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Intervista a Xavier Jacobelli tutte le interviste
Xavier JacobelliTelegiornaliste anno III N. 33 (111) del 17 settembre 2007

Xavier Jacobelli: l'Italia non meritava gli Europei
di Giuseppe Bosso

«Le società hanno bruciato negli anni miliardi su miliardi per acquistare giocatori che si sono rivelati spesso grandi delusioni, anziché investire in maniera massiccia per ammodernare le misure di sicurezza negli stadi. Questi signori contavano molto sull’assegnazione degli Europei del 2012, cosa che avrebbe permesso di ammodernare gli stadi a spese dei contribuenti.
E invece, come abbiamo visto, le cose non sono andate così, ma non c’è da sorprendersi: l’Italia non meritava certo di ospitare una rassegna così importante».

Xavier Jacobelli, direttore di Quotidiano.net e giornalista sportivo di grande fama, mostra di non aver paura di dire quel che pensa sul mondo del calcio. Anche la sua lettura del dopo Catania non lascia spazio a interpretazioni: «La realtà è questa: sono passati ormai sette mesi da quella tragica notte, e di fatto nulla è cambiato. I signori che occupano i vertici della Federazione si sono illusi che bastassero i tornelli per risolvere il problema, senza rendersi conto che gli impianti sono obsoleti e fatiscenti.
Come al solito, nel nostro Paese, si pensa che quando capitano emergenze si possa risolvere tutto intervenendo drasticamente sul momento per poi annacquare le cose col passare dei mesi».

E Luciano Moggi, che aleggia sempre sul nostro calcio nonostante Calciopoli?
«Moggi è sicuramente una presenza mediatica, malgrado la giustizia sportiva lo abbia squalificato. In ogni caso, è certo che fino a quando non interverrà una sentenza di condanna definitiva da parte della magistratura ordinaria, Moggi ha diritto di potersi difendere come meglio crede; lo sta facendo in maniera diversa da Giraudo, che da quando è scoppiato lo scandalo si è trasferito in Inghilterra ed è rimasto praticamente in silenzio, a differenza dell’ex dg juventino».

Direttore, che campionato dobbiamo aspettarci con la Juve di nuovo in serie A insieme a Napoli e Genoa? È l’Inter la squadra da battere, o i nerazzurri punteranno tutto sulla Champions League?
«Il ritorno di Juve, Genoa e Napoli è un motivo di grande interesse, e del resto le statistiche parlano di un grande rientro di pubblico per questa stagione. I nerazzurri sono la squadra favorita, che con Chivu e Suazo si è ulteriormente rafforzata, ma non ritengo che l’esito possa essere così scontato; la Roma mi ha davvero impressionato, c'è il Milan e poi ci sono squadre come Fiorentina, Udinese e Sampdoria che possono costituire delle grandi sorprese».

Stupisce vedere i due tecnici italiani più vittoriosi degli ultimi anni, Capello e Lippi, fermi ai box, sia pure per ragioni diverse. Crede che prima o poi li rivedremo su qualche panchina di prestigio?
«Situazioni diverse tra loro. Capello paga le scelte azzardate del Real Madrid, che non stanno né in cielo né in terra, per il fatto che malgrado le difficoltà in cui il tecnico italiano si è trovato ad operare sia riuscito a conseguire il traguardo della Liga.
Calderon, presidente delle Merengeus, probabilmente ha agito in tal senso proprio perché non sopportava il carisma e la presenza di Capello; ma, come possiamo vedere, i risultati finora deludenti ottenuti da Schuster non fanno altro che aumentare il rammarico dei tifosi e anche di quegli stessi media spagnoli che pure non erano stati molto benevoli verso Capello.
Lippi, invece, è ammirabile per il grande coraggio dimostrato nel lasciare la panchina azzurra dopo il trionfo di Berlino; ad ogni modo, credo che questa sarà veramente la sua ultima stagione da inattivo, dopo la parentesi a Sky come opinionista per la Champions League. E' pur sempre l’allenatore campione del mondo e credo che a breve ci sarà per lui un’importante offerta, che per esempio potrebbe venire dalla Federazione inglese nell’ipotesi che McLaren fallisca la qualificazione agli Europei del 2008».

Totti e Nesta hanno detto addio alla nazionale, non senza polemiche. Quest'estate il Brasile ha vinto la Coppa America pur senza i suoi assi Ronaldinho e Kakà che avevano chiesto a Dunga di essere dispensati dalla manifestazione. Le nazionali non attirano più i grandi fuoriclasse?
«No, sono casi a parte. E comunque mi sento di fare alcune considerazioni. Anzitutto, per quanto riguarda Totti, la maggior parte della gente che ha criticato questa sua decisione ha forse dimenticato che, nel gennaio del 2006, il capitano giallorosso ha subito un gravissimo infortunio che ha messo seriamente a rischio la sua stessa carriera, e che nei mesi successivi ha affrontato enormi sacrifici proprio per rispondere puntualmente alla chiamata di Lippi per partecipare al Mondiale di Germania. Mondiale che, a mio parere, ha vissuto da vero protagonista malgrado qualcuno non lo abbia riconosciuto, soprattutto nel momento in cui con molto coraggio ha deciso di tirare il rigore contro l’Australia. Poi, non dimentichiamolo, c’è anche un discorso fisico legato all’età del calciatore, che sta giocando con una placca che non gli consente certo di affrontare una stagione da 80 partite.
Anche per Nesta il discorso è più o meno lo stesso, non dimentichiamoci che nelle ultime stagioni ha subito non pochi infortuni. Causa di questo problema,secondo me, è anche il fatto che le squadre sono impegnate troppo spesso in inutili amichevoli ai quattro lati del globo, che servono soltanto per portare liquidità nelle casse, ma che possono danneggiare non poco i calciatori. Tornando al discorso sulla nazionale: non credo si possa parlare di scarso amore da parte dei fuoriclasse, basti vedere l’impegno con cui scendono in campo in azzurro i vari Del Piero, Inzaghi e Cannavaro».

Dopo una carriera prevalentemente sportiva, nel 2003 ha assunto la direzione de Il Giorno. Come ha vissuto quella parentesi?
«Credo che un giornalista sportivo possa occuparsi tranquillamente anche di altri argomenti. Pensi, ad esempio, che un grande professionista come Antonio Ghirelli, dopo essere stato direttore de Il Corriere dello Sport, è stato anche portavoce del presidente Pertini. Io ho iniziato a lavorare, prima come praticante e poi come professionista, nella redazione di un glorioso quotidiano del pomeriggio , La Notte di Bergamo, dove seguivo non solo lo sport, ma anche la cronaca. L’esperienza de Il Giorno è stata una parentesi molto gratificante che ancora oggi mi è di grande aiuto, per Quotidiano.Net.

Da quest’anno è in vigore un codice di comportamento per le trasmissioni sportive. Sarà davvero la fine della “tv urlata” nei programmi sportivi?
«In Italia siamo bravi a pensare che occorrano codici su codici per risolvere ogni tipo di problema. Ad ogni modo, avverto, almeno per quanto riguarda i programmi sportivi, un’inversione di tendenza rispetto al resto della televisione, e mi pare davvero che ci si stia ponendo in maniera diversa rispetto al pubblico.
Altra cosa positiva per il pubblico è la presenza di autorevoli opinionisti del calibro di Sacchi, Capello e Lippi, i quali meglio di chiunque altro possono dare agli spettatori quello che chiedono ai programmi sportivi, e cioè commenti di natura tecnica».

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