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Intervista a Karina Laterza tutte le interviste
Karina Laterza Telegiornaliste anno II N. 18 (50) dell'8 maggio 2006

Telegiornalista e mamma
Karina Laterza, una mamma divertita e divertente
di Stefania Trivigno

Nell'inchiesta di Telegiornaliste sulle tgiste che sono anche mamme, questa settimana incontriamo Karina Laterza, giornalista emergente.

Donna e mamma: un binomio tanto abusato da aver convinto tutti, donne comprese, che se non si è mamme non si è "complete": lo pensi anche tu?
«A me essere mamma diverte moltissimo, lo consiglio a tutti, ma ho visto anche esperienze diverse dalla mia: donne che non reagiscono nello stesso modo e vivono la maternità come un compito. Dunque: completi non si è mai oppure lo si è per poco, e il come è un fatto personale».

Il femminismo in Italia ha emancipato le donne: ha fatto guadagnare loro ruoli che prima erano squisitamente maschili - su tutti la "manager" - ma, allo stesso tempo, non ha fatto loro perdere quelli tradizionali, la "mamma baby sitter", la casalinga. Il coinvolgimento paterno nell'educazione quotidiana dei figli resta tuttavia secondario, e, quando è possibile, affidato di preferenza a una baby sitter. Sei d'accordo con questa interpretazione?
«Credo che in molti casi effettivamente la donna lavoratrice conservi all'interno della famiglia anche i ruoli tradizionali, spesso perché è lei che lo vuole. Il femminismo ci ha insegnato a voler conquistare ruoli maschili, ma non sempre a condividere quelli che riteniamo femminili. Poi certo anche i padri e le suocere hanno le loro responsabilità».

Come sei riuscita a conciliare la carriera e la famiglia? È stato necessario programmare l'una e pianificare l'altra?
«Non ho pianificato nulla, di volta in volta ho dato la priorità a quello che mi sembrava più importante. Finora è andata discretamente».

Capita di lavorare nei week-end o durante le festività: ti affidi all'aiuto di un familiare, una colf o una baby sitter? E come "giustifichi" le tue assenze con i figli, o coi familiari?
«Ho avuto una baby sitter, sempre la stessa, per 14 anni. Comunque ho ridotto al minimo le assenze da casa quando le figlie erano piccole e i primi tre anni li ho praticamente trascorsi al parco con loro. Mi piaceva moltissimo».

Le tue bambine hanno una baby sitter "di fiducia"?
«L'hanno avuta, e le persone in casa mia sono sempre rimaste "di casa", con grande normalità».

Che cosa hai provato la prima volta che hai lasciato le tue figlie sole con una baby sitter? E porteresti la badante con la famiglia anche in villeggiatura?
«Emozione perché erano diventate grandi. Erano in due e dunque era più facile lasciarle sole, perché voleva dire lasciarle insieme. Rosy è venuta spesso in vacanza con noi, è anche andata da sola con loro al mare dai nonni o in montagna».

La maggior parte delle donne in carriera sostiene di sentirsi in colpa nei confronti della famiglia; è così anche per te?
«No. Penso che quello che imparo interessa anche i miei familiari e avere una madre che lavora è un buon esempio soprattutto per due figlie femmine».

Ti è mai capitato di dovere, o volere, rinunciare a un incarico di lavoro per la tua famiglia? E di rinunciare a passare qualche ora in più con i tuoi familiari per motivi di lavoro o carriera?
«Naturalmente mi sono capitate entrambe le cose, ma vista da un’altra parte mi è capitato di non strafare sul lavoro perché avevo anche altro a cui pensare e di non infognarmi davanti alla televisione avendo finito di lustrare casa e fornelli».

È possibile far convivere famiglia e carriera senza eccessivo stress, sensi di colpa, rinunce? E come, secondo te?
«Certo, è possibile, lo fanno in molti, fa parte della vita. Una volta le donne zappavano i campi con i figli in grembo e a lungo i bambini hanno lavorato, anche da noi, per la famiglia. C'è spazio per un miglioramento ovviamente. La maternità è ancora considerata un bene solo personale in Italia mentre è di fatto un plus importante per la società. Bisognerebbe consentire orari più flessibili alle mamme, part-time quando i figli sono piccoli, bisognerebbe che i datori di lavoro non considerassero le loro dipendenti madri diverse dalle loro mogli. Penso che ci si arriverà con un po' di pazienza, più donne intelligenti e con famiglia al governo e meno sensi di colpa».

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