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Intervista a Claudio Caprara tutte le interviste
Telegiornaliste anno III N. 47 (125) del 24 dicembre 2007

Claudio Caprara, la sfida di Nessuno Tv di Giuseppe Bosso

Incontriamo questa settimana Claudio Caprara, direttore di Nessuno Tv, un progetto sperimentale partito nel 2004.

Ci racconta gli esordi di Nessuno tv?
«Questa emittente l'ho vista nascere un po' alla volta. E' stata una sfida faticosa e impegnativa che ci ha coinvolti giorno per giorno, soprattutto nel momento in cui, vincendo Berlusconi le elezioni del 2001, si avvertiva l'esigenza di dare spazio a quelle voci e a quelle fasce che non erano rappresentate adeguatamente nell'informazione tradizionale. E' stata il frutto di incontri tra esperienze e persone diverse».

Come direttore di una televisione spiccatamente dedicata alla politica, qual è la sua idea riguardo il malessere e la sfiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni, come ha dimostrato anche il successo di Beppe Grillo e del V-Day?
«Paradossalmente ritengo che il V-Day sia proprio un'espressione politica. Non credo che ci sia sfiducia della gente, quanto voglia di un cambiamento vero. Una volta si sarebbe parlato di "pre-politica". Viviamo in un paese che, dal punto di vista sociale, il Censis ha definito "una poltiglia". Grillo si è fatto portavoce di un malessere, ma ha utilizzato gli strumenti tipici della politica per farlo emergere: le piazze, le manifestazioni, i meetup che sono le vecchie sezioni di partito. Compito dell'informazione è provare ad agevolare un riavvicinamento della gente alla politica e contribuire al raggiungimento di ciò. Del resto, quello che facciamo è riconosciuto dalla legge. Noi lo interpretiamo spesso come un servizio di pubblica utilità e ci spinge a trovare elementi di coesione tra il cittadino e le istituzioni».

Che idea si è fatto della vicenda delle intercettazioni Rai-Mediaset?
«Premetto che sono contrario alla pubblicazione delle intercettazioni, cosa che ritengo degradante per il giornalismo e per il Paese. Al di là di questo, credo che ciò che è emerso è solo una piccola parte di quella rete di "inciuci" che si è intessuta tra Rai e Mediaset dal 2001 al 2006. Comunque sia, una responsabilità pesante ce l'ha anche il sistema dell'informazione».

Abbiamo da poco pianto la scomparsa di un maestro come Enzo Biagi. Ritiene che il giornalismo potrà avere una nuova figura come la sua?
«Biagi rimarrà unico perché ha vissuto un secolo con i protagonisti della storia. Ha potuto interloquire con grandi personalità, tanto della politica quanto della società e dello spettacolo. Gente che ha segnato un'epoca che noi non vivremo più, proprio perché è cambiato il mondo, quel modo di concepire, ad esempio, lo star system del cinema, dello sport, della musica e della stessa politica. Biagi è stato un pioniere della multimedialità ed era uno dei pochi a maneggiare diversi media. Oggi abbiamo giornalisti globalizzati, bravi, ma tanti».

Il successo di Nessuno tv si spiega anche con il fatto che è il pubblico, grazie alle nuove tecnologie, a diventare parte integrante del canale?
«Indubbiamente sì. Certo, siamo una tv di nicchia che è partita con una grande voglia di sperimentare. Per esempio, un mese fa, abbiamo realizzato dai Quartieri Spagnoli di Napoli la diretta di uno spettacolo dei Teatri Uniti realizzato in un appartamento, cosa che ha avuto molta risonanza. Ecco, noi cerchiamo di puntare su quelle esperienze e quelle novità che altri non si possono permettere. In futuro daremo maggiormente spazio anche ai giovani, magari con una trasmissione incentrata su video realizzati da ragazzi con i cellulari, in cui racconteranno le loro esperienze e la loro vita».

Si può dire, quindi, che Nessuno tv è soprattutto televisione sperimentale?
«Sì, è questa la nostra principale sfida. Sicuramente è la politica la tematica principale di cui ci occupiamo insieme a tante altre cose. Per questo diamo soprattutto spazio a quegli aspetti e a quegli eventi che non si trovano, con questa ampiezza, da altre parti».

Se potesse scegliere, quale giornalista vorrebbe nella sua emittente?
«La nostra attenzione va principalmente a quei giovani in crescita che si spera, in futuro, riusciranno ad alternarsi a coloro che sono già affermati. Quanto al nome di un collega che stimo e che ritengo innovativo, dico Gianni Riotta. Da noi si divertirebbe più che al Tg1».

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