Telegiornaliste anno IV N. 11 (136) del 24
marzo 2008
Gianmaurizio Foderaro, conduttore radiofonico con il vizio
del giornalismo
di Valeria Scotti
Giornalista
e autore pubblicitario, Gianmaurizio
Foderaro inizia giovanissimo la sua carriera radiofonica. Dopo varie
esperienze nelle radio locali e nelle prime reti regionali, approda alla Rai ove
cura e conduce numerosi programmi su Radio Uno, Radio Due, Isoradio. E' inviato
di molte edizioni del Festival di Sanremo e curatore del Musicultura Festival
(ex Premio Recanati).
Gran parte della tua attività ruota intorno alla musica come giornalista,
autore e presentatore di eventi. Come nasce questa passione?
«Dovrei raccontare la storia della mia vita. Dal 1977, infatti, ho cominciato
quasi per gioco a fare radio, affiancando ovviamente agli studi questa mia
passione. Da allora non l'ho più mollata, almeno in questo sono stato fedele. Il
primo contratto con la Rai è arrivato a 20 anni, nel 1982, con Rai Stereo 2 e da
allora tutto è stato più facile. Ho affiancato l'esperienza Rai con le radio ed
i network privati - Radio Luna, Radio Subasio, Gruppo Radio Dimensione Suono -
facendo anche il creativo per agenzie di pubblicità e il giornalista. Con
l'ingresso in pianta stabile in Rai mi sono un po' calmato, ma da qualche anno
collaboro con l'Università la Sapienza di Roma come docente alla Facoltà di
Scienze della Comunicazione».
Come identificheresti l'Italia musicale di oggi?
«Complice la crisi totale della discografia, noto un gran fermento. Ci sono
molti giovani in gamba ed è difficile farsi notare. La qualità, comunque, è
sicuramente cresciuta».
La crisi del Festival di Sanremo: siamo davvero al capolinea?
«La crisi del Festival dipende, ed è cosa nota, da un contratto che lega la Rai
al Comune di Sanremo e che impedisce per certi versi di cambiare formula. I
cinque giorni sono davvero troppi e poi è cambiato il modo di fruire la musica
del Festival. In molti guardano con calma le canzoni su YouTube, ascoltano di
più la radio. L'impatto mediatico c'è ancora ed è molto forte, ma non davanti
alla tv. E in fondo, qualche canzone potevamo risparmiarcela: forse non arriva
solo l'eccellenza alle serate finali».
Il tuo primo incontro con la radio è avvenuto alla fine degli anni Settanta.
Quanto e come è cambiata la radio?
«E' cambiato tutto, noi ci siamo inventati un mestiere. Prima portavamo i dischi
da casa, ora invece tra digitale, computer, format e playlist, è già tutto
deciso. Però, se hai una marcia in più, esci fuori: la voce, il proprio
background e la cultura personale fanno ancora la differenza».
Sei una delle voci storiche di Radio Rai...
«Sì, e lavoro con libertà e soddisfazione creando format, proponendo programmi
ed altro più di quanto potessi fare, qualche anno fa, in un network dove dovevo
stare attento a quando e come davo l'ora esatta».
Hai dichiarato «la mia trasmissione più bella ancora deve arrivare,
l'intervista migliore ancora essere realizzata». Ma tra le tue esperienze
passate, quali metteresti sul podio?
«Le lunghe dirette dal backstage di Sanremo con le interviste in tempo reale per
cinque ore di fila a tutti i protagonisti, cosa che faccio ormai da parecchie
edizioni. E poi, per affetto, c'è la collaborazione con il Musicultura Festival,
già Festival di Recanati. Curo le dirette radio, ma anche tutta la gara
radiofonica e il coordinamento con le varie trasmissioni interessate a
Musicultura. Per la nuova stagione ci sono dei progetti, ma sono
scaramantico...».