kermesse, un'occasione di grande visibilità, come fai a negarlo. Ciò aprirà le porte a sponsor oltre che a una maggiore sensibilità nei confronti del pugilato femminile. Magari ne godrà perfino il pugilato maschile, di conseguenza. Ma io non ho alcun rimpianto. Poi, avanti le giovani, perché è anche giusto che ci siano quelle nuove adesso».

Hai mai fantasticato di iniziare adesso, alle condizioni attuali?
«Io ho fatto la mia battaglia, qualcosa ho vinto, però adesso tocca alle altre. Io vorrei solo una cosa: che le ragazze non si dimentichino quello che ho fatto per loro, perché se c'è il pugilato in Italia e se vanno alle Olimpiadi lo devono anche a me. Se esiste il pugilato femminile in Italia è per il casino che ho fatto io. L'importante è che tutto questo sia la fine di molte discriminazioni. Ed io ne ho subite parecchie».

A proposito di discriminazioni, hai letto l'articolo di Dario Torromeo uscito qualche tempo fa sul Corriere dello Sport?
«Sì, e ne sono molto delusa».

Hai qualcosa da rispondere a Torromeo?
«Beh, da uno che si autodefinisce conoscitore di pugilato mi sorprende tanta superficialità e banalità nelle critiche. Innanzitutto è impreciso sui numeri, perché le donne pugili sono molte di più. Poi dimostra impreparazione quando parla dei colpi alle mammelle, dato che lo sanno tutti che c'è la protezione al seno. Infine critica le donne alle Olimpiadi parlando però di pugilato professionistico, confondendo così situazioni molto diverse. Tira in ballo nomi di professioniste quali la Galassi e Laila Alì, che a livello italiano e mondiale son i nomi più banali che potesse fare, quelli che conoscono proprio tutti. Peccato che poco c'entravano col discorso olimpico, evidentemente i nomi delle dilettanti nemmeno li conosce. Secondo me è più spinto dal desiderio di criticare che da una effettiva conoscenza della realtà che critica».

Ma è vero che bastano 3 incontri e anche la salumiera della porta accanto è pronta per un match mondiale?
«Questo è quello che dice lui. Io credo che la Galassi, visto che la cita, ha dovuto farne molti di più. Occorrono match di avvicinamento, ci sono delle classifiche internazionali basate sui risultati ottenuti, occorre preparazione. Sinceramente da uno che "conosce" il pugilato, magari mi aspettavo anche delle critiche, ma non così. Ha attaccato il pugilato femminile come potrebbe farlo qualsiasi altro che di boxe non ne capisce davvero niente. Al posto suo avrei detto 'A me non piace, stop', ma con gli appunti ingenui ed infondati che ha mosso non ci ha fatto una bella figura».

Chiacchiere da bar insomma?
«Assolutamente sì. Comunque quando parlavo di discriminazioni non mi riferivo solo a questo».

A cosa ti riferisci?
«Soprattutto al problema economico. Il trattamento che è riservato alle donne, come purtroppo avviene in tutti gli sport femminili, è davvero poco consono. Solo che nel pugilato tutto questo è elevato all'ennesima potenza. Siamo meno tutelate: non ci sono solo le differenze fisiologiche - se una ha una gravidanza ha finito di gareggiare - ma una profonda discriminazione economica che accentua tutte le altre difficoltà».

Non c'è il cachet degli incontri di Tyson, insomma.
«Ma neanche degli incontri maschili italiani di medio livello. È questa la grossa discriminazione. Anche all'estero, le pugili che hanno guadagnato qualcosa sono solo quelle che si sono spogliate. Alla fine devi sempre passare per la rivista, per l'esser sexy, per il tuo corpo. Non c'è rispetto per la sportiva in quanto tale».


E pensi che ora cambierà tutto?
«Beh, non è che ci sarà una rivoluzione. Però adesso quando una di queste ragazze vincerà, avrà una medaglia che sarà uguale a quella degli uomini. Ciò ridarà una maggiore credibilità all'intero movimento. È anche vero che da oggi diventerà più difficile vincere, perché nel momento in cui uno sport diventa olimpico, le atlete si fanno tutte agguerritissime. Per cui a tutte loro posso dire solo buona fortuna».
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